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Scienze: buchi neri;
Matematica: trasformazioni di Lorentz;
Arte: Pablo Picasso (Cubismo);
Filosofia: Henri Bergson (tempo).
Alberto Mangiagli 5C a.s. 2011/2012
Introduzione
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Alberto Mangiagli 5C a.s. 2011/2012
La teoria della Relatività di Einstein ha profondamente cambiato il modo
con cui vediamo il mondo. Essa fu uno di quei fattori che determinarono
agli inizi del XX secolo la cosiddetta "crisi delle certezze", che interessò
tutta la cultura umana: in letteratura Svevo e Pirandello; in filosofia i tre
"maestri del sospetto" Marx, Nietzsche e Freud; in matematica le
geometrie non euclidee. In fisica la "crisi" assunse le due forme della
teoria della Relatività, ristretta e generale, e della teoria quantistica,
formulata da Plank.
La Relatività ristretta rivoluzionò la concezione del tempo che si era
mantenuta salda da Aristotele fino ad Einstein stesso, che si spinse dove
Galileo neanche avevo pensato e Newton aveva solo ipotizzato di
arrivare. La Relatività generale introdusse la visione di uno spazio curvo,
in cui materia e spazio sono strettamente legati tra di loro.
Paradossalmente, la "crisi" non fu provocata esclusivamente dalle nuove
idee portate avanti da queste teorie, ma anche dal fatto che le stesse teorie
apparivano entrambe allo stesso tempo vere ed in contraddizione non solo
con l'esperienza comune, ma anche tra di loro. Ad intuito saremmo infatti
portati ad affermare che due fenomeni accadono nello stesso momento,
basandoci sull'osservazione tramite i nostri sensi, nonostante la Relatività
ristretta affermi il contrario. Inoltre la Relatività generale e la meccanica
quantistica erano e sono tutt'oggi in contrasto tra di loro poiché hanno
campi d'applicazione che sembrano inconciliabili tra di loro: la prima
l'infinitamente grande, la seconda l'infinitamente piccolo.
In questa tesina mi sono concentrato quindi solo su uno dei due pilastri
della fisica moderna, non tanto per mostrarla come uno dei fattori di crisi
degli inizi del '900, ma come una teoria moderna, rivoluzionaria e viva,
oggetto di studio ancora oggi.
" Qualcuno mi disse che ogni equazione che avessi incluso nel libro avrebbe
dimezzato le vendite. Decisi perciò che non avrei usato alcuna equazione. Alla fine,
però, ho fatto un' eccezzione per la famosa equazione di Einstein, E=mc². Spero che
essa non spaventerà metà dei miei potenziali lettori"
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Alberto Mangiagli 5C a.s. 2011/2012
(S.W.Hawking, Dal big bang ai buchi neri)
Parte I
Teoria della
Relatività ristretta
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1.1 Concezioni precedenti di spazio e tempo
Le due teorie di Einstein hanno profondamente modificato i nostri concetti di spazio e tempo, ma
prima di addentrarci nella mente di Einstein, è necessario chiedersi che concezione avessero i suoi
predecessori riguardo a questi concetti. Iniziamo dallo spazio: per la scienza antica, che si rifaceva
ad Aristotele, lo spazio era assoluto, cioè permetteva di indicare la
posizione esatta di un evento, indipendentemente dagli osservatori, e
che la quiete era lo stato naturale di un corpo, che si muoveva solo in
conseguenza di una forza o di una trazione. Solo l'arrivo di Galileo e,
successivamente, di Newton cambiarono questa idea. Galileo infatti
osservò che normalmente un oggetto in moto tende ad essere frenato
da cause esterne (atrito, salite, ecc..) e che quindi la forza che noi gli
applichiamo in realtà serve solo a contrastare queste altre forze. Ne
risulta quindi che lo stato naturale di un corpo, se su di esso non
agisce alcuna forza, è quello del moto rettilineo uniforme. Galileo
aveva quindi scoperto quello che sarà enunciato formalmente da
Newton come principio d'inerzia:
un corpo dotato di una certa velocità tende a mantenere all'infinito il
suo stato di moto rettilineo e uniforme se non intervengono forze che
ne frenino o ne disturbino il moto
I sistemi di riferimento in cui vale il principio d'inerzia sono definiti
sistemi inerziali; al contrario quelli in cui questo principio non vale, si
dicono sistemi non inerziali. Un esempio del primo può essere il treno in movimento lungo un tratto
rettilineo a velocità costante, un esempio del secondo è la nostra auto, in cui subiamo accelerazione
e frenate dovuti all'andamento della strada. Inoltre dalle leggi di Newton seguiva che non esiste un
sistema di riferimento privilegiato per la quiete. Per esempio, se ignoriamo per un momento la
rotazione della Tera e il suo movimento di rivoluzione intorno al Sole, si potrebbe dire che la Terra
è in quiete e che un treno sta viaggiando su di essa verso nord alla velocità di 150 km/h o che il
treno è in quiete e che è la Terra a muoversi verso sud a 150 km/h. L'inesistenza della quiete
assoluta significa perciò che non si potrebbe indicare la posizione assoluta di un evento nello
spazio, in base ad un sistema di riferimento privilegiato in quiete, come era ritenuta essere la Terra
da Aristotele. La posizione di eventi e la distanza fra loro sarebbero diverse in base all'osservatore e
non ci sarebbe alcuna ragione per preferire le posizioni di una persona a quelle dell'altra. Già con
loro crollava l'idea dello spazio assoluto.
Tuttavia sia Aristostele sia Newton, e con loro tutta la scienza fino ad Einstein, credettero in un
tempo assoluto, cioè che si potesse misurare con precisione l'intervallo tra due eventi, che questa
misura fosse uguale per tutti gli osservatori, e che il tempo fosse separato dallo spazio e da esso
indipendente. Grazie alla teoria della relatività, spazio e tempo cessarono di essere considerati dei
concetti assoluti indipendenti l'uno dall'altro, ma essi si fusero in un nuovo concetto, quello dello
spazio-tempo, dove ogni avvenimento ha sempre una collocazione spaziale, data dalle tre
coordinate classiche, e una collocazione temporale.
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1.2 Ipotesi della teoria della Relatività ristretta
La teoria della Relatività ristretta fu pubblicata da Einstein nel 1905, all'interno di un articolo
intitolato "Sull'elettrodinamica di un corpo in movimento" ( in tedesco "Zur Elektrodynamik
bewegter Körper"). È composto di dieci paragrafi (cinque di carattere cinematico, cinque di
carattere elettromagnetico) nei quali la teoria della relatività è esposta nei suoi aspetti fondamentali;
tutta la fisica relativistica sviluppata negli anni successivi, discende dal punto di vista teorico,
dall'applicazione dei principi enunciati in questo articolo. Le ipotesi della teoria della Relatività
ristretta sono due.
1.2.1 Principio di relatività
Il principio di relatività fu formulato per la prima volta da Galileo e afferma che:
il moto degli oggetti è regolato dalle stessi leggi sia in un sistema di riferimento fermo che in un
sistema di riferimento che si muova di moto rettilineo uniforme rispetto al primo
Galileo aveva formulato questo principio pensando esclusivamente ai fenomeni meccanici poiché
tra il 1500 e il 1600 i fenomeni elettromagnetici e termici non erano ancora stati studiati
sufficientemente. Einstein riprese questo principio e lo estese a tutti i fenomeni fisici: un
osservatore, facendo qualunque tipo di esperimenti e di misure, troverà che essi sono governati dalle
stesse leggi qualunque sia il sistema di riferimento inerziale in cui il suo laboratorio si trova.
1.2.2 Principio di costanza della velocità della luce
Il principio di costanza della velocità della luce afferma invece che la velocità della luce nel vuoto,
di circa 300.000 km/s, è la stessa qualunque sia il
sistema di riferimento da cui la si guardi.
All'epoca però questo punto era oggetto di un
forte dibattito: le equazioni di Maxwell del 1865
permettevano infatti di calcolare per via teorica
la velocità della luce, ma senza dire
relativamente a che cosa si dovesse misurare tale
velocità fissa. Ciò era in contrasto con
l'esperienza quotidiana, secondo cui al velocità
con cui vediamo muoversi gli oggetti è diversa
se anche noi ci muoviamo. Ad esempio se siamo
fermi sul marciapiede e vediamo passare davanti
a noi un'automobile a 150 km/h essa ci scorrerà
davanti a quella velocità, ma immaginando
invece di trovarci su una macchina che procede 9
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nella stessa direzione della prima macchina alla velocità di 100 km/h, vedremo quest'ultima
sorpassarci solamente alla velocità di 50 km/h.
Nonostante le teorie di Maxwell, gli scienziati dell'epoca non accettarono l'idea della velocità fissa
e, in opposizione formularono l'ipotesi che esistesse una sostanza, detta "etere", che sarebbe stata
presente dappertutto e in base a cui si doveva misurare la velocità fissa della luce. La luce si sarebbe
dovuta propagare nell'etere come le onde sonore nell'aria e diversi osservatori, muovendosi
relativamente all'etere, vedrebbero la luce venir loro incontro a velocità diverse, ma la velocità della
luce rispetto all'etere resterebbe fissa. L'ipotesi dell'etere fu confutata grazie all'esperimento di
Michelson-Morley. Essi considerarono che la Terra, nel suo moto intorno al Sole, si muoverebbe
anche rispetto all'etere, che permea ogni cosa. Se la luce si muove quindi con velocità costante
rispetto all'etere, dalla Terra devo dunque misurare una velocità diversa. Il loro esperimento si
basava sul confronto tra il tempo che la luce impiegava per percorrere due cammini differenti: il
primo era orientato nella stessa direzione in cui si muove la Terra, e doveva risentire del moto
terrestre, dando come risultato una velocità della luce maggiore poiché la sua velocità si sommava a
quella della Terra che le andava incontro con il suo moto (come quando due macchine che
procedono in senso opposto entrambe a 100km/h per un osservatore fermo a bordo strada,sembrano
avvicinarsi l'una all'altra alla velocità di 200 km/h perchè le loro velocità si sommano); il secondo
era disposto perpendicolarmente rispetto al primo e non avrebbe dovuto risentire l'influenza del
moto terrestre. L'esperimento fu eseguito con estrema precisione e il risultato fu sorprendente: esso
mostrava che la velocità della luce è sempre la stressa, anche quando noi le muoviamo incontro.
Einstein partì da questi due presupposti per formulare la sua teoria della relatività ristretta.
1.3 Spiegazione della teoria della Relatività ristretta Einstein, criticando
cioè che Galileo
aveva osservato
sulla somma delle
velocità dei sistemi
di riferimento
inerziali, sostenne
che queste leggi
non risultavano più
essere valide in
sistemi di
riferimento che si
muovono con
velocità prossima a
quella della luce,
poiché si dava per
scontato che nel
sistema di riferimento in movimento rispetto a noi il tempo scorresse allo stesso modo che nel
nostro sistema di riferimento, cioè che un'ora per noi equivalga ad un'ora per loro, e che lo spazio
misurato da chi si trova in quel sistema di riferimento sia uguale al nostro. All'epoca in cui Einstein
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formulò la sua teoria non vi erano ancora i mezzi necessari per la verifica sperimentale della
correttezza delle sue ipotesi, quindi Einstein dovette affidarsi solo al ragionamento. Einstein
immaginò di utilizzare un orologio "a luce", basato cioè sulla velocità della luce, dove lo scorrere
del tempo ( quello che per noi corrisponde alle lancette dei secondi dell'orologio o all'oscillazione
del pendolo) sia determinato da un raggio di luce, emesso da una sorgente luminosa che viene
riflesso da uno specchio, come mostrato in figura, e pose un orologio a luce in un sistema di
riferimento fisso e uno in un sistema di riferimento in moto con velocità prossima a quella della
luce. Uno dei due orologi risultava quindi fermo accanto a noi ; l'altro invece si muoveva rispetto a
noi. Da qui si deduce che il percorso che la luce compie nell'orologio fisso è verticale, poiché
l'orologio è fermo (rispetto a noi) e la sorgente A rimane sempre nello stesso punto dello spazio:
esso viene percorso verso l'alto e poi, dopo la riflessione nello specchio, verso il basso. Rispetto ad
un osservatore che si trovi nel sistema di riferimento mobile anche con il suo orologio accadrà la
stessa cosa, ma per noi che siamo fermi rispetto ad esso le cose appariranno diversamente, poiché la