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Come anche le civiltà occidentale hanno fatto (si pensi per esempio ai Romani), la fondazione del Giappone è avvolta nella leggenda. La civilizzazione delle isole nipponiche viene tradizionalmente posta l’11 febbraio 660 a.C. a opera dell’imperatore Jinmu, come raccontato da alcuni scritti intitolati Kojiki (Memorie degli eventi antici) e Nihongi (Cronache del Giappone) risalenti all’VIII sec. d.C.
Tali opere riportano però una versione mitologica della fondazione di questo paese, secondo cui il primo imperatore Jinmu era il diretto discendente della dea del sole Amaterasu e del dio del mare e delle tempeste Susano’o. Queste due divinità erano state a loro volta mandate sulla terra da Izanami e Izanagi (rispettivamente madre e padre di tutti gli dei) affinché la popolassero.
Questa discendenza divina è stata la base per la maggior parte delle opere letterarie più antiche; erano soprattutto poemi che narravano storie di eredità mitologica che gli imperatori commissionavano per rivendicare Jinmu come proprio antenato e legittimare in questo modo il proprio potere.
Per quanto riguarda la versione storica della nascita della civiltà sulle isole giapponesi, si ritiene che i primi uomini siano giunti nel corso dei periodi più freddi delle glaciazioni, quando il Giappone era collegato al continente asiatico. In particolare il 100.000 a.C. è la data più accettata per la prima colonizzazione; infatti sono stati ritrovati diversi manufatti risalenti a tale periodo. Degno di nota è il fatto che alcune tecnologie risalenti al 30.000 a.C., come per esempio la levigazione della pietra, siano state scoperte nel resto del mondo solo nel 10.000 a.C., data in cui convenzionalmente si ha l’inizio nel Neolitico
Colombo Gioele, Classe V D, Liceo Scientifico G. Galilei, Erba
Anno scolastico 2012-2013
STORIA E CULTURA
DEL GIAPPONE 2
INDICE
PREMESSA pag.3
STORIA DEL GIAPPONE pag.5
I TERREMOTI pag.14
LETTERATURA GIAPPONESE pag.18
I GIARDINI pag.24
UKIYO-E, LE STAMPE GIAPPONESI pag.29
I MANGA pag.31
BIBLIOSITOGRAFIA pag.35
3
PREMESSA
Ho iniziato a fare sport quando frequentavo la seconda elementare, all’età di sette anni. Mi
ricordo che allora ci avevano consegnato un fascicoletto giallo sul quale ogni pagina
presentava un’attività sportiva o un’associazione con tanto di immagini illustrative.
Sfogliandolo velocemente mi soffermai a guardare la pagina dedicata al karate. Mi colpì da
subito la figura rappresentata di un uomo che ne atterrava un altro; mi sembrò qualcosa di
così eccezionale che decisi che avrei dovuto assolutamente provare quello sport.
Fortunatamente c’era una palestra nel paese vicino al mio e fortunatamente i miei genitori
acconsentirono che frequentassi i corsi. L’istruttore era un uomo abbastanza robusto e ancor
più lo sembrava davanti ad un bambino di sette anni non tanto alto e soprattutto piuttosto
magrolino.
A dispetto del suo aspetto l’istruttore era una persona gentile e con i bambini ci sapeva fare,
così iniziai gli allenamenti tutte le settimane, e dopo qualche mese mi ritrovai a gareggiare
contro altri bambini in una gara locale. A quell’età in realtà non mi rendevo bene conto che
stessi gareggiando con qualcuno ma presi tutto come al solito e con divertimento eseguì il
mio kata (forme di combattimento contro un avversario immaginario, codificate dai maestri
per tramandare le proprie conoscenze). Nella mia prima gara mi classificai secondo, battuto
soltanto da quello che era il mio amichetto della palestra. Mi ricordo che quando mi
consegnarono la coppa fui estremamente felice per aver vinto qualcosa.
Mi ricordo anche il primo esame per il passaggio dalla cintura bianca alla cintura gialla:
avevo sbagliato una tecnica e mi convinsi che per quello sarei stato bocciato, così mi sedetti
in un angolo con gli occhi lucidi per aver fallito in quello che durante gli allenamenti mi era
sembrato così semplice. In realtà alla fine dell’esame fui promosso e il mio istruttore con un
gran sorriso mi disse ridendo “Guarda che la prossima volta ti boccio!” Estremamente felice
per la mia nuova conquista me ne tornai agli allenamenti più motivato di prima.
Passarono alcuni anni, diverse cinture e molte gare in cui riuscì anche a trovare qualche buon
piazzamento a livelli importanti. Arrivato ad una settimana prima dell’esame per il
passaggio dalla cintura blu alla marrone mi venne proposta l’ennesima gara a cui però non
potevo partecipare per un motivo che non ricordo. Per tutta risposta il mio allenatore decise
che non avrei potuto fare nemmeno l’esame e così lasciai la palestra, a dodici anni.
Iniziai poi a giocare a calcio ma per problemi di salute dovetti smettere ed in terza liceo su
invito di un mio compagno decisi di provare a frequentare un nuovo corso di arti marziali,
questa volta di scherma giapponese. L’arte marziale si chiama tenshin shoden katori shinto
ryu e si costituisce dello studio del combattimento con diverse armi, dalla satana, al bastone
lungo, all’alabarda.
Nel mezzo del corso dovetti fare un intervento alla schiena, ma una volta tornato in palestra,
mi sentì quasi come se fossi rinato, come se il mio corpo da tempo debilitato tornasse a
rispondermi come io volevo. L’anno successivo ripresi anche a frequentare i corsi di karate
nella stessa palestra in cui praticavo tenshin shoden katori shinto ryu.
Cresciuto rispetto alla mia precedente esperienza con le arti marziali mi resi conto che queste
non sono uno sport, ma una filosofia, un modo di essere.
Quando pratico le arti marziali mi sento quasi come se potessi fare tutto quello che voglio.
La parte sportiva, quella delle gare ormai non fa più parte della mia esperienza marziale, ma
quando guardo la serie di trofei che ho vinto nella mia camera, provo ancora delle belle
emozioni che si vanno a sommare a quelle che sento durante la pratica.
Per questo motivo ho deciso di trattare del Giappone in questo approfondimento per l’esame
di stato.
Le mie passioni più grandi sono infatti le arti marziali e la musica, ma quest’ultima l’ho
“scoperta” più tardi rispetto al karate e per questo mi sembra giusto rendere omaggio alla
terra che ha dato origine a queste splendide arti attraverso questo mio lavoro. 4
STORIA DEL
GIAPPONE 5
LA VERSIONE MITOLOGICA DELLA FONDAZIONE
Come anche le civiltà occidentale hanno fatto (si pensi per esempio ai Romani), la
fondazione del Giappone è avvolta nella leggenda. La civilizzazione delle isole nipponiche
viene tradizionalmente posta l’11 febbraio 660 a.C. a opera dell’imperatore Jinmu, come
raccontato da alcuni scritti intitolati Kojiki (Memorie degli eventi antici) e Nihongi
(Cronache del Giappone) risalenti all’VIII sec. d.C.
Tali opere riportano però una versione mitologica della fondazione di questo paese, secondo
cui il primo imperatore Jinmu era il diretto discendente della dea del sole Amaterasu e del
dio del mare e delle tempeste Susano’o. Queste due divinità erano state a loro volta mandate
sulla terra da Izanami e Izanagi (rispettivamente madre e padre di tutti gli dei) affinché la
popolassero.
Questa discendenza divina è stata la base per la maggior parte delle opere letterarie più
antiche; erano soprattutto poemi che narravano storie di eredità mitologica che gli imperatori
commissionavano per rivendicare Jinmu come proprio antenato e legittimare in questo modo
il proprio potere. Rappresentazione della dea Amatersu
LA VERSIONE STORICA
Paleolitico
Per quanto riguarda la versione storica della nascita della civiltà sulle isole giapponesi, si
ritiene che i primi uomini siano giunti nel corso dei periodi più freddi delle glaciazioni,
quando il Giappone era collegato al continente asiatico. In particolare il 100.000 a.C. è la
data più accettata per la prima colonizzazione; infatti sono stati ritrovati diversi manufatti
risalenti a tale periodo. Degno di nota è il fatto che alcune tecnologie risalenti al 30.000 a.C.,
come per esempio la levigazione della pietra, siano state scoperte nel resto del mondo solo
nel 10.000 a.C., data in cui convenzionalmente si ha l’inizio nel Neolitico
Periodo Jomon
In realtà lo studio del periodo paleolitico giapponese è uno studio piuttosto recente, che ha
preso il via alla fine della seconda guerra mondiale. Si riteneva infatti che gli esseri umani
non avessero raggiunto il Giappone prima del Periodo Jomon, che ha inizio nel 10.000 a.C. 6
Il termine “Jomon” è una traduzione in giapponese di
“segnato dalle corde”; tale termine si riferisce alle
decorazioni presenti sulla maggior parte del
vasellame di questo periodo. Secondo le prove
archeologiche il popolo Jomon creò i primi esemplari
di vasellame al mondo: la datazione al C-14 ha infatti
attestato che questi reperti risalgono al 10.500 a.C. ca.
In questo periodo le fonti di sussistenza principali
erano l’agricoltura e la raccolta, la pesca e la caccia,
per cui venivano a volte utilizzati anche i cani; grazie
alla loro funzione di aiuto nella caccia, i cani furono
l’unica specie di animale ad essere addomesticata. Si
suppone che questo animale venisse considerato come
un effettivo membro della famiglia, tanto che si sono
ritrovate diverse tombe costruite appositamente per
questi animali. Esempio di vaso del periodo Jomon
Periodo Yayoi
Attorno al 300 a.C. si entra nel periodo Yayoi, che prende il nome dalla località in cui sono
stati ritrovati i primi reperti archeologici risalenti a quest’epoca. Questo periodo è
caratterizzato dall’introduzione della coltura del riso nelle risaie; che permise lo sviluppo in
Giappone di una società sedentaria e agraria. Caratteristiche di questo periodo sono anche
delle grosse sculture in bronzo a forma di campana chiamate dotaku ritrovate sepolte sotto
terra. Si crede che avessero una funzione propiziatoria verso il kami, ovvero la divinità, della
terra. Periodo Yamato
Il periodo Yamato viene subito dopo il termine del
periodo Yayoi nel 250 d.C.. Questo periodo è anche
detto “Periodo dei Tumuli”per via dalle caratteristiche
tombe a tumulo che andarono via via diffondendosi
sempre più. All’interno di queste tombe furono ritrovati
oggetti personali del defunto e sculture in terracotta
(haniwa) raffiguranti animali o soldati, a protezione
dello spirito del defunto. In questo periodo la società era
divisa in molti clan tribali detti “uji” tra i quali il più
importante era sicuramente in clan Yamato che affermò
il proprio dominio su tutto il territorio giapponese. Dal
clan Yamato discendono storicamente tutti i seguenti
imperatori di queste terre.
Fatto importante di questo periodo è la centralizzazione
del potere effettuata dal primo imperatore Tenchi, che
Due dotaku diede al suo impero un governo con leggi simili a quelle
dell’impero cinese. 7
In questo periodo si assiste anche all’arrivo
del Buddismo in Giappone, di cui
l’imperatrice Suiku e suo nipote Umayado
furono tra più accaniti sostenitori. Ad
Umayado è inoltre attribuita la formulazione
della prima costituzione di 17 articoli basata
sui principi di lealtà ed obbedienza nei
Periodo Heian
Il periodo Heian, comincia nel 780 d.C. al
termine del periodo Nara, periodo in cui non
Alcuni haniwa avvengono fatti particolarmente rivelanti,
ta eccezione per il colpo di stato attuato dal clan Nakatomi che portò all’incoronazione
l’imperatore Kotoku.
Il periodo Heian prende il nome dalla capitale di questo periodo che era appunto “Heian-
Kyō” (capitale della pace e della tranquillità), l’attuale Kyoto. Questo periodo fu
culturalmente molto ricco, sia per la produzione letteraria, sia per lo sviluppo di
un’importante cultura aristocratica. Di questo periodo è infatti il “Genji monogatari” (Il
racconto di Genji), considerato il più antico racconto ancora esistente.
In questo periodo il potere politico dell’imperatore inizia ad affievolirsi favorendo l’ascesa al
potere della classe militare (bushi) che dominerà il Giappone in tutto il periodo medioevale
fino alla modernizzazione avvenuta nel XIX secolo La corte era infatti dominata dal clan
Fujiwara, che riuscì ad accentrare il potere nelle sue mani fino alla questione di successione
tra Sutoku, il precedente imperatore, e Go Shirakawa, l’imperatore in carica. Entrambi
chiamarono a sostenerli i clan militari fedeli, ma al termine del conflitto vinto da Shirakawa,
il clan Taira a lui alleato, grazie alla sua disponibilità di armi, si arrogò il diritto di governare
sul paese, ponendo al comando il loro capo-clan Taira no Kiyomori. Questo fece un uso
violento della sua autorità e finì per essere odiato dal popolo uccidendo diverse personalità
influenti. Tra di esse vi era anche un importante generale, Minamoto no Yoshitomo, che,
prevedendo il proprio assassinio, affidò i suoi due figli a persone fidate. Yoshitsune e
Yoritomo, una volta cresciuti, fecero leva sullo scontento popolare per acquisire l’appoggio
di molte persone e vendicare il padre. La guerra trovò la fine con la battaglia navale di Dan
no Ura del 25 aprile 1185, con il trionfo dei fratelli Minamoto. Yoritomo però, invidioso del
fratello Yoshitsune, lo costrinse al suicidio, dopo di che assunse il titolo di Shogun
(“Generalissimo”) instaurando a Kamakura una dittatura militare detta Bakufu (“Governo
della Tenda”). La figura dello shogun sarà d’ora in avanti la figura che effettivamente
governerà il Giappone. L’imperatore infatti, seppur continuando ad esistere, avrà una
funzione sempre più simbolica .
Periodo Kamakura
Questo periodo comincia con l’instaurazione dello shogunato della famiglia Minamoto
coadiuvata dalla famiglia Hojo, clan della moglie di Yoritomo. Il nome di questo periodo
viene dal nome della città capitale di questo periodo, che era appunto Kamakura. I membri
di questi clan erano inizialmente così potenti che la loro origine era fatta risalire al dio della