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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Senza la musica, la vita sarebbe un errore
Autore: Liguori Maurizio
Descrizione: a parte matematica e fisica, con cui è impossibile (per quanto riguarda il programma dell'ultimo anno di liceo classico) stabilire un collegamente con la musica, la tesina comprende tutte le materie scelte per il mio esame orale (mancano quindi arte e g
Materie trattate: Greco, Latino, Filosofia, Italiano, Storia, Inglese
Area: umanistica
Sommario: Greco, Plutarco, De musica, le origini della musica Latino, Petronio, Satyricon, il simposio a Roma Filosofia, Nietzsche, Nascita della tragedia, la nascita della tragedia greca dalla musica Italiano, Gabriele d'Annunzio, Notturno, il rapporto con la musica nella sua intimità Storia, Wagner, la nascita di sentimenti nazionalisti Inglese, Modernismo e Stravinskij, il nuovo modo di concepire l'arte
MAURIZIO LIGUORI
“Senza la musica, la vita sarebbe un
errore” (F. Nietzsche)
Liceo Classico G. Perrotta Termoli (CB)
Anno scolastico 2008/2009
GRECO
“I greci antichi avevano un concetto di musica più ampio del nostro: il termine ‘mousikè’, connesso
alle Muse, non indicava solo l’arte dei suoni, ma comprendeva tutte le attività collegate alle Muse,
come la drammaturgia, la poesia, la danza […]”
La musica moderna occidentale affonda le sue radici direttamente nella musica greca antica: le
notizie che abbiamo a riguardo sono quelle tramandateci da Plutarco, che oltre alle più famose
biografie delle “Vite parallele”, affronta l’argomento nel "De musica", in cui tratta l'argomento
sotto l'aspetto dell'informazione storica e del significato culturale di quest'arte nella Grecia antica.
Questa impostazione distingue il trattato plutarcheo da altri scritti sulla musica pervenutici
dall'antichità, per lo più limitati a problemi tecnici o teorici. Se pensiamo che della produzione
della musica greca antica, che pure fu vastissima, non ci è rimasto quasi nulla, la testimonianza di
questo breve trattato di Plutarco diventa la nostra unica fonte su questo argomento. La civiltà
greca ha assorbito dalle più antiche culture mediorientali, soprattutto egizia, assiro-babilonese ed
ebraica, alcuni principi fondamentali, rielaborati filosoficamente, che vogliono la musica alla base
delle più importanti teorie cosmogoniche e metafisiche. Afferma da subito che i greci antichi
avevano un concetto di musica più ampio di quello a cui si faceva riferimento nel suo tempo: il
termine 'mousiké', connesso alle Muse, non indicava solo l'arte dei suoni, ma comprendeva tutte
le attività collegate alle Muse, come la poesia, la drammaturgia, l'arte, la danza, l'astronomia. I
poeti lirici, come Saffo e Pindaro, i drammaturghi, come Eschilo, Sofocle ed Euripide, erano anche i
compositori delle musiche che accompagnavano i canti e i coreografi delle danze che venivano
eseguite durante le rappresentazioni sceniche. La cultura greca antica attribuiva alla musica un
significato profondo, legato a concezioni religiose, etico-psicologiche e filosofiche. La musica era
molto usata nella vita dei greci: durante le feste pubbliche venivano eseguite composizioni corali
che avevano nomi specifici: l'imeneo era il canto di nozze, l'inno era il canto in onore degli dei o di
uomini eccellenti, il ditirambo era un canto dionisiaco. “Il grande Omero – egli afferma – ci ha
insegnato che la musica è utile all'uomo. Volendo mostrarci che in effetti serve in numerosissime
circostanze, ci ha presentato Achille che calma la sua collera contro Agamennone per mezzo della
musica insegnatagli dal savio Chirone… - più avanti ci indica anche le circostanze più appropriate
per la pratica della musica, avendo scoperto che essa è l'esercizio più idoneo, sia per la sua
intrinseca utilità che per il piacere che procura, allo stato d'inattività”. La musica ha quindi un
potere particolare sull'animo, e anzi può addirittura ricostruire l'armonia turbata del nostro animo:
e qui nasce uno dei concetti più importanti dell'estetica musicale, il concetto di catarsi, che induce
alla meditazione, alla riflessione e che libera dalle cure quotidiane. Nel “De Musica”, Plutarco
affermava che il musicista per essere veramente tale doveva conoscere oltre che le tecniche della
composizione e dell'armonia anche tutte le altre discipline scientifico-sperimentali, matematiche,
filosofiche, perché “l'armonista, cioè il musicista che conosce solo la sua disciplina è un uomo
limitato”. La ricerca musicale, quindi, doveva essere estesa in ogni campo e sintetizzata in uno
stato d'animo lirico che canta la gioia per la ricerca completa della verità. Di conseguenza la
musica è ricerca della verità, e la verità è musica. La cultura greca elabora rigidi schemi di pratica
musicale che vengono disciplinati da leggi dello Stato, per la profonda influenza che si ritiene
possano avere nella società. La musica diventa così oggetto di educazione sistematica non per il
suo valore intrinseco, che oggi definiremmo estetico, ma per il suo valore strumentale in funzione
di fini etici. Musica e poesia costituiscono molto spesso un'unica attività; gli antichi aedi, erano
quasi sempre raffigurati ciechi, quasi che una diminuzione del peso dei sensi, gli consentisse una
più alta forma di contemplazione della verità. LATINO
“[…] mentre parlava così, accompagnava la sua voce tanta seduzione, accarezzava l’aria vibrante un
suono così dolce, che avresti pensato di sentir cantare nel vento il coro delle Sirene”
Occasione di divertimento tramite la musica in Grecia era anche il simposio: lo scrittore latino
Petronio riprende questo motivo distorcendolo completamente , evidenziando nel “Satyricon”
come a Roma chi la facesse da padrone fosse una rozzezza senza eguali. Petronio è una figura
emblematica avvolta nel mistero: adesso si accetta però che sia vissuto sotto l’età neroniana e che
abbia lavorato presso la corte dell’imperatore per la sua grande raffinatezza. Si attribuisce a lui il
SATYRICON, e da cui si prendono proprio gli elementi che fanno intuire la sua vita in quegli anni: il
gusto per la vita dei bassifondi (che Nerone in incognito frequentava) e la presenza della Presa di
Troia per omaggiare il poema sulla guerra di Troia di Nerone.
SATYRICON: sono pervenuti solo i libri dal 14 al 16 e intero solo il 15, che coincide con la
cena al simposio di Trimalcione. Il narratore è interno e coincide con il protagonista, quindi
non con l’autore: è Encolpio, un giovane che discute con il maestro di retorica
Agamennone sulla problematica della decadenza dell’oratoria. Durante le sue avventure,
Encolpio viaggia anche con Ascilto e Gìtone, tra cui c’è un triangolo amoroso: si troveranno
subito invischiati in riti in onore del dio Prìapo (che simboleggia il sesso maschile; ruolo
importante nelle storie narrate da Encolpio) ad opera della matrona Quartilla. Quando
riescono a fuggire dalla matrona, i tre partecipano al banchetto organizzato dal ricco
liberto Trimalcione, caratterizzato dalla sconvolgente rozzezza: anche in questo caso
riescono a fuggire per un evento fortuito. Il triangolo amoroso però adesso si viene a
rompere perché Encolpio e Ascilto hanno un litigio, e questi se ne va portando con sé
Gìtone. Quindi Encolpio incontra in una pinacoteca il poeta anziano Eumolpo, che fa
sfoggio delle sue doti poetiche recitando la Presa di Troia, che però non trova accoglienza
positiva. Da qui in poi il poeta vagabondo entrerà a far parte dei racconti, accompagnando
sempre Encolpio e, una volta ritrovato Gìtone, diventando suo rivale amoroso. I tre si
imbarcano su una nave mercantile il cui padrone Lica, già in viaggio, si rivela essere nemico
di Encolpio: si vuole vendicare a tutti i costi per una qualche precedente avventura ma
l’intervento di una tempesta salva nuovamente i protagonisti, spazzando in mare Lica e
facendo affondare la nave. I tre personaggi si ritrovano da soli sulla riva di Crotone, dove è
in atto la caccia all’eredità: qui Eumolpo progetta di impersonare un vecchio facoltoso e d
far recitare ai suoi due compagni la parte dei suoi schiavi. Encolpio ha un’avventura con
una donna di nome Circe, ma lo abbandonano le sue facoltà sessuali perché perseguitato
dal dio Prìapo: si sottomette quindi a pratiche magiche per poi riottenere di colpo la sua
virilità. Intanto i crotoniani stanno per scoprire il raggiro di Eumolpo, che progetta ancora
un espediente: per ottenere la sua eredità, bisognerà cibarsi del suo cadavere. Nonostante
questo, i cacciatori di testamenti sono pronti farsi cannibali. Proprio qui si interrompono i
frammenti di testo pervenuti.
Il Satyricon non rientra nel genere del romanzo, e anzi sembra proprio prendere in giro il romanzo
greco: se proprio in questo l’amore è preso in modo serio e la ragazza che era allontanata
dall’amato fino a fine storia preservava la sua castità, adesso il sesso è presente sempre in modo
esplicito ed è motivo di comicità; anche l’amore omosessuale che impregna l’opera di Petronio
muove le distanze da quello che era l’amore romantico di una coppia ragazzo-ragazza del romanzo
greco. In poche parole il Satyricon è l’antiromanzo greco: si colloca infatti tra le fabulae milesiae,
ovvero tra quella letteratura caratterizzata da comicità e amoralità iniziata da Aristìde nel I secolo
a.C. (Milesiakà). Un esempio di fabula milesia all’interno del Satyricon è quello del racconto della
Matrona di Efeso, della vedova inconsolabile che cede alle voglie di un soldato e che pur di
proteggerlo crocefigge la salma del marito. Con questa Petronio vuole dire fondamentalmente una
cosa: che gli uomini sono degli sciocchi e le donne sono pronte a cedere, senza quindi nessuna
idealizzazione della realtà. Oltre alla complessità della struttura dell’opera, con le varie fabulae che
si vanno ad intrecciare (per questo ritroviamo dei personaggi citati ad inizio racconto che poi si
eclissano), c’è anche un certa complessità della forma: si vanno ad alternare frequentemente versi
in prosa e versi poetici, questi ultimi affidati in massima parte ad Eumolpo. Per questo al Satyricon
è stata fatto rientrare come genere anche nella satira menippea, di cui l’esempio temporalmente
più vicino era stato riscontrato in Seneca con l’Apokolokyntosis, ma le differenze sostanziali erano
la lunghezza dell’opera e il fatto che Seneca s’era scagliato contro un personaggio defunto ben
preciso (Claudio). FILOSOFIA
“[…] voi che credete nella musica dionisiaca, sapete anche che cosa significa noi la tragedia: in essa
abbiamo rinato, dalla musica, il mito tragico – e in questo potete dimenticare ciò che è più doloroso!”
Altra fonte di musica derivata dalla cultura greca è senz’altro rappresentata dallo studio filologico
effettuato dal filosofo tedesco Nietzsche e approfondito nella sua opera “Nascita della tragedia”,
in cui distingue i caratteri apollinei (razionali) e dionisiaci (irrazionali). Con questa coppia di
opposti, che si concretizza in altre sottocoppie di opposti come luce-oscurità, forma-caos, serenità-
inquietitudine, il filosofo tedesco intende innanzitutto i due impulsi di base dello spirito e dell’arte
greca. L’apollineo, che scaturisce da un impulso alla forma, si esprime nelle forme limpide e
armoniche della scultura e della poesia epica; il dionisiaco, che scaturisce dagli impulsi istintivi
quali le funzioni vitali, si esprime nell’esaltazione creatrice della musica. Quando Dioniso vive è
Apollo a dormire, viceversa quando Apollo si rappresenta ed è in superficie, Dioniso è
"sotterraneo": il dionisiaco è un continuo ciclo "vita-morte-vita", attraverso il quale tutte le arti
sono state create e si sono modificate. Nietzsche quindi identifica il periodo della tragedia attica
(la tragedia di Sofocle ed Eschilo) come il periodo in cui apollineo e dionisiaco erano armonizzati
tra loro, e la grande tragedia manifesta un perfetto accoppiamento fra apollineo e dionisiaco (che
è la vera anima della tragedia). Questo periodo è però soppiantato dal seguente teatro di Euripide,
in cui la sintesi tra apollineo e dionisiaco è soffocata dal prevalere dell’apollineo. Però Nietzsche
attribuisce la colpa sostanzialmente a Socrate e a al Cristianesimo. Accusa Socrate perché secondo
questi l’uomo si identifica con l’apollineo, ed in questo modo l’anima della tragedia viene
annullata completamente perché l’uomo non si trova più di fronte alla scelta “apollineo-
dionisiaco”: questa idea socratica è anche alla base del pensiero occidentale, che condanna
l’irrazionalità in favore della razionalità. Altro colpevole della morte della tragedia è quindi il
Cristianesimo, che ha contribuito a formare una società in cui l’istintività non riesce a trovare
spazio. Sebbene Nietzsche mostri simpatia verso la figura di Cristo, considerandolo un “santo