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speciale, che gli consente di caricare di significati ulteriori e misteriosi
anche gli oggetti più comuni; il poeta deve saper combinare il talento della
fanciullezza (saper vedere), con quello della vecchiaia (saper dire). Infatti, il
fanciullino riesce a cogliere negli oggetti quel qualcosa che agli occhi di un
adulto sembra futile, mentre “noi accendiamo negli occhi un nuovo
desiderare”, egli vi tiene fissa “la sua antica serena meraviglia”. Il poeta che
ascolta il fanciullino coglie l’essenza delle cose e non la loro apparenza.
La poesia quindi per il Pascoli è tale solo quando riesce a parlare con la voce
del fanciullino ed è vista come la perenne capacità di stupirsi tipica del mondo
infantile. Il fanciullo per Pascoli è presente in ogni uomo e sta ad ascoltare,
ammirando le fiabe e le leggende nell’uomo serio; nell’uomo pacifico invece fa
echeggiare stridule fanfare di trombette e di pive. E colui che ci fa perdere
tempo perché vuole cogliere il fiore di cui sente il profumo o sentire cantare la
cinciallegra; che parla sempre senza mai fermarsi. Senza il fanciullo noi non
vedremmo tante cose a cui di solito non badiamo neppure e non potremmo poi
nemmeno pensarle e ridirle, perché per Pascoli il fanciullo è “l’Adamo che
mette il nome a tutto ciò che vede e sente”. Chi non ha mai sentito parlare di
tutto ciò forse conserva al suo interno un fanciullo che tace o che non ha mai
voluto udire, che tiene il broncio o che dorme con i pugni chiusi, ma c’è sempre
un fanciullo!
C
appuccetto quindi cominciò a raccogliere i
tanti fiori colorati, allontanandosi
ingenuamente sempre più dal sentiero
indicatole dalla mamma. Quando
Cappuccetto finalmente si ricordò della nonna,
subito fece per tornar indietro, ma ormai nel fitto
bosco era entrata e la sera era vicina. Perso il
sentiero, Cappuccetto cominciò a camminare nella
speranza di ritrovare la giusta via, ma alzando gli
occhi al cielo, notò che il sole era ormai tramontato
ed il cielo era buio, illuminato soltanto da qualche
bella e brillante stellina. Si ricordò di quando la sua
mammina, guardando quelle stesse stelle, le
raccontò che le stelline erano in realtà occhi di bimbi
che in tempi assai lontani erano giunti fino in cielo e
non erano stati più capaci di venirne giù.
Cappuccetto, piccola com’era, non poteva sapere che in realtà le stelle hanno
origine dalla materia interstellare presente nelle galassie e subiscono
un’evoluzione differente a seconda della loro massa iniziale. Le stelle con
massa pari a quella del Sole, o di poco superiore, probabilmente si formano da
globuli di materia relativamente fredda, i globuli di Bok; le stelle massicce,
invece, si produrrebbero tramite un innesco operato da onde d’urto, che creano
un’instabilità gravitazionale nella materia interstellare. In entrambi i casi
abbiamo la formazione di una protostella, cioè una nube di gas
approssimativamente sferica, nella quale le interazioni gravitazionali tra le
particelle di materia si fanno sempre più intense. L’evoluzione di una
protostella dipende da due forze contrapposte:
la contrazione gravitazionale;
-la tendenza all’espansione del gas che si riscalda.
Quando la forza gravitazionale prevale, la nube si contrae e la durata di questa
fase dipende dalla massa. Maggiore sarà la massa, minore sarà la durata. Il
tempo necessario ad una protostella per divenire stella dipende anch’esso dalla
massa. Le stelle più massicce del sole si formano in un tempo relativamente
breve (300.000 anni), quelle grandi come il Sole richiedono trenta milioni di
anni. Quando la temperatura del nucleo stellare raggiunge i 10 milioni di gradi,
viene innescata la fusione nucleare dell’idrogeno in elio. Durante questa fase la
stella si colloca sulla sequenza principale del Diagramma HR. Il diagramma HR
mette in relazione la magnitudine assoluta con la temperatura superficiale e la
sequenza principale è una fascia che attraversa l’intero diagramma. Ora la
stella è stabile ed anche questa stabilità dipende dalla massa, maggiore è la
massa minore è la fase di stabilità.
Da una stella di massa pari a quella del sole o di poco superiore, avrà origine
una gigante rossa, infatti, avremo
l’espansione degli strati esterni della
stella, con conseguente aumento
delle dimensioni di quest’ultima. Da
una gigante rossa avremo una
nebulosa planetaria, che si forma in
seguito al collasso del nucleo della
gigante rossa ed alla conseguente
liberazione di energia che spazza
via gli strati esterni della stella. Una
nebulosa planetaria è quindi un
guscio di gas caldissimo, con al
centro una stella caldissima e
piccola. La stella è così divenuta una
nana bianca.
Nelle stelle invece di massa superiore a quella del sole, avremo la formazione
di una supergigante rossa che esploderà in una supernova, liberando in pochi
istanti l’energia che una stella di massa solare produce in miliardi di anni. Da
una supernova può aver origine sia una stella di neutroni che un buco nero. La
prima rappresenta la “cenere” che rimane dopo lo scoppio di una supernova.
Un buco nero si forma invece in seguito allo scoppio di stelle molto molto
grandi. Nel buco nero la gravità assume un valore infinito ed al di la di esso il
tempo si ferma, nemmeno la luce riesce a sfuggirgli. La materia che cade su di
esso è sottoposta a condizioni così estreme, e temperature così elevate, che
emette raggi X. I fisici amano definire questa emissione come “l’urlo di agonia”
della materia inghiottita dal buco nero.
L
a piccola Cappuccetto continuava a vagare,
nella speranza di ritrovare la strada e
spaventata ormai dalle fitte tenebre che
avvolgevano il bosco. Ripensava alla sua mammina,
sapeva quanto poetesse essere preoccupata in quel
momento, non vedendola tornare al tramonto come
faceva di solito. Così la piccola, afflitta cominciò a
singhiozzare… Un lupo cattivo che
passava di li sentì quei
tristi gemiti ed intuì che
un dolce e tenero
fanciullo, doveva
trovarsi nelle vicinanze.
Ascoltando quei lamenti
giunse fino alla bimba
che tra le lacrime e lo
spavento non ricordò
l’avvertimento della
mamma, stare lontana dal lupo. Il lupo vide nella
bimba la miglior cenetta di tutta la sua vita e le saltò
addosso con un balzo, divorandola in un sol boccone.
C’è sempre un lupo cattivo nei paraggi di un bambino, un lupo cattivo a cui non
importa se quello è un bambino, che non si vergogna se colui che ha davanti
non solo non può difendersi, ma non può nemmeno capire il male che gli si sta
per fare. Che sorride con i suoi occhioni grandi e puri anche quando gli si sta
per fare male, male che non merita. Tante volte i bambini sono vittime della
cattiveria degli adulti, vittime delle loro scelte sbagliate, vittime innocenti che
pagano per gli errori di grandi che non sanno scegliere. In ogni epoca, c’è un
bambino che piange dietro un adulto che vince o che perde. Vittime di guerre,
di sfruttamenti, di violenze. Ho così deciso di prendere in considerazione tre
epoche e per ognuna di queste epoche dare omaggio ad un bambino che ha
sofferto, innocentemente.
The first is The Victorian Age, with “Oliver Twist”. “Oliver twist” is one of the
most important works of Dickens. Oliver is a poor boy and he hasn’t got
parents. So he must work in a workhouse in an inhuman way.
Then he is sold to an undertaker, but then he decides to escape from him for
the badness of the man and of his wife. Oliver decides to go to London. There,
he falls into the hands of a gang of young pickpockets, but the boy is helped by
an old gentleman. Oliver now is happy, but during his job he is shot and
wounded by the gang. Then, The gentleman found him and decides to adopt
him.
The importance of this story is that this is autobiographical. Infect Dickens
worked in a workhouse too. And he had an unhappy childhood.
Oliver Twist rappresenta quindi lo sfruttamento minorile. Centinai di minori in
tutto il mondo ancora oggi vengono privati dei loro diritti, vivono in condizioni
di disagio fisico e psicologico e non conoscono, spesso l’affetto di una famiglia.
Il secondo esempio che vorrei ricordare è quello di Anna Frank. Anna Frank è
stata una scrittrice olandese ebrea, morta all’età di circa sedici anni, vittima
insieme alla sua famiglia delle persecuzioni naziste, condotte contro gli ebrei
nel periodo della seconda guerra mondiale.
Anna passò gran parte della sua infanzia (dai 13 ai 15 anni), ad Amsterdam
nascosta con la sua famiglia nell’Achterhius, un piccolo spazio a due piani
posto sopra i locali della compagnia del padre. Nel nascondiglio oltre alla sua
famiglia trovarono rifugio anche un dentista ebreo con la moglie ed il figlio
scrisse un diario,
Peter, di cui Anna si innamorò. In quegli anni, Anna
descrivendo con considerevole talento le paure causate dal vivere in
clandestinità, i sentimenti per Peter, i conflitti con i genitori, e la sua
aspirazione di diventare scrittrice. Dopo più di due anni, una soffiata di un
informatore olandese portò la Gestapo al loro nascondiglio, vennero così
arrestati tutti e trasferiti al campo di smistamento di Westerbork. Furono poi
trasportati ad Auschwitz. Anna Frank e la sorella maggiore, Margot, passarono lì
un mese, per poi essere spedite al campo di concentramento di Belsen, dove
morirono di tifo esantematico un mese prima della liberazione del campo. Solo
il padre di Anna sopravvisse ai campi di concentramento, e tornato ad
Amsterdam, ritrovò il diario e decise di pubblicarlo.
Anna nel suo diario, descrive
candidamente la sua vita, la propria
famiglia ed i propri amici, nonché
appunto la sua vocazione a
diventare un giorno scrittrice
affermata di racconti. Sogno che
purtroppo non ha potuto vedere
realizzato in vita.
Della nostra epoca, sono
innumerevoli gli esempi da
riportare. Ho scelto, però Tommy,
ovvero Tommaso Onofri, che poco
più di due anni fa ha commosso
tutto il nostro paese.
Tommy era un bimbo di diciotto
mesi, che viveva felice con la sua
famiglia in una casa di campagna a Casalbaroncolo, in provincia di Parma.
La sera del 2 marzo 2006, viene rapito e portato via da casa sua, per poi
essere barbaramente ucciso dai suoi rapitori poche ore più tardi. Tommy era
un bambino come tanti, bello con gli occhioni blu dolci quanto il miele se
non di più. Quella sera, però, è stato ucciso quasi come un animale, anzi
forse peggio perché nessun essere vivente meriterebbe di morire in quel
modo. Ucciso perché piangeva troppo. Perché in quel dannato bosco buio,
quella sera, mostrava la sua volontà di tornare a casa. Perché piangeva
spaventato, e questo, avrebbe fatto scoprire i suoi rapitori, che non
pensandoci due volte gli hanno portato le mani alla gola per poi ucciderlo
con uno, o forse due, colpi di pala. E’ morto così Tommaso, racconta uno dei
due rapitori. Fa paura la stessa freddezza del racconto mostrata dall’uomo,
se così lo si può definire. Freddezza mostrata per tutto il giorno, mentre
negava di aver preso il bambino e di averlo ammazzato. “Che la sua morte
scuota le coscienze” è stato l’appello e l’invocazione del vescovo di Parma,
che ha celebrato nel Duomo di Parma i funerali del piccolo Tommy. Oltre
50mila persone presenti. L’Italia si è stretta così attorno al piccolino ed alla
sua famiglia. Da ricordare inoltre è l’invito a firma Tommy scritto sul retro
della fotografia di Tommaso Onofri:
Ciao grande uomo che mi facevi arrabbiare con la barba pungente e ti segnavo di no
quando minacciavi di baciarmi, ma a cui affidavo fiducioso la mia protezione.
Ciao piccola grande donna che sapevi sempre come consolarmi, di cui cercavo ancora
il seno, a cui affidavo fiducioso la mia cura.
Ciao grande fratellone che avevo adottato come compagno di giochi e mi illuminavo
quando ti vedevo tornare a casa.
Ciao piccolo grande fratellino che mi facevi fare le cose più strane, spaventando la
mamma, ma mi divertivo da matti quando giocavo con te e ti piantavo dei bei
morsacchi quando mi facevi i dispetti.
Oggi vi saluto tutti e insieme a voi saluto tutti i grandi uomini, e tutte le piccole grandi