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Tra genio e follia,tesina



FILOSOFIA: Nietzsche: follia come superomismo
ITALIANO: Pirandello: follia come via d’uscita
ARTE: L’arte usata come strumento di evasione dalla realtà: Edvard Munch
STORIA:L’antisemitismo di Hitler e la follia del popolo tedesco
Carteggio tra Einstein e Freud. La guerra: la più crudele e pazza forma di conflitto tra gli uomini
INGLESE: La follia presentata come patologia: “Asylum” di Patrick
Estratto del documento

fino all’Italia. È proprio a Roma, nel 1882, che incontra, grazie ad un’amica scrittrice,

Lou von Salomé, una giovane studentessa russa in viaggio d’istruzione attraverso

l’Europa. Si danno appuntamento presso la Basilica di San Pietro e Nietzsche la saluta

dicendo “Da quali stelle siam caduti per incontrarci qui?”. Salomé rifiuta una proposta

di matrimonio da parte del filosofo (come aveva già fatto con Paul Rée, presentatole

da Nietzsche e con il quale si era formato una sorta di rapporto triadico sentimentale-

filosofico). Questo rapporto prosegue all’incirca due anni, pieno di intensi scambi

affettivi e culturali, ed è la testimonianza di una delle rare esperienze sentimentali del

filosofo con una donna.

In questo periodo entra inoltre in amicizia con Wagner, instaurando non solo rapporti

“intellettuali” con il musicista, ma anche personali.

A Torino, per la prima volta nel 1889, avvengono il famoso crollo mentale e la prima

crisi di follia in pubblico: in data 3 gennaio, mentre si trova nei pressi della sua

abitazione, vedendo un cavallo fustigato dal cocchiere della carrozza che stava

trainando, abbraccia l’animale, piange e infine lo bacia. Cade poi a terra urlando in

preda a spasmi.

Questo suo comportamento è stato largamente studiato e alcune ipotesi rivelano la

possibilità di una malattia contratta dal rapporto con una prostituta, più in particolare

la sifilide allo stato terziario, che avrebbe causato una paralisi progressiva. L’ipotesi

viene tuttavia screditata dal Dottor Leonardo Sax, il quale nota l’assenza dei sintomi

tipici della malattia. Secondo Sax, Nietzsche aveva un meningioma, un tumore

benigno, posizionato sul nervo ottico, e questo gli aveva procurato le emicranie, lo

spostamento del bulbo oculare e la cecità dall’occhio destro, le paralisi e i disturbi

oculari (ricordando che il padre di Nietzsche era probabilmente morto per un tumore

celebrale o comunque una malattia neurologica). Altre ipotesi indicano un disturbo

bipolare, degenerato in follia, o un avvelenamento da farmaci neurotossici come il

mercurio e da altri farmaci per curare le emicranie.

Jaspers, filosofo esistenzialista, riprenderà le cartelle cliniche di Nietzsche e appoggerà

l’ipotesi della sifilide. Biglietti della follia

Nello stesso periodo della malattia, il filosofo scrive i . Si tratta di

una serie di lettere inviate dal filosofo a partire dal 3 gennaio agli amici e conoscenti,

ma anche a personalità di grande rilievo, nelle quali la sua crisi mentale appare in uno

stato avanzato. Questi scritti vengono chiamati “della follia” poiché, anche se lo stile è

simile a quello delle opere precedenti, appare evidente il loro contenuto squilibrato:

persino la grafia costituita da enormi lettere è ben diversa dall’abituale modo di

scrivere di Nietzsche caratterizzato dall’uso di abbreviazioni, salti di lettere e

consonanti che, pur essendo difficile da leggere, risultava ancora comprensibile.

I biglietti sono firmati con degli pseudonimi: Dioniso, Il Crocifisso e L’Anticristo.

Dioniso è la divinità che, presa consapevolezza delle grandi menzogne che illudono

l’uomo e della tragicità della vita stessa, canta e balla sopra la tragedia. È il dio

dell’istinto, dell’oblio, della gioia, del coraggio, della coralità; è colui che dice “si” alla

La nascita

vita. Questa personalità è presa in esame nel primo scritto di Nietzsche,

della tragedia , secondo cui la tragedia sarebbe il risultato dell’incontro e il

successivo equilibrio di due spiriti opposti ma allo stesso tempo complementari:

apollineo e dionisiaco.

Per quanto riguarda Il Crocifisso e L’Anticristo, a primo impatto di potrebbe pensare ad

una contrapposizione tra i due termini, dove l’uno esclude l’altro. In realtà Nietzsche,

L’Anticristo,

nell’opera dopo aver criticato il Cristianesimo e la morale degli schiavi

4

fondata su anti-valori come fratellanza, umiltà e compassione, distingue il Gesù storico

e il Cristo della fede. Gesù è veramente esistito e storicamente morto, mentre Cristo è

un’invenzione degli apostoli (a partire da San Paolo) che, non accettando la morte di

Gesù hanno introdotto il Messia, la redenzione. Non sono riusciti a stare ai piedi della

croce, senza dare un senso, così hanno creato la Chiesa con tutta la sua gerarchia per

colmare questo vuoto. Nietzsche condanna gli ebrei che hanno ucciso Gesù e dice che

di cristiano ne è vissuto uno solo ed è morto sulla croce. Tutto il resto, la “mala

novella”, è stata creata dagli Apostoli. Gesù è visto come uno spirito libero e ribelle, va

contro i valori della gerarchia ebraica a lui contemporanea, a tal punto di essere

processato e crocefisso; è venuto per insegnare agli uomini come vivere e per liverarli

dalla visione di un dio giudice. È affascinato da Gesù come persona.

Questo spiega i due pseudonimi usati nelle lettere. Gli amici, destinatari dei biglietti di

Dioniso – Crocifisso, pensano di avere a che fare con istrione impazzito. In realtà non

sbagliano, e Nietzsche stesso è consapevole di esserlo.

La sua malattia ha probabilmente influenzato la sua filosofia; dando un carico alla

nave, quest’ultima è resa più stabile e può andare più in profondità.

Nietzsche si scaglia con violenza contro Socrate, padre del pensiero razionalistico

occidentale, colpevole di aver incatenato la vita alla religione del concetto e ai valori

morali. Di conseguenza Nietzsche rivaluta il pensiero presocratico, inaugurando una

tendenza tipica della filosofia contemporanea, ed elabora un pensiero che non procede

per deduzioni razionali attraverso l'uso di concetti: nelle opere di Nietzsche compaiono

piuttosto delle “figure” (il superuomo) o improvvise folgorazioni (l'eterno ritorno), che

Nietzsche si limita ad affermare, senza alcuna pretesa dimostrativa.

È del resto una pretesa del pensiero razionale che le cose debbano avere un senso

univoco e oggettivo, che si esprimerebbe attraverso il concetto: per Nietzsche, al

piantarvelo dentro.

contrario, non bisogna cercare il senso nelle cose, bensì Particolare

è altresì lo stile nietzschiano, che rifiuta le forme del saggio e del trattato, per

esprimersi attraverso aforismi, enigmi e poemi in prosa.

Il pensiero di Nietzsche è, assieme a quello di Shopenhauer e di Kierkegaard, la spia di

una profonda crisi della Ragione che inizia nella seconda metà dell'Ottocento, e che

mette progressivamente in discussione molte delle certezze elaborate dal pensiero

filosofico.

La prima delle grandi menzogne di cui parla Nietzsche è quella che ritiene l’uomo

La nascita della tragedia

essenzialmente ragione. In , afferma che l’avvento della

razionalità con Socrate e Platone ha causato il declino della tragedia e di conseguenza

di tutto il pensiero occidentale. L’equilibrio tra dionisiaco e apollineo, tra coralità e

singolarità, tra caos e stasi, viene rotto dall’introduzione di un terzo elemento: la

razionalità. Apollineo e dionisiaco sono una sorta di fenomeno e noumeno

schopenhaueriani: il dionisiaco è la tragicità della vita che non tutti riescono a

sopportare, mentre l’apollineo è ciò che rende vivibile il dionisiaco, è il Velo di Maya

che nasconde la verità che è dolore.

Nietzsche presenta la figura del folle come colui che, avendo meno

razionalità, comprende prima la verità. Il filosofo è ritenuto come folle, e il

suo primo compito è quello di smascherare la verità che è essenzialmente

tragicità. Follia intesa quindi non come malattia, ma come azione controcorrente che

viene reputata folle dagli altri, che non la comprendono e ridono; la loro risata però

5 inconsapevole, sono degli illusi, degli

sciocchi, a differenza di Dioniso che

ride sopra la tragedia.

L’uomo dovrebbe prendere atto della

naturale casualità degli eventi e

dell’assenza del “mondo delle idee”;

è necessario capire che, come dice il

filosofo, Il rimedio è stato peggiore

del male, ovvero la formulazione di

rimedi metafisici per cercare di

comprendere e dare una definizione

del caos ha allontanato ancor più

l’uomo dalla verità, dal reale che non

è altro che caos allo stato puro, indeterminatezza; combattere l’ignoto significa

allontanarsi dalla vita.

bisogna però rendersi conto che questo evento, la morte di Dio, coincide con la perdita

di ogni punto di riferimento, con l’assenza di un orizzonte veritativo capace di fornire

l’orientamento necessario all’esistenza, conducendo così alla follia.

In un passo della Gaia Scienza, nell’aforisma 125, è presente la figura di un folle

che si reca al mercato per annunciare la morte di Dio ed anticipa la figura del

Superuomo.

“L’uomo folle. – Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara

luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: “Cerco Dio!

Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano

in Dio, suscitò grandi risa. “È forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un

bambino?” fece un altro. “0ppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È

emigrato?” – gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in

mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo

voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma

come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all’ultima

goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero orizzonte? Che mai facemmo, a

sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci

moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di

fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse

vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è

fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo

accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre

seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina

putrefazione? Anche gli dei si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo

abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di

più sacro e di più possente il mondo possedeva fino ad oggi, si è dissanguato sotto i

nostri coltelli; chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo noi

lavarci? Quali riti espiatori, quali giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo

grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dei,

per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un’azione più grande: tutti coloro

6

che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più

alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo punto il folle

uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano e

lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e

si spense. “Vengo troppo presto – proseguì – non è ancora il mio tempo. Questo

enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino: non è ancora

arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle

costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state

compiute, perché siano vedute e ascoltate. Quest’azione è ancora sempre più lontana

da loro delle più lontane costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si

racconta ancora che l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse

chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e

interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo:

“Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?”.

Il primo elemento che salta all’occhio da una prima analisi dell’aforisma è il riferimento

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