Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 9
Automobile, un mito che non tramonta Pag. 1 Automobile, un mito che non tramonta Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 9.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Automobile, un mito che non tramonta Pag. 6
1 su 9
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi
Italiano: il Futurismo (Filippo Tommaso Marinetti)

Storia: la seconda rivoluzione industriale; il fordismo; il Fascismo

Economia aziendale: la delocalizzazione dell'azienda

Scienza delle Finanze: l'IRAP
Estratto del documento

L’AUTOMOBILE

“U ”

N MITO CHE NON TRAMONTA

T ESINA MULTIDISCIPLINARE

A CURA DI

L V

AURA ALENZA

C 5A M

LASSE ERCURIO

A 2010/2011

NNO SCOLASTICO

N ’

ASCITA DELL AUTOMOBILE

L’automobile nasce per la prima volta durante la seconda rivoluzione industriale. Questa è il

processo di sviluppo industriale compreso in Europa tra il 1870 e il 1914 circa.

Nell’evoluzione dell’industria si possono distinguere più fasi specifiche:

 la prima fase va dagli ultimi decenni del ‘700 ai primi decenni dell’800: è caratterizzata

dalla prevalenza del settore tessile, dall’impiego di macchine semplici costruite

artigianalmente e fatte per la maggior parte di legno, dalla presenza di industrie

ancora relativamente piccole, gestite dagli stessi padroni;

 la seconda fase va dal 1830 al 1870 circa: le caratteristiche di questa fase sono le grandi

industrie, il decollo della siderurgia e in generale dell’industria pesante, la rivoluzione dei

trasporti (ferrovie);

 la terza fase è spesso indicata come seconda rivoluzione industriale;

 fase inizia dopo la seconda guerra mondiale ed è tutt’ora in corso: è caratterizzata

la quarta

dallo sviluppo della petrolchimica, dalla diffusione dell’informatica e dall’impiego

crescente di robot, dalla scoperta del DNA e dall’uso di energia nucleare.

Si tratta di un processo di trasformazione economica che da un sistema agricolo-artigianale-

commerciale porta ad un sistema industriale moderno caratterizzato dall'uso generalizzato di

macchine azionate da energia meccanica, dall'utilizzo di nuove fonti energetiche (come ad

esempio il petrolio e l'elettricità) e dalla diffusione della fabbrica come principale luogo di

produzione nel quale si concentrano i mezzi di produzione (forza lavoro e capitale). Nasce

così la classe operaia che riceve, in cambio del proprio lavoro e del tempo messo a

disposizione per il lavoro in fabbrica, un salario. La caratteristica che differenzia

maggiormente la seconda rivoluzione industriale dalla precedente sta nel fatto che le

innovazioni tecnologiche non sono frutto di scoperte occasionali ed individuali, bensì di

ricerche specializzate in laboratori scientifici e nelle università finanziate dagli imprenditori e

dallo stato per il miglioramento dell'apparato produttivo. I trasporti nella seconda metà

dell'Ottocento divennero molto più sviluppati e complessi. Il sistema ferroviario, per esempio,

ebbe un grande accrescimento tanto che in alcuni paesi ebbe un incremento del 900%.

L'enorme sviluppo del trasporto su binari rivoluzionò in breve tempo i commerci e la

possibilità di movimento delle popolazioni interessate, divenendo a sua volta un potente

elemento di accelerazione e moltiplicazione dello sviluppo economico delle aree raggiunte

dal servizio. La seconda rivoluzione industriale coincide con l’era del petrolio, che in un

primo tempo viene utilizzato solo per l’illuminazione e per il riscaldamento. Fra i derivati del

petrolio c’è la benzina che, inizialmente considerata inutile e pericolosa, assume invece la

massima importanza quando inizia la produzione massiccia di automobili.

Nel 1883 l'ingegnere tedesco Gottlieb Daimler brevettò il primo motore a benzina efficiente.

Pochi anni dopo, apparve la prima vettura a benzina creata da Karl Benz: la sua

“Motorwagen”, un veicolo a tre ruote brevettato il 29 Gennaio 1886 , che verrà riconosciuta

ufficialmente come prima automobile. Diversamente da altri inventori, Benz non ha

semplicemente "impiantato" un motore a combustione interna nel telaio di una carrozza già

esistente, in modo da renderla semovente, ma la sua concezione strutturale comprende invece

l'intero veicolo: l'inventore aveva infatti compreso con chiarezza che un autoveicolo con

motore a combustione interna avrebbe dovuto seguire altre leggi tecniche rispetto ad una

carrozza a cavalli. Applicando i classici metodi di ingegneria, Benz crea una serie di tecnologie

innovative: un motore monocilindrico a quattro tempi compatto e veloce, alimentato a

benzina, con accensione elettrica, il carburatore, il radiatore ad acqua, lo sterzo e il telaio

Pag. 2 a 9

tubolare in acciaio. Con questi equipaggiamenti, la prima Motorwagen entra in circolazione

nel 1886.

In Italia la prima automobile a benzina venne costruita a Torino da Lanza nel 1895. In seguito

venne fondata la FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino) nel 1899 da Giovanni Agnelli.

Oltre a Karl Benz, da cui prende il nome la nota casa automobilistica Mercedes-Benz, un altro

inventore fu Henry Ford, creatore della Ford T prodotta appunto dalla Fo.Mo.Co. (Ford

Motor Company).

La Ford T, conosciuta anche come Tin Lizzie o Flivver, è stata un auto prodotta dal 1907 al

1927 e rappresentò il primo esempio di utilitaria nel mondo dell’auto. Uscì dallo stabilimento

Piquette di Detroit il 27 settembre del 1907 ed è stata la prima autovettura prodotta in gran

serie utilizzando la tecnica della catena di montaggio. Henry Ford vendette la Ford Modello T

usando la famosa frase: "Gli americani avranno l’auto che vorranno, del colore che

vorranno, purché sia nera". In realtà il Modello T era disponibile in una modesta gamma di

colori, ma la produzione rapida richiedeva una vernice che asciugasse velocemente, che

all'epoca era disponibile solo in un colore, il nero appunto. Il successo trasformò la piccola

fabbrica, fondata da Henry Ford nel 1903, in un gigantesco complesso industriale.

Pag. 3 a 9

Bisogna però portare a conoscenza che il primo modello prodotto dalla Ford fu la Model A

che rappresenta la prima vettura costruita dalla Ford quando iniziò la sua produzione nel

1903 e alla quale seguirono 19 vetture tra prototipi e versioni definitive, riconoscibili dall'uso

delle successive lettere dell'alfabeto.

Comunque in ambito internazionale la Ford si distinse e riuscì a produrre questi modelli dal 7

ottobre 1913, grazie all’introduzione di nuove forme di organizzazione del lavoro e di

meccanizzazione come la catena di montaggio e il nastro trasportatore.

U N NUOVO METODO DI PRODUZIONE

La catena di montaggio è un processo di assemblaggio teso ad ottimizzare il lavoro degli

operai e a ridurre i tempi necessari per il montaggio di un manufatto complesso. Essa è

generalmente costituita da un nastro trasportatore che scorre portando con sé i diversi

oggetti da assemblare per ottenere il prodotto finito; ogni operaio può così assemblare un

unico pezzo, tramite movimenti ripetitivi e meccanici, permettendo un notevole risparmio dei

tempi di produzione: da quando questo metodo entrò in funzione, negli stabilimenti della

Ford, i tempi necessari a produrre una singola autovettura si ridussero da 12 ore ad un'ora

sola. Un bel risparmio di tempo! L'era del consumo di massa era così cominciata e, grazie ad

una produzione che abbassava i costi dell'azienda, il prezzo del prodotto finale scese

vertiginosamente: nel 1909 la Ford T costava 900 dollari, nel 1925 ne costava 290. La sua

particolare divisione del lavoro, la produzione non organizzata attorno a macchine simili e la

sua linea di assemblaggio diventarono dei veri e propri modelli per la produzione industriale.

Molte teorie nacquero intorno al fatto che il lavoro altamente ripetitivo e meccanico richiesto

agli operai dell'epoca nelle catene di montaggio provocasse alienazione della psiche e disturbi

motori negli operai stessi. Ford ricevette molte critiche per i problemi che i nuovi metodi di

produzione da lui utilizzati produssero nei suoi dipendenti, e tentò di rispondere installando

nelle fabbriche dei presidi medici tesi a ridurre questi inconvenienti. Oggigiorno, ad ogni

modo, l'automazione e l'impiego di robot per svolgere le operazioni maggiormente ripetitive o

pericolose ha ridotto notevolmente gli aspetti negativi correlati alla produzione in serie. Ford

comunque sviluppò intere fabbriche basate sul concetto della catena di montaggio, ed i

benefici che le sue industrie trassero, in termini di abbattimento dei tempi di produzione e di

risparmio economico, furono tali da spingere la maggior parte delle compagnie industriali

dell'epoca ad assumere questo metodo, creando in definitiva un nuovo modo di intendere la

produzione seriale che prese appunto il nome di Fordismo. Pag. 4 a 9

I F

L ORDISMO

Il “Fordismo”, detto anche “Taylorismo-Fordismo”, è una modalità di organizzare il lavoro

nelle fabbriche teorizzata dall’ingegnere americano Frederick Winslow Taylor agli inizi del

novecento e applicata per la prima volta, e con successo straordinario, dall’industriale

automobilistico americano Henry Ford, e poi in tutte le società industriali avanzate. Il

“Taylorismo-Fordismo” si è rivelato una tecnica e un modo di concepire il lavoro e i rapporti

umani sul lavoro. Sta ad indicare una peculiare forma di produzione basata principalmente

sull'utilizzo della tecnologia della catena di montaggio al fine di incrementare la produttività,

quindi l’organizzazione viene razionalizzata e resa più efficiente. Il “Taylorismo” vero e

proprio si fondava su una serie di osservazioni. Ogni operazione lavorativa veniva suddivisa

nei movimenti elementari che la costituivano. Tale operazione veniva poi fatta svolgere dagli

operai più efficienti. Si notava così che ognuno di essi eccelleva in alcuni movimenti, ed era

meno abile in altri. Si faceva la “somma” dei movimenti elementari a più alto rendimento e si

otteneva così il modello dell’operazione globale in assoluto più redditizia. Henry Ford, quindi,

applicò questa tecnica all’interno della sua industria.

Il Fordismo gode delle seguenti caratteristiche:

particolare divisione del lavoro (la separazione dei diversi compiti tra diversi gruppi di

 lavoratori) in cui lavoratori non specializzati eseguono semplici operazioni ripetitive

mentre tecnici qualificati e personale di direzione ricoprono incarichi relativi alla

ricerca, al design, al controllo della qualità, finanza, coordinamento e marketing;

è un sistema dove la fabbricazione è altamente standardizzata;

 la produzione non è organizzata con il criterio di dislocare nello stessa zona macchine

 simili, ma le macchine sono disposte funzionalmente, ovvero nel corretto ordine di

sequenza richiesto per la fabbricazione del prodotto;

le varie parti della catena di montaggio sono collegate insieme da un nastro

 trasportatore (la linea di assemblaggio) per facilitare un veloce ed efficiente

svolgimento dei compiti.

Negli Stati Uniti esso è una filosofia sociale che sostiene che ricchezze e profitto possono

essere raggiunti con alti salari che permettono ai lavoratori di acquistare i beni che hanno

prodotto.

Al Fordismo seguì negli anni ‘60 e ‘70 la nascita del “Post-Fordismo”. Questo sta ad indicare il

fatto che la grande industria organizzata con principi fordisti non è più il centro del sistema

economico. Le grandi industrie si sono inoltre “delocalizzate”, cioè hanno decentrato la

produzione in altri paesi, lasciando alla casa-madre le funzioni di ricerca, finanza e marketing.

L’industria è quindi stata delocalizzata dall'occidente ai paesi del secondo e terzo mondo,

dove la produzione è meno costosa.

L ’

A DELOCALIZZAZIONE DELL AZIENDA INDUSTRIALE

La delocalizzazione dell’industria è ancora oggi un fenomeno molto frequente. Essa consiste

nell’abbassare i costi di produzione e conquistare nuovi mercati che portano al trasferimento

di impianti produttivi e di aziende commerciali in paesi fino a pochi anni fa esclusi dal

processo di industrializzazione. Sono ormai duemila le aziende italiane che hanno portato

tutta o parte della loro produzione all’estero e il numero cresce di anno in anno. Vengono

spostate principalmente in Europa dell’est e in Asia. Nel 60% dei casi cercano soltanto di

ridurre i costi, mentre l’altro 40% combina l’obiettivo della riduzione dei costi a quello più

ambizioso della ricerca di nuovi mercati. Questo succede perché il costo del lavoro dei paesi

Pag. 5 a 9

poveri è almeno dieci volte più basso di quello europeo e inoltre delocalizzando si

Dettagli
Publisher
9 pagine
809 download