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Sintesi
Fisica - Relatività, Meccanica Quantistica
Estratto del documento

solo influenzati dallo stato di moto dell’osservatore, ma si possono “piegare” e “curvare” in risposta

alla presenza di massa ed energia.

Nei primi trent’anni del Novecento nacque la meccanica quantistica. Il terzo conflitto si ha nella

sua incompatibilità con la relatività generale. Un tentativo di soluzione lo si ha con la teoria delle

stringhe. Anche questa teoria sarà rivoluzionaria; ad esempio tutti danno per scontato che l’universo

abbia soltanto tre dimensioni spaziali, mentre secondo questa nuova teoria sono presenti più

dimensioni di quante se ne possano vedere.

1.3 L’universo microscopico: cosa sappiamo della materia.

Gli antichi Greci sostenevano che la materia di cui l’universo è composto fosse costituita da

minuscole parti indivisibili, che denominarono atomi (“non tagliabili”). Nell’Ottocento questa idea

si mantenne, ma gli atomi vennero considerati “tagliabili”. Agli inizi degli anni trenta del nostro

secolo Thomson, Bhor, Rutherford e Chadwick consolidarono il familiare modello di atomo: gli

atomi non sono costituenti ultimi, ma sono formati da un nucleo, il quale è costituito a sua volta da

protoni e neutroni, circondato da una nube di elettroni orbitanti. Alla fine degli anni trenta, i fisici

che studiavano i raggi cosmici scoprirono il muone, una particella identica all’elettrone, ma con

massa 200 volte maggiore. A metà degli anni cinquanta, Cowan e Reines dimostrarono la presenta

di un quarto tipo di particella fondamentale detta neutrino. Un neutrino può passare agevolmente

attraverso miliardi di chilometri di piombo senza subire alcun effetto. Nel 1968, nell’ acceleratore

lineare di Stanford, si scoprì che protoni e neutroni fossero formati da tre particelle dette quark, che

si presentavano in due varietà: up e down. Un protone è formato da due quark up e un quark down,

un neutrone è formato da due quark down e un quark up.

Tramite tecniche sempre più avanzate, i fisici scoprirono quattro altri quark – rispettivamente

charm, strange, top e bottom – un altro cugino pesante dell’elettrone detto tau, e due particelle

simili al neutrino chiamate neutrino muonico e neutrino tau (per distinguerle dal neutrino,

ribattezzato neutrino elettronico). Ad ognuna di queste particelle corrisponde un’antiparticella.

Quando materia e antimateria vengono a contatto possono annichilirsi e creare energia, per questo

c’è così ben poca antimateria in giro nel nostro mondo.

1.4 La teoria delle stringhe come Teoria del Tutto.

Secondo la teoria, le particelle non sono puntiformi, ma consistono di un minuscolo anello

unidimensionale. Le proprietà delle particelle sono un riflesso dei vari modi in cui una stringa può

vibrare. Massa e carica delle particelle sono determinate dalle oscillazioni della stringa stessa. La

stessa idea di applica alle forze; ogni particella mediatrice di forza è associata a un particolare modo

di vibrazione. Per la prima volta nella storia della fisica possediamo un’idea di fondo in grado di

spiegare tutte le caratteristiche fondamentali alla base dello schema costruttivo dell’universo. Per

questo molti pensano alla teoria delle stringhe come candidata al ruolo di “Teoria del Tutto”.

2. La relatività di Einstein

2.1 La relatività ristretta

La teoria fu pubblicata da Einstein nel 1905 e rivoluzionò completamente il modo di

concepire spazio e tempo: è sbagliato pensare che siano assoluti.

Le fondamenta della relatività ristretta poggiano su due postulati semplici quanto profondi:

 La velocità della luce: la velocità della luce nel vuoto è sempre c (300000 chilometri al

secondo) costante in tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dal moto

della sorgente rispetto all’osservatore: se l’osservatore si allontana o avvicina ai fotoni, il

valore di c si mantiene costante.

 Principio di relatività: secondo cui le leggi della fisica sono le stesse in tutti i sistemi di

riferimento inerziali.

Da questi due postulati si deduce che la simultaneità non sia più un concetto universale, ma dipende

dal sistema di riferimento utilizzato, che per un osservatore in moto il tempo trascorre più

lentamente rispetto a uno stazionario e che gli osservatori percepiscono gli oggetti in moto come se

fossero contratti nella direzione del moto stesso.

2.2 La relatività generale

Einstein si accorse che tra le varie conseguenze della relatività ristretta una era specialmente

grave: l’esistenza di una barriera data dalla velocità della luce era incompatibile con la venerabile

teoria della gravitazione universale di Newton, secondo cui l’attrazione gravitazionale fra due corpi

si manifesterebbe istantaneamente, mentre in base alla relatività ristretta nessun tipo di

informazione può assolutamente viaggiare ad una velocità superiore a quella della luce. Nel 1916

trovò una soluzione grazie alla teoria della relatività generale, mostrando che il tempo e lo spazio

possono piegarsi e distorcersi per trasmettere la forza gravitazionale.

La relatività generale si basa sul principio di equivalenza, secondo cui gli effetti di

un'accelerazione costante su di un osservatore sono equivalenti a quelli di un campo gravitazionale

uniforme sullo stesso osservatore supposto in quiete.

2.2.1 Accelerazione e curvatura dello spazio

Einstein si accorse che le relazione spaziali della geometria piana non sono più valide per un

osservatore in moto accelerato. Infatti il moto accelerato fa curvare lo spazio e di conseguenza

anche il tempo si curva. Questo perché a causa del secondo principio di equivalenza, gravità e moto

accelerato sono indistinguibili negli effetti: visto che il moto accelerato si accompagna alla

curvatura dello spazio e del tempo, la gravità è la curvatura dello spazio e del tempo.

Per comprendere meglio questo concetto utilizzerò un esempio di facile comprensione.

Consideriamo una situazione tipica: un pianeta come la Terra in orbita attorno ad una stella come il

Sole.

Per Newton, la stella tiene il pianeta in orbita grazie ad un non ben identificato “guinzaglio”

gravitazionale, che istantaneamente si propaga ed “afferra” il pianeta. Per Einstein, invece, lo spazio

è piatto in assenza di materia ed energia [Figura 1] Figura 1: Rappresentazione schematica dello spazio piatto.

Ma cosa accade in presenza di un oggetto massiccio come il Sole? La sua presenza deforma la

struttura dello spazio circostante; secondo un’analogia utile, lo spazio è come una membrana di

gomma su cui venga posata una palla pesante. [Figura 2].

Figura 2: Un corpo massivo come il sole incurva la trama

dello spazio, agendo quasi come una palla pesante su un

pezzo di gomma.

Questo incurvamento produce un effetto sugli oggetti che si trovano nelle vicinanze del corpo; ad

esempio il moto della Terra è determinato dal tipo di curvatura. Se la velocità e la posizione sono

opportune, il pianeta orbiterà attorno al Sole in un avvallamento dello spazio causato da

quest’ultimo.

Al contrario di Newton, Einstein riuscì a mostrare che è tramite la curvatura dello spazio che la

gravità si trasmette: la gravità coincide con la trama stessa del cosmo. Inoltre riuscì a risolvere

l’incompatibilità tra la teoria sulla gravitazione e la relatività ristretta sostenendo che le

perturbazioni gravitazionali si propagano alla velocità della luce.

3. La meccanica quantistica

Si deve alla meccanica quantistica la conoscenza delle proprietà microscopiche

dell’universo. Nacque nel 1900 con l’ipotesi dell’esistenza dei quanti avanzata da Max Planck.

3.1 I quanti di Planck

Planck ipotizzò che l’energia trasportata da un’onda elettromagnetica possa presentarsi solo

in pacchetti ben precisi, in quantità fisse e che il contenuto energetico minimo di un’onda sia

proporzionale alla sua frequenza.

Il fattore di proporzionalità tra la frequenza di un’onda e il suo pacchetto minimo di energia è la

-34

costante di Planck (una costante piccolissima, ħ ≈ 10 Js)

3.2 Il principio di indeterminazione

Il principio di indeterminazione, scoperto da Heisenberg nel 1927, costituisce il nucleo della

meccanica quantistica, e il punto centrale che differenzia la nuova fisica da quella classica. La

differenza sostanziale tra le due sta nella possibilità di misurare con precisione sempre maggiore

una grandezza. Per la fisica classica ciò è possibile, mentre secondo la meccanica quantistica

misurare equivale sempre a perturbare.

Questo principio è valido sia nel mondo macroscopico che nel mondo microscopico, anche se

l’incertezza introdotta è trascurabile nelle misure con corpi macroscopici poiché la luce incidente

(nell’interazione) non modifica sostanzialmente la posizione e il moto del corpo.

4. Lo scontro tra relatività generale e meccanica quantistica

La relatività generale si applica abitualmente a scale astronomiche. In questi ambiti, la teoria

di Einstein ci mostra che in assenza di massa lo spazio è piatto, come si vede nella figura 1. Per

tenere conto anche della meccanica quantistica, dobbiamo ora fare un drastico cambio di scala ed

esaminare le proprietà microscopiche dello spazio. Illustriamo questo processo nella figura 3, nella

quale si vedono alcuni zoom successivi che ingrandiscono regioni sempre più piccole dell’universo

spaziale. Inizialmente sembra che non succeda nulla (contrariamente alle previsioni della meccanica

quantistica), ma al quarto livello di ingrandimento vediamo i primi barlumi di anomalie.

Continuando a scendere, nel quinto livello, vediamo che le ondulazioni casuali dello spazio dovute

agli effetti quantistici sono così pronunciate da non dare più l’idea di un oggetto geometrico dalla

curvatura regolare. Il caso della figura 3 in alto ci dà l’idea delle forme irregolari e turbolente

assunte dal campo gravitazionale (schiuma quantistica). È in scale grandi quanto la costante di

Planck che incontriamo la incompatibilità di fondo tra relatività generale e meccanica quantistica:

la nozione di geometria spaziale regolare, cardine della relatività, a scale molto piccole perde il

senso a causa delle violente fluttuazioni quantistiche.

La scienza ha cercato in tutti i modi di modificare la relatività generale o la meccanica quantistica in

modo da evitare i problemi; ma per quanto brillanti e ingegnosi, tutti i tentativi sono andati a vuoto.

Fino a quando non è stata scoperta la teoria delle superstringhe.

Figura 3: Ingrandendo sempre di più una regione dello spazio, possiamo

indagare le sue proprietà ultramicroscopiche. I tentativi di fondere la

relatività generale e la meccanica quantistica si scontrano contro

l’effervescente schiuma quantistica che si manifesta al più alto livello di

ingrandimento.

5. Le basi della teoria delle superstringhe

Secondo questa teoria, il mondo microscopico è pieno di piccole corde (come fossero corde

di violino), i cui modi di vibrazione orchestrano l’evoluzione del cosmo. I venti del cambiamento,

in questo scenario, spirano in un mondo soffuso di melodie.

5.1 Brevi cenni storici

La nuova teoria prese l’avvio nel 1968 da un’osservazione del fisico italiano Gabriele

Veneziano, a quel tempo ricercatore presso il Cern di Ginevra. Egli stava analizzando una serie di

dati sperimentali riguardanti la forza nucleare forte quando notò che una formula utilizzata per

descrivere una classe di curve geometriche, la cosiddetta “funzione beta”. L’intuizione di Veneziano

venne in seguito ampliata e si scoprì che se le particelle elementari venivano assimilate a fili

vibranti (detti stringhe o corde, in inglese string) invece che ad enti puntiformi privi di struttura

interna come suggeriva il cosiddetto Modello Standard. Tra il 1984 e il 1986 si ha il periodo della

“prima rivoluzione delle superstringhe” grazie all’articolo pubblicato da Green e Schwarz in cui era

riassunto il risultato di quattordici anni di lavoro. Fu, invece, nel convegno “Strings 1995” che

Edward Witten propose un modo per far compiere alla teoria il passo successivo, dando il via alla

“seconda rivoluzione delle superstringhe”.

5.2 Le stringhe

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