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Storia: Il ventennio fascista
Laboratorio odontotecnico: Ortodonzia
Scienza dei materiali dentali: Resine per basi protesiche e leghe per ortodonzia
Inglese: Prosthetic resins e Dental alloys
Gnatologia: La carie
Chimica: Acidi e alcoli
Matematica: Studio di una funzione
Diritto: La cooperativa
non possono scegliere che l’adeguarsi passivamente alle maschere o vivere
drammaticamente il contrasto tra vita e forma; non sono nient’altro che marionette
inconsapevoli o maschere nude, capaci di cogliere le contraddizioni proprie e altrui,
ma impossibilitati a risolverle.
La crisi dell’uomo moderno. Pirandello rappresenta nella sua opera la
crisi dell’uomo moderno, schiacciato dalla disumanità della società
industriale, sempre meno attenta ai valori individuabili e sempre più
tesa a favorire processi di mercificazione e alienazione dei
sentimenti umani. Il grigiore delle metropoli, l’angustia degli a spazi
urbani, i frenetici ritmi del lavoro, sono sempre osservati dal punto di
vista privilegiato di chi, rimasto ai margini dell’inettitudine, è in
grado di coglierne i drammatici risvolti della vita. Questa analisi della realtà
contemporanea isola Pirandello dal panorama della cultura italiana primo
novecentesca. D’Annunzio reagisce alla crisi in atto proponendo alla borghesia nuovi
valori; invece, lo scrittore siciliano si limita all’analisi della
coscienza infelice dell’uomo moderno che si trova a vivere in
uno stato di inferiorità rispetto alla società.
3.L’umorismo pirandelliano
Pirandello è un grande poeta come tutti sappiamo: il suo
umorismo ha rivoluzionato il modo poetico di pensare, gli stili,
dando nuove impronte allo sviluppo della letteratura. Quante
volte ridiamo sulle disgrazie degli altri, quando una persona
inciampa ad esempio, e noi ridiamo, ma in realtà quella
persona magari si è fatta male sul serio e non ce ne rendiamo
conto e scoprendo come realmente stanno i fatti cambiamo
istantaneamente umore aiutando la causa del nostro
insensato sorriso.
La dicotomia comicità/umorismo è alla base del pensiero
pirandelliano; non per nulla lo scrittore siciliano dedicò a tale argomento vari saggi
teorici, tra i quali è di capitale importanza L'umorismo. In questo
saggio Pirandello dà queste definizioni: “la comicità è
l'avvertimento del contrario, l'umorismo, invece, è il sentimento del
contrario”. Pirandello sostiene che l'umorismo non sia una
categoria storica, ma un concetto che circoscrive un
comportamento umano stabile nel tempo e indagabile con gli
strumenti dell'indagine psicologica. La riflessione sull'umorismo
quindi si muove su di uno sfondo di natura esistenziale: l'analisi dei
meccanismi psicologici dell'umorismo diviene così una riflessione
tipicamente novecentesca su di una struttura di fondo
dell'esistenza, su un modo di atteggiarsi dell'uomo rispetto alla
propria vita ed al mondo. In questo trattato quindi Pirandello rileva l’importanza che
riveste la riflessione nella creazione di un’opera umoristica, infatti, è la riflessione
stessa che analizza e scompone il sentimento suscitando nello spettatore il
“sentimento del contrario”, che è il tratto caratterizzante dell’umorismo. E per
illustrarle ricorre, tra l'altro, ad un esempio di questo genere: supponiamo di vedere
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una donna anziana, truccata e vestita in modo appariscente. La nostra prima reazione
sarà una gustosa risata: in questo consiste la comicità, una sorpresa che ci coglie del
tutto impreparati. Ma se riflettiamo sui motivi psicologici di tale comportamento, se
pensiamo che la donna anziana si atteggia in tal modo perché tenta di allontanare da
sé lo spettro della vecchiaia e della morte, non ridiamo più ma, grazie al sentimento
del contrario, individuiamo nella sorte di lei la nostra, comune a tutta l'umanità. Quindi
possiamo definire la comicità superficiale, e l'umorismo approfondito e riflesso. Tutta la
migliore produzione di Pirandello si muove all'insegna dell'umorismo con due tendenze
costanti e congiunte: per un verso quella di aggredire tutte le false certezze,
smascherare i luoghi comuni, gli atteggiamenti fossilizzati dall'abitudine, dall'altro una
posizione di larga comprensione e benevolenza.
Pirandello definisce "comico" "l'avvertimento del contrario": l'avvertimento della
dissonanza tra la sostanza di vita e le forme, provoca il riso. Ma se riusciamo a passare
dall'avvertimento del contrario al " sentimento del contrario ", se riusciamo cioè a
riflettere oltre l'apparenza per guardare nell'interiorità della persona, che produce la
situazione umoristica, allora il riso si trasforma in pietà.
La coscienza non rischiara tutto lo spirito; segnatamente
per l'artista essa non è un lume distinto dal pensiero, che
permetta alla volontà di attingere in lei come in un tesoro
d'immagini e d'idee. La coscienza, insomma, non è una
potenza creatrice, ma lo specchio interiore in cui il
pensiero si rimira; si può dire anzi ch'essa sia il pensiero
che vede sé stesso, assistendo a quello che esso fa
spontaneamente.
Quali sono le ragioni che spingono Pirandello a riflettere
con tanto impegno su questo tema? La risposta a questo
interrogativo si svela nelle ultime pagine del suo saggio:
l’umorismo è un tratto essenziale della condizione umana
e fa tutt’uno con la filosofia della vita. La prima
significativa opera in cui Pirandello delinea una filosofia dell’esistenza e della
Il fu Mattia Pascal
condizione umana è senz’altro , ed è proprio alla buon’anima di
quel bibliotecario che è dedicato il saggio sull’umorismo. L’elemento umoristico del
romanzo traspare con chiarezza nel finale che ci presenta Mattia Pascal nell’atto di
deporre fiori sulla sua tomba. Vi è un senso in cui questa scena è senz’altro comica:
quale gesto può sembrarci più ridicolo e sciocco che portare fiori sulla tomba di un
vivo? E tuttavia l’avvertimento del contrario può facilmente trapassare nel suo
sentimento: non solo Mattia Pascal ma ogni uomo seppellisce se stesso poiché rimane
bloccato nelle forme morte dell’esistenza, in quelle convenzioni ed abitudini che si
sedimentano col tempo, rendendo invisibile il fluire continuo della vita che al di là da
riso sorriso.
esse continua a scorrere. Pirandello, dunque, fa una differenza tra il e il Il
riso è proprio del comico, perché risulta essere la reazione naturale e spontanea ad un
evento e, per l’autore, assume un valore negativo in quanto schernisce e denigra
l’oggetto interessato. Il sorriso, invece, risulta caratteristico del sentimento del
contrario, conseguente a quello comico, che attraverso ad una riflessione porta alla
comprensione-compassione della situazione e dell’oggetto. 9 | Pagina
Storia: il ventennio fascista
(1922-1943)
Il Fascismo fu un movimento politico nato nel
nostro paese come reazione e conseguenza della
grave crisi politica ed economica seguita alla Prima Guerra Mondiale. Dopo la fine
vittoriosa della guerra, infatti, anziché godere dei frutti della vittoria, il paese si era
trovato a fronteggiare una situazione difficilissima: tensioni e contrasti interni,
maturazione politica dei ceti più poveri, dissesto delle finanze pubbliche, aumento dei
prezzi, disoccupazione. L'inefficienza economica aveva stimolato il rafforzamento dei
partiti di massa, soprattutto fra gli operai e i cattolici dell'ambiente contadino, fu
proprio in questo sconvolgimento sociale che nacque e si andò affermando il
movimento fascista. Benito Mussolini, il quale rientrato dal fronte, si era messo a
difendere i risultati della guerra vittorioso contro l’arrendevolezza e l’incomprensione
della classe dirigente e farsi sostenitore dell’ordine interno contro i disordini e le
agitazioni di piazza. Grazie all’aiuto di nazionalisti, ex combattenti e giovani della
media borghesia fondò i Fasci di combattimento.
Il programma del nuovo movimento era caratterizzato dalla denuncia dell’inefficienza
del parlamentarismo: instaurazione della repubblica con ampi autonomie territoriali, il
voto alle donne, l’istituzione del referendum popolare, una serie di misure a favore
delle classi lavoratrici. Appena 20 giorni dopo la fondazione dei Fasci, le
squadre d'azione
neonate si scontrarono con i socialisti e assaltarono la sede del
Avanti!,
giornale socialista devastandola: l'insegna del giornale fu divelta e portata a
Mussolini come trofeo. Nel giro di qualche mese i Fasci si diffusero in tutta Italia,
sebbene con una consistenza assai scarsa.
1.Biennio rosso, Fiumanesimo e Pnf
Il 23 giugno 1919 si insediò il governo di Francesco Saverio Nitti, sostituendo il
dimissionario Vittorio Emanuele Orlando, dopo le delusioni seguite ai trattati di pace.
Le politiche intraprese da Nitti sollevarono un fortissimo malcontento, soprattutto fra
militari, reduci congedati e nazionalisti.
Il 19 settembre 1919, Gabriele d'Annunzio ruppe gli indugi e alla testa di reparti
Regio Esercito
ammutinati del marciò su Fiume dove instaurò un governo
rivoluzionario con l'obiettivo di affermare l'unione all'Italia del comune Carnaro.
Questa azione fu immediatamente esaltata dal movimento fascista, anche se
Mussolini non offrì alcun reale appoggio alla causa dei legionari.
Il 16 novembre del 1919, le elezioni (per la prima volta secondo il sistema
proporzionale) videro il trionfo dei due partiti di massa: il Partito Socialista che si
affermò primo partito con il 32% dei voti e 156 seggi, e il neonato Partito
10 | P a g i n a
don Sturzo
Popolare di che ottenne il 20% dei voti e 100 seggi. Il movimento fascista,
presentatosi nel solo collegio di Milano, con una lista capeggiata da Mussolini
e Marinetti, raccolse meno di 5.000 suffragi sui circa 370.000 espressi, non riuscendo
a eleggere alcun rappresentante. In seguito alla durissima sconfitta
elettorale, Mussolini meditò seriamente l'abbandono della politica.
I risultati elettorali non garantirono al paese la stabilità necessaria e il PSI, che aveva il
maggior peso, continuò a rifiutare alleanze con i partiti "borghesi". L'iniziativa politica
dunque rimase nelle mani dei movimenti sindacali rappresentati dalle leghe socialiste
escalation
e popolari che lanciarono una di scioperi e occupazioni, storicamente nota
come "Biennio rosso" (1919-1920), culminata nell'estate del 1920 in una
occupazione generalizzata di terreni agricoli, opifici e installazioni industriali in quasi
tutto il Paese. Così, mentre i socialisti erano dilaniati dalla situazione creatosi, schiere
di appartenenti alla piccola borghesia agraria, artigiana o del
commercio, allarmati dalle occupazioni e dai disordini, confluirono
governo
nel movimento guidato da Mussolini. Il Giolitti, per evitare
il pericolo di una guerra civile, si oppose alla richiesta degli
industriali di reprimere con la forza l’occupazione e firmò un
accordo con i sindacati. Ciò, tuttavia, non pose fine alle agitazioni
sociali.
Per poter contare su una solida maggioranza, Giolitti indisse nuove
elezioni (maggio 1921), in vista delle quali strinse un’alleanza con
nazionalisti e fascisti, detta “blocco nazionale”. Gli esiti delle
elezioni non premiarono però i giolittiani, ma segnavano l’avanzata
dei fascisti, che entrarono in Parlamento con ben 35 deputati: tra essi anche lo stesso
Terzo congresso nazionale fascista,
Mussolini. Per di più nel corso del tenutosi a Roma
nel novembre del 1921, veniva fondato il Partito nazionale fascista (Pnf).
2.Marcia su Roma e primi anni di governo
Il primo risultato delle elezioni del 1921, quindi, segnarono la crisi dello Stato
liberale, con il successo dei fascisti e la mancata coalizione con i suoi avversari.
L’intesa tardiva tra liberali e socialisti riformisti per un’alleanza
di governo finì per indebolire il Psi, diretto da Pietro Nenni,
poiché provocò la fuoriuscita dei riformisti, che andarono a
costituire il Partito socialista unitario, sotto la direzione di
Giacomo Matteotti. Intanto nel Paese di moltiplicavano le
azioni illegali e violente dei fascisti.
Il 26 ottobre 1922 Mussolini ordinò ai suoi seguaci di marciare su Roma per
impadronirsi del potere. Posto di fronte a questa prova di forza il presidente del
Consiglio Luigi Facta si preparò a resistere alle squadre fasciste; ma quando Facta
presentò al sovrano di firmare il decreto che proclamava lo stato d’assedio con
l’intervento dell’esercito, Vittorio Emanuele III si rifiutò di firmare. La via per Roma