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spiegazione sicuro del mondo, e l’altra non ha saputo assicurare all’uomo la

felicità promessa e il dominio incontrastato sulla natura. Pascoli elabora una

sua particolare poetica che va sotto il nome di “ poetica del fanciullino”,dal

titolo di una sua prosa,in cui sviluppa il concetto prerazionale e intuitivo della

poesia. Egli prende lo spunto da un passo del Fedone di Platone,dove Socrate

che ha parlato dell’immortalità dell’anima,Cebetè e Simmia dicono che essi,

pur convinti delle parole del maestro sull’immortalità dell’anima,hanno però

paura della morte,come se in essi ci fosse “un fanciullino,che ha di questi

sgomenti”. Per Platone,il fanciullino era simbolo della superstizione e dei

territori della morte. Pascoli s’impadronisce di questa immagine ma fa del

fanciullino il simbolo dell’irrazionale,del mondo cioè tutto particolare,ingenuo

ed incantato,di vedere e di sentire che ha il poeta. Questo fanciullino è in tutti

gli uomini, i quali perciò sono tutti più o meno poeti,ma nella maggior parte di

essi,distratti e presi dalle loro attività pratiche, il fanciullino tace; in

altri,invece,più sensibili e sognanti, cioè nei poeti veri e proprio,il fanciullino fa

sentire continuamente la sua voce di stupore davanti alla bellezza della natura

e al fascino del mistero. La prima raccolta di poesie di Pascoli è dedicata al

padre Ruggero e ha come titolo un termine virgiliano ricavato dai versi iniziale

della quarta egloga. Il titolo vuole evidenziare anzitutto il motivo georgico

dell’ispirazione,ma è anche una dichiarazione di umiltà da parte del poeta. Il

termine dominante è quello della campagna, contemplata e colta nei suoi vari

aspetti e momenti,specialmente in quelli più suggestivi e malinconici

dell’autunno. La raccolta successiva è costituita dai Poemetti,poi divisi in Primi

Poemetti e Nuovi Poemetti, in una specie di “epos rustico”, in cui si narra la

storia di una famiglia di contadini della Garfagnana, che ha un ciclo di vita

parallelo a quello delle quattro stagioni. Ai Poemetti seguirono i Canti di

Castelvecchio, vennero poi i Poemi conviviali, così intitolati perché i primi

furono pubblicati sulla rivista “Il Convito”. I Carmina sostengono le poesie latine

del Pascoli, alcune delle quali ottennero il primo premio nel tradizionale

concorso indetto dall’accademia Hoefftiana di Amsterdam. In esse il latino del

Pascoli non si riduce a una pura esercitazione umanistica, ma sembra una

lingua viva e moderna.

STORIA: Il canto di Auschwitz (Guccini); La Shoah;

La Seconda Guerra Mondiale.

Pascoli con i suoi versi musicali e il suo fonosimbolismo ha espresso il dolore

umano,molte canzoni,soprattutto quelle dei cantautori,durante la guerra o un

periodo di tristezza,esprimevano spesso il dolore e la sofferenza di un uomo o

addirittura di un intero popolo,come si vede nella canzone “AUSCHWITZ” di

Francesco Guccini:

AUSCHWITZ (CANZONE DEL BAMBINO NEL VENTO) – GUCCINI

Son morto con altri cento

Son morto ch'ero bambino

Passato per il camino

E adesso sono nel vento,(2 volte)

Ad Auschwitz c'era la neve

Il fumo saliva lento

Nel freddo giorno d'inverno

E adesso sono nel vento,(2 volte)

Ad Auschwitz tante persone

Ma un solo grande silenzio

È strano, non riesco ancora

A sorridere qui nel vento,(2 volte)

Io chiedo, come può un uomo

Uccidere un suo fratello

Eppure siamo a milioni

In polvere qui nel vento,(2 volte)

Ancora tuona il cannone,

Ancora non è contenta

Di sangue la bestia umana

E ancora ci porta il vento,(2 volte)

Io chiedo quando sarà

Che l'uomo potrà imparare

A vivere senza ammazzare

E il vento si poserà,(2 volte)

Io chiedo quando sarà

Che l'uomo potrà imparare

A vivere senza ammazzare

E il vento si poserà,(2 volte)

Guccini scrive e canta la storia terribile ed emblematica di un anonimo

bambino morto e bruciato nel famigerato campo di sterminio nazista. Una

storia-simbolo delle altre sei milioni di vittime dell’orrore hitleriano, ma è da

rimarcare che Guccini non si limita alla condanna del nazismo ma allarga la sua

condanna a ogni guerra e allude probabilmente al dramma della guerra in

Vietnam, allora in corso. Un testo semplice, immediato,fatto di brevi versi,

sostenuto da rime facili, ma artisticamente e retoricamente efficace e in grado

di esprimere una forte e sincera commozione poetica.

Il più tremendo conflitto della storia aveva causato altre novanta milioni di

vittime, di queste altre cinque milioni perirono in quella che in ebraico fu detta

la “Shoah (annientamento). Fu Hitler a volere il sistematico sterminio della

popolazione ebraica: a partire dal 1941, gli Ebrei furono deportati e rinchiusi

nei campi di concentramento nazisti,i Lager. Dove venivano internati, insieme

con i prigionieri politici e gli individui giudicati socialmente pericolosi. Nei Lager

i detenuti giunti da ogni parte d’Europa in convogli ferroviari composti da soli

carri merci,furono costretti ai lavori forzati, sottoposti a privazioni e

maltrattamenti quotidiani, sino a provocarne la morte; alcuni furono impiegati

come cavie umane in esperimenti medici e pseudoscientifici. Ma a questa

realtà concentrazionaria subentrò in seguito l’idea di ricorrere allo sterminio

pianificato come “soluzione finale” del problema ebraico: la decisione fu presa

nel gennaio del 1942 dai dirigenti del regime e delle SS,riuniti nella conferenza

di Wannsee. Ai campi di concentramento furono affiancati i campi di sterminio.

In questi campi, i deportati erano selezionati: i vecchi e gli inabili al lavoro

venivano subiti uccisi nelle camere a gas, mentre gli altri erano avviati ai lavori

forzati e successivamente eliminati. I loro cadaveri erano bruciati nei forni

crematori, per non lasciare traccia. Si trattò di un genocidio pianificato ed

eseguito con disumana lucidità del regime nazista. I delitti commessi dai nazisti

furono giudicati alla fine della guerra da un tribunale internazionale nei

processi di Norimberga. L’iniziativa giudiziaria si concluse il primo ottobre del

1946 con la pronuncia di dodici condanne a morte e di sette ergastoli a carico

di ufficiali e gerarchi nazisti, ritenuti direttamente responsabili di crimini di

guerra e di crimini contro l’umanità. Tutto era iniziato quando nel 1933 Hitler

venne nominato cancelliere del presidente Hindenburg in Germania. Giunto al

potere,Hitler si trovò a capo di un governo di coalizione e dopo pochi mesi

indisse nuove elezioni, che gli garantirono la maggioranza in Parlamento. Operò

quindi per distruggere la democrazia e instaurare la dittatura, ottenuto i pieni

poteri abolì ogni libertà e cancellò ogni opposizione: furono chiusi i giornali non

allineati,sciolti i sindacati e tutti i partiti,eliminati o rinchiusi in appositi Lager

gli avversari politici; venne istituita la polizia segreta di Stato,la Gestapo, e la

suprema Corte popolare per i casi di tradimento. Hitler ordinò l’epurazione

all’interno del partito nazista: nella notte dei lunghi coltelli( 30 giugno 1934) gli

elementi sgraditi furono uccisi. Agli inizi di agosto morì Hindenburg e Hitler fu

proclamato anche presidente della repubblica, concentrando su di se tutti i

poteri. Lo stato totalitario raggiunse un livello di sviluppo assoluto, il governo

era autorizzato a emanare direttamente le leggi; la magistratura fu del tutto

asservita e gli oppositori furono condannati e rinchiusi nei Lager, dove sotto

controllo dei reparti speciali delle SS,venivano sottoposti a una totale

degradazione fisica e psicologica. Uno straordinario apparato di propaganda e

un capillare controllo del sistema educativo svolsero una profonda

manipolazione delle coscienze. Tutti gli insegnati furono costretti a iscriversi

alle associazioni naziste di categoria ed i giovani venivano inquadrati in

organizzazioni di regime (la Gioventù hitleriana). La vera e propria “ideologia

della disuguaglianza”sulla quale si basava il nazismo, fondata sulla superiorità

della “ razza ariana”,fu applicata in ogni settore,ma si diresse in particolare

contro gli Ebrei. Accusati di tradimenti e ostilità nei confronti della Germania,

resi responsabili di presunte congiure antitedesche fatte dai paesi stranieri e

dal comunismo. L’odio antisemita, alimentato dalla propaganda che dipingeva

l’Ebreo come rappresentante di una razza inferiore,si diffuse tra i tedeschi e

giustificò, nel 1935,l’approvazione della legge di Novimberga, con i quali i “ non

ariani” vennero privati della cittadinanza e furono proibiti i matrimoni tra ebrei

e “ariani”. Nel 1938,ci furono delle devastazioni delle proprietà e dei negozi

ebraici in quella che fu chiamata “la notte dei cristalli” chiamata così a causa

del grande numero di vetrine infrante in quella notte,in seguito si ebbe il

terribile genocidio in ebraico chiamato la Shoah.

LATINO: il canto di Orfeo ed Euridice; Virgilio.

Il canto come forma d’espressione di dolore ma anche di lamento lo ritroviamo

nella dolce voce di Orfeo disceso negli inferi per amore di Euridice.” Te,dulcis

coniunx , te solo in litare secum, te veniente die,te decedente conebat”

(cantava a se stesso dolce sposa,di te sul lido deserto, di te all’alba di te al

tramonto “vv 465-466”). Attraverso l’anafora Orfeo esprime il suo canto

funebre,secondo alcuni studiosi,Orfeo fu un personaggio reale,fondatore della

religione orfica,mentre secondo altri la sua figura appartiene interamente al

mito. Il mito racconta che fu allevato dal cantore Lino e ricevette da Apollo una

cetra con sette corde,alle quali egli ne aggiunse due e fondò la religione

misterica che prende il nome di lui. Svariate le novità e le varianti introdotte

da Virgilio nella ripresa dell’antico mito di Orfeo ed Euridice. Nella letteratura

greca non c’è traccia della responsabilità di Aristeo nel causare la morte di

Euridice, che semplicemente sarebbe stata punta da un serpente il giorno delle

nozze. Secondo la versione più antica del mito,la vicenda sarebbe stata a lieto

fine: la catabasi ( discesa agli inferi) di Orfeo per riportare alla vita la sposa si

sarebbe conclusa felicemente. La variante più nota,con il divieto a voltarsi per

guadagnare la sposa,imposto a Orfeo dai sovrani inferi,no è attestata prima di

Virgilio,anche se probabilmente esisteva già in Grecia a partire dal V sec. a.C.;

di Orfeo narrano Eschilo ed Euripide, dicendo che il suo canto era così

ammaliante da attirare le fiere,gli alberi e persino le pietre. La scelta di

collocare alla fine delle Georgiche un episodio di questo tipo risponde a una

precisa finalità,sottesa all’intera opera: come nella figura di Aristeo si incarna

l’immagine del contadino-pastore,così Orfeo,costituisce una figura esemplare

del poeta-amante;nelle vicende dei due personaggi si applicano le idee

maturate da Virgilio stesso in merito al valore della poesia. Non si può far nulla

contro la volontà degli dei,bisogna invece seguirne scrupolosamente i

voleri,riconoscerne la divinità e il potere. Il canto-lamento è la sostanza stessa

della vita che sceglie il poeta d’amore, ed è la condizione necessaria della sua

esistenza: dell’esistenza del canto e dell’esistenza del poeta. Ma questa fedeltà

infrangibile al proprio soffrire,al piacere di un canto può essere solo un amara

consolazione. Le fonti più importanti per la vita di Virgilio sono alcune tarde

biografie, la principale è La Vita Virgilii di Elio Donato,Publio Virgilio Marone

nacque ad Andes,presso Mantova il 15 ottobre del 70 a.C.,da una famiglia

abbastanza agiata di piccoli proprietari terrieri. Quando nel 42 a.C., dopo la

battaglia di Filippi, fu deciso un esproprio di terre nel mantovano a favore dei

veterani,Virgilio,grazie all’appoggio di alcuni amici potenti,riuscì a conservare le

sue proprietà. Fra il 42 e il 39 a. C. scrisse le Bucoliche, dieci componimenti in

esametri,nelle quali compaiono numerosi echi del travaglio politico di quegli

anni, fra il 37 e il 30 a.C. compose le Georgiche,poema in esametri

sull’agricoltura,diviso in quattro libri. Nel 29 a.C. cominciò la stesura

dell’Eneide,poema epico di 12libri in esametri,celebrativo della storia di Roma e

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