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La fonte di Bandusia, presso Venosa
Secondo alcuni commentatori, la fonte di Bandusia si trova presso
Venosa, città dove Orazio è nato; secondo altri, essa si trova nella
tenuta sabina del poeta. Il paesaggio, con la fonte coperta da alberi
che la proteggono dal sole, con acqua freschissima che ristora
ameno.
animali assetati, rientra nel tipo di paesaggio Esso è
delineato con l’essenzialità classica solita a Orazio. Non manca poi
un’altra impronta propria di Orazio: l’amore per le piccole e umili
cose, che la poesia può rendere grandi e nobili.
La fonte è dedicata a Bandusia; ad essa spetta un sacrificio che è
fatto con un animale che diviene ora conscio della sua forza (il
capretto a cui spuntano le corna). Vi è l’elogio della frescura, che la
fonte offre, e la semplice descrizione dei lecci, che sorgono sulla
roccia da dove zampillano con chiara voce cristallina le limpide
acque. La struttura è bipartita: la prima parte contiene la promessa
di sacrificio, la seconda un breve inno, che si chiude con la
promessa della gloria. Mancano indizi cronologici, ma l’orgogliosa
fiducia che il poeta mostra nella propria arte sembra indicare che
egli non è ai primi tentativi lirici. 6
Italiano:
Ungaretti: Vita
Giuseppe Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto da
genitori lucchesi. Trasferitosi a Parigi nel 1912, frequenta
l’università e stringe contatti con i rappresentanti delle
avanguardie. Nel 1914, allo scoppio della guerra, si trasferisce a
Milano; pubblica le prime poesie e fiancheggia gli interventisti.
Partecipa alla guerra, combattendo sul Carso. Nel 1916 esce quasi
“Il porto sepolto”,
inosservata la raccolta primo nucleo
dell’“Allegria”, “Allegria di naufragi”
che con il titolo di compare a
guerra finita, nel 1918. In questo anno, Ungaretti torna a Parigi. Nel
1921 è a Roma, impiegato presso il Ministero degli Esteri. Negli anni
successivi cresce la popolarità del poeta. Nel 1930 muore il figlio
Antonietto, ennesima esperienza dolorosa del poeta. Tra il 1936 e il
1942 tiene la cattedra di Letteratura italiana all’Università di San
Paolo in Brasile. Nel 1942, rientrato in patria, è eletto Accademico
d’Italia. Ottiene vari premi letterari. Dal 1947 insegna Letteratura
moderna e contemporanea all’Università di Roma. Muore a Milano
nel 1970.
Ungaretti: Opere
all’“Allegria”,
Oltre il libro più importante di Ungaretti, saranno da
“Sentimento del Tempo”
ricordare il (1933), seconda raccolta
“Il dolore” “Vita di un uomo”
poetica, cui seguiranno (1947) e
(1969), che raccoglie la precedente produzione. Importanti anche i
saggi critici e le raccolte di traduzioni.
La guerra e l’immediato dopoguerra propongono due esperienze
fondamentali e tra loro in buona misura divergenti: quella di
(“Allegria”
Ungaretti 1916) e quella di Montale (“Ossi di seppia”
1925). Se quest’ultima nasce dalla tradizione crepuscolare e si
dirige verso una dimensione discorsiva, ragionativi, l’opera di
Ungaretti nasce dalla tradizione simbolista e avanguardista, più
francese che italiana, e si dirige verso una poesia d’alta
concentrazione lirica, di estrema distillazione stilistica, nutrita di
immagini isolate e improvvise folgorazioni: è insomma lirismo puro.
Ciò che colpisce in primo luogo è la presenza di “versicoli”, cioè la
rarefazione delle parole sullo sfondo della pagina bianca e la
frantumazione dei versi tradizionali, ridotti sovente a parole singole.
Ungaretti: Dall’“Allegria”: 7
“ I fiumi” 8
Cotici il 16 agosto 1916
Mi tengo a quest’albero mutilato Ma quelle occulte
Abbandonato in questa dolina Mani
Che ha il languore Che m’intridono
Di un circo Mi regalano
Prima o dopo lo spettacolo La rara
E guardo Felicità
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna Ho ripassato
Le epoche
Stamani mi sono disteso Della mia vita
In un’urna d’acqua
E come una reliquia Questi sono
Ho riposato I miei fiumi
L’Isonzo scorrendo Questo è il Serchio
Mi levigava Al quale hanno attinto
Come un suo sasso Duemil’anni forse
Ho tirato su Di gente mia campagnola
Le mie quattro ossa E mio padre e mia madre.
E me ne sono andato
Come un acrobata Questo è il Nilo
Sull’acqua Che mi ha visto
Nascere e crescere
Mi sono accoccolato E ardere d’inconsapevolezza
Vicino ai miei panni Nelle distese pianure
Sudici di guerra
E come un beduino Questa è la Senna
Mi sono chinato a ricevere E in quel suo torbido
Il sole Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Questo è l’Isonzo
E qui meglio Questi sono i miei fiumi
Mi sono riconosciuto Contati nell’Isonzo
Una docile fibra
Dell’universo Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Il mio supplizio Mi traspare
È quando Ora ch’è notte
Non mi credo Che la mia vita mi pare
In armonia Una corolla
Di tenebre
In questa celebre poesia, Giuseppe Ungaretti rievoca, con i propri
ricordi personali, i fiumi che li hanno attraversati.
Vi sono due temi:
Il primo tema è il recupero del passato attraverso la memoria e il
secondo tema è il ristabilimento di un rapporto di armonia con il
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creato, che l’esperienza della guerra sembra aver infranto.
Bagnandosi nelle acque dell’Isonzo, il poeta ha la sensazione di
essere in piena sintonia con l’universo e con sé stesso. Ciò l'induce
a ripensare a tutti i fiumi che ha conosciuto, simbolo delle diverse
tappe della sua vita: il Serchio, legato alle vicende dei suoi avi, il
Nilo, che lo ha visto crescere negli anni della fervida giovinezza
egiziana, La Senna, che ha accompagnato la sua maturazione
durante il periodo parigino.
Nella prima parte della poesia il poeta descrive se stesso immerso
nella sua condizione esterna, ambientale, presso una dolina. Quindi
descrive il suo stato d’animo di reduce dalla guerra. Disteso nel
letto del fiume Isonzo si sente come una reliquia, un frammento
superstite – e pertanto maggiormente prezioso – di un resto
mortale, si sente come uno dei sassi levigati su cui cammina con
movenze d'acrobata, sotto il sole, il cui calore benefico riceve con la
stessa familiarità di un beduino.
Ora affidato alle “mani” amorevoli dell’Isonzo il poeta si riconosce
parte dell’universo, cosciente che il suo rammarico è frutto sempre
di una disarmonia con il creato. Le acque del fiume lo lavano e lo
purificano e gli danno una rara innocente felicità.
Giuseppe Ungaretti
Francese:
Lamartine: Vie
Alphonse de Lamartine naît en 1790 à Mâcon. Lorsque d’un voyage
en Italie, il connaît une fille napolitaine, qu’il évoquera sous le nom
de Graziella. Puis il tombe amoureux de Julie Charles, une fille
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connue à Paris en 1816, qui meurt un an après. Lamartine
l’evoquera sous le nom de Elvire dans son premier recueil, les
“Méditations poétiques”, qui est publié en 1820. Il public en 1823
“Nouvelles Méditations”
les , avec moins de succès, et, en 1830, les
“Harmonies poétiques et religeuses” où il célèbre sa foi chrétienne.
Il veut une carrière politique et est élu député de Mâcon en 1839.
Après la Révolution de 1848, il devient le chef du gouvernement
provisoire, mais il a un rapide déclin. Sa carrière politique finit en
effet avec l’avènement du Seconde Empire. Il meurt en 1869.
Lamartine: Oeuvres
“Méditations poétiques”
Les sont un recueil poétique publié en 1820
regroupant 24 poèmes. Cette oeuvre est le manifeste du
Romantisme français. Alphonse de Lamartine
Lamartine: de “Méditations poétiques”:
“Le lac” des âges
Ainsi, toujours poussés vers de Jeter l'ancre un seul jour ?
nouveaux rivages, Ô lac ! l'année à peine a fini sa carrière,
Dans la nuit éternelle emportés sans Et près des flots chéris qu'elle devait
retour, revoir,
Ne pourrons-nous jamais sur l'océan Regarde ! Je viens seul m'asseoir sur cette
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pierre moments d'ivresse,
Où tu la vis s’asseoir! Où l'amour à longs flots nous verse le
Tu mugissais ainsi sous ces roches bonheur,
profondes; S'envolent loin de nous de la même
Ainsi tu te brisais sur leurs flancs vitesse
déchirés; Que les jours de malheur ?
Ainsi le vent jetait l'écume de tes Hé quoi ! n'en pourrons-nous fixer au
ondes moins la trace ?
Sur ses pieds adorés. Quoi ! passés pour jamais ? Quoi ! tout
Un soir, t'en souvient-il ? Nous entiers perdus ?
voguions en silence; Ce temps qui les donna, ce temps qui les
On n'entendait au loin, sur l'onde et efface
sous les cieux, Ne nous les rendra plus ?
Que le bruit des rameurs qui Éternité, néant, passé, sombres abîmes,
frappaient en cadence Que faites-vous des jours que vous
Tes flots harmonieux. engloutissez ?
Tout à coup des accents inconnus à Parlez : nous rendrez vous ces extases
la terre sublimes
Du rivage charmé frappèrent les Que vous nous ravissez ?
échos, Ô lac ! rochers muets ! grottes ! forêt
Le flot fut attentif, et la voix qui m'est obscure !
chère Vous que le temps épargne ou qu'il peut
Laissa tomber ces mots: rajeunir,
« Ô temps, suspends ton vol! et Gardez de cette nuit, gardez, belle nature,
vous, heures propices, Au moins le souvenir !
Suspendez votre cours! Qu'il soit dans ton repos, qu'il soit dans
Laissez-nous savourer les rapides tes orages,
délices Beau lac, et dans l'aspect de tes riants
Des plus beaux de nos jours! coteaux,
« Assez de malheureux ici-bas vous Et dans ces noirs sapins, et dans ces rocs
implorent; sauvages
Coulez, coulez pour eux; Qui pendent sur tes eaux !
Prenez avec leurs jours les soins qui Qu'il soit dans le zéphyr qui frémit et qui
les dévorent; passe,
Oubliez les heureux. Dans les bruits de tes bords par tes bords
« Mais je demande en vain quelques répétés,
moments encore, Dans l'astre au front d'argent qui blanchit
Le temps m'échappe et fuit; ta surface
Je dis à cette nuit : « Sois plus De ses molles clartés !
lente » ; et l'aurore Que le vent qui gémit, le roseau qui
Va dissiper la nuit. soupire,
« Aimons donc, aimons donc ! de Que les parfums légers de ton air
l'heure fugitive, embaumé,
Hâtons-nous, jouissons ! Que tout ce qu'on entend, l'on voit et l'on
L'homme n'a point de port, le temps respire,
n'a point de rive ; Tout dise : « Ils ont aimé ! »
Il coule, et nous passons ! »
Temps jaloux, se peut-il que ces
Ce poème raconte l’amour du poète pour Julie Charles (Elvire dans
le recueil) qu’il avait connue l’année avant sur le lac de Bourget.
Mais cette année Lamartine se trouve seul. Il y a la personnification
des éléments de la nature (lac, vent, roseau, roches, grottes…). Le
poète s’adresse au lac et à la nature, il confie ses sentiments. Il
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demande au lac de garder son éphémère bonheur.
Le poète se plaint du temps qui passe trop rapidement. Il implore au
temps d’arrêter de s’écouler ou de faire marche arrière. Cependant,
le temps ne peut pas s’arrêter de couler et c’est là l’idée maîtresse
du texte : il faut savourer le temps présent lorsqu’on est en
présence de l’être aimé. Ce thème est exposé par Elvire même,
lorsque le poète se souvient de ses mots. A’ la fin, le poéte,
concient qu’on ne peut pas demander au temps de s’arreter, il lui
demande au moins de fixer la trace de beaux moments passés avec
Elvire.
Ce poème de Lamartine est bien représentatif du romantisme.
Le lac de Bourget
Tedesco:
Heine: Lebenslauf
Heinrich Heine wurde 1797 in Düsseldorf geboren. Er arbeitet bei
seinem Onkel, dem Bankier Salomon, in Hamburg, aber schon nach
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wenigen Monaten machte er Bankrott. Dank einer Renke, die er
vom Onkel bekam, konnte er die Universität besuchen, aber er
sollte das juristische Studium beginnen. Dann, wurde er
Schrifsteller. Er starb 1856.
Heine: Hauptwerke
Heine ist der vortrefflichste Vertreter einer Übergangsphase
zwischen Romantik und Realismus; seine literarische Produktion
stellt eine ideelle Brücke zwischen Romantik und Realismus dar. Am
Anfang, war er ausschließlich Dichter, später widmete er sich der
Prosa und war Journalist, Erzähler und Kritiker tätig.
Seine Hauptwerke sind:
“Reisebilder”
1826-31: (Reiseschilderung)
“Buch der Lieder”
1827: (Gedichte)
“Atta Troll”
1843: (Versepros)
“Deutschland, ein Wintermärchen”
1844: (Versepros)
“Neue Gedichte” (Gedichte)
“Romanzero”
1851: (Gedichte)
Heinrich Heine