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L’ARTE COME SPECCHIO DEI VIZI CONTEMPORANEI

PREMESSA:Leggendo “ I vizi capitali e i nuovi vizi”( approfondimento di una serie di articoli usciti sul

quotidiano “ La Repubblica”).del filosofo contemporaneo Umberto Galimberti trovo sia impossibile astenersi

da un confronto tra quelli che lo scrittore descrive come “mali” della società contemporanea e la società

stessa della quale ognuno di noi è inevitabilmente parte.

Dopo un’analisi del significato di ciascun vizio capitale

“classico”(ira,accidia,invidia,superbia,avarizia,gola,lussuria), lo studio di Galimberti trasloca l’analisi di questi

nella nostra società contemporanea. Quelli che una volta si chiamavano i sette vizi capitali sono diventati dei

nuovi vizi, perchè sono il frutto delle mutate condizioni economiche in cui viviamo. Questi nuovi vizi possono

coincidere con le cosidette “tendenze collettive” a cui l’uomo contemporaneo riesce ad opporsi con

debolezza rischiando di essere vittima dell’esclusione sociale.Tali nuovi vizi secondo Glimberti sono,

nell’ordine: consumismo,

conformismo, spudoratezza, psicopatia, diniego vuoto e sessomania

Carattere generale di queste tendenze è la distruzione della personalità di ogni individuo, il disfacimento

della capacità intellettuale e critica.

Il discorso,

nel complesso, è piuttosto articolato : ripercorriamolo in estrema sintesi, e vediamo

di riflettere sui punti essenziali dei “vizi” più significativi allo scopo di cercare di

verificare se è effettivamente riscontrabile che nella società moderna,e dunque quella con la quale tutti noi

quotidianamente ci confrontiamo e della quale facciamo pare,si siano realmente venute a creare

attitudini(negative o dannose in diversa misura)di questo tipo:

consumismo, sconosciuto dalle generazioni che ci hanno preceduto perché mette alla portata di tutti una

serie di scelte personali un tempo riservate solo a pochi. Ma perché è un “vizio”? Perché genera un pensiero

così nichilista da farci credere che solo il consumo e la distruzione dei più svariati oggetti possano garantirci

identità, libertà e benessere. Ha la sua massima espressione nel concetto di “moda”.

Il conformismo. In tutte le epoche gli uomini hanno dovuto adattarsi in misura

maggiore o minore al proprio tempo. La peculiarità della nostra epoca, quella della

tecnica e dell’economia globale, è di essere la prima a chiedere l’omologazione di

tutti gli uomini come condizione della loro esistenza. L’uniformità che ci viene chiesta oggi ha inoltre

caratteristiche

peculiari: Affinché l’adattamento non venga avvertito come una coercizione

è necessario che il mondo in cui viviamo, che è poi il mondo della tecnica e dell’economia

globale, non venga avvertito come uno dei “possibili” mondi, ma come l’“unico” mondo,

fuori dal quale non si danno migliori possibilità di esistenza.

Per esserci bisogna apparire, perché il mondo, tra uomini e merci è diventato una mostra?

Consumismo e conformismo hanno messo in circolazione un nuovo vizio che Galimberti per comodità

chiama spudoratezza con riferimento al crollo di quelle pareti che consentono di distinguere l’interiorità

dall’esteriorità.Se chiamiamo intimo ciò che si nega all’estraneo per concederlo a chi si vuol far entrare nel

proprio segreto profondo allora il pudore,che difende la nostra intimità,difende la nostra libertà.Ma contro di

noi soffia il vento del nostro tempo che vuole la pubblicizzazione del privato, perché quel che vale per le

merci,infatti vale anche per gli uomini che,avendo rinunciato per esigenze conformiste alla nostra società alla

loro specificità, sostituiscono l’individualità mancata con la pubblicità dell’immagine.

Anche la sessualità è risucchiata nel vortice della mercificazione e del conformismo,

trasformandosi in sessomania, il quarto dei vizi capitali. La tesi di Galimberti

è che in realtà siamo saturi per sovrabbondanza di visioni sessuali,giocate su tutti i registri:dalla pubblicità

dove si vorrebbe far desiderare un prodotto con la stessa intensità con cui si desidera il sesso,alla

pornografia in edicola,al cinema,in televisione in internet.. dove il principio della distribuzione di massa rende

le cose “normali” solo perché massicciamente diffuse. Ma la dove nessuno si pone il minimo problema se

alle otto di sera in tv si vedono scene di sesso che reclamizzano un profumo e un paio di cosce che

sponsorizzano un’automobile di lusso,allora dobbiamo dire che il mondo delle merci e la pubblicità che lo

reclamizza sono diventati i veri proprietari del corpo femminile, per lo meno della sua immagine

sessualmente attraente. Che poi le donne possiedano un corpo,al di là della sua utilizzazione pubblicitaria,

diventa un fatto puramente casuale e di importanza secondaria.

Partiamo proprio da qui per cercare di dimostrare empiricamente il significato generale delle tesi di

Galimberti riguardo ad un mondo ormai basato sul profitto,la spettacolarizzazione e la mercificazione di

qualunque cosa,intima,individuale e personale. Utilizziamo come chiave interpretativa quella più conforme

all’argomento e cioè quella visiva,restando,nello specifico,aderenti al mondo dell’arte:

La sessualità,la sensualità e l’utilizzo di immagini in quelche modo erotiche nell’arte sono presenti da

sempre,in quanto da sempre l’artista ha come riferimento la realtà e la natura nella loro tatalità .Nel corso

dell’ultimo secolo però questa tendenza ha subito un evoluzione piuttosto repentina,dilagando dall’ambito

creativo e ristretto dell’arte dove tutto, o quasi,è concesso in nome di una sorta di licenza poetica, alla

spettacolarizzazione commerciale,alla pubblicità dove si vorrebbe far desiderare un prodotto con la stessa

intensità con la quale si desidera un rapporto sessule,affettivo,emotivo.

Tutto ciò appare più chiaro alla luce dei messaggi pubblicitari, del controllo visivo dei media, che oggi nel

nudo segnano appieno la comunicazione, per cui l’uomo e la donna, il maschio e la femmina, si ritrovano allo

specchio. Le ideologie d’oggi sono quelle che si inscrivono nel corpo, lo modulano, i cui comportamenti

cambiano i contorni, le pose, i gesti.

Ma procediamo con ordine cercando di ricostruire l’evoluzione della sensualità”per immagini”a

partire dal contesto artistico e vediamo dove ci porterà:

, cominciamo (fig. 1)

con la cosiddetta “Venere di Willendorf” , cui possiamo accostare la ancora più famosa

“Polichinelle”o “Venere di Monpazier” (fig. 1 a);

si tratta di due delle più famose “Veneri preistoriche”, che risalgono al Paleolitico superiore, quindi a

un tempo compreso tra 30.000 e 21.000 anni prima di Cristo; Come è evidente, queste 2 “Veneri” non hanno

nulla di “naturalistico”, almeno nel senso in cui questo termine viene applicato, allo stesso momento storico,

nella rappresentazione degli animali per esempio.Nelle “Veneri” vengono esagerati alcuni particolari,

soprattutto le cosce le natiche e le mammelle, ovviamente a spese di altri dettagli. Nella Polichinelle, poi, la

testa e le gambe quasi si dissolvono nel nulla, mentre si enfatizzano ancora una volta le mammelle, e le

natiche, specie in una visione di profilo. Si tratta ovviamente di un’accentuazione di alcuni caratteri legati alla

fecondità –un elemento importantissimo nel mondo paleolitico, dove la specie umana certo non abbonda;. La

cosa non è limitata al tempo “primitivo”: se, con un salto enorme, si osserva il famoso dipinto di Jan Van

Eyck dedicato e commissionato dai coniugi Arnolfini, (fig. 2)

–siamo nella prima metà del XV secolo-: vediamo come nella donna vengano evidenziate pieghe

dell’abito, che ne mettono in risalto la fecondità o la potenziale fecondità.

Alcuni autori moderni, forse esagerando un po’, hanno voluto vedere nelle figurine preistoriche che

ho mostrato prima dei caratteri che oggi potremmo indicare come androgini, dove, nei casi estremi, le anche

“gonfiate” possono essere interpretate come testicoli e il collo allungato può ricordare un fallo; idea questa

non poteva certo sfuggire a Picasso che, nelle sue ossessioni di tipo freudiano, infatti nel 1927 produce

questo disegno (Fig. 3)

e pochi anni dopo, produce una grande testa di donna in scultura dai medesimi caratteri che

influenza certamente il famoso “The rape” di Magritte (Fig. 4).

Ma non si deve pensare che in tempi prefreudiani non si diano espressioni, anche se diremmo meno

marcate, di una sottile sessualità. Se (Fig. 5)

nella Venere, di Giorgione è la dea è immersa in un dolce paesaggio veneto e nel suo tranquillo

riposo a occhi chiusi sembra ignorare i nostri sguardi. Il titolo del quadro è chiaramente pretenzioso.La

ragazza non ha nulla della venere:è un nudo laico,terreno,reso sublime solo dalla propria bellezza ed anche

il paesaggio non ha nulla di mitologico.E’ questa l’innovazione meravigliosa:la modella non viene trasformata

in qualcun’altra per essere rappresentata in atteggiamenti elegantemente languidi, resta quella che è,una

bella ragazza nuda,distesa all’aperto in un pomeriggio d’estate.

ne “La Venere di Urbino” di Tiziano (fig. 6)

il richiamo sensuale è evidente, quasi un invito ad avvicinarci.

Tra il 1605 e il 1606 Caravaggio dipinse un capolavoro: La morte della vergine(fig. 7)

Il quadro fu respinto dai carmelitani che l’avevano commissionato e suscitò uno scandalo enorme:la

Madonna era raffigurata in modo assai poco canonico:esausta,con il ventre leggermente gonfio,i poveri piedi

nudi,spettinata.Esso rappresenta anche uno splendido omaggio alla modella, la “vergine” è infatti una

ragazza, Fillide ,probabilmente una prostituta, ripescata dal Tevere in cui era annegata e che Caravaggio ha

ritratto così per l’ultima volta,appena adagiata sull’argine,in disordine e con il ventre gonfio per l’acqua

ingerita.

Prima e dopo la reazione di sdegno suscita nei Carmelitani dalla Vergine di Caravaggio l'opportunità di

censurare o meno le raffigurazioni più esplicite è da sempre all'origine di dibattiti etici e sociali. I favorevoli

alla censura credono che un'azione legislativa più severa renderebbe l’uso “immorale” di immagini esplicite

un fenomeno meno diffuso. I contrari alla censura sostengono che l'autodeterminazione dell'individuo non

dovrebbe essere limitata per legge (fatti salvi i casi più estremi). Inoltre, spesso, ciò che un tempo era

considerato pornografico o scandaloso con le mutazioni dei costumi della società non è più considerato tale.

Un esempio sono i tratti del Decamerone di Giovanni Boccaccio, che fu addirittura inserito nell'Indice dei libri

proibiti dalla Chiesa cattolica

O chiunque oggi,su Google Images, digiti «l' origine du monde» viene subissato da centinaia di migliaia di

links, il video tappezzato da innumerevoli repliche o varianti di uno stesso monte di Venere nero e di uno

stesso spiraglio di vulva rosa. Ma appunto, questa è la storia di oggi, o di ieri. Fino agli sgoccioli del

Novecento - per un secolo e passa dopo che Courbet l' aveva dipinta, nell' estate del 1866 - L' origine del

mondo ha conosciuto un destino esattamente contrario. Non un massimo di notorietà e di visibilità, ma un

massimo di segretezza e di dissimulazione.Ogni suo proprietario infatti,pur avendo pagato una cifra

considerevole per la tela,la manteneva sempre nascosta dietro un pannello raffigurante una diversa

immagine. Impossibile stupirsene, se è vero che il dipinto di Courbet rappresentava ben di più che una

semplice sfida al vittoriano (o al comune) senso del pudore. L' origine del mondo non era, banalmente, un

nudo più spinto di altri nella lunga storia dei nudi. Era qualcosa di unico nella pittura occidentale, perché

rappresentava precisamente quanto gli artisti avevano da sempre evitato di illustrare: il sesso femminile.

Courbet aveva scelto addirittura di escludere dal quadro il viso della modella, non dipingendone che il ventre.

E così facendo, aveva trasformato una donna senza volto nella donna in generale. (fig. 8)

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