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Sintesi
Storia: il Fascismo (Giovanni Gentile e la riforma Gentile);

Arte: il fumetto di propaganda;

Latino : Quintiliano (l'Institutio Oratoria);

Inglese: George Orwell (1984).
Estratto del documento

“Il chiodo che sporge va preso a martellate” è un antico proverbio giapponese usato

soprattutto in riferimento al sistema scolastico. Ho scelto di trattare questo argomento

perché da diversi anni mi interesso della cultura di questo Paese, la cui lingua sarà

oggetto dei miei studi futuri. Avendo notato diversi punti in comune fra questo tema e gli

studi da me condotti durante l'ultimo anno scolastico, ho deciso di creare un confronto fra

questo aspetto della realtà giapponese e il mondo occidentale.

Indice:

1. Il sistema scolastico giapponese

2. Il fascismo, aspetti fondamentali

3. Quintiliano e l'Institutio oratoria

4. Giovanni Gentile, vita e opere

5. La riforma Gentile

6. Il fumetto di propaganda

7. George Orwell, life and works

8. “1984”

Il chiodo che sporge va preso a martellate

“Il chiodo che sporge va preso a martellate” è un principio ben radicato nella società giapponese. Chi

esce dai ranghi e sviluppa un pensiero indipendente da quello del “gruppo” viene immediatamente

punito e rimesso in riga.

In questo senso la scuola giapponese può essere definita una grossa “fabbrica” che produce cittadini

modello.

Il sistema scolastico giapponese non è molto diverso da quello italiano: comprende due anni di asilo

nido, sei anni di scuole elementari, tre anni di scuole medie inferiori e tre anni di scuole medie superiori,

più l'università. L'istruzione obbligatoria è comprensiva di scuole elementari e medie inferiori, ma la

quasi totalità dei giovani (95 %) ottiene il diploma di scuola superiore, e la metà di questi prosegue gli

studi. In Giappone infatti, chi riesce a laurearsi con ottimi risultati ha uno sbocco sicuro nel mondo del

lavoro. Questo spiega la forte pressione a cui sono posti i giapponesi fin da piccoli, e l'aspra

competizione che si viene a creare. Per entrare nelle scuole più prestigiose gli studenti devono

sottoporsi ad esami durissimi, per i quali sono costretti a studiare letteralmente senza sosta anche per

giorni interi. Questi esami riguardano esclusivamente gli istituti privati, in quanto l'accesso alle scuole

pubbliche è aperto, ma il livello è considerato più scarso e per questo i genitori fanno grandi sacrifici per

far studiare i loro figli negli istituti privati.

Il curriculum scolastico è di fondamentale importanza perché accompagna il giovane nel mondo del

lavoro ed è quasi sempre il nome della scuola superiore o dell'università frequentata a determinare

l'assunzione o il rifiuto da parte delle aziende. Difatti accade non di rado che un colloquio di lavoro

venga interrotto bruscamente nel momento in cui chi si occupa delle assunzioni legge il nome degli

istituti frequentati sul curriculum dell'aspirante lavoratore.

Il prestigio di una scuola è spesso determinato dalla severità delle sue regole, che possono variare da

istituto ad istituto e che arrivano ad imporre delle restrizioni anche su la lunghezza e il colore dei

capelli, o sul tempo libero degli studenti. Vi sono scuole che stabiliscono il colore dei calzini da

indossare, o il tipo di taglio di capelli dei ragazzi, fino ad arrivare alla larghezza dei pantaloni o alla

lunghezza delle gonne. Se una ragazza ha i capelli ricci invece che lisci o se un ragazzo non ha i

classici capelli corvini della maggioranza dei giapponesi, può capitare che siano costretti ad avere

sempre dietro un certificato che giustifichi questa loro “anormalità”.

Una caratteristica comune a tutte le scuole è l'obbligo

della divisa scolastica, diversa da istituto ad istituto ed

elemento di riconoscimento per gli studenti al di fuori della

scuola, che sono così facilmente identificabili. La divisa è

il simbolo più significativo del conformismo imposto agli

studenti giapponesi: tutti devono essere uguali,

nell'aspetto e nel comportamento. Questa può sembrare

una contraddizione se si pensa che fin da piccoli i

giapponesi vengono istigati ad essere i migliori e quindi,

apparentemente, ad emergere dalla massa; in realtà la

buona riuscita di un esame non viene concepita come

motivo di gioia e di orgoglio personale, ma come un

dovere che è stato portato a termine, in quanto eccellere

è ciò che la famiglia e la società si aspettano dallo

studente che dovrà diventare un futuro cittadino modello. Studenti giapponesi durante la Festa dello Sport :

anche per la ginnastica l'abbigliamento è stabilito

dalla scuola ed è uguale per tutti.

Ogni infrazione del regolamento scolastico diventa una macchia indelebile sul curriculum dello

studente. Nei casi più gravi, può pregiudicare tutto il suo futuro. Per chi non rispetta le regole sono

previste severe punizioni, anche corporali, e può capitare che gli insegnanti superino il limite: il caso-

scandalo di un professore che è andato a casa di una sua studentessa a consigliarle di suicidarsi con

un coltello da cucina per averla scoperta a fumare nei bagni della scuola ha tuttora una forte risonanza

nell'immaginario della popolazione giapponese. Questo accade perché la società ha un'immagine

precisa di come dovrebbe essere il giapponese modello e chiunque disturbi quest'armonia attraverso

atteggiamenti “ribelli” va rieducato. Non a caso uno dei momenti più difficili durante la carriera

scolastica di uno studente giapponese è la cerimonia d'ingresso che si svolge all'inizio dell'anno

scolastico: quando viene pronunciato il suo nome, lo studente è tenuto ad alzarsi, ad “emergere” dal

gruppo facendo focalizzare tutta l'attenzione su di sé, cosa a cui non è abituato e che gli crea quindi un

grande disagio.

Questo conformismo esasperato si riflette nel contenuto stesso di ciò che viene insegnato, che è

stabilito dal Ministero della Pubblica Istruzione e non lascia spazio alla scelta individuale. Tutti i testi

scolastici vengono pesantemente censurati, alterando la realtà oggettiva dei fatti: gli studenti

giapponesi non troveranno mai un testo scolastico che dia, ad esempio, una panoramica reale sulla

Seconda Guerra Mondiale e sulle atrocità compiute dall'esercito giapponese in Asia.

Alla luce di questi fatti, se da una parte il sistema scolastico giapponese viene considerato altamente

democratico perché prevede lo stesso tipo di insegnamento per tutti gli studenti, dall'altra è più

generalmente visto come un sistema para-fascista.

Italia e Giappone, in effetti, hanno sviluppato nel ventennio precedente la Seconda Guerra Mondiale

due sistemi scolastici che presentavano molti punti in comune fino alla seconda metà del XX secolo.

Nel 1926 in Giappone saliva al trono l'imperatore Hirohito dando inizio al periodo Showa, o “periodo di

pace illuminata”, durante il quale si affermò nel Paese un forte sentimento ultranazionalista che si

ramificò in tutti gli aspetti della società, scuola compresa. Nei libri di testo veniva esaltata la figura

dell'imperatore come divinità e serpeggiava un'ideologia di superiorità razziale.

Intorno allo stesso anno (1925-1926) in Italia inizia la fascistizzazione della società, cioè la

subordinazione di ogni aspetto della società al fascismo. Questo processo interessò anche la scuola

italiana, che in realtà già nel 1923 aveva subito – come la definì Mussolini stesso – “la più fascista delle

riforme” ad opera dell'allora Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile, da cui la riforma prese il

nome.

Prima di approfondire i caratteri principali della scuola fascista della Riforma Gentile è necessario avere

una panoramica del contesto socio-politico di quel periodo storico.

Il fascismo, aspetti fondamentali

Il fascismo fu un sistema politico nuovo nel panorama europeo e mondiale. Fu originariamente italiano,

anche se in tutto il continente europeo, dopo la crisi economica, si affermarono regimi autoritari che

presentavano analogie con l'ideologia fascista.

Questo sistema fu introdotto da Benito Mussolini negli anni venti, e divenne ufficialmente dittatura con il

discorso alla camera del 3 gennaio 1925, nel quale Mussolini annunciò la riforma dello Stato.

Lo Stato italiano fascista aveva come caratteristiche principali:

il fascismo come unica ideologia

• il Partito Nazionale Fascista come unico partito

• il duce a capo del PNF, a cui il popolo doveva obbedienza assoluta

• la fascistizzazione della società: subordinazione di ogni aspetto della società al fascismo. Per

• controllare le masse vennero aboliti il diritto allo sciopero, le libertà di stampa e d'associazione,

le elezioni amministrative; i mezzi di comunicazione come il cinema vennero utilizzati per

esaltare la figura del duce. Anche la scuola sarebbe dovuta servire a questo scopo, inculcando

ai giovani italiani l'ideologia fascista e insegnando loro a venerare la figura del duce.

Un altro punto focale del fascismo fu il cosiddetto “mito di Roma”, con il quale Mussolini giustificò la

politica espansionistica italiana, descrivendola come un tentativo di riportare la nazione agli antichi fasti

della Roma imperiale. La cultura classica fu infatti anche il punto centrale del sistema scolastico

edificato da Giovanni Gentile, e la scuola fascista cercò di assimilare la teoria latina sull'educazione

dell'adulescens così come aveva assimilato e sfruttato la storia imperiale di Roma.

Dell'educazione dell'adulescens romano ci parla esaurientemente Quintiliano nella sua Institutio

Oratoria.

Quintiliano, la vita e le opere

Marco Fabio Quintiliano nasce in Spagna intorno al 35 d.C. In gioventù si trasferì a Roma, dove

studiò la grammatica e in seguito tornò in Spagna, dove si dedicò probabilmente all’attività forense.

Fu richiamato a Roma nel 68 da Galba e cominciò la sua attività di maestro di retorica. La sua

attività ebbe grande successo tanto che nel 78 Vespasiano gli affidò la prima cattedra statale di

eloquenza. Continuò ad insegnare fino all'88 e fra i suoi allievi vi fu Plinio il Giovane e, forse,

anche Tacito. Nel 94 l'imperatore Domiziano gli affidò l'educazione di due pronipoti, assicurandogli

anche le insegne consolari. Morì intorno al 100 d. C.

Delle sue opere sono andati perduti il trattato De causis corruptae eloquentiae e l' Artis rhetoricae

(appunti che gli allievi di Quintiliano trassero dalle sue lezioni e pubblicarono contro la volontà del

maestro), mentre restano i 12 libri dell'Institutio oratoria, l'opera principale di Quintiliano, iniziata

forse nel 93, e pubblicata probabilmente poco prima della morte di Domiziano, nel 96. A Quintiliano

vengono anche attribuite due raccolte di Declamationes, ma gli studiosi contemporanei tendono

oggi a considerarle non quintilianee.

L'Institutio oratoria tratta il percorso che l'adulescens deve compiere per diventare un buon oratore.

Dopo aver studiato presso un litterator e un grammaticus, verso i diciassette anni lo studente

veniva affidato al rethor, presso il quale si esercitava a divenire un buon oratore. Quintiliano

afferma però che il buon oratore vada educato e orientato fin dalla nascita e dall'infanzia: ingloba

dunque nel suo trattato anche nozioni di pedagogia e di grammatica, che occupano gran parte del

I libro.

Solo nel II libro si comincia a trattare in modo specifico della scuola di retorica: a che età sia più

conveniente iniziare; qualità e compiti del precettore; metodi di insegnamento. Il libro III traccia una

piccola storia della retorica; i libri centrali affrontano questioni relative all'inventio, alla dispositio e

all'elocutio, le tre fasi necessarie alla costruzione di un discorso. Della memoria e dell'actio, le

ultime due parti della retorica, si tratta invece nel libro XI. Il libro X, il più noto dell'intera opera,

contiene un excursus sugli scrittori greci e latini più idonei a formare il gusto del futuro oratore. Il

libro XII, infine, delinea l'immagine del perfetto oratore.

Uno degli aspetti più originali dell'opera è l'interesse pedagogico: Quintiliano non è attento solo ai

contenuti della disciplina, ma anche al modo con cui essa può venire insegnata. L'apprendimento

va impostato in modo graduale; il gioco stimola l'intelligenza; il sistema delle punizioni corporali va

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