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Filosofia Heidegger -Psicologia Freud-Storia Hitler e Charlie Chaplin, Letteratura Salvatore Quasimodo- Storia dell'Arte, Vincent Van Gogh- Matematica:La solitudine dei numeri primi, P. Giordano- Inglese, Oliver Twist
figura materna e paterna. Freud ipotizza che un errata comprensione dei
rispettivi ruoli assunti in questa fase sia all'origine dell'omosessualità e
della delinquenza.
La fase di latenza va dai 6 agli 11 anni: è caratterizzata da un assopimento
istintuale, l i
e pulsioni lipidiche vengono in parte rimosse in parte sublimate:
bambini se superano serenamente la fase fallica passano a questa fase con
la consapevolezza della diversità dei sessi e si concentrano
sull'apprendimento dei comportamenti sociali, trascurando
momentaneamente quelli di natura sessuale.
Freud ( ), scrive “L'epoca di latenza e’ un
aggiunta nel 1935 in Autobiografia-1924
fenomeno fisiologico”.La maturazione psicologica e fisica legata alla
puberta’ rappresenta il passaggio alla fase genitale, caratterizzata dalla
ricomparsa degli impulsi sessuali rimossi nella fase precedente.
In questa fase tutte le pulsioni precedenti (orale, anale, fallica) si uniscono,
ma non piu’ per soddisfacimento in autoerotismo come nella fase fallica o
come ricerca del piacere, bensì per la ricerca di un oggetto che conduce
lentamente alla sessualità adulta.
Secondo questa teoria se un individuo ha superato tutte le fasi sara’ in grado di
avere una vita psicosessuale equilibrata, nel caso contrario, se ci saranno stati
traumi e la persona si sara’ fissata ad uno stadio, saranno presenti disturbi e
difficoltà non solo nell'ambito sessuale ma anche affettivo, fisico, emotivo,
intellettivo e psichico.
L'espressione che uso di“non amore”, vuole indicare tutti i gradi di carente amore
parentale.
La carenza di amore produce la mancanza di amore per se stesso e di
fiducia primaria sotto diverse sfumature e la sventura di un insufficiente
amore parentale non può essere eliminata. Tuttavia la considero in stretta
connessione con l'esperienza di una carenza esistenziale propria
dell'essere umano, ovvero la mancanza di sicurezza in questo mondo.
Solo attraverso una giusta, o meglio direi sana rielaborazione, dei traumi e
carenze subiti l'essere umano può, eventualmente ricorrendo alla
psicoterapia laddove da solo non ne venisse a capo, liberarsi dalla
solitudine nel non amore. Il metodo della Maieutica usato da Socrate per i
suoi allievi, l'arte di “tirar fuori”pensieri assolutamente personali, era un
metodo paragonabile ai giorni nostri con la psicoterapia.
E a proposito di esistenza, l'esistenzialismo del filosofo tedesco Heidegger,
ci propone la sua teoria sull'essere, ed è una via che se sappiamo cogliere,
“essere per la
può aiutare l'individuo a concepire se stesso grazie all'
morte”; ovviamente per giungere alla consapevolezza della nostra finitezza.
Martin Heidegger, Messkirk, 26/09/1899- Messkirk26/09/1976
MARTIN HEIDEGGER
Il filosofo Heidegger, quando, nel 1927 pubblica la sua opera principale
“essere e tempo”, espone e si pone il problema dell'esistenza offrendoci,
attraverso il suo pensiero, le modalità di accesso per vivere una vita
autentica. Nell'opera, attraverso la sua riflessione intellettuale, la
fenomenologia assume una svolta ermeneutico-linguistica; noi siamo al
mondo sempre come interpreti e il linguaggio è la dimora dell'essere,
pensatori e poeti sono i guardiani di tale dimora.
La riflessione intellettuale di Heidegger si basa principalmente
sull'esistenza, l'uomo è “stretto” nel suo concetto di essere che ha
ereditato, e qui affronta la sua ricerca rinunciando però alla risposta
ontologica.
Il primo problema è ovviamente quello di determinare quale possa essere
l'ente che deve essere interrogato, allora la filosofia dovrà in primo luogo
essere un'analisi dell'esistenza, che sarà la strada preliminare da percorrere
per poi fondare l'ontologia, cioè la scoperta del senso dell'essere.
“Dasein”
L'esistenza è esser-ci cioè come poter-essere. in
L'uomo viene gettato nel mondo e si rivela come un essere nel mondo, “
der welt sein”, ovvero un essere per le cose e che si prende cura di esse.
L'essere nel mondo non è mai un soggetto puro perché non è mai uno
spettatore disinteressato delle cose e dei significati.
“Mit-sein”
Inoltre l'essere è un con-essere, cioè che ha cura degli altri e
l'Esserci si caratterizza come situazione emotiva e di comprensione.
L'essere con gli altri significa preoccuparsi per gli altri e ciò può avvenire in
modo autentico, aiutando l'altro a trovare la sua libertà.
L'esistenza inautentica, al contrario, è la continua ricerca del nuovo, l'uomo
basa la sua vita sul piano degli enti e dell'oggettività, la sua è un'esistenza
anonima, cadendo infine nella chiacchera e nella curiosità. Da qui la
deiezione: nel momento in cui siamo gettati veniamo automaticamente
consegnati alla mentalità del SI.
Questa sua “gettatezza” gli crea angoscia ma c'è libertà di operare, l'uomo
può scegliere, forgia e progetta la sua esistenza, quindi egli ha la possibilità
di vivere una vita autentica o inautentica.
L'essere autentico è determinato dall'aver cura degli altri, vivere una vita
autentica, cogliere l'essere in ciò che ha di più proprio senza oggettivarlo è
raggiungere l'autenticità, la vera definizione non è l'essere, ma assumendo
esplicitamente il proprio esser-ci per la morte, avendo quindi la
consapevolezza della propria finitezza. L' esistenza è quindi l'essere gettato
nel mondo.
Se l'Esserci autentico è un essere per la morte, quindi angosciato,
paradossalmente, questa condizione drammatica è liberante, poiché pone
l'Esserci davanti a se stesso e lo sottrae alle illusioni del suo essere
impersonale inautentico. Da-sein,
Ogni uomo vive una situazione particolare, il qui e ora; l'esser-ci, il
l'uomo quindi sceglie ogni situazione determinando la situazione futura e
dispiegando il passato; il senso è dato dalla capacità di scelta.
Proprio come viene descritta la caratteristica fondamentale
dell'oltreuomo in Nietzsche, ovvero essere capace di non
pensare più in termini di passato e futuro, di raggiungere
degli scopi o rispettare dei principi, ma di vivere il qui e ora
nell'attimo presente.
Esistenza, esserci, essere nel mondo, sono dunque sinonimi. Tutti e tre i
concetti, indicano che l'uomo e’ “situato” in maniera dinamica, cioè nel
modo del poter essere anche nella forma di progetto.
L'uomo è nel mondo sempre come ente che si rapporta alle proprie
possibilità, come progettante e incontra le cose inserendole in un progetto,
assumendole come strumenti. Strumento in questo senso, per esempio è la
luna che, illuminando un paesaggio, ci mette in uno stato d'animo
melanconico, e la contemplazione “disinteressata” della natura, inserisce
sempre quest'ultima in un contesto di riferimenti; ricordi, sentimenti o
analogie con l'uomo e le sue opere.
Il vivere inautentico ci separa e ci rimanda al concetto delle scienze sociali
che sottolinea l'importanza dell'entrata in un gruppo, e che
paradossalmente significa unirci agli altri, sotto il punto di vista di
Heidegger, diviene il vivere inautentico e ci separa poiché subentra il
conformismo, così come la chiacchera, la curiosità e l'equivoco che creano
angoscia e l'angoscia è il sentimento che ci mostra il nulla come
fondamento di ogni cosa.
Inoltre se la paura è invece sempre diretta a qualcosa, l'angoscia è
suscitata dall'essere nel mondo come tale e non è diretta a nulla.
Ma l'angoscia, secondo Heidegger, mostra l'Esserci per la morte perché è
possibilità di progettualità autentica ed è salutare, producendo l'effetto di
condurci al distacco delle cose che non hanno nulla da offrirci. L'esserci è
cura, ovvero sollecitudine e attenzione, ma anche timore e affanno.
Tuttavia l'analitica esistenziale non, ha esaurito la domanda sul senso
dell'essere ma ha mostrato una differenza ontologica tra l'Esserci e l'essere.
La cura è quindi soluzione per Heidegger; soluzione che io condivido e
affermo sia l'input necessario per iniziare a guarire dalla solitudine nel non
amore, poiché da soli, spesso è difficile uscirne se non si è abbastanza forti
psicologicamente.
Heidegger è inoltre affascinato dalla filosofia zen, e in “Fenomenologia e
Teologia” pone l'essere come uno spettatore del mondo. Evitando di
oggettivare ciò che ci circonda, sospendere il proprio sé per entrare in
intima comunione col mondo esterno, è un atteggiamento suggerito dai
monaci buddisti quando ci si accinge a dipingere con l'inchiostro soggetti
naturali.
Ho percepito che in natura l'Amore esiste. . .Baobab degli innamorati .
Anche il pennello del pittore post-impressionista olandese Vincent Van Gogh
a mio parere fluiva liberamente e spontaneamente, e, attraverso quella che
Freud ha definito sublimazione, è riuscito a manifestare, è il caso di dire, in
maniera sublime il proprio male interiore e la propria solitudine.
Vincent Van Gogh
Il disagio mentale, non vera e propria alienazione, comunque quel
malessere acuto e il profondo squilibrio che sfociavano in crisi, studiati in
retrospettiva dai medici per comprendere se si trattasse di epilessia o
schizofrenia, sono il nodo dolente della vita di Van Gogh e il nucleo centrale
della sua vicenda artistica.
La sua fragilità psichica lo portò ad essere una persona inquieta, turbata,
sofferente al punto di aggredire gli altri e se stesso, finendo tragicamente
Campo di grano,
suicida in un campo così simile al suo e a riversare tutti i
turbamenti, le allucinazioni, le angosce, nelle sue tele, poiché dipingere era
l'unico modo possibile per uscire dalla disperazione, per agire ed interagire
col mondo esterno, per riuscire a vivere. Vincent Van Gogh, nel corso della
sua vita, ha letteralmente combattuto nell'eterna lotta che Freud
definirebbe “l'eterno conflitto tra Eros e Thanatos”.
Vincent Van Gogh, La camera da letto di Arles 1888, olio su tela, cm 72X90 Van Gogh
Museum, Amsterdam.
Camera da letto dell'artista, Casa
Nel suo quadro dipinse la sua stanza della
gialla di Arles nel 1888, mentre attendeva Gauguin, sperando
d'impressionare favorevolmente l' amico per poter realizzare un centro di
una colonia d'artisti, fra i quali lo stesso Gauguin. L'intento era quello di
perfetto riposo,
comunicare un' impressione di grande semplicità, di perciò
rappresentò la propria stanza in un insolito stato di ordine, con pochi
oggetti, utilizzando colori puri ed armoniosi, con contorni molto marcati,
eppure ciò che comunica è una sensazione di angosciante e vana attesa, di
turbamento, inquietudine e solitudine.
Le due sedie nel quadro e il letto vuoto ricordano l'estrema solitudine di Van
Gogh e, per estensione, quella di tutti i malati di mente, della loro solitudine
fisica, dovuta all' isolamento in ospedale, nel reparto,nella camera, nel loro
letto, e non di meno di solitudine interiore, dovuto al turbinio dei pensieri
sconosciuti ai “sani”, che si agitano nelle menti alterate e sconvolte, che
non può essere lenita da nessuna carezza.
Sono due sedie vuote, poggianti su un pavimento le cui linee, insieme con
quelle del letto, sembrano correre all' indietro risucchiate verso il punto di
fuga; il letto, addossato alla parete, pare in attesa di qualcuno a cui non
porterà il sollievo desiderato, o che forse non verra' mai a confortare quel
corpo che ancora non vi è disteso ma di cui pure gia’ aleggia l'inquietante
presenza; in quella stanza angusta con una finestra dalle imposte chiuse,
non perfettamente, ma chiuse, altro elemento di desolazione, dalle quali
nulla trapela all' esterno e nulla filtra all' interno.
E' presente anche il giallo in questo quadro, il primo colore a sbocciare in
natura, gialle sono, infatti, le primule spontanee e le pratoline selvatiche, i
fiori che annunciano la primavera, giallo è il disco solare apportatore di vita,
ma il giallo è un colore sempre presente nei quadri di Van Gogh, quasi a
sottolineare la ricerca di quella luce interiore che invece si spegneva
accostando il blu, evocatore della notte, apportatrice delle paure inconsce
ed è subito sera,
ed anche della quiete, recita Quasimodo, la notte, la
morte, la voglia di pace per smettere di lottare, il ritorno alla tomba e
Thanatos ha avuto il sopravvento. Nonostante la presenza del colore