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materiale bellico anche il blocco di qualsiasi sorta di merce. I tedeschi cercarono allora di

spezzare questo blocco ingaggiando una guerra sottomarina. Nel giugno del 1916, mentre si

andava esaurendo l’offensiva tedesca contro Verdun, l’esercito austriaco passò all’attacco sul

fronte italiano con la cosiddetta Strafexpedition (spedizione punitiva) contro il tradimento

italiano, ma l’esercito italiano riuscì faticosamente ad arretrare sugli altipiani di Asiago e a

contrattaccare. Il contraccolpo psicologico nel paese fu fortissimo, e Calandra fu costretto

alle dimissioni e sostituiti da un ministero di coalizione nazionale presieduto da Paolo

Borselli. Sul fronte orientale la Russia riuscì a riconquistare i territori persi l’anno prima.

Il 1917 fu un anno caratterizzato dalla Rivoluzione Russa e dall’ingresso in guerra degli Stati

Uniti. In Russia agli inizi di marzo uno sciopero generale degli operai di Pietrogrado, si

trasformò in un’imponente manifestazione politica contro il regime zarista. Quando i soldati

chiamati a ristabilire l’ordine rifiutarono di sparare sulla folla e fraternizzarono con i

dimostranti, la sorte della monarchia fu segnata; lo zar Nicola II abdicò il 15 marzo pochi

giorni dopo fu arrestato con l’intera famiglia reale. Il governo provvisorio, creato in attesa

della convocazione di un’assemblea costituente, intendeva continuare la guerra, ma in ottobre

un’insurrezione guidata dai bolscevichi rovesciò il governo provvisorio, e il potere fu assunto

da un governo rivoluzionario presieduto da Lenin, che decise subito di porre fine alla guerra

firmando la pace di Brest-Litovsk, che li obbligò a cedere la Polonia, l’Estonia, la Lettonia, la

Lituania ed a riconoscere l’indipendenza dell’Ucraina.

Gli Stati Uniti dopo l’affondamento per mano tedesca della nave passeggeri americana

Lusitania entrarono in guerra contro gli imperi centrali. L’intervento americano risultò

decisivo sia sul piano militare sia su quello economico.

Anche per l’Italia il 1917 fu l’anno più difficile della guerra. Il 24 ottobre 1917 gli austriaci,

forti dei rinforzi provenienti da Est, dopo la dissoluzione dell’esercito russo, lanciarono, con

l’ausilio di reparti scelti dell’esercito del Reich, una violenta offensiva nella zona di

Caporetto, travolgendo le linee italiane, nonostante la strenua resistenza delle nostre truppe,

sfondando il fronte e dilagando nelle retrovie. Le nostre truppe non ressero l’urto delle 37

divisioni comandate dal generale Von Below, che fecero incetta di prigionieri e di armamenti;

in pochi giorni tutto il Friuli venne invaso. Le cause della sconfitta di Caporetto furono gli

errori strategici di Cadorna, l’atto di insubordinazione di un comandante e le scarse

motivazioni dei soldati al fronte dopo anni di guerra sanguinosa ed inutile. Destituito il

generale Cadorna fu sostituito da Armando Diaz,che grazie alle sue doti di profonda umanità,

riuscì a risollevare le sorti di un esercito che, dopo il 24 ottobre, era fortemente crollato

psicologicamente e che ora, ricostituito in tutta la sua vitalità e potenziato dai rinforzi alleati,

sembrava in grado di contrastare l’avanzata nemica che nel giugno del 1918 dopo una

settimana di combattimenti riuscì a respingere l’avanzata austriaca sul Piave. In tutto il paese

si formò uno straordinario spirito di coesione nazionale ed anche i socialisti, da sempre

contrari al conflitto, diedero tutto il loro appoggio per fronteggiare il nemico, contribuendo

alla nascita di un governo di unità nazionale alla guida di Vittorio Emanuele Orlando, che

lanciò, alla nazione, il vigoroso appello a "resistere" ad ogni costo. Il 24 ottobre, gli italiani

lanciarono un’offensiva sul fronte del Piave, vincendo la battaglia di Vittorio Veneto, che

vide il crollo dell’esercito austriaco e la successiva firma dell’armistizio con l’Italia, avvenuta

il 4 novembre a Villa Giusti presso Padova. In tanto la situazione precipitava anche in

Germania, dove ai primi di novembre i marinai di Kiel, dov’era concentrato il grosso della

flotta tedesca, si ammutinarono e diedero vita insieme agli operai della città, a consigli

rivoluzionari ispirati all’esempio russo. I moti dilagarono in tutta la Germania, e al governo

non li restò che firmare l’armistizio nel villaggio francese di Rethondes, accettando le

durissime condizioni imposte dai vincitori: consegna dell’armamento pesante e della flotta,

ritiro delle truppe,annullamento dei trattati con la Russia e la Romania e restituzione

unilaterale dei prigionieri. Il 18 gennaio 1919 si aprì presso la reggia di Versailles a Parigi la

conferenza di pace, che vide i paesi vincitori rappresentati rispettivamente da: Wilson (Stati

Uniti), Clemenceau (Francia), Lloyd Gorge (Gran Bretagna) e Orlando (Italia) impegnati per

Anno scolastico 2008-2009 4 Candidato Alberto Gravina

oltre un anno e mezzo in cerca di accordi che potessero soddisfare tutti i paesi. un anno e

mezzo. Nella conferenza si doveva ridisegnare la carta politica del vecchio continente,

rimasta pressoché immutata per oltre mezzo secolo e ora sconvolta dal crollo contemporaneo

di ben quattro imperi (tedesco, austro-ungarico, russo e turco); si doveva ricostruire un

equilibrio europeo, tenendo conto di quei principi di democrazia e di giustizia internazionale

a cui i governi dell’Intesa si erano richiamati nell’ultima fase del conflitto, ma non si

potevano ignorare le pressioni che ne gli stessi paesi vincitori venivano da un’opinione

pubblica spesso infiammata dal nazionalismo, diventato ormai fenomeno di massa. Quando

la conferenza si aprì, era convinzione diffusa che la sistemazione dell’Europa postbellica si

sarebbe fondata essenzialmente sul programma indicato da Wilson nei suoi «quattordici

punti», che prevedevano principalmente l’abolizione della diplomazia segreta, il ripristino

della libertà di navigazione, l’abbassamento delle barriere doganali, la riduzione degli

armamenti, piena reintegrazione del Belgio della Serbia e della Romania, evacuazione dei

territori russi occupati dai tedeschi, restituzione alla Francia dell’Alsazia-Lorena, possibilità

di sviluppo autonomo per i popoli soggetti all’Impero austro-ungarico e a quello turco,

rettifica dei confini italiani secondo le linee indicate dalla nazionalità e l’istituzione di un

nuovo organismo internazionale la Società delle Nazioni per assicurare il mutuo rispetto delle

norme di convivenza fra i popoli; e che le nuove frontiere avrebbero tenuto conto del

principio di nazionalità e della volontà liberamente espressa dalle popolazioni interessate. In

pratica, però, la realizzazione del programma wilsoniano si rivelò assai problematica. In

un’Europa popolata da gruppi etnici spesso intrecciati fra loro, non era facile applicare i

principi di nazionalità e di autodeterminazione senza rischiare di far nascere nuovi

irredentismi Inoltre quei principi non sempre erano compatibili con l’esigenza di punire in

qualche modo gli sconfitti considerati i responsabili della guerra e non rappresentati al la

conferenza e di premiare i vincitori, o quanto meno di garantirli, anche sul piano territoriale,

contro la possibilità di rivincite da parte degli ex nemici.

Questi problemi si manifestarono fin dalle prime discussioni. Il contrasto fra l’ideale di una

pace democratica e l’obbiettivo di una pace punitiva risultò evidente soprattutto quando

furono discusse le condizioni da imporre alla Germania. I francesi non si accontentavano

della restituzione dell’Alsazia-Lorena, ma chiedevano di spostare i loro confini fino alla riva

sinistra del Reno: il che avrebbe significato l’annessione di territori fra i più ricchi e popolosi

della Germania. Ma questi progetti incontravano l’opposizione decisa di Wilson e quella

meno esplicita, degli inglesi, contrari per lunga tradizione allo strapotere di un unico Stato sul

continente europeo. Clemenceau dovette dunque accettare, e far accettare ai suoi compatrioti,

la rinuncia al confine suI Reno, in cambio della promessa di una garanzia anglo-arnericana

delle nuove frontiere franco-tedesche. La Germania poté così limitare le amputazioni

territoriali, ma subì, senza nemmeno poterle discutere, una serie di clausole che, se eseguite

integralmente, sarebbero state sufficienti a cancellarla per molto tempo dal novero delle

grandi potenze.

Il trattato di pace con la Germania - il primo e il più importante fra quelli conclusi nella

conferenza di Versailles - fu firmato il 28 giugno 1919. Si trattò di una vera e propria

imposizione (un Diktat, come allora fu definito con termine tedesco), subita sotto la minaccia

dell’occupazione militare e del blocco economico. Dal punto di vista territoriale il trattato

prevedeva oltre alla restituzione dell’Alsazia-L arena alla Francia, il pasaggio alla ricostruita

Polonia di alcune regioni orientali abitate solo in parte da tedeschi: l’alta Slesia, la Posnania

più una striscia del la Pomerania (il cosiddetto corridoio polacco) che interrompeva la

continuità territoriale fra Prussia occidentale e Prussia orientale per consentire alla Polonia di

affacciarsi sul Baltico e di accedere al porto di Danzica. Questa città, abitata in prevalenza da

tedeschi, veniva anch’essa tolta alla Germania e trasformata in «città libera». La Germania

perse inoltre le sue colonie, spartite tra Francia, Gran Bretagna e Giappone.

Ma la parte più pesante del Diktat era costituita dalle clausole economiche e militari. Indicata

nel testo stesso del trattato come responsabile della guerra la Germania dovette impegnarsi a

Anno scolastico 2008-2009 5 Candidato Alberto Gravina

rifondere ai vincitori a titolo di riparazione i danni subiti in conseguenza del conflitto.

L’entità delle riparazioni sarebbe stata fissata solo in seguito; ma era chiaro che essa avrebbe

dovuto essere tale da rendere impossibile per molto tempo una ripresa economica tedesca.

Per finire, la Germania fu costretta ad abolire il servizio di leva, a rinunciare alla marina da

guerra, a ridurre la consistenza del proprio esercito entro il limite di 100.000 uomini dotati

del solo armamento leggero e a lasciare «smilitarizzata» - priva cioè di reparti armati e di

fortificazioni - l’intera valle del Reno, che sarebbe stata presidiata per quindici anni da truppe

inglesi, francesi e belghe. Nelle dure condizioni imposte alla Germania risultò evidente il

contrasto fra l’idea di una pace democratica e l’obbiettivo francese di una pace punitiva. La

carta d’Europa fu profondamente mutata, soprattutto in conseguenza della dissoluzione

dell’impero asburgico, che permise la nascita di nuovi stati come la Cecoslovacchia e la

Jugoslavia. Infine, l’ideale wilsoniano di un organismo internazionale che potesse evitare

guerre future in sostanza non si realizzò: la Società delle nazioni nacque minata da profonde

contraddizioni, come la mancata adesione degli Stati Uniti.

Anno scolastico 2008-2009 6 Candidato Alberto Gravina

LETTERATURA

ITALO SVEVO

«La salute non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio. Solo noi malati sappiamo

qualche cosa di noi stessi. (da La coscienza di Zeno)»

Biografia

Hector Aron Schmitz (in arte Italo Svevo) nasce nel 1861 a Trieste da una famiglia di origine

ebraica. Sulle orme del padre, Ettore compie studi commerciali, prima in Germania e poi a

Trieste. Nel 1880 si impiega in banca, iniziando la collaborazione con l'«lndipendente». Nel

1892 avviene la pubblicazione del suo primo romanzo Una vita, opera che viene

sostanzialmente ignorata dalla critica e dal pubblico. Nel 1896 Svevo si sposa con Livia

Veneziani e nel 1898 pubblica il secondo romanzo, Senilità; anche quest'opera passa però

sotto silenzio. Licenziatosi dalla banca, Svevo entra nell'azienda del suocero. Una svolta

importante è rappresentata dall'incontro nel 1907 con lo scrittore irlandese James Joyce e,

dopo il 1910, dall'accostamento alla psicoanalisi freudiana. Nel 1919 l'autore comincia a

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