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costretti a rimanere quaranta giorni su

tialallalà - lalallalà - lalalallalà. Ellis Island per evitare la diffusione di

Ci andremo coi carri dei zingari eventuali malattie e per dare il tempo

alle autorità americane di controllare i

ci andremo coi carri dei zingari documenti, le generalità e la fedina

ci andremo coi carri dei zingari penale dei nuovi arrivati, per poi

in America voglio andar. eventualmente ricondurli al paese di

provenienza.

Una volta arrivati a tutti gli effetti sul territorio americano, gli italiani tendevano

a riunirsi in quartieri detti Little Italy, luoghi molto poveri, sporchi e

maleodoranti, dove restavano uniti e chiusi nei confronti degli americani.

Conseguenza di questo fu l’incapacità di integrarsi; non impararono mai la

lingua, non mandarono mai i bambini a scuola costringendoli a lavorare, non

conobbero mai gli usi e la cultura del posto.

Assieme agli organetti e le valigie di cartone gli italiani esportarono anche la

mafia.

Il crimine

organizzato si

sviluppò in

maniera così

radicata nel

continente a

causa anche

dell'emigrazione

forzata di boss

mafiosi dalla

Sicilia dovuta

alla dura

repressione

durante il

periodo fascista.

L'emigrazione

era per molti

mafiosi, una

volta individuati, l'unica via di scampo per salvarsi dalla prigione. In ogni caso i

motivi della crescita e dello sviluppo di questa organizzazione furono vari, dal

pessimo trattamento da parte delle autorità americane della popolazione

italiana emigrante, che si vedeva molte volte costretta, suo malgrado, a

ricercare altrove assistenza sociale che dovrebbe essere presente in tutti gli

stati, al riconoscimento tardivo del problema mafioso da parte delle autorità

americane, che intervennero in modo repressivo accanendosi sui pesci piccoli o

sulla popolazione innocente. Si instaurarono mafiosi e camorristi che, con

grande abilità, fecero crescere anche in America il fenomeno dell’estorsione e

New York Times,

del racket. Il famoso giornale statunitense, in un articolo del

“Se ci mettiamo ad osservare l’Italia, scopriamo uno stato di cose

1876, scrive:

davanti al quale i nostri racket, le tangenti e gli affari sporchi impallidiscono

per un’evidente inferiorità di scelleratezza. Nella misura in cui l’italiano è più

pettegolo, più pigro e più adatto agli intrighi rispetto all’americano, è anche più

che un’artista a ‘gestire le cose’.”

Molti italiani, appena arrivati, venivano reclutati dagli imprenditori statunitensi

per lavorare nelle industrie o nelle miniere, nei campi sotto condizioni di regime

mezzadrile e nella costruzione di opere pubbliche come strade e ferrovie. Da

un’inchiesta del 1897 risulta che il 22% degli immigrati lavorava sotto

costrizione di un padrone e quindi costretti a versare tangenti per mantenere il

lavoro e l’abitazione e l’obbligo di acquistare le merci solo nello spaccio del

padrone.

Costretti dai loro boss a condizioni disumane, gli italiani lavoravano per oltre 11

ore al giorno con un salario che non superava il dollaro e mezzo all’ora al

contrario di quanto gli arruolati facevano credere al momento della partenza

dall’Italia. Dovevano per forza accettare le condizioni orribili a cui erano

sottoposti anche perché ogni lavoratore era controllato dai bosses e da guardie

armate che erano pronte a colpirli a sangue o addirittura ad ucciderli se solo

provavano a scappare. Un esempio famoso è quello di Beckley, cittadina del

west Virginia, dove sei italiani, a causa dei continui maltrattamenti, decisero di

abbandonare il lavoro. Raggiunti vennero legati con delle fumi e trascinati per

la pubblica via davanti alla folla prima di essere condotti in tribunale e

giustiziati senza che nessuna autorità, soprattutto quella italiana, intervenisse

in loro difesa. Il mancato intervento aveva luogo semplicemente perché i

rappresentanti dell’Italia all’estero erano in troppo intime relazioni con i boss e

gli imprenditori per prendersi le responsabilità di difendere i lavoratori. Il saggio

reports of the immigration commission scrive un articolo nel 1911 dal titolo

”Sono i punti caldi del vizio e della corruzione. È

“Mandrie di ignoranti viziosi”:

soprattutto l’ignorante ad essere terreno fertile per l’agitatore irresponsabile

ed il boss corrotto. Otto volte su dieci un immigrato che raggiunge questo

paese ha un lavoro ad aspettarlo, anche se poi non c’è alcun lavoro per gli

americani. Ho potuto constatare più volte quale grande ingiustizia si fa verso i

lavoratori americani negli interessi degli stranieri. Ho visto al,loro sbarco, gli

immigrati italiani essere accolti da un padrone che li metteva in riga, li

prendeva a calci, li frustava come

bestiame e infine li conduceva via come

mandrie al macello, fino ai quartieri di

destinazione dove venivano prestati per

lavori davvero sottopagati.”

Per quelli invece che non trovavano lavoro

l’impiego maggiore era quello di

mendicante.

Erano principalmente i bambini le vittime

costrette ad elemosinare ai cigli delle

strade e se a fine giornata non portavano ai loro capi abbastanza soldi

venivano torturati e lasciati morire di fame. Tutti i loro guadagni andavano a

questi uomini che non avevano altro diritto su di loro se non quello dei contratti

fatti con i genitori che in Italia li avevano venduti per pochi soldi.

Altro destino degli arrivati ero quello del suonatore di organetto; il cantastorie

ambulante che, accompagnato da un bambino e da una scimmietta,

importunava i cittadini americani per avere un’offerta.

L’attaccamento degli emigranti agli strumenti musicali del proprio paese è

spiegabile se si pensa al sentimento di estraneità, di spaesamento e di

inquietudine che doveva colpire questi uomini ancora in bilico tra speranza del

futuro e memoria del passato. Fra i bagagli, i bauli e le valigie degli emigranti si

potevano certamente trovare strumenti legati alla musica popolare italiana:

alcuni umili e poco ingombranti, come campanelli, tamburelli e armoniche, altri

invece con più valore, come fisarmoniche, violini e organetti.

Leslie’s illustrated “Per quanto riguarda

Un articolo del del 1901 evidenzia che:

gli scopi della vita, molti non cercano di fare altro se non raggiungere il dolce

far niente. Un po’ di maccheroni a pranzo, una strimpellata alla chitarra o al

mandolino per trascorrere allegramente la notte, suonando sotto finestre e

strappando qualche centesimo, e sono contenti.”

Questo lungo pezzo di storia italiana ispira e fa sognare ancora testi di cantanti

contemporanei: AMERIGO – F. Guccini

Probabilmente uscì chiudendo dietro a se la L'America era allora per me provincia dolce, mondo di

porta verde, pace

Qualcuno si era alzato a preparargli in fretta Perduto un paradiso, malinconia sottile, nevrosi lenta

un caffè d'orzo

Non so se si girò, non era il tipo d'uomo che E Gunga-Din e Ringo, gli eroi di Casablanca e di Fort

si perde Apache

In nostalgie da ricchi, e andò per la sua Un sogno lungo il suono continuo ed ossessivo che fà il

strada senza sforzo Limentra (Tronto)

Non sò come la vide quando la nave offrì New York

Quand'io l'ho conosciuto, o inizio a vicino

ricordarlo, era già vecchio Dei grattacieli il bosco, città di feci e strade, urla,

O così a me sembrava, ma allora non castello!

andavo ancora a scuola E Pavana (Ascoli) un ricordo lasciata tra i castagni

Colpiva il cranio raso e un misterioso e dell'Appennino

strano suo apparecchio L'inglese un suono strano che lo feriva al cuore come un

Un cinto d'ernia che sembrava una fondina coltello

per la pistola E fu lavoro e sangue, e fu fatica eguale mattino e sera

Ma quel mattino aveva il viso dei vent'anni Per anni la prigione, di birra e di puttane, di giorni duri,

senza rughe Di negri ed irlandesi, polacchi ed italiani, nella miniera

E rabbia ed avventura e ancora vaghe idee Sudore d'antracite, in Pennsylvania, Arkansas, Texas,

di socialismo Missouri

Parole dure al padre e dietro tradizione di

fame e fughe Tornò come fan molti, due soldi e giovinezza ormai finita

E per il suo lavoro, quello che schianta e L'America era un angolo, l'America era un'ombra, nebbia

uccide il fatalismo sottile

Ma quel mattino aveva quel sentimento L'America era un'ernia, un gioco di quei tanti che fà la

nuovo per casa e madre vita

E per scacciarlo aveva in corpo il primo E dire boss per capo, e ton per tonnellata, rifle per fucile.

vino d'una cantina

E già sentiva in faccia l'odore d'olio e mare Quand'io l'ho conosciuto, o inizio a ricordarlo, era già

che fa Le Havre vecchio

E già sentiva in bocca l'odore della polvere Sprezzante con i giovani, gli scivolavo accanto senza

della mina afferrarlo

E non capivo che quell'uomo era il mio volto, era il mio

L'America era allora, per me e i GI di specchio

Roosvelt, la quinta armata Finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per

L'America era Atlantide, l'America era il rincontrarlo

cuore, era il destino Finché non verrà il tempo in faccia a tutto il mondo per

L'America era Life, sorrisi e denti bianchi rincontrarlo

su patinata

L'America era il mondo sognante e

misterioso di paperino E SEMM PARTII – Davide van de sfroos

Come figli raccolti in braccio

da questa nave che non sa partire,

ricamiamo il mare con lo sguardo a punta,

l'ancora più grossa ce l'abbiamo qui

Come figli portati a spasso

dalle onde a pezzi che san tutto loro,

verso un'orizzonte con il sole al collo,

dondolando sempre, ma cadendo mai.

L'unda de ieer porta l'unda de incöö L’onda di ieri porta l’onda di oggi

l'öcc de un vecc l'era l'öcc de un fiöö L’occhio di un vecchio era l’occhio di un bimbo.

E sèmm partii e sèmm partii, E siamo partiti, e siamo partiti,

per questa America sugnàda in prèssa, Per questa America sognata in fretta,

la fàcia dùpia cumè una munéda la faccia doppia coma una moneta

e una valìsa che gh'è deent nagòtt e la valigia dove dentro non c’è niente.

E sèmm partii e sèmm partii, E siamo partiti e siamo partiti,

cumè tocch de vedru de un büceer a tocch, come un pezzo di vetro di un bicchiere rotto,

una vita noeva quaand finìss el maar una vita nuova quando finisce il mare

mentre quèla vègia la te pìca i spàll... mentre quella vecchia ti batte sulle spalle...

E sèmm partii... E siamo partiti...

Come figli salutati a mano

da questa gente che non riesci più a vedere,

fazzoletti bianchi che non san volare,

non ci seguiranno e resteranno là.

Come figli presi a calci in culo

da una paura con le scarpe nuove

e gli occhi bruciano senza rumore,

non è solo il vento, non è solo il sale

L'unda de ieer porta l'unda de incöö L’onda di ieri porta l’onda di oggi

l'öcc de un vecc l'era l'öcc de un fiöö L’occhio di un vecchio era l’occhio di un bimbo.

E sèmm partii e sèmm partii, E siamo partiti, e siamo partiti,

per questa America che maja tücc per questa America che mangia ogni cosa

un gratacieel o una rivultèla un grattacielo, una rivoltella

se la furtoena la me baserà. se la fortuna mi bacerà.

E sèmm partii e sèmm partii, E siamo partiti, e siamo partiti

cumè una cicàda cuntra la bufera , Come uno sputo contro la bufera,

se ghe la foo cambi la mia vita, se ce la faccio cambio la mia vita,

se fùndi mea l'è giammò quajcòss. se non affondo è già qualcosa.

E sèmm partii..... E siamo partiti....

Come figli raccattati al volo

da questa statua che nasconde il cielo,

ha una faccia dura e ci guarda strano,

sarem poi simpatici alla Libertà?

E sèmm partii e sèmm partii... E siamo partiti, e siamo partiti...

Storia – Le canzoni dei partigiani

I ribelli della montagna “Tutti abbiamo una ferita segreta

per riscattare la quale

.”

combattiamo

(Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno)

LA STORIA

Il 25 luglio 1943 cade il regime fascista in Italia.

Dopo l’8 settembre dello stesso anno, giorno

dell’annuncio dell’armistizio con gli Alleati, gli

italiani si trovano di fronte ad un bivio, devono

scegliere se continuare a sostenere la

Repubblica sociale di Salò e il risorgente

fascismo o perseguire la via della guerriglia

partigiana per la resistenza al regime. La scelta

non era facile per dei giovani che Il fascismo aveva accudito sin dalla tenera

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