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Sintesi
Inglese: Percy Bysshe Shelley (Sulla medusa di Leonardo Da Vinci); la bellezza medusea; Thomas Stearns Eliot (Waste land, Hollow men, desertificazione dell'animo umano); Oscar Wilde (Salomè)

Italiano: Giuseppe Ungaretti

Arte: preraffaeliti e Rossetti

Filosofia: Friedrich Nietszche

Storia: l'orrore della Shoah
Estratto del documento

Introduzione

L‟idea di trattare dello sguardo della Medusa mi è venuta leggendo

“Lezioni Americane” di Italo Calvino, oltre al fatto che la mitologia

greca mi ha sempre affascinato. Nel primo capitolo del libro l‟autore

espone il concetto di leggerezza nella cultura e nella letteratura di

ogni tempo, partendo dalle scarpe alate di Perseo, contrapposte alla

pesantezza della pietra in cui sono tramutate le vittime della Medusa.

Non volendo parlare dell‟eroe, leggero e vincente, ho deciso di

approfondire invece la figura, spesso dimenticata, dell‟uomo

pietrificato, umiliato, immobilizzato che mi ricordava molto la

condizione dell‟uomo del „900 stravolto dagli orrori del suo secolo.

Ho provato, dunque, ad andare alle radici di questo sentimento e ho

ipotizzato che esso avesse avuto origine proprio nel fascino irresistibile

esercitato su Romantici e Decadenti, come Shelley e Wilde, dalla

figura della Medusa: essa è l‟emblema e la metafora della corruzione

fatale che incanta e poi rovina gli uomini. La Gorgone è infatti

pericolosa e ingannevole, una femme fatale, che si veste da Lilith, da

Salomé, o addirittura da Dioniso, solo per il gusto di illudere l‟uomo e

poi annientarlo.

È così che il XIX secolo, inebriato dagli ideali dionisiaci del guerriero e

della pieniezza del vivere, ipnotizzato dal ballo voluttuoso di Salomè, si

getta nel XX, il secolo dei messacri e degli orrori.

L‟incredibile carneficina che è stata la Prima Guerra Mondiale

rappresenta il momento della consapevolezza e della disillusione. Di

come l‟uomo si senta deluso e privo di forze alla fine della guerra ne

scrivono Remarque, Ungaretti ed Eliot. Quest‟ultimo inoltre sottolinea la

sensazione di un‟imminente catastrofe.

Sono infatti i delitti efferati della Seconda Guerra Mondiale, due fra

tutti, il genocidio degli ebrei e la distruzione di Hiroshima, che mostrano

all‟uomo il vero volto della Medusa. Ma presto l‟uomo realizza di

essere lui il vero autore di questi mali: è lui infatti la vera Medusa.

Giunto a questa sconvolgente verità, egli rimane definitivamente

pietrificato, freddo e duro come la pietra di una lapide. Non gli è più 2

dato vivere da vero uomo: anche la poesia, una delle sue facoltà più

alte e nobili, sembra essere negata per sempre “dopo Auschwitz”.

Ma dalla tomba dell‟Uomo si leva un sussurro, quello dei morti, che i

vivi, coloro che hanno visto, devono saper ascoltare. E sono proprio i

poeti e gli scrittori che hanno il compito di cogliere il significato di

queste deboli parole e trasmetterlo, come fosse il loro “piccolo

testamento”. Dunque grazie alla poesia l‟uomo, vittima della Medusa,

si erge finalmente come Monumento, in monito di ciò che è stato, e di

ciò che non deve più accadere, eterno, come la pietra. 3

Parte I

La bellezza fatale della

Medusa

“...Ma è più la grazia che l‟orrore a volgere

lo spirito di chi la fissa in pietra...”

P.B. Shelley 4

BELLEZZA MEDUSEA

Una delle figure che più hanno impressionato il romantico P.B. Shelley

è stata probabilmente quella della Medusa, antica creatura

mitologica che in sè riassume elementi e suggestioni (come la

drammaticità della sua maledizione e della sua fine, ma allo stesso

tempo la diabolicità del suo sguardo letale) che esercitarono un

fascino irresistibile sull‟animo sensibile del poeta e sulla sua penna.

Infatti proprio alla “Medusa” di Leonardo, oggi in realtà attribuita ad

un artista fiammingo poco noto, che egli vide agli Uffizzi nel 1819, è

dedicata una delle sue ultime poesie: “Sulla Medusa di Leonardo da

Vinci nella Galleria di Firenze”. I

Giace, fissando il cielo della mezzanotte,

supina su una vetta annuvolata;

sotto, lontane terre si intravedono;

l’orrore e la bellezza in lei sono divini.

Sulle sue palpebre e le labbra, sembra,

la grazia posa come un’ombra da cui splendono

livide e ardenti, sotto dibattendosi,

le agonie dell’angoscia e della morte. 5

II

Ma è più la grazia che l’orrore a volgere

lo spirito di chi la fissa in pietra,

là dove i tratti di quel volto morto

s’incidono, finché i caratteri diventano

il volto stesso, e il pensiero li perde;

la melodiosa tinta della bellezza, sparsa

attraverso il buio e il bagliore della pena,

umanizza e armonizza il tormento.

III

E dal suo capo spuntano, come da un corpo intero,

come [...] erba da una roccia bagnata,

chiome che sono vipere, e si torcono e fluiscono

e s’intrecciano in lunghi grovigli,

e con viluppi senza fine mostrano

uno splendore di metallo, quasi a irridere

la morte e la tortura dentro, e segano

con mille aspre mascelle l’aria solida.

IV

E, da una pietra accanto, un ramarro velenoso

scruta indolente in quegli occhi di Gorgone;

mentre nell’aria un pipistrello orrendo,

stordito e folle, svolazzando è uscito

dalla caverna aperta da questa odiosa luce,

e avanza, come una falena che s’affretta

dietro una torcia; e il cielo della notte

lampeggia, luce più terribile del buio.

V

È la tempestosa grazia del terrore;

ché dai serpenti luccica un bagliore di rame,

acceso da quel groppo inestricabile

che fa che un tremulo vapore d’aria

diventi un [...] e sempre mutevole specchio

di tutta la bellezza e il terrore –

il volto di una donna, con trecce di serpenti,

che nella morte fissa il Cielo da quelle umide rocce. 6

[Stanza aggiuntiva]

È il volto divino di una donna

con un respiro di bellezza eterna

che da una tempestosa vetta di montagna, fissa

supina nel [...] l’aria tremante della notte.

È un capo tronco, e sui suoi lineamenti

la morte ha incontrato la vita, ma nella morte c’è la vita,

il sangue è raggelato – ma la Natura invitta

sembra contender fino all’ultimo – senza un respiro

il frammento di una creatura increata.

Ciò che incanta Shelley è la sovrapposizione di sensazioni contrastanti,

di tinte che sfumano una nell‟altra, dal dolore al piacere, dalla grazia

alla tenebra, in una combinazione che genera un brivido nuovo,

unico. “Il suo orrore e la sua bellezza sono divini” scrive. La bellezza in

quegli occhi gorgonei infatti è sconvolgente e, al tempo stesso,

stupefacente, termine che in inglese si può tradurre con astonishing, la

cui radice è stone, pietra, quindi pietrificante. Shelley dunque incarna

perfettamente la figura dell‟osservatore tramutato in pietra nella

meraviglia della contemplazione di un‟opera d‟arte, di cui già John

Milton scriveva: Thou in our wonder and astonishment

Has built thy self a live-long Monument.

Then thou our fancy of her self bereaving,

Dost make us Marble with too much conceiving.

Ma in questo caso non è l‟opera d‟arte in sè a sconvolgere lo

spettatore, ma ciò che rappresenta: nel volto livido dell‟agonia,

avvolto da un groviglio di serpi, illuminato da una luce sinistra, il poeta,

come le rane e i pipistrelli nel quadro stesso, ammira pietrificato una

bellezza insidiata e contaminata. “E‟ la tenebrosa leggiadria del

terrore”, la Bellezza Medusea. 7

L‟ESTETICA DELL‟ORRIDO

Anche Goethe nel suo Faust ci propone un‟immagine molto simile a

quella di una medusa, una presenza che attira l‟attenzione del

giovane protagonista, ma di cui Mefistofele avverte l‟estrema

pericolosità: FAUST

Mefisto, la vedi laggiù

pallida e bella una giovane sola e lontana?

Si muove ma a stento, come ai piedi fosse impedita.

Devo dire che mi pare somigliare

alla mia cara Gretchen

MEFISTOFELE

Lascia, non ti curare! Non fa bene a nessuno.

È una figura magica, senza vita, un fantasma.

Incontrarla è sciagura.

Quel suo sguardo fisso ferma il sangue degli uomini

e quasi in pietra li tramuta.

Di Medusa hai sentito parlare.

FAUST:

Vero è, sono gli occhi di una morta

che una mano amorosa non ha chiusi.

È quello è il seno che Gretchen mi offrì,

è quello il dolce corpo che ho goduto.

MEFISTOFELE

Come ti lasci ingannare, sciocco! È magia:

e quella appare a ognuno come la donna amata.

FAUST

Che voluttà! E che strazio!

Da quella vista non riesco a dividermi.

Com’è strano che corra su quella bella gola

un nastro rosso unico sottile,

non più largo del filo di un coltello. 8

È appunto quella voluttà che si manifesta nello strazio, il fascino

dell‟orrendo, la testa decapitata della Medusa, che conquista e

possiede l‟uomo, che congela Faust davanti a quella visione, e

assieme a lui, Shelley davanti l‟opera di Leonardo. Le parole di Goethe

dunque sono come il manifesto di una nuova estetica, che esalta il

macabro, l‟orrido come fonti di diletto e di bellezza: sono la

confessione dell‟amore tenebroso che sarà proprio di romantici e

decadenti per tutto il secolo. Il fascino per la Medusa è quello che

Walter Pater chiama il “fascino della corruzione”, che inevitabilmente

finisce per confondersi con il gusto del pericolo, il compiacimento

nella tristezza e nella sofferenza.

Quindi l‟ode che Shelley dedica alla Gorgone non è altro che un inno

all‟emblema di una nuova, suprema bellezza, che, come commenta il

noto critico Mario Praz, “è bellezza maledetta”( Non a caso nel mito è

proprio la bellezza di Medusa la causa del suo triste fato).

Essa infatti facilmente si coniuga con l‟idea di pericolosità e letalità, in

una parentela che rivela il legame indissolubile tra Bellezza e Morte,

come quello tra due buone sorelle. Questa realtà, in un certo senso

sconcertante, ci è rivelata da due grandi scrittori dell„800, Victor Hugo

e Baudelaire. Il primo scrive nel 1871:

La Morte e la Bellezza sono due cose profonde

Piene di tanta ombra e tanto azzurro che le diresti

Due sorelle ugualmente terribili e foconde

Con lo stesso enigma e lo stesso segreto

Allo stesso modo Baudelaire dopo aver intitolato un suo sonetto “Les

Deux Bonnes Soeurs”, giunge a definire la bellezza come “sogno di

pietra”, tremendo, che come la Morte “offre orribili dolcezze e

godimenti”. Più avanti D‟Annunzio interpretando una sensibilità molto

vicina a quella di Baudelaire e Hugo scriverà inneggiando alla

genetrice d‟Atreo: 9

L'imagine in te ritrovai

della perigliosa Bellezza

che di sé m'accese e m'accende,

virginea nel rigore

del suo vestimento ordinato,

urna di tutti i mali,

profondità di dolore

e di colpa, remota

cagione di lutti infiniti,

funesto silenzio ove rugge

ebro di lussuria e di strage

l'umano mostro nudrito

d'inganni pel labirinto

dei tempi. L'aspetto sublime

dell'Ombra cui l'arte m'è fisa

in te raffiguro, Ippodàmia.

Questa “perigliosa bellezza” che incanta molti fra poeti e scrittori per

tutto l‟800 è una bellezza mostruosa, che in sè porta un‟implicita

promessa di morte, un sublime inganno. Dunque la Medusa si rivela, in

tutta la sua meschinità, come una delle prime donne fatali, capace di

stregare col suo sguardo maligno l‟uomo, che è ignaro, che è vittima. 10

LA DONNA FATALE

Tutta la letteratura e l‟arte romantica, sulla scia di questi “scopritori”

della bellezza medusea, fa continuo rifermento alla tipologia della

femme fatale, dal carattere corrotto, provocante che tinge un pò

tutte le eroine della tradizione. Esempio chiarificante di questa

tendenza può essere la figura de “La Belle Dame sans Merci” che

intitola una delle più celebri ballate di Keats (in cui la bella dama

abbandona il giovane cavaliere innamorato su un pendio ad

avvizzire) e, successivamente, molti dipinti preraffaeliti. Infatti, il tema

conosce una decisa evoluzione proprio durante il decadentismo:

l‟ambiente artistico della fin de siècle ottocentesca è percorso dalla

rappresentazione reiterata della donna come femme fatale, una

tematica non solo tra le più seducenti, ma corrispondente anche a un

cambiamento sociale: le consolidate certezze maschili iniziano a

cadere sotto i colpi dell‟incipiente richiesta di emancipazione

femminile.

Pioniere del genere fu il pittore e poeta Dante Gabriel Rossetti,

massimo esponente della corrente preraffaelita, che dedicò molti dei

suoi dipinti ed alcune sue poesie a soggetti di donne ammaliatrici,

dalle doti attrattive eccezionali. Una di queste è la figura biblica di

Lilith, per gli antichi ebrei la prima moglie di Adamo, donna dal

carattere forte e dominante, che viene ripudiata e cacciata dal

paradiso terrestre per essersi rifiutata di obbedire al marito; Lilith

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