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Indice

Introduzione al tema.

Filosofia:

La vita umana come paradosso - la Teoria dell’Assurdo di Jean

 Paul Sartre

Inglese: Waiting for

The condition of men in the Twelfth Century –

 Godot by Samuel Beckett

Letteratura italiana: Il fu Mattia Pascal

La vicenda di Mattia Pascal – di Luigi

 Pirandello

Letteratura latina: Satyricon

L’assurdo nella letteratura dell’impero – il di Petronio

Storia dell’Arte: La condition humaine

Il rifiuto della logica nell’opera d’arte –

 di René Magritte

Bibliografia. Introduzione

Si definisce assurdo ciò che risulta contrario alla ragione, alla logica,

all’evidenza.

L’etimologia della parola “assurdo” deriva infatti dal latino “absurdus”,

composto dalla preposizione “ab” indicante allontanamento e da una

supposta forma volgare “sardus” derivata da un verbo indicante

“suonare”: propriamente dunque significa “che suona male, dissonante”

e in senso figurato “che offende il senso comune”, “che è in contrasto

con la ragione e con la logica”.

L’ assurdità può nascondersi in qualsiasi cosa e in qualsiasi uomo, in ogni

momento, nasce dall’uomo che non riesce più a comprendere se stesso e

quello che gli accade intorno. L’assurdo scatena le più diverse reazioni,

può far sorridere o disperare, può stupire o far arrabbiare e può anche

infastidire ma ciò che colpisce o incuriosisce è comunque il senso, anzi in

non-senso.

La presenza dell'assurdo nella letteratura e nell'arte di tutti i tempi si

configura spesso come una vera e propria provocazione: è la rivincita

dell'irrazionale sulla tendenza a ridurre l'esistenza entro i limiti della

ragionevolezza, della realtà oggettiva. Soprattutto in certi contesti storici

di decadenza, o comunque negativi, in cui all'uomo sembra di perdere i

consueti punti di riferimento, l'assurdo diventa proprio la cifra della

realtà, il simbolo della confusione, della perdita di valori e di un'identità,

constatata dall'uomo che si chiede radicalmente il senso della propria

esistenza.

E' per questo che esiste un carattere distintivo dell'assurdo nel

Novecento, un qualcosa che lo distingue dai modi in cui esso si presenta

nei secoli precedenti. Questo carattere distintivo è dato dal fatto che

l'assurdo, l'incomprensibile, lo scarto dalla ragione è, agli occhi di tanti

scrittori del XX secolo, qualcosa di quotidiano, elemento della normalità

dell'esistenza.

Questo avviene perché l'affermarsi progressivo della società di massa

tende ad assumere caratteri di disumanità e di irrazionalità sempre più

soffocanti, a dispetto dei decenni di ideologia positivistica e innovativa

che l'hanno preparata, sino a diventare per sua natura causa di

disorientamento e di angoscia. L'individuo si sente in balia di forze che

non riesce a controllare e a volte nemmeno a riconoscere, di grandi

sistemi sociali, economici o burocratici la cui logica è spesso

incomprensibile e assurda rispetto alle proprie esigenze. Gli stessi

progressi della scienza – considerata in passato la fonte prima di certezze

– allargano il campo dell'ignoto, piuttosto che restringerlo, indeboliscono

i fondamenti classici della conoscenza, cancellano il confine tra reale e

impossibile. La tecnologia dilagante, infine, se pure è in grado di

assicurare benefici materiali, provoca un diffuso senso di insicurezza, sia

per le grandi forze distruttive che è capace di scatenare, sia per

l'affannosa rincorsa di bisogni e consumi che innesca, con una crescita

esponenziale in cui l'uomo rischia di divorare se stesso e il mondo.

la Teoria dell’Assurdo - Jean Paul Sartre

Sulla base di questi presupposti si basa il clima culturale

dell’esistenzialismo, un’ “atmosfera” in cui si inserisce la filosofia di

Sartre. Quest’ultimo, la cui opera si inserisce soprattutto nel periodo

postbellico, arriva addirittura alla formulazione di una “teoria

dell’assurdo”.

Per Sartre la vita umana è un paradosso: infatti l’uomo pur essendo

libero di fronte al mondo, non è libero di essere libero. Ovvero l’individuo

non può scegliere il suo essere,cioè il fatto di essere “gettato” nel mondo

ed esistere: così il fatto di essere al mondo risulta essere qualcosa di

assurdo, perché non ha spiegazione. Anche la morte è assurda perché

non è una possibilità, ma anzi si pone come l’annullamento di ogni

possibilità. Con la morte si chiude l’assurdo, ma emerge un nulla in cui la

vita perde ogni senso.

Quindi l’assurdo per Sartre è che l’essere pervenga al nulla ed è proprio

la comprensione del senso del nulla (che è anche il titolo della sua opera)

la meta a cui tende la sua filosofia.

L’esperienza emotiva dell’assurdità è per Sartre la nausea, che il filosofo

La Nausea,

descrive nel romanzo il diario interiore di un professore di

storia, Antoine Roquetin. Durante il racconto Roquetin sente

progressivamente il dissolversi di ogni senso possibile della vita, mentre

si insinua in lui la Nausea,ovvero il senso insopportabile del “di troppo”. Il

suo sguardo disilluso gli rivela il gratuito, l’inconsistente, l’ingiustificato

dell’esistenza;ma la nausea non è il vuoto o in nulla, è il peso

dell’esistenza, l’essere di troppo: è la pressione della realtà assurda che

comprime gli esseri e li schiaccia. fatticità

In conclusione l’assurdo costituisce per Sartre la dell’essere,

privo di per sé di fini o scopi,che nascono con l’uomo e la sua libertà.

Waiting for Godot - Samuel Beckett

In the second post-war the philosophical use of the word absurd by such

existentialist thinkers as Jean Paul Sartre was taken by some dramatist:

the group of the Theatre of the Absurd.

The Irish playwright Samuel Beckett is the founding-father and the

master of this group.

His masterpiece Waiting for Godot, deals with confinement, the inability

to communicate, loneliness and immobility.

The main characters are two tramps, Estragon, weak and helpless, and

Vladimir, more responsible and mature. The others are Pozzo, a blind

man, who provide a diversion to the protagonists waiting for Godot;

Lucky, Pozzo’s slave; a boy

who appears to announce that

Godot won’t be coming that

night and Godot, even if he

never appears in the play.

Beckett’s plays are

characterized by a circular

structure, so they end almost

exactly as they begin.

Moreover places are confined,

very simple and the

protagonists never leave

them.

In fact in Waiting for Godot ,in

the first act, Vladimir and

Estragon are near a tree to

wait for Godot when Pozzo and

Lucky enter. While Pozzo is

talking with Vladimir and

Estragon, Lucky, dance and

think, making them happy.

After Pozzo and Lucky leave, a

boy tells Vladimir that Godot will not come that evening. So Vladimir and

Estragon decide to leave, but they do not move as the curtain falls.

In the second act one day is passed. Vladimir and Estragon again near

the tree to wait for Godot. Even Pozzo and Lucky enter again, but Pozzo

is blind and Lucky is dumb. Pozzo does not remember meeting the two

men before. After they leave, Vladimir and Estragon continue to wait. As

then the boy enters, he tells Vladimir that Godot will not come. He

insists that he did not speak to Vladimir yesterday. After he leaves,

Vladimir and Estragon decide to leave, but they do not move again, until

the end of the play.

In this play Beckett gives a strong impression of paralysis: the

protagonists are still, they never move from the scene. Their wait is

endless, the actions are a series of repetition, all exactly alike with any

purpose. A paradoxal effect is that Beckett’s play seems timeless (it lasts

two hours) while his characters are obsessed of time, forced to fill it with

useless dialogue and gags.

Everything is reduced to the essential: from clothes to the social status of

the protagonists and the setting( “a road and a single tree”). Then

objects are much more important than language in absurd theatre : what

happens transcends what is being said about it. It is the hidden, implied

meaning of words that assume primary importance in absurd theatre,

over an above what is being actually said. The Theatre of the Absurd

strove to communicate an undissolved totality of perception - hence it

had to go beyond language: dialogue become fragmented and broken,

verbal communication is substituted with mime and silences.

Il fu Mattia Pascal - Luigi Pirandello

Tra i precursori del Teatro dell’Assurdo possiamo collocare la figura di

Luigi Pirandello.

L'assurdo è infatti una componente fondamentale di tutta la sua opera

perchè è componente fondamentale della sua visione del mondo. Il

contrasto tra apparenza e realtà, lo sfaccettarsi della verità in tante

verità quanti sono coloro che presumono di possederla e soprattutto

l'assurdità della condizione dell'uomo, fissato in una forma che soffoca la

vita, sono infatti i temi portanti della sua opera. Di questa assurdità che

deriva sia dal caso che regna nelle vicende umane sia dalle convenzioni

sociali, Mattia Pascal è un testimone esemplare: nella sua vicenda il caso

trionfa ed egli si sforza di trovare una spiegazione, un nesso nelle

vicende che gli sono toccate, ma amaramente deve concludere che “è

impossibile voler estrarre la logica dal caso, come dire il sangue dalle

pietre”.

Mattia Pascal rappresenta l’uomo intrappolato nelle “maschere” di padre,

figlio , fratello,… che cerca di sganciarsi dal suo ruolo grazie ad una serie

di avvenimenti che sembrano essere una combinazione assurda del caso:

si innamora dell’amata del suo unico amico e la mette incinta,ma

frequenta anche Oliva, amante di Batta Malagna, sposa Romilda, ha due

figlie ma muoiono, muore la madre ed è costretto a sopportare una

suocera ed una moglie che lo odiano. In questo modo ha tradito la fiducia

di un amico, ha assecondato il suo nemico ed ha perso i suoi affetti. Poi

fugge, per un caso fortunato vince a Montecarlo e vuole tornare a casa

per sistemare tutto ma sopraggiunge la scoperta di essere morto. Mattia

a questi punto crede di essere libero ma compie un errore: invece di

cercare di vivere indipendentemente da ogni condizionamento della vita

civile si crea un nuova “maschera”, che ha il difetto di essere ancor meno

reale di quella iniziale perché non è socialmente riconosciuta. E ciò lo

condurrà alla seconda crisi da cui “nascerà” il fu Mattia Pascal.

L’errore di essersi creato una “forma”(quella di Adriano Meis) più falsa,

quindi più limitante, non lo rende capace di intuire il vero modo di vivere

la libertà e anzi angosciato per la situazione che viene a crearsi lo spinge

a reimettersi in quello che egli crede il vero flusso vitale, che in realtà

non è altro che un intreccio di apparenze. Egli si rende conto di essere

“nessuno”, di essere addirittura meno inconsistente della sua ombra,

calpestabile da tutti e vuole tornare ad indossare le vesti della sua

maschera iniziale, Mattia Pascal, ribadendo ancora una volta

l’attaccamento all’idea di identità, e inserendosi di nuovo nella

“trappola” familiare, in cui scopre di non poter rientrare perché il mondo

da cui è sfuggito è ormai troppo cambiato ed egli non è più in grado di

riprendere il posto che ha lasciato vuoto. A questo punto la sua crisi

esistenziale giunge all’apice ed è obbligato ad assumere

quell’atteggiamento di “forestiere della vita” che osserva distaccato

l’assurdo scorrere delle vite altrui. Al termine del romanzo l’unico

risultato conseguito dal protagonista è quello di non sapere chi è, ma

solo chi non è più e chi non potrà mai essere; non si pone alcuna

alternativa di fronte alla sua condizione di fu Mattia Pascal .

Il fu Mattia Pascal viene condannato dalla critica, oltre che per le novità

stilistiche,proprio per aver peccato di assurdità.

La critica si è scagliata contro l’autore su questo tema, accusandolo di

aver proposto una vicenda troppo al di là dei limiti del credibile per

risultare accettabile, forse comprensibile.

Pirandello, in risposta a queste critiche, inserisce al termine del suo

Avvertenza sugli

romanzo, in un’edizione successiva, l’appendice

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