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Una tesina sulla vita che dimostra,in modo originale,come la morte sia relativa e l'immortalità possibile.
Materie trattate: astronomia,fisica,biologia,botanica,italiano,filosofia,religione,inglese.
MORTI MA VIVI,ANZI PIU’ VIVI DI PRIMA
Luigi Pirandello nella novella “I pensionati della memoria” afferma:
“A me tutti i morti che accompagno al camposanto mi tornano indietro.
Fanno finta di essere morti dentro la cassa, o forse sono morti veramente, son morti
per sé ma non per me ,vi prego di credere!.
Quando tutto per voi è finito per me non è finito niente! Sono tutti vivi, vivi come voi
e come me, anzi sono più vivi di prima! Perché, riflettete bene, che cosa può essere
morto di loro? Quella realtà che essi diedero alla stessa vita ,o una realtà molto
relativa, non era la vostra, non era la mia!”.
Da questo stralcio di Pirandello tratto da “Novelle per un anno” si evince come si può
essere morti fisicamente ma essere vivi, anzi più vivi di prima stando a pensione
completa nella mente dei nostri cari. Dove risiede allora l’ assolutezza?
Intesa come fine di quella realtà o FORMA che il morto si era assegnato in VITA in
qualità di maschera nuda la morte è fenomeno assoluto, ma intesa come prosecuzione
nella nostra memoria di quella realtà che già ci eravamo creati quando il morto era in
vita la morte è cosa relativa.
Questa considerazione pirandelliana è utilissima all’uomo in quanto risolve
quell’atavica paura della morte che lo ha sempre angosciato , tanto da fare scrivere
ad autori di grande portata come Seneca lettere in cui si cerca di sublimare il
problema.
Seneca “Epistulae morales ad Lucilium”,lettera IV
“Non ha importanza ciò che sta alla fine la morte viene verso di te; sarebbe da temere
se potesse rimanere con te;ma per necessità o non è ancora venuta o quando è venuta
passa oltre.Gli uomini in maggioranza oscillano tra il timore della morte ed il
disprezzo della vita:
non hanno il coraggio di vivere e non sanno morire. Nessun bene giova a chi lo
possiede se il suo animo non è pronto a perderlo;ed è facile accettare la perdita se una
volta perso non può essere rimpianto”.
IL “contemptus vitae” è fondamentale per affrontare la morte in maniera serena, ma
ancora più rasserenante è la consapevolezza che da morti si può essere più vivi di
prima attraverso il ricordo nella mente di persone a noi care.
La memoria ha infatti una potenza inestimabile riuscendo addirittura ad essere più
forte della morte, riuscendo ad instaurare la Foscoliana “corrispondenza d’amorosi
sensi”.Foscolo “Dei sepolcri”:
“Celeste è questa corrispondenza d’ amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e
spesso si vive per lei con l’ amico estinto e l’ estinto con noi...Sol chi non lascia
eredità d‘ affetti poca gioia ha dell ‘urna”.
La “corrispondenza d’ amorosi sensi” ovvero il colloquio tra il vivo ed il morto
riesce a “vincere di mille secoli il silenzio”, per cui è deprecabile il non lasciare in
vita alcuna traccia di sé o “eredità d’ affetti”.
Notiamo bene: Foscolo non parla di sensi, ma di amorosi sensi.
L’ amore è infatti una componente fondamentale per la conquista dell’ immortalità.
Bibbia,”Cantico dei cantici”
“Forte come la morte è amore”.
Amore e morte , ethos e thanathos sono due estremi non antitetici ma
complementari,se infatti si è morti ma persiste l’ amore dei cari verso di noi siamo
vivi, se siamo in vita ma senza amore siamo morti, in uno stato arido-vegetativo.
La corrispondenza d ‘amorosi sensi non è l ‘unico antidoto alla morte, vi è bensì la
forza della scrittura e della poesia , “topos” letterario che da Orazio alla Dickinson ha
caratterizzato gli scritti di autori latini, italiani e stranieri.
Tale “topos”letterario è sicuramente valido ed efficace. Non è forse vivo, anzi più
vivo di prima quell’ Orazio che tanto si preoccupava di “ergere un monumento più
duraturo del bronzo?”.Già il solo ricordarlo in tale tesi dona lui immortalità.
“VIVAM” diceva Orazio e a ragione “VIVET” posso affermare con sicurezza
oggigiorno.
D’ altronde anche Foscolo riteneva la poesia donatrice di immortalità attraverso la
figura di Omero, mendico errante tra gli avelli, cantore della duplice disfatta troiana,
della vittoria finale dei figli di Peleo e cantore delle sciagure di Ettore.
Foscolo “Dei sepolcri”
“E tu onore e pianto avrai ove fia santo e lagrimato il sangue versato per la patria, e
finchè il sole splenderà sulle sciagure umane”.
La poesia non è però l’ unica fonte di immortalità in quanto tutta la letteratura può
essere vaccino nei riguardi della malattia più temuta dai mortali.
Anche le lettere hanno potere duraturo:
Seneca “Epistulae morales ad Lucilium”, lettera XXI:
“Sbagli o Lucilio,dalla tua vita presente ad un’altra si sale.Fra le due condizioni di
vita passa la stessa differenza che c’è tra una cosa che brilla di luce riflessa ed
un’altra che ha in se la sua fonte luminosa.
Ti porto l’esempio di Epicuro.Questi scive a Idomeneo: “Se brami immortalità ti
daranno maggior fama queste mie lettere che codeste brighe..Aveva forse torto?Il
tempo sommerge gli uomini nelle sue acque, solo pochi ingegni eletti sollevano il
capo.Ciò che Epicuro ha potuto promettere al suo amico io lo prometto a te, io
troverò favore presso i posteri e trarrò dall’ombra nomi di tanti amici che vivranno a
lungo.”
La morte non è da considerare assoluta per il fatto che i defunti sono “assenti” da
questa vita. Infatti, come giustamente afferma Pablo Neruda l’assenza,i distacchi e
tutti gli altri addii sono “case” di speranza e conforto,nidi di vita in cui si può
ricordare l’estinto e l’estinto può a sua volta vederci senza vita vivere, a patto però
che noi non soffriamo, perché se così fosse l’estinto morirebbe veramente.
Neruda XCIV:
“Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura...
non voglio che muoia la mia eredità di gioia...
Vivi nella mia assenza come in una casa
è una casa sì grande l’assenza che entrerai in essa attraversi i muri
ed appenderai quadri nell’aria...”.
Senza vita ti vedrò vivere e se soffri , amore mio, morirò nuovamente”.
VIVI MA MORTI PIU’ DEI DEFUNTI
Nella sezione precedente ho illustrato come persone morte acquistano immortalità
mediante il ricordo nella mente di persone loro care e grazie all’apporto della scrittura
e della poesia.
Analogamente si può dimostrare come sia vero il contrario , ovvero come persone
ancora vive in questo mondo risultino più morte dei veri defunti.
Si può infatti rimanere in questa vita , continuare ad “esserci” per se stessi pur
essendo morti per gli altri.
Mattia Pascal, omonimo protagonista del romanzo di Luigi Pirandello “Il fu Mattia
Pascal”, è morto, morto per la moglie risposata, morto per l’amico Pomino, morto
per la suocera ma vivo per se stesso, vivo e vegeto.Nella consapevolezza di questa
situazione limite(al limite tra la vita e la morte)decide di morire anche per se stesso
diventando Adriano Meis.Può però un morto reincarnarsi in un’altra persona?
No, un morto ancora vivente non può fare altro che visitarsi al cimitero, non può
essere altra persona che lui stesso da morto.
Pirandello, “Il Fu Mattia Pascal”:
“
COLPITO DA AVVERSI FATI
MATTIA PASCAL BIBLIOTECARIO
CUOR GENEROSO IN ANIMA SUA
RIPOSA
LA PIETA’ DEI CITTADINI QUESTA LAPIDE POSE.”
“Vi ho portato la corona di fiori ed ogni tanto mi reco a vedermi morto e sepolto la’.
Qualche curioso ..domanda: “Ma voi chi siete?”. Mi stringo nelle spalle e rispondo:
“Eh, caro mio, io sono IL FU MATTIA PASCAL”.
Una precisazione ritengo opportuno fare; mentre l’essere morti ma più vivi di prima
ha sempre valenza positiva, il suo contrario, l’essere ancora in vita in qualità di
defunto ha sempre valenza negativa. Infatti “Mattia Pascal” è un uomo che ha perso
la moglie, l’identità, la famiglia, la vita ritrovandosi a vivere in qualità di fantasma
entro un nuovo e fantomatico castello-forma dagli altri costruito, il castello del “Fu”.
Analogamente finisce per trovarsi in una situazione limite e problematica il
personaggio di Filippa, moglie di Nino Mo all’interno della novella “La Morta e la
Viva”.La sventurata infatti , creduta morta dall’intero paese, ritorna misteriosamente
a casa dopo otto lunghi anni trovando al suo ritorno una situazione del tutto diversa
da quella che ha lasciato; il marito si è infatti sposato nuovamente con una donna più
giovane.La “morte di Filippa non ha recato alla donna nessun vantaggio lasciandole
come unica possibilità quella di recitare la parte di moglie insieme all’altra novella
sposa all’interno di una casa HAREM.
L.Pirandello “La Morta e la Viva”:
“Zi Ni la Gna Filippa vostra moglie è Viva!...Due mogli Zi Ni allegria!!!...
Ogni cinque mesi Zi Ni si recò a dichiarare la nascita di un figlio asserendo “Questo
è della Morta e questo è della Viva”.
L’Essere morti in vita non reca alcun vantaggio al povero morto a meno che , come
nel caso di Emily Dickinson , non sia il diretto interessato a scegliere volontariamente
di morire per sublimare l’esistenza attraverso un’ immortalità tutta terrena.
E.Dickinson “Toward Eternity/Behind the door”:
“Paradiso è una scelta.
Ognuno nell’Eden vive
malgrado Adamo e l’espulsione sua.”
“Fiato di vita è il rantolo di morte
per chi soltanto in morte vita ha avuto
e morto avrebbe la vita trascorso
ma nel punto di morte iniziò a vivere”
“Davanti a noi eran città ma nel mezzo
la foresta di morti.
Senza speranza di tornare indietro
avevamo alle spalle una via sigillata
davanti il bianco vessillo dell’eterno
dio ad ogni porta”.
Emily Dickinson decide di morire per tutti coloro che abitano questa
Terra(D’altronde “Eden is a choice”)per varcare la soglia della sua interiorità che si
affaccia direttamente sull’eternità. Eternità che può essere raggiunta solo mediante la
forza della scrittura.
Il paradiso ,ovvero l’immortalità, non si raggiunge in Terra ma nell’interiorità
profonda dell’io dopo aver però pagato come fio l’Essere morti per il mondo.
Ma cosa importa l’Essere morti per i terrestri se si raggiunge l’immortalità e si ha
“dio ad ogni porta”?
L’Essere morti in vita è argomento che trova riscontro anche nei testi religiosi:
Luca(15/31-32) “Vangelo ed atti degli apostoli” “Il figliol prodigo”
“Mio figlio era morto, ora è resuscitato, era perduto ed ora è stato nuovamente
ritrovato..”
Un figlio scappato di casa, morto o meglio mortificatosi in tutte le peggiori brutture
umane, come la prostituzione, morto per il padre e morto per sé , può tornare in vita
per il padre solo perché decide di tornare in vita per sé?
LA MORTE NON E’ SEMPRE COSA REVERSIBILE.
Essa è come una malattia, un “coma” dello spirito che in quanto tale potrebbe
sconfinare nell’irreversibilità.
La parabola del figliol prodigo è un esempio di morte reversibile dove un figlio morto
risorge grazie alla caritas paterna, prerogativa fondamentale della religione cristiana:
“Lettera di S.Paolo ai Corinzi”:
“Tre cose: Fede, speranza, carità. La più grande di esse è la CARITA’”.
SEZIONE FILOSOFICA
ESSERE DOPO LA MORTE
La morte è sempre stata uno spinoso problema per l’uomo al pari dell’ARCHE’, tanto
che filosofi e studiosi di ogni genere hanno sempre cercato di spiegare archè e morte
in termini ottimistici-positivi.La differenza che intercorre tra “Il principio di tutte le
cose” e “La fine di tutte le cose” risiede nel fatto che l’archè ostenta il progressivo
raffinamento della tecnologia umana, la morte ostenta la retriva paura umana
dell’ignoto.
L’archè ha subito una progressiva evoluzione partendo dall’Apeiron di Anassimandro
fino ad arrivare all’ipotesi del BIG BANG.
La morte ha avuto da sempre come unica risposta la “VITA”.
Platone ad esempio confortò l’uomo mediante la teoria della reminescenza e dei
contrari.Egli infatti nel Fedone ,attraverso la figura di Socrate, asserisce che “I
contrari traggono origine dai contrari”e che , quindi ,“Il morto si origina dal vivo ed il
vivo dal morto”.Il concetto di morte per Platone esiste solo in vista del suo