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INDICE
1. STORIA DELL’ AUTOMOBILE
2. L’ITALIA E IL MIRACOLO ECONOMICO
Il miracolo economico
Le migrazioni
Le rivendicazioni operaie
La vita politica
La società dei consumi
Le trasformazioni sociali
La distruzione del ambiente
3. TERMODINAMICA 3
Principio zero
Primo principio
Secondo principio
Teorema di Carnot
Ciclo di Carnot
4. IL MOTORE
Introduzione motori a combustione interna
Generalità e classificazione
Motore a quattro tempi diesel
Fasi del motore diesel
Ciclo motore diesel
Motore quattro tempi benzina
Fasi del motore a benzina
Ciclo otto
Raffreddamento
Avviamento
5. THE AUTOMOBILE ENGINE
LA STORIA DELL' AUTOMOBILE
L’automobile è stata l’invenzione più importante del nostro tempo, non si può
stabilire con esatezza il periodo storico dove si svilluppo l’idea di costruire un mezzo
di trasprto senza l’ausiglio delgli animali .Ma nel XVII secolo con lo sviluppo delle
scienze i francesi Denis Papin e l'inglese New Comen costruirono i primi rudimentali
motori a vapore, con un pistone spinto dalla pressione del vapore.
Il francese Nicolas J. Cugnot riuscì ad applicare il motore a vapore su un carro e a
farlo muovere, creando quello che può essere definito, il primo veicolo automobile
(cioè semovente) della Storia con propulsione autonoma.
Durante il XIX secolo il motore a vapore si perfezionò, ma il suo peso era cosi
elevato che fu applicato soltanto a dei mezzi grossi o a delle pesanti locomotive o alle
navi.
Due italiani, Eugenio Borsanti e Filippo Matteucci, costruirono e brevettarono, nel
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1858 quello che può essere considerato il primo e vero motore a benzina. Era però
privo della fase di compressione, cioè la miscela veniva accesa senza essere
compressa, attuando cosi cicli di funzionamento a tre tempi.
Quest' idea venne ripresa e perfezionata dal tedesco, Nikolaus Otto che inventò il
motore con un ciclo a "quattro tempi", usava infatti petrolio leggero come
combustibile e comprimeva la miscela raggiungendo così pressione e potenze molto
elevate. Tuttavia, la prima applicazione dei motori a combustione interna ad un
veicolo arriva vent' anni più tardi, quando i tedeschi Daimler e Benz presentarono
rispettivamente un quattro ruote e un triciclo con lo stesso motore a quattro tempi.
Benz si accorse subito che, per superare con i suoi tricicli la strada in salita,
bisognava aumentare il numero di giri del motore, e diminuire quelli delle ruote,
nacquero cosi i primi cambi di velocità.
Dedicò poi la sua attenzione alla frizione, necessaria per collegare gradualmente il
motore alle ruote e per effettuare cambi di marcia. Studiò quindi i meccanismi dello
sterzo ed applicò differenziali alle ruote motrici i primi freni.
Negli Stati Uniti l'automobile ebbe uno sviluppo ancora più rapido, la marca più
antica è sicuramente la Ford.
Nel 1903 un meccanico del Michigan, chiamato Henry Ford, fonda la Ford motor
company, a lui si deve la costruzione dell' automobile più diffusa del mondo, fino alla
Seconda Guerra Mondiale, la Ford modello T, prodotta in più di 15.000.000 di
esemplari. Modello prodotto con il nuovo sistema della catena di montaggio.
In America, grazie anche al modello T, l' automobile iniziò a diffondersi anche fra le
famiglie meno facoltose, mentre in Europa continuava a rimanere molto costosa e
lussuosa. 5
Ford T
Fra il 1920 e il 1930 le case automobilistiche Europee si dedicarono alla
progettazione e alla costruzione di vetture "utilitarie", robuste e a basso costo.
L' auto inizia variare le linee a differenziarsi, ogni casa automobilistica varia un
aspetto della propria auto rendendola unica e riconoscibile sul mercato.
L'accensione a manovella venne sostituita da un motorino per l'avviamento, il numero
dei cilindri, inizialmente uno o due, era ormai salito a quattro, sei, otto, dodici e
perfino a sedici cilindri.
Gli anni che vanno dal 1930 al 1940 rappresentano "l'Epoca d' Oro" dell'automobile,
che raggiunse il massimo della perfezione, della tecnica e dell'eleganza. 6
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, i motori divennero sempre più piccoli, con
potenze elevate anche nelle cilindrate ridotte per facilitare l’assemblaggio del auto.
La forma della carrozzeria cambia, diventa bassa e larga, con le ruote sempre più
piccole, e la trazione, come nei tricicli di Benz, torna ad essere posteriore. Siamo nel
periodo della motorizzazione di massa (fine anni 50), in cui l'automobile cessa di
essere totalmente un oggetto esclusivamente di lusso accessibile solo a persone
agiate. Diventa "piccola fuori e grande dentro", abitacoli sempre più spaziosi e
luminosi, freni a disco e i primi tergicristalli, oggetto di una delle più grandi dispute
giudiziarie tra un privato e una casa produttrice americana.
Il boom economico degli anni '60 corrisponde a quello dell'automobile, è l' epoca
delle utilitarie e delle spider, delle coupé. L' auto in questi anni entra nel mito e nei
sogni dell' uomo, e le campagne pro auto coinvolgono anche tanti attori del cinema .
Le grandi case italiane iniziano le collaborazioni sempre più assidue con i più famosi
carrozzieri .
Negli anni '70 i giapponesi si collocano al terzo posto della graduatoria dei
costruttori, negli anni successivi il prezzo del greggio aumenta e il mondo dei
trasporti entra in una grandissima crisi. Per risparmiare carburante nel 1974 il
governo italiano impone la circolazione domenicale a "targhe alterne" e i costruttori
progettano e realizzano vetture che consumano molto meno carburante.
Nel 1980, con l'egemonia produttiva del Giappone si ottengono, grazie all'impiego
massiccio dei computer nella fase di progettazione, risultati di notevole rilievo, in
tema di prestazioni, risparmio energetico, estetica, aerodinamica, qualità e robustezza.
Nei primi anni 80 sale alla ribalta una nuova generazione di motori Diesel veloci,
adatti alle autovetture, mentre si diffonde sempre più l' impiego dell'elettronica nei
controlli delle funzioni dei motori a benzina, accensione e iniezione.
E' anche il momento del turbocompressore, che consente di aumentare la prestazione
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dei motori, senza influire negativamente sui consumi, anzi, sul diesel diminuiscono.
infine gli anni '90, la ricerca sfrenata della sicurezza, attiva e passiva, della eleganza,
dell' innovazione.
Considerando il singolo modello (inclusi restyling e aggiornamenti) la VW Maggiolone
risulta l’automobile più venduta al mondo con 21 milioni di esemplari.
L'ITALIA E IL MIRACOLO ECONOMICO
Il miracolo economico
All'inizio degli anni '50 l'Italia era ancora un paese povero, con un livello di vita
molto lontano da quello degli altri stati dell'Europa.
Una parte molto consistente (il 42,2% nel 1951) della popolazione lavorava in
agricoltura e poche case (solo il 7,4%) avevano elettricità, acqua potabile e servizi
igienici interni. La mancanza di lavoro e la miseria favorirono l'emigrazione verso
l'America (1.100.000 tra il 1946 ad il 1957) e verso l'Europa centro-settentrionale
(Francia, Svizzera, Belgio). La situazione cambiò profondamente tra gli anni '50 ed i
primi anni '60: prima (1951-1958) la crescita della domanda interna (cioè da parte
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degli italiani), poi l'integrazione economica europea nella CEE e quindi l'aumento
delle esportazioni (1958-1963) favorirono l'industria italiana, che conobbe una
crescita rapidissima, nota come “Miracolo Economico” o “Boom”. La crescita fu resa
possibile dai bassi costi di produzione. Il lavoro era pagato poco, cioè i salari
rimanevano molto bassi, perché, a causa della forte disoccupazione, l'offerta di lavoro
era di gran lunga superiore alla domanda. Inoltre la scoperta di giacimenti di metano
e di idrocarburi nella pianura Padana permise alle industrie di ottenere anche energia
a basso costo. Lo stato non intervenne per regolare la crescita, lasciando completa
libertà d'azione agli imprenditori: in Italia mancò una politica di programmazione,
che avrebbe potuto permettere una crescita più equilibrata. Vennero però create
grandi aziende pubbliche, tra cui l'ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), costituito nel
1953 per sfruttare i giacimenti di metano e petrolio della pianura Padana.
Perciò il miracolo economico si verificò nelle regioni in cui vi erano più industrie, in
primo luogo quelle del triangolo industriale (formato da Torino, Genova e Milano).
Qualche anno dopo si verificò un forte sviluppo anche nella “terza Italia” (terza
rispetto al triangolo industriale e all'Italia meridionale, sottosviluppata), cioè nelle
regioni dell'Italia nord-occidentale e centrale: qui non esistevano grandi complessi
industriali, ma un gran numero di piccole fabbriche (di abbigliamento, calzature,
ceramiche, pellame, mobilio), in grado di produrre sia il mercato interno, sia quello
estero. In queste condizioni si aggravarono gli squilibri all'interno dell'Italia e in
particolare quello tra Nord e Sud .
Le migrazioni
A causa di questo squilibrio si verificò la più massiccia migrazione interna mai
avvenuta in Italia: tra il 1955 ed il 1971 oltre nove milioni di italiani furono coinvolti
in migrazioni da una regione ad un'altra. Dalle campagne di tutta Italia milioni di
contadini si spostarono verso le città del triangolo industriale, verso altri centri minori
del Nord (da Padova a Varese, da Ivrea a Mestre): qui era possibile trovare lavoro
nelle industrie, nei centri edilizi, nel settore terziario, con un salario per tutto l'anno
ed un orario regolare. Accanto alle migrazioni interne continuò ad esserci
un'emigrazione verso gli altri stati europei, soprattutto la Germania e la Svizzera: si
trattava però di migrazioni temporanee, per cui gli immigrati non portavano con sé la
famiglia. Invece coloro che si trasferivano nell'Italia settentrionale si facevano
raggiungere dalla famiglia, perché il loro era di solito un trasferimento definitivo. 9
Le rivendicazioni operaie
Le fabbriche in rapida espansione continuavano a richiedere nuova manodopera e per
la prima volta nel dopoguerra la richiesta di manodopera superò l'offerta. Questa
situazione permise agli operai di chiedere miglioramenti senza dover temere il
licenziamento: le richieste più frequenti erano quelle di ridurre i ritmi di lavoro,
molto intensi, e di aumentare i salari e la durata delle ferie (spesso ancora limitate a
due settimane). A partire dal 1962 vi furono spesso grandi scioperi e manifestazioni
operaie, soprattutto nelle città del Nord. Attraverso questi scioperi gli operai
ottennero un miglioramento dei contratti di lavoro. Un'altra ondata di scioperi si
verificò nel 1969.
La vita politica
Le trasformazioni economiche e sociali dei primi anni '60 portarono anche ad alcuni
cambiamenti politici: a partire dal 1962 si ebbe un'alleanza tra la Democrazia
Cristiana ed il Partito Socialista (PSI), che portò poi a governi di centro – sinistra.
Vennero annunciate molte riforme, ma poche furono effettivamente realizzate. Le
principali furono la nazionalizzazione dell'industria elettrica (1962), che passò dai
privati alla stato (ENEL: Ente Nazionale Energia Elettrica), e la creazione della
scuola media unificata, con l'introduzione dell'obbligo scolastico (1962): mentre fino
ad allora al termine della scuola elementare alcuni si iscrivevano alla scuola media.
Negli anni '60 la vita politica fu sempre più dominata dai partiti ed un numero sempre
maggiore di posti nelle industrie di stato ed in tutti gli enti pubblici venne assegnato
non in base alla competenza, ma in base all'appartenenza ad un partito: questo
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fenomeno, chiamato lottizzazione, portò in posizioni incompetenti, più interessate ad
arricchirsi ed a favorire i propri sostenitori che a far funzionare gli enti o le industrie
che dirigevano.
La società dei consumi
Il miracolo economico modificò profondamente il modo di vita degli italiani,
soprattutto dell'Italia del Nord. Il reddito medio crebbe più rapidamente che in
qualunque altro paese europeo, Germania occidentale esclusa, e si ridusse la distanza
che separava l'Italia dai paesi europei più ricchi. Molti italiani poterono infine