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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: La scelta
Autore: Giuseppe Di nardo
Descrizione: la tematica che affronterò in questo percorso formativo ha come obiettivo quello di far luce su un aspetto fondamentale che da sempre ha caratterizzato la vita dell'uomo: la scelta. prendendo in esame le varie discipline per affrontare questo tema, ho
Materie trattate: italiano, storia, vivaismo, strutture vivaistiche, biologia, zootecnia, chimica, estimo, matematica
Area: tecnologica
Sommario: Nel Novecento la narrativa realistica assume nuovi caratteri in relazione al mutato clima culturale, politico e sociale. L'attenzione degli scrittori si rivolge alla crisi dell'uomo che viene analizzata in tutte le sue componenti e messa in rapporto con il contesto sociale che la determina. Con il romanzo d'analisi l'attenzione dello scrittore si sposta dall'esterno all'interno del personaggio. Al centro della narrazione non sta più il rapporto tra il personaggio e l'ambiente, ma lo scavo interiore che mette a nudo tutte le sfaccettature del sentimento e finanche le pulsioni dell'inconscio. La nascita della moderna narrativa d'analisi va ricondotta a una serie di importanti trasformazioni che all'inizio del secolo hanno investito l'economia, la società , il pensiero scientifico e filosofico e hanno influenzato la posizione dell'uomo di cultura e il suo rapporto con la realtà . L'aumento vertiginoso della produzione economica comporta infatti la ricerca di nuovi territori in cui esportare le merci e dai quali trarre le materie prime. Contemporaneamente si va diffondendo una mentalità ispirata alla ricerca dell'utile personale, all'egoismo e al rifiuto di qualsiasi sentimento autentico e disinteressato, in particolare di quei valori (libertà , solidarietà , uguaglianza) che avevano guidato la borghesia del primo Ottocento. L'intellettuale non si sente più integrato in questa società , anzi ne rifiuta la logica dell'utile, il falso perbenismo, l'ipocrisia. A sua volta la società lo respinge perché lo ritiene inutile. Ecco allora nascere la figura dell'inetto, incapace di integrarsi nella società borghese, ma al tempo stesso dotato di un'acuta capacità di penetrazione che gli consente di intuire le contraddizioni e i mali che si annidano sotto le sane apparenze borghesi. L'organizzazione temporale dei fatti è sostituita ora da un tempo psicologico e soggettivo, il tempo simultaneo, fluttuante, associativo della coscienza. Venendo meno la fondamentale fiducia nei valori della realtà , anche le strutture della narrazione ne sono direttamente coinvolte, dando vita alle due tecniche più innovative del romanzo novecentesco: il monologo interiore e lo stream of consciousness.
La scrittura romanzesca dinanzi alla crisi dell’uomo moderno
Nel Novecento la narrativa realistica assume nuovi caratteri in relazione al mutato clima culturale, politico e
sociale. L’attenzione degli scrittori si rivolge alla crisi dell’uomo che viene analizzata in tutte le sue componenti e
messa in rapporto con il contesto sociale che la determina. Con il romanzo d’analisi l’attenzione dello scrittore si
sposta dall’esterno all’interno del personaggio. Al centro della narrazione non sta più il rapporto tra il
personaggio e l’ambiente, ma lo scavo interiore che mette a nudo tutte le sfaccettature del sentimento e
finanche le pulsioni dell’inconscio. La nascita della moderna narrativa d’analisi va ricondotta a una serie di
importanti trasformazioni che all’inizio del secolo hanno investito l’economia, la società, il pensiero scientifico e
filosofico e hanno influenzato la posizione dell’uomo di cultura e il suo rapporto con la realtà. L’aumento
vertiginoso della produzione economica comporta infatti la ricerca di nuovi territori in cui esportare le merci e
dai quali trarre le materie prime. Contemporaneamente si va diffondendo una mentalità ispirata alla ricerca
dell’utile personale, all’egoismo e al rifiuto di qualsiasi sentimento autentico e disinteressato, in particolare di
quei valori (libertà, solidarietà, uguaglianza) che avevano guidato la borghesia del primo Ottocento.
L’intellettuale non si sente più integrato in questa società, anzi ne rifiuta la logica dell’utile, il falso perbenismo,
l’ipocrisia. A sua volta la società lo respinge perché lo ritiene inutile. Ecco allora nascere la figura dell’inetto,
incapace di integrarsi nella società borghese, ma al tempo stesso dotato di un’acuta capacità di penetrazione che
gli consente di intuire le contraddizioni e i mali che si annidano sotto le sane apparenze borghesi.
L’organizzazione temporale dei fatti è sostituita ora da un tempo psicologico e soggettivo, il tempo simultaneo,
fluttuante, associativo della coscienza. Venendo meno la fondamentale fiducia nei valori della realtà, anche le
strutture della narrazione ne sono direttamente coinvolte, dando vita alle due tecniche più innovative del
romanzo novecentesco: il monologo interiore e lo stream of consciousness (flusso di coscienza), che mettono in
primo piano l’io. Il primo è una forma di autoanalisi, di pensiero diretto libero, che consente al lettore di
introdursi direttamente nella vita interiore del personaggio, senza l’intermediazione del narratore; il secondo è
un pensiero diretto ancor più immediato, basato su associazioni repentine e sul magma di immagini e sensazioni
che rivelano l’inconscio o lo strato più profondo dell’interiorità di un personaggio. Nel nuovo romanzo, quindi, la
narrazione è frammentata e i nuovi protagonisti non sono più esponenti di un ambiente o di un ceto sociale
determinato, ma universi singoli, spesso in conflitto con il mondo esterno, o <<inetti>>, individui <<senza
qualità>>, estranei ai valori socialmente condivisi.
F.Kafka I. Svevo L. Pirandello
J. Joyce
Marcel Proust in Francia, James Joyce e Virginia Woolf in Irlanda e Inghilterra, Thomas Mann, Franz Kafka, Robert Musil
nell’area mitteleuropea di lingua tedesca, come Italo Svevo e Luigi Pirandello in Italia, assorbono in vario modo questa
.
consapevolezza della crisi nel rapporto tra l’io e la realtà e danno vita a una radicale trasformazione del romanzo
M. Proust R. Musil T. Mann V. Woolf
Luigi Pirandello e l’”umorismo”
Pirandello è uno dei nostri maggiori scrittori della prima metà del Novecento; nelle sue
opere letterarie e teatrali traspare il senso tragico della vita che fu proprio dei primi
anni del secolo e della sensibilità decadentistica. Luigi Pirandello dovette gran parte del
suo successo all’attività teatrale. La sua poetica e la sua visione del mondo
rappresentarono un radicale rinnovamento della tradizione artistica, per quanto
riguardava sia le tecniche sia le scelte espressive. La sua opera fu sorretta da una
concezione filosofica che guardava con straordinaria lucidità e spregiudicatezza alla
realtà della condizione umana, ben più tragica e inquietante di quello che i modelli
della rassicurante società borghese tendevano a diffondere. Pirandello si occupò di
L’umorismo
questioni teoriche fin da giovane. Pubblicò nel 1908 i saggi Arte e Scienza e
caratterizzati da un'esposizione di stile colloquiale, molto lontana dal consueto discorso
filosofico. Le due opere sono espressione di un'unica maturazione artistica ed
esistenziale che ha coinvolto lo scrittore siciliano all'inizio del '900 e che vede come
centrale proprio la poetica dell’umorismo. L'umorismo pirandelliano, pensieroso e
amaro, esprime le contraddizioni e i profondi turbamenti del mondo contemporaneo,
attraverso il sentimento del contrario si scopre la tragica realtà che è celata dietro
l'apparenza talvolta ridicola delle cose e se ne esprime la desolante angoscia,
è alla base del pensiero
tormentosa e senza uscita. La dicotomia comicità/umorismo
pirandelliano, non per nulla lo scrittore siciliano dedicò a tale argomento vari saggi
teorici, tra i quali è di capitale importanza L'umorismo.
L’umorismo Compito dell’umorista
Tutta la migliore produzione di <<(…) Nella realtà vera le azioni che mettono in
Pirandello si muove all'insegna rilievo un carattere si stagliano su un fondo di
dell'umorismo con due tendenze
costanti e congiunte: per un verso vicende ordinarie, di particolari comuni. Ebbene,
quella di aggredire tutte le false gli scrittori, in genere, non se n’avvalgono, o poco
certezze, smascherare i luoghi comuni, se ne curano, come se queste vicende, questi
gli atteggiamenti fossilizzati particolari non abbiano alcun valore e siano
dall'abitudine, dall’altro una posizione
di larga comprensione e benevolenza. inutili e trascurabili. Ne fa tesoro invece
In questo passo Pirandello illustra l’umorista. L’oro, in natura, non si trova
come, secondo lui, ci si debba frammisto alla terra? Ebbene, gli scrittori
accostare all’arte per coglierne il più ordinariamente buttano via la terra e presentano
possibile il significato e il valore.
Distingue l’operato del poeta epico- l’oro in zecchini nuovi, ben colato, ben fuso, ben
drammatico da quello dell’umorista: gli pesato e con la loro marca e il loro stemma ben
scrittori, in genere, non tengono conto impressi. Ma l’umorista sa che le vicende
dei fatti normali e consueti, che non ordinarie, i particolari comuni, la materialità della
attirano il loro interesse. L’umorista
sceglie invece di focalizzare su questi la vita in somma, così varia e complessa,
propria attenzione. Se il poeta cerca di contradicono poi menti contrarii a tutta quella
mostrare il personaggio coerente in logica armoniosa dei fatti e dei caratteri concepiti
ogni sua azione, l’umorista ne dagli scrittori ordinarii(…)>>
evidenzia anche i contrasti, le
contraddizioni e le ambiguità, sapendo
che questi particolari mettono in crisi
la visione troppo logica della vita
.
Italo Svevo e l’uomo ”inetto”
Nel panorama letterario a lui contemporaneo si distingue per una formazione da
autodidatta, avvenuta in un contesto mitteleuropeo e caratterizzata da ampie ma non
sistematiche letture di autori italiani e dall’attenzione alle sperimentazioni più avanzate
della cultura europea, comprese le radici filosofiche e letterarie ottocentesche. I temi
conduttori delle opere di Svevo sono malattia e inettitudine: l’assurdità dei rapporti
sociali, la consapevolezza del fallimento, l’inadeguatezza all’esistenza, e la totale
imprevedibilità degli eventi che danno così vita a quel cocktail che è la poetica sveviana.
L’incapacità di adeguarsi alla realtà, di prendere decisioni e affrontare problemi
caratterizzano la figura dell’inetto, protagonista indiscusso delle opere del nostro autore.
L’insicurezza psicologica rende i personaggi di Una Vita, Senilità, e La coscienza di Zeno
“incapaci di vivere” in campo amoroso, lavorativo e relazionale. Alfonso Nitti, Emilio
Brentani e Zeno Cosini sono dunque intrappolati da una serie di perturbazioni
psicologiche. L’inettitudine ne La coscienza di Zeno invece non è associata alla tragicità
come nei precedenti romanzi di Svevo. Zeno è inquieto, nevrotico, ma disponibile alle
trasformazioni, a sperimentare le più varie forme dell’esistenza, ad esplorare
l’affascinante “originalità”, è un essere in divenire grazie alla sua “mancanza assoluta di
uno sviluppo marcato in qualsivoglia senso”, mentre i “sani” sono cristallizzati in una
forma rigida e immutabile, definitiva, perfettamente compiuti in tutte le loro parti e
incapaci di evolversi ulteriormente. La morale è che la malattia di Zeno in fondo non è
una condizione eccezionale e anomala, ma è forse una condizione comune e inalienabile
dell’uomo e finisce per scoprire che la “salute” degli altri è anche’essa “malattia”, e a
sovvertire le nozioni di salute e malattia, di forza e debolezza.
La coscienza di Zeno Una domanda di matrimonio
Capitolo V ‘’La storia
del mio matrimonio’’ (1) <<(…) La risposta era veramente rude. Io
Dopo la seduta spiritica il protagonista
avanza una triplice domanda di dovevo sposare lei e lei me, ed io non
matrimonio, prima ad Ada, poi alla domandavo quello ch’essa pensasse né
dotta Alberta e infine, come estremo
ripiego, alla povera Augusta. A costei, pensavo potrebbe toccarmi di essere
con apparente franchezza, ma in costretto di dare delle spiegazioni. Se
realtà con profonda ipocrisia, Zeno non facevo altro che quello che tutti
affida la decisione che cambierà la sua
vita, evitando di assumersi delle volevano.(…)>>.
responsabilità in prima persona. In (2) <<(…) Mi porse la mano paffutella ch’io
questi due passi, Zeno dimostra la sua
incapacità di prendere decisioni, tipica quasi istintivamente baciai.
dell’inetto, ed è costretto a lasciarsi Evidentemente non c’era più la
guidare dal desiderio degli altri: nel
primo passo Zeno dimostra come non possibilità di fare altrimenti. Devo poi
fosse responsabile delle sue azioni, confessare che in quel momento fui
chiedendo la mano ad Augusta e si pervaso da una soddisfazione che
lasciasse, appunto, trasportare dalle
volontà altrui, ma nel secondo passo, m’allargò il petto. Non avevo più da
quando ormai Augusta porge la mano risolvere niente, perché tutto era risolto.
a Zeno, costui si rende conto che non Questa era la vera chiarezza.>>
c’era più possibilità di cambiare idea,
sollevato dal fatto che non aveva
neanche più niente da risolvere,
perché tutto era stato risolto, con un
chiaro epilogo dei fatti.
La politica sociale del governo Giolitti
Zanardelli,
Nel 1903, in seguito al ritiro per malattia di fu chiamato a capo del governo il
Giovanni Giolitti,
ministro degli interni divenendo nuovamente presidente del consiglio,
data la sua esperienza fatta tra il 1892 e il 1893. Dotato di una precisa conoscenza della
realtà, di un solido equilibrio e di uno spiccato senso del dovere, Giolitti mantenne la
carica, salvo brevi interruzioni, per quasi un decennio, passato alla storia con il nome di
età giolittiana. Giolitti fu abilissimo nel trovare un equilibrio tra le forze sociali,
promuovendo da un lato un’avanzata legislazione sociale e dall’altro una politica volta a
favorire la nascente industria italiana. Una delle sue principali caratteristiche fu la
comprensione dimostrata nei riguardi delle richieste delle masse lavoratrici, ma
considerava molto importante anche la funzione sociale, oltre che economica e politica,
libertà di
esercitata dal capitale nell’ambito dello Stato moderno. Concesse quindi ampia
sciopero, si preoccupò di prevenire o di risolvere ogni repressione violenta delle
riforme,
agitazioni con la pacifica arma delle provvide al miglioramento della legislazione,
lavoratori anziani, infortunati invalidi, donne fanciulli,
per i o e dell’istruzione
elementare, retribuzioni, sanità pubblica nazionale.