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Introduzione Scelta, tesina
Giunta al termine degli studi e dovendo scegliere un argomento che fungesse da filo conduttore tra le diverse discipline previste dal mio piano di studio, ho preferito a tante altre tematiche della mia tesina di maturità il concetto di "scelta". Ho deciso di sviluppare questo argomento nella mia tesina perché ho sperimentato personalmente che nel corso della vita ciascuno di noi prima o poi dovrà fare delle scelte, di cui alcune portatrici di radicali cambiamenti nelle nostre abitudini, comportamenti e nei nostri rapporti con gli altri. Purtroppo molti individui non hanno il coraggio di fare una scelta netta, per cui vivono nella zona grigia e scialba del compromesso, non dando così il loro contributo alla costruzione di una società e di un mondo migliore. Per dovere di obiettività bisogna anche affermare che non sempre gli uomini sono messi nelle condizioni ottimali per fare una scelta libera e non condizionata da fattori contingenti e contrastanti con la loro volontà. Spesso, ci si illude di adottare le proprie scelte in assoluta libertà perché quasi sempre le nostre scelte sono influenzate, con una percentuale ovviamente diversa da persona a persona, dalla famiglia, dallo status sociale, dagli amici, dall'ambiente lavorativo, dalla scuola e tanti altri fattori. Per me è importante che la scelta sia consapevole, cioè presa dopo aver coscientemente valutato i vantaggi e gli svantaggi, i pericoli, le conseguenze sul nostro futuro. Per questo tra coloro che nel corso della vita fanno delle scelte coraggiose, rivoluzionarie, seppure a volte discutibili e coloro che si rifugiano nel mondo passivo del "veder vivere", la mia totale ammirazione va ai primi, perché non sprecano il prezioso dono della vita. Non a caso Dante mostra il disprezzo più grande non per i grandi peccatori, ma per gli ignavi, facendo dire a Virgilio: "Non ragioniam di loro, ma guarda e passa". Per questo motivo nella mia tesina ho deciso di affrontare il tema della scelta nelle diverse discipline cercando di mettere in evidenza l'importanza della decisione dei singoli individui, soprattutto quando essa è coraggiosa e in controtendenza, perché può portare ad importanti risultati e conseguenze per la società: - in Storia la scelta del re Vittorio Emanuele III di favorire l'ascesa al potere di Mussolini; - in Italiano Eugenio Montale che preferì trattare temi di valore universale, piuttosto che soffermarsi su problematiche della sua epoca; - in Diritto il Bilancio come risultato delle scelte operate dallo Stato; - in Tecnica Professionale dei Servizi Commerciali, il marketing come insieme delle scelte delle strategie attuate da un'azienda per il raggiungimento degli obiettivi prefissati; - in Inglese e Francese alcuni aspetti connessi alle strategie di marketing; - in Matematica la scelta del metodo di calcolo di un limite.
Collegamenti
Scelta, tesina
Storia:
L'avvento del fascismo
.Italiano :
Eugenio Montale
.Diritto :
Il bilancio dello Stato
.Francese :
Le marketing direct
.Inglese :
Introduction to marketing
.Economia aziendale :
Il marketing
.Matematica:
Limiti
.STORIA
La scelta del re Vittorio Emanuele III e l'avvento del
fascismo
Quando Mussolini nell'ottobre del 1922 prese la decisione di attuare la
marcia su Roma per conquistare il potere con la forza, il re Vittorio
Emanuele III non volle firmare lo stato d'assedio, preparato dal primo
ministro Facta per fermare con l'intervento delle forze dell'ordine l'arrivo
degli squadristi. Si trattò di una decisione molto densa di conseguenze,
perché rappresentò l'inizio del famoso ventennio fascista, che tanti danni
materiali e morali causò al popolo italiano. Per inquadrare questa
decisione in quel particolare clima storico bisogna risalire alla situazione
dell'Italia, venutasi a creare dopo la conclusione della prima guerra
mondiale. Il ritorno alla pace fu reso più difficile da numerosi problemi:
uno di questi era il diffuso malcontento per l'esito dei trattati di pace che,
contrariamente agli accordi sanciti dal patto di Londra del 1915, non
avevano portato all'Italia alcuni territori come la Dalmazia e la città di
Fiume, per la decisa e ferma opposizione del presidente americano
Wilson, tenace assertore del principio dell'autodeterminazione dei
popoli. Questa risoluzione aveva alimentato la convinzione che l'Italia
aveva subito " una vittoria mutilata". A questo malcontento si deve
aggiungere la difficile situazione economica che aggravava l'inflazione e
la disoccupazione , per cui i reduci della guerra non avevano ottenuto il
posto di lavoro promesso. Questa crisi determinò frequenti
manifestazioni e occupazioni di fabbriche da parte degli operai, nel
biennio tra il 1919-1920, definito perciò "Biennio Rosso". La classe
borghese temeva che queste proteste potessero sfociare in una
rivoluzione simile a quella avvenuta in Russia nel 1917, che aveva
portato il comunismo al potere. In questa fase di incertezza politica
nacque a Milano, nel 1919, il movimento fascista che si caratterizzava
per l'assenza di un'ideologia chiara e coerente e per la straordinaria
violenza con cui gli squadristi attaccavano gli operai che scioperavano
distruggendo le sedi dei sindacati , dei partiti e dei giornali di sinistra.
Queste loro azioni non vennero subito bloccate, ma in un certo senso
tollerate dallo Stato e dalla borghesia che guardavano con sospetto i
successi e gli scioperi della classe operaia , per ottenere maggiori diritti
e miglioramenti salariali. Il re Vittorio Emanuele III forse era consapevole
della spinta eversiva del fascismo e dei suoi obiettivi finali, ma non
vedeva una strada praticabile per riportare "l'ordine" nel paese e ridare
fiducia alla classe borghese. Approfittando di questa debolezza del re
nell'ottobre del 1922 Mussolini organizzò la storica Marcia su Roma,
attuata da gruppi squadristici decisi a travolgere le istituzioni
democratiche e ad occupare il Parlamento stesso con la forza e la
violenza. Il primo ministro preparò lo "stato d'assedio" per fermare e
respingere i partecipanti alla marcia su Roma voluta da Mussolini
ricorrendo anche all'impiego dell'esercito ma quando si recò dal re al
Quirinale, il monarca rifiutò di controfirmarlo motivando la sua scelta
con queste parole : " Queste decisioni spettano soltanto a me . Dopo lo
stato d'assedio non c'è che la guerra civile. Ora qualcuno si deve
sacrificare". Facta capì la debolezza e la paura del re e non potendo
mantenere più a lungo l'incarico di primo ministro si dimise
immediatamente. La scelta del re di non controfirmare il documento
dello stato d'assedio è di particolare gravità perché ha determinato una
svolta epocale nella storia dell'Italia. Da quel rifiuto scaturì, come logica
conseguenza, l'incarico allo stesso Mussolini di formare il nuovo
governo. Anche i partiti liberali si trovarono davanti al bivio di dare o
meno la fiducia al governo proposto da Mussolini, che non aveva una
sua maggioranza su cui fare affidamento. Questi partiti decisero di dare
la fiducia a Mussolini nella errata convinzione che lo avrebbero
spodestato dopo alcuni anni, durante i quali sarebbe riuscito a mettere
un po' di ordine in Italia, colpendo duramente gli esponenti della Sinistra
e i sindacati ritenuti responsabili degli scioperi, delle occupazioni delle
fabbriche e dei disordini sociali. Su questa storica scelta del re vittorio
Emanuele III molti hanno espresso critiche e riserve, perché sarebbe
stato più responsabile firmare il documento dello stato d'assedio e
autorizzare l'intervento delle forze dell'ordine, contro le squadracce
fasciste decise a sovvertire l'ordine democratico. In questa scelta era
implicita la decadenza dello stato democratico, perché consentiva
l'aperta violazione delle leggi, l'occupazione del potere attraverso la
forza e quindi la vittoria della prepotenza sul diritto e la legalità. Infatti
dopo qualche anno di governo Mussolini allo scopo di rafforzare la
presenza in Parlamento di deputati del PNF (Partito Nazionale Fascista),
fece approvare dal parlamento la famosa riforma elettorale Acerbo, che
prende il nome dal suo promotore. Praticamente questa riforma
assicurava al fascismo un pieno e massiccio successo elettorale, che
avrebbe consentito al capo del governo di attuare programmi senza
essere ostacolato dall'opposizione. Nelle elezioni politiche svoltesi nel
giugno del 1924, in un clima di forti intimidazioni e di violente pressioni
sugli elettori da parte degli squadristi, il "listone" del duce ottenne una
schiacciante maggioranza. Quando si riunì per la prima volta il nuovo
Parlamento il capo dell'opposizione socialista, Giacomo Matteotti, prese
la parola per denunciare apertamente tutti i brogli elettorali e le violenze
dei fascisti sugli elettori, chiedendo conseguentemente l'annullamento di
quelle elezioni, perché erano chiaramente illegittime. A questo discorso
così acceso e coraggioso Mussolini avrebbe reagito ordinando ai suoi
squadristi di dare una "lezione " a questo onorevole "temerario", che
aveva osato attaccarlo così violentemente. Dopo pochi giorni G.Matteotti
diventò irreperibile e fu ritrovato cadavere dopo alcuni mesi suscitando
scalpore e preoccupazione nella pubblica opinione. Tutto ciò rischiava di
mettere in pericolo lo stesso Mussolini, il quale non sapeva se scaricare
la responsabilità di quell'assassinio sugli squadristi o assumersela
apertamente. Nello storico discorso del 3 gennaio 1925 Mussolini scelse
la seconda ipotesi, dichiarando cioè di aver autorizzato l'uccisione di
Matteotti e minacciando cosi implicitamente analoga sorte a tutti coloro
che avrebbero osato accusare il fascismo di illegalità e di ingiustizia.
Ascoltando questo discorso che offendeva la dignità del Parlamento, i
deputati dell'opposizione fecero la scelta di abbandonare l'aula
parlamentare, rifugiandosi come si suole dire sull'Aventino, il colle di
Roma in cui si ritirarono i plebei per manifestare il loro disaccordo nei
confronti dei patrizi.Questa scelta dell'opposizione è stata oggetto di
diverse e contrastanti valutazioni, perché secondo alcuni fu giusta, in
quanto era necessario esprimere una ferma protesta contro il regime
fascista , nella speranza che il re avrebbe ritirato la fiducia a Mussolini .
Secondo altri storici fu una scelta sbagliata, perché consentì a Mussolini
di spadroneggiare nel Parlamento senza incontrare la benché minima
resistenza. Insomma i deputati avrebbero dovuto valutare che Mussolini
era deciso a conservare il potere e che il re era troppo debole per
assumere una drastica decisione di espellerlo dal suo incarico, per cui
sarebbe stato più saggio e utile all'Italia restare nel Parlamento almeno
per creare qualche ostacolo al regime fascista in modo da "salvare il
salvabile". ITALIANO
Eugenio Montale
Eugenio Montale fu uno dei pochi intellettuali ad opporsi apertamente al
regime fascista. Infatti nel 1925 firmò il "Manifesto degli Intellettuali
antifascisti ", redatto da Benedetto Croce. Il poeta degli "Ossi di seppia"
pagò di persona questa decisione, sia perché fu allontanato dalla
direzione del prestigioso " gabinetto scientifico- letterario Viesseux" , sia
perché subì in seguito molte limitazioni nella sua attività di intellettuale.
Montale era cosciente che il suo successivo rifiuto di iscriversi al Pnf
avrebbe avuto effetti molto negativi sulla sua vita, innanzitutto perché
avrebbe perso la sua indipendenza economica e anche perché non
avrebbe potuto svolgere più con la stessa libertà la sua partecipazione
alla vita culturale di quel periodo. Molti critici hanno evidenziato
l'incoerenza di Eugenio Montale in particolare e degli ermetici in
generale, perché nei loro componimenti non avevano mai denunciato
apertamente le ingiustizie, le sopraffazioni e le crudeltà del regime
fascista. Insomma Montale avrebbe evitato di esporsi pubblicamente
contro Mussolini per salvaguardare comunque la propria incolumità
fisica e il proprio benessere. Questa accusa di aver indirettamente e
tacitamente appoggiato il fascismo è chiaramente infondata perché
Montale dichiarò apertamente di voler " cantare" nei suoi versi i problemi
esistenziali dell'uomo in generale , quei valori universali che sono la
base di ogni convivenza umana , di ogni tempo e di ogni luogo. In altri
termini per Montale era troppo riduttivo per un poeta limitarsi a parlare di
problemi contingenti, perché prima o poi sarebbero stati superati,
rendendo così effimera la sua produzione poetica. Infatti Montale
espose liricamente nelle sue raccolte poetiche una visione amara e
desolata della vita dominata dalla consapevolezza del tramonto di ogni
certezza metafisica. Insomma per lui la vita umana è una pura casualità
"gettata in un universo senza Dio". Per Montale vivere significa " andare
lungo una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia" , cioè è
come camminare lungo un muro invalicabile che ci impedisce di vedere
cosa c'è oltre. Questa muraglia metaforicamente rappresenta quella
barriera che impedisce all'uomo di capire lo scopo ultimo della vita e di
scoprire le verità più profonde. Da questa consapevolezza di vivere in un
mondo di apparenze e di finzioni deriva "il male di vivere" cioè
quell'angoscia esistenziale che affligge l'uomo contemporaneo che si
sente come un naufrago nell'oceano della vita. Per lui l'unica possibilità
di salvezza è rappresentata dalla &q