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Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

V A S.S 1

Pamela Raguso

Che cosa è importante

conoscere oggi?

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto 1

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

PRESENTAZIONE

Ho scelto come tema principale della mia tesina “ Il bambino di ieri, il bambino di oggi” perché

attraverso lo stage, svolto presso le strutture di asilo nido, ho potuto constatare l’importanza

dell’infanzia; e come l’educazione e il modello degli adulti siano fondamentali per la crescita del

bambino.

Scopo del presente lavoro è offrire spunti di riflessione sul passato e sul presente, in particolare sul

modo di vivere del bambino. Analizzando le differenze e i cambiamenti che, durante gli anni, il bambino

si è ritrovato ad affrontare.

Oggi è facile pensare che il bambino possegga un’intelligenza precoce e che sia frutto di un amore

reciproco da parte dei genitori.

Ma in realtà, nel corso degli anni, vi sono state una serie di trasformazioni che hanno portato, oggi più

che mai, a considerare il bambino uno strumento di auto-realizzazione della famiglia.

Il bambino dunque è visto con occhi diversi rispetto al passato.

Ma, qual era la concezione degli adulti nei confronti del bambino di ieri e del bambino di oggi?

Nel primo capitolo viene analizzato il bambino attraverso gli occhi degli adulti. E in come il fanciullo

appartenesse già al mondo dei grandi. Per poi confinare nel capitolo successivo nella quale viene

esaminato l’evoluzione del pensiero dell’adulto nei confronti dei più piccoli e l’approccio differente,

grazie alla volgarizzazione delle scienze sociali, che i genitori assumono con il proprio bambino.

E infine nell’ultimo capitolo si evidenzierà l’importanza dell’infanzia di Gesù e di come sia stato, è, e

sarà un modello per tutti i bambini di ieri, di oggi e di domani.

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto 1

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

Indice

Primo capitolo: Il bambino di ieri

Italiano: “ la lunga vita di Marianna Ucrìa”di Dacia Maraini e “ Il sentiero

dei nidi ragno”di Italo Calvino…………………………………………….. 3

Storia: Il Nazismo........................................................................................... 9

Tecnica Amministrativa: Il lavoro………………………………………... 14

Cultura Medica: Il tifo; Il morbillo………………………………………... 17

Secondo capitolo: Il bambino di oggi

Psicologia: I meccanismi di difesa di Anna Freud………………………... 22

Diritto: I diritti dell’infanzia………………………………………………..28

Inglese: “ The hundred is there” Loris Malaguzzi………………………... 35

Terzo capitolo: Il bambino di ieri, di oggi e di domani

Religione cattolica: La nascità di Gesù.........................................................39

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

Primo capitolo

Che cosa è importante

conoscere oggi? 2

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

Nella società medievale, che assumiamo come punto di partenza, il sentimento dell’infanzia non

esisteva; il che non significava che i bambini fossero trascurati, abbandonati o disprezzati. Si é

portati piuttosto a pensare che in quel mondo non ci fosse posto per i bambini.

Il sentimento dell’infanzia non si identifica con l’affezione per l’infanzia, ma corrisponde alla

coscienza delle particolari caratteristiche infantili che essenzialmente distinguono il bambino dall’adulto,

anche giovane. Questa coscienza non esisteva. Perciò, appena il bambino poteva vivere senza le cure

costanti della madre, della nutrice o della bambinaia, apparteneva alla società degli adulti. L’infanzia era,

quindi, un periodo di transizione che passava presto e di cui si perdeva presto il ricordo.

Questa società d’adulti a noi, oggi, sembra molto spesso puerile: per via, indubbiamente, della sua età

mentale, ma anche della sua età fisica, perché in parte si componeva di bambini e di giovanissimi.

La lingua non dava alla parola bambino il senso ristretto che ormai gli attribuiamo: si diceva bambino

come oggi si dice correntemente ragazzo.

Il bambino piccolissimo, ancora troppo fragile per mescolarsi alla vita degli adulti, non contava nulla;

perché poteva non sopravvivere. Infatti, appena il bambino aveva oltrepassato questo periodo di intensa

mortalità, in cui la sopravvivenza era molto aleatoria, si confondeva col mondo degli adulti.

È in questo quadro che si colloca il libro scritto nel 1990 da una famosa scrittrice, Dacia Maraini, il cui

titolo è “ La lunga vita di Marianna Ucrìa”. La vicenda si svolge nella prima metà del 1700, in Sicilia,

in una località chiamata Bagheria.

È il periodo dei matrimoni combinati fin dall’infanzia dai genitori che si vogliono assicurare sempre

più ricchezze, è il periodo dell’inquisizione, delle punizioni esemplari nelle piazze adibite e allestite con

forche e patiboli. Marianna Ucrìa, la protagonista di questo romanzo, è una piccola donna nobile

destinata come le sorelle e le cugine al matrimonio o alla clausura. A lei, però, gli è toccato un destino

ben più crudele. Le è toccato, per ordine del proprio padre, sposarsi con suo zio Pietro da cui subisce

violazioni fisiche e psicologiche tanto da renderla muta. Ma Marianna non ricorda perché ad un certo

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Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

punto della sua vita le sue orecchie si siano rifiutate di ascoltare e la bocca di parlare. ‹‹ Uno spavento

l’ha assordata e uno spavento la deve guarire… ››, aveva scritto un giorno in una lettera il signor padre a

sua moglie. Così il padre le fece assistere all’impiccagione di un ragazzo giustiziato dal macabro

Tribunale dell’Inquisizione, ma le labbra della piccola Marianna non ce l’hanno fatta ad aprirsi. Senza

sottrarsi al suo destino di povera femmina, nata solo per saziare l’appetito sessuale dell’uomo, allevare

figli, ubbidire, sottostare, invecchiare precocemente; a soli tredici anni, Marianna, partorisce i suoi otto

figli, di cui cinque vivi e tre morti. A lungo è rimasto molto vivo il senso che si mettevano al mondo

parecchi bambini per conservane solo qualcuno: per troppi la sopravvivenza era un fatto problematico!

Perciò, non era lecito attaccarsi troppo a ciò che si considerava esposto ad essere eliminato come un

prodotto difettoso.

Marianna Ucrìa, quindi, aveva voluto tenere i suoi figli a una certa distanza preparandosi alla loro

perdita. ‹‹ Con l’ultimo però non ne era stata capace, suscitando con il suo affetto eccessivo,

imperdonabile, il rancore degli altri. Non aveva resistito al richiamo di quella sirena ››. Finché un giorno,

Signorotto, il suo prediletto figlio, si era ammalato. E la mamma bambina, chiusa in una disperazione

sorda come le sue orecchie e muta come le sue labbra, tenta disperatamente di salvarlo. Ma il suo

tentativo risulta essere vano. Anche ‹‹ le figlie femmine le ha perse troppo presto si dice Marianna ››.

Manina, per volontà del padre, le è toccato a soli dodici anni diventare una sposa bambina. ‹‹ Marianna

ripensa alle tante lettere indignate che ha scritto al marito per dissuaderlo da quel matrimonio precoce.

Ma è stata sconfitta da parenti, amici, consuetudini. Oggi si chiede se non sia stato troppo poco quello

che ha fatto per la figlia più giovane ››. Felice ‹‹ la più gaia delle sue figlie ›› è entrata in convento a 11

anni. Infine Giuseppa all’età di 18 anni è rassegnata ai tradimenti del marito.

È dunque chiaro che ai quei tempi il rispetto dovuto all’infanzia era del tutto ignorato. Basti pensare

che davanti ai bambini ci si permetteva tutto: parole crude, azioni e situazioni scabrose; i bambini

avevano sentito tutto, avevano visto tutto. Perciò lo stupro subito da Marianna Ucrìa non suscitava

scalpore. Tantomeno il matrimonio combinato di una ragazza di appena tredici anni. Poiché sia i bambini

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Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

che le bambine venivano già viste persone adulte. E lo si scorge anche dagli abiti che indossa Marianna

‹‹ un corsetto amaranto che mette in risalto la carnagione cerea ››. Il modo di vestire attesta fino a che

punto

l’infanzia era poco caratterizzata nella realtà concreta dei costumi: il bambino si trovava essere vestito

come gli uomini e le donne della sua condizione.

Questo vecchio genere di vita non separava i bambini dagli adulti né attraverso il vestire, né attraverso il

gioco, né attraverso il lavoro. E si andrà così fino a tutto l’Ottocento e la metà del Novecento. 5

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

Né è testimonianza il romanzo “Il sentiero dei nidi di ragno” raccontato da Italo Calvino, durante il

periodo della resistenza partigiana italiana. Pubblicato nel 1947.

Il protagonista della storia è Pin, un bambino con la « giacca troppo da uomo per lui » che « tracanna

bicchieri di vino tutto d’un fiato come inghiotte fumo »; un bambino solo e desideroso di appartenere al

mondo degli adulti, che a soli dieci anni lavora nella bottega del ciabattino Pietromagro da cui viene

continuamente picchiato a causa della sua perenne assenza nel posto di lavoro. La sera solitamente si reca

all’osteria dove degli uomini gli offrono da bere e gli chiedono di cantare con la sua voce rauca. Pur

sentendo questi uomini a lui più vicini dei « mocciosetti » della sua età, tra loro si sente sempre escluso,

di troppo ed essi gli sembrano misteriosi, ambigui « con quella loro fissa di donne e di armi ». Pin è

molto influenzato dal mondo degli adulti, dai loro vizi di cui scherza, ma che non comprende del tutto.

Quando la storia ha inizio, Pin è un ragazzino che osserva dal suo mondo fiabesco di « bambino

vecchio » le esistenze misteriose e ingarbugliate dei grandi: e a volte sono gli amplessi animaleschi della

sorella, che Pin spia con « occhi come punte di spillo » dal ripostiglio stretto e scuro che è la sua camera,

a volte sono parole oscure e affascinanti alle quali il bambino attribuisce significati favolosi. E tutto

questo è la Storia, ma Pin non lo sa, non sa ancora cosa sia la Storia, quest’oggetto incomprensibile che

nei suoi sogni di bambino prende la forma di una pistola, una P38 rubata a un ufficiale tedesco, uno degli

amanti di sua sorella. La pistola diventa allora l’oggetto magico delle favole, è l’anello che rende

invisibili, la bacchetta magica che permette a Pin di entrare nel mondo favoloso dei grandi.

Pin è un personaggio di confine, sospeso tra un’infanzia che non gli è mai appartenuta e un mondo

adulto ancora lontano ad estraneo, ma che tuttavia lo attrae, perché sente che lì forse potrà avere

un’occasione di riscatto, potrà trovare l’Amico, il compagno, l’anima con cui condividere il castello dei

sogni e segreti su cui poggia la sua piccola vita di picaro senza affetti. In questa sua ricerca

sconclusionata, senza guide e senza direzioni preordinate, Pin diventa a volte un inconsapevole moralista:

guarda gli adulti con i suoi occhi vuoti di esperienza, e da questa osservazione sa trarre una saggezza tutta

sua, che lo rende ancora più solo, ancora più in bilico tra desiderio, rabbia e paura. 6

Il bambino di ieri, il bambino di oggi: due realtà a confronto

L’unico gioco a contare in questo momento è la guerra, e anche Pin vuole parteciparvi, con la cieca

cocciutaggine del bimbo che non vuole rimanere da solo nell’angolo del cortile, che vuole anche lui far

parte della banda. Ma è un gioco duro e difficile, le regole molto spesso sfuggono a Pin: non capisce i

comportamenti e le reazioni di questi uomini, un po’ delinquenti, un po’ clown, che si trovano, riuniti in

un bosco come i personaggi di una fiaba, a recitare il dramma della Storia ognuno a modo suo, senza che

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