L’idea per la mia tesina mi è venuta una notte. Era un sabato ed ero rientrata tardi, nonostante la stanchezza non riuscivo a prendere sonno. Avevo un chiodo fisso nella mente ormai da giorni: l’argomento della tesina!
Vedevo tutti gli altri compiacersi delle loro scelte mentre io
mi chiedevo come fosse possibile scegliere un argomento, un solo argomento, nell’infinità delle possibili scelte.
Non riuscivo a decidermi perché a malincuore avrei dovuto accantonare le altre ipotesi.
Così l’idea venne da sé, non scelsi nessuno tra tutti gli argomenti
che fino a quel momento mi erano passati per la mente, ma pensai
che avrei potuto analizzare il momento in cui mi trovavo:
Il momento della Scelta.
Ognuno di noi compie scelte completamente differenti dagli altri,
e queste rispecchiano chi siamo e cosa vogliamo.
In un anno così importante per me, penso che le scelte che farò oggi si rispecchieranno nella mia vita domani, ecco perché è un tema che sento molto vicino.
“Sono le scelte che facciamo che dimostrano chi siamo veramente, molto di più delle nostre capacità.”
di J.K.R
INTRODUZIONE
Scegliere significa discernere tra più possibilità. Spesso è un’azione ponderata e meditata, altre volte è un atto istintivo o addirittura inconsapevole.
In ogni caso, scegliere è espressione della libertà dell’uomo.
Ma è davvero così? Chi è l’artefice della scelta?
Quanti fattori consci ed inconsci influenzano la scelta? Scegliere, e rinunciare ad altro è davvero così semplice?
Ogni volta che si compie una scelta entra in gioco la paura
di sbagliare, il coraggio di escludere le alternative, la forza per affrontare le conseguenze.
In molti ambiti è possibile ritrovare il tema della scelta ed anche
in numerosi autori: Baricco con il libro “Novecento” in cui
il protagonista ha paura di scegliere e che alla fine rinuncia ai propri sogni, Kierkegaard con la sua filosofia ricorda la cruciale
necessità di scegliere fra due opposti, Duchamp con i “Ready made” ci presenta la scelta intellettuale che l’artista compie trasformando un oggetto quotidiano in un’opera d’arte, Warhol sceglie di eliminare l’aspetto estetico dall’arte creando un arte di consumo,
Packard con il libro “I persuasori occulti” parla di come
il potere delle immagini pubblicitarie ci condiziona nelle scelte,
nel contesto della prima guerra mondiale gli italiani che si
trovano a dover scegliere se intervenire o meno in guerra.
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IL MOMENTO DELLA SCELTA
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1. La scelta come modalità di vita
L’uomo nelle scelte che compie rivede se stesso. Un aspetto significativo della scelta è la libertà, ogni uomo è libero di intraprendere la via che vuole e diventa ciò che è in conseguenza delle sue scelte.
Ma di fronte all’infinità delle scelte possono nascere dei sentimenti come l’ angoscia e la disperazione.
Uno dei filosofi ad interrogarsi sull’importanza della scelta fu Søren Aabye Kierkegaard.
Secondo Kierkegaard l’esistenza non è un’entità necessaria e garantita, ma un insieme di possibilità che pongono l’uomo di fronte a una scelta e implicano una componente ineliminabile di rischio.
Ogni possibilità, infatti, oltre che possibilità-che-si , è anche possibilità-che-non. Secondo Kierkegaard esistere significa scegliere.
La scelta, infatti, non è una semplice manifestazione della personalità, ma costituisce, ovvero forma, la personalità stessa, che sceglie vivendo e vive scegliendo. L’individuo non è quello che è ma è quello che sceglie di essere. Tant’è che perfino la rinuncia alla scelta è una scelta, sia pure un tipo di scelta con cui l’uomo rinuncia a se. La categoria dell’esistente, perciò, non è la necessità ma la possibilità tra due alternative diverse; e la possibilità comporta il “rischio della scelta” in quanto la libertà consiste nella coscienza della possibilità. Questa possibilità può essere positiva o negativa, anche possibilità del nulla.
In due delle sue principali opere, “Aut-Aut” e “Timore e Tremore”, il filosofo mostra come, di fronte all’uomo, si aprano possibilità di scelta esistenziale che corrispondono a tre precisi stadi di vita: estetico, etico e religioso.
Non si tratta assolutamente di tappe collegate tra loro da un rapporto di necessità, al contrario, fra esse c’è un salto, per cui ogni stadio risulta alternativo all’altro. Fra queste modalità di vita s’impone, dunque, una scelta.
Lo stadio estetico
Questo stadio si incarna nella figura del seduttore. Questo tipo di uomo vive la vita cercando di renderne unico e irripetibile ogni suo attimo, vive solo il presente e insegue il piacere immediato.
Questo tentativo di ricercare sempre l’atto irripetibile, di viverlo costantemente, porta l’esteta alla disperazione e alla noia, derivanti dalla consapevolezza di non poter spostare in avanti all’infinito l’intensità delle emozioni.
E’ lo stadio dell’uomo che non ha fede se non nelle sensazioni immediate, egli non crede in Dio e in nessuna possibilità di salvezza, si accinge quindi a vivere da “rapace” prendendo al momento ciò che gli serve per la sua felicità immediata.
Lo stadio etico
Lo stadio riconducibile alla figura del buon marito. L’uomo etico sceglie ciò che vuole essere e si impone una disciplina necessaria alla realizzazione del suo progetto. La vita diventa costruzione, progetto, dovere. Il matrimonio è l’espressione tipica dell’etica: è un compito che può essere proprio di tutti e ogni coppia può essere felice all’interno di esso. La persona etica vive del suo lavoro, che è anche la sua vocazione e di conseguenza egli lo svolge con piacere. La caratteristica della vita etica è la scelta della scelta: la scelta di se stesso è assoluta, ed è nei confronti della libertà. Una volta fatta questa scelta, l’individuo scopre in sé una grande ricchezza, una propria storia basata sui fatti accaduti nella sua vita, del rapporto con le persone, un’identità con se stesso. Egli non può, dunque, rinunciare alle parti dolorose e crudeli della sua storia: per questi aspetti orribili della sua esistenza, egli si pente. Il Pentimento è ciò che rende la vita etica insufficiente per l’uomo.
E’ lo stadio dell’individuo che non crede in Dio ma che intende la sua vita come progetto etico-laico, egli risponde delle sue azioni solo davanti agli uomini.
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Stadio religioso
L’unica possibilità che ci può salvare dalla disperazione è la scelta religiosa.
Quando l’uomo va al di là della limitatezza della vita e si apre totalmente a Dio riuscendo a vincere la disperazione e l’angoscia.
Essa viene esaminata mediante la figura di Abramo, chiamato da Dio, per il sacrificio del suo stesso figlio. Il patriarca si piega al vole- re del Signore senza trovarvi nè senso nè giustizia: la fede non è mo- rale e la morale non è fede, ma si tratta di due dimensioni tra loro incommensurabili. L’uomo pertanto libero di credere o non credere e a lui spetta la scelta angosciosa fra queste due alternative.
Secondo Kierkegaard, la vita pone l’uomo sempre di fronte ad una scelta di molteplici possibilità, nessuna delle quali è garantita, così che ogni scelta comporti la possibilità del fallimento. L’angoscia è, dunque, un sentimento della possibilità, tuttavia ha, anche, un aspetto positivo quando viene a incontrarsi con la fede. E’ l’angoscia stessa del peccato che ha permesso ad Adamo di scoprire la propria effettiva esistenza di individuo e che lo ha condotto ad avere piena coscienza dinanzi a Dio,ossia all'infinito.
2.La paralisi della scelta
Nel momento della scelta ci si domanda continuamente quale sia l’alter- nativa giusta, quale strada sia meglio per noi? Due sentimenti seguono questo momento: il coraggio o la paura. C’è chi prende coraggio e affron- ta la scelta e chi rimane paralizzato, terrorizzato davanti a quell’infinito mondo fatto di possibilità che gli si aprono davanti. Questa è la storia di Novecento.
Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento è stato abbandonato pochi giorni dopo la nascita sul pianoforte della sala da ballo di prima clas- se del piroscafo Virginian. Fu trovato da un marinaio di colore, Danny Boodmann. Un mattino tutti erano scesi a Boston e il marinaio trovò il neonato in una scatola di cartone, sulla quale c’era disegnato un limone accompagnato da una scritta stampata con inchiostro blu: T.D. Limoni. Per tutta la vita l’uomo continuò a sostenere che quel T.D. significava evidentemente: Thanks Danny, Grazie Danny. Tutto ciò era ovviamente assurdo. Il marinaio morì otto anni dopo, lasciando orfano per la seconda volta il bambino. Novecento aveva otto anni, ed era solo al mondo. Esclu- so l’equipaggio della nave, nessuno era a conoscenza della sua esistenza. Si era già fatto avanti e indietro dall’Europa all’America una cinquantina di volte. L’oceano era la sua casa. Il comandante tentò di mandarlo in un orfanotrofio, ma questi si nascose così bene nel piroscafo, che fu impos- sibile scovarlo. Rimase nascosto per 24 giorni. Finché una notte si sentì il suono del pianoforte, collocato nel salone da ballo di prima classe; lì si erano radunati tutto l’equipaggio e i passeggeri e stavano ascoltando stupiti la musica prodotta da quel misterioso bambino: Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento.
Da quella notte iniziò la sua carriera di pianista.
Novecento viene descritto come un grande pianista: lui la musica ce l’a- veva nel sangue e quello che riusciva a fare con gli 88 tasti del piano era qualcosa di straordinario. Suonava “le note dell’Oceano”.
Tratta dal film:”La leggenda del pianista sull’oceano”
Era così bravo che quando un pianista di fama mondiale come Jel- ly Roll Morton venne a conoscenza del suo talento, s’imbarco sul Virginian per incontrarlo e sfidarlo in un duello al pianoforte. No- vecento suonò musica senza precedenti e J.R.M rimase umiliato. Non scese mai sulla terraferma: solo una volta, a 32 anni, decise di farlo, stava scendendo, ma si fermò al terzo gradino della scaletta della nave, gettò il cappello che aveva in testa e tornò indietro.
Novecento non toccherà mai la terraferma, inizialmente perché Danny, aveva paura che glielo portassero via, a causa della mancanza di docu- menti e visti e in seguito perchè è diventata una sua scelta di vita.
La nave rappresenta la sua esistenza, finita nello spazio e nel tempo. Il mondo per lui è come una nave troppo grande, un pianoforte im- menso con una melodia impossibile da riprodurre, infatti solo Dio è in grado di suonare davanti ad una tastiera di milioni di tasti. Una delle ultime frasi da lui pronunciate rapppresenta la chiave di tutta la vicenda:
«Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi, che non finiscono mai e questa è la verità, allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio».
Novecento dalla scaletta vede un mondo in cui non sarebbe mai capace di scegliere a causa delle infinite vie, non riesce a comprendere l’immensità del mondo. Si chiede come facciano le persone a scegliere una strada, una donna o quant’altro. Novecento il mondo lo vive attra- verso le persone che salgono e passano per la nave, sapeva legge- re le persone e rubargli l’anima. Il virginian è un piccolo mondo per Novecento, che inizia con una poppa e termina con una prua. La terra è una nave troppo grande, una donna troppo bella, un viaggio troppo lungo, ecco perchè Novecento non scenderà mai. “Al massimo posso scendere dalla mia vita, in fondo è come se non fossi mai esi- stito.” dice lui stesso. Dopo la seconda guerra mondiale il piroscafo è mal ridotto e per questo si decide di affondarlo riempiendolo di dinamite. Così Novecento affonda e muore insieme al Virginian. Piuttosto che raggiungere un compromesso con la vita, preferisce rinunciare ai propri sogni, alle proprie speranze, e lasciarsi esplodere con il transatlantico che per tutta la vita ha conosciuto i suoi timori e custodito i suoi desideri. Quella era casa sua.3.La scelta intellettuale
La scelta può voler significare qualsiasi cosa, nell’arte sopratutto.
Per alcuni artisti qualsiasi cosa può essere un’opera d’arte quello che conta è che qualcuno abbia scelto quel dato oggetto e gli abbia attribuito un valore intrinseco, sbarazzandosi dell’apparenza.
Nel 1916 a Zurigo, nella svizzera neutrale, alcuni artisti aprono il Caba- ret Voiltaire, primeggiava l’esaltazione della ragione contro l’irrazionalità della guerra. Poeti e artisti danno vita ad un nuovo movimento, il Dadai- smo. Voglia di negare i valori del passato poiché hanno creato i presupposti della guerra.
Dada è un nonsenso per definizione, è tutto ma anche nulla, è un gioco, un paradosso. Dada è arte, ma al tempo stesso è negazione dell’arte. L’intento di quest’arte è riscattare l’umanità dalla follia che l’ha portata alla guerra. Il dadaismo è una nuova arte elementare, capace di rendere gli uomini tali e non folli assassini.
Vi è un rifiuto del passato attraverso il rifugio nella follia innocua del non- senso e dell’ironia.
Il francese Marcel Duchamp da un contributo fondamentale alla maturazione dell’esperienza dada. Fin dal 1913, infatti, Duchamp sperimentava il cosiddetto Ready-made.
Si trattava di impiegare in campo artistico, ovvero fuori dal loro conte- sto abituale, oggetti della vita quotidiana, la cui vista ed uso ci sono da sempre familiari. Il significato profondo di questa sua provocazione consi steva proprio nel riportarli come oggetti d’arte spiazzando ogni possibile aspettativa.
Esistono tre tipologie di Ready-made: semplice, rettificato ed inverso (solo ipotizzato).
Semplice sta indicare un Reddy-Made dove l’oggetto è stato preso così com’è e semplicemente firmato, intitolato e trasformato in opera d’arte. Questo è il caso di:
Marcel Duchamp, “Fontana”, 1916. Ready made semplice. Londra, Tate gallery.
Nel 1916 Duchamp espose, con lo pseudonimo R.Mutt., la sua celebre “Fontana”, la critica gridò allo scandalo.
La Fontana, infatti, non era altro che un orinatoio rovesciato. L’ironica beffa, resa ancora più provocatoria dalla firma dell’autore e della data, fu chiarita dallo stesso artista che, parlando si sé in terza persone scrisse: “Egli l’ha SCELTA”. L’arte per Duchamp, dunque, non è più fare ma scegliere.
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L’arte è la scelta intellettuale che l’uomo compie. Chiunque in questo senso può essere artista e tutto può diventare arte, per riuscirci basta sot- trarsi alle schematizzazioni mentali, che tendono a incasellare la realtà all’interno di una griglia rigida e mistificatoria, imposta dalla società bor- ghese e funzionale alla sua visione classista del mondo.
Un esempio di ready-made rettificato è “L.H.O.O.Q.”:
Marcel Duchamp, “Ruota di bici- cletta”, 1913. Ready made. Perduto..
Man Ray “Cadeau”, 1921. Gerusalemme, Israel Museum.
Marcel Duchamp, L.H.O.O.Q., 1919. Ready-made rettificato: La gioconda con i baffi. NY
Si tratta di una riproduzione della Monna Lisa di Leonardo alla quale Duchamp ha aggiunto baffi e pizzetto. In questo caso però la provocazio- ne è doppia, in quanto dissacra uno dei miti artistici più consolidati della storia, così facendo però non vuole negare l’arte di Leonardo ma onorar- la a suo modo. Egli infatti mette in ridicolo gli estimatori superficiali e ignoranti, attaccati alle apparenze e alle convenzioni.
Le lettere maiuscole che costituiscono il titolo L.H.O.O.Q., poi, se sillaba- te secondo la pronuncia francese danno origine ad una frase volgare in francese.
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4. A choice of consumption
If, as said before, art can manifest many different aspects, the one that Andy Warhol, want to express is the face of the American mass society that he live in. Through his art he choose to eliminate the aesthetic feature, creating a consumption art. Andy Warhol is the main exponent of the Pop Art, which is an art movement emerged in the United States of America during the mid-1950s and then in Britain at the end of 1950.This artistic movement exalt the popular experience, in fact it adopt images, styles and themes from the mass media and the popular culture. So the intent of these artists is to reflect in their artwork what they see in everyday life, that is surrounded by consumerism.
Especially Andy Warhol’s art establish a strong relationship with the mass media and the advertising through impersonal and repetitive language. Andrew Warhol was born in Pittsburgh in 1928.
He became one of the most famous artist of New York City. He loved mu- sic, theater and cinema. During the 1960s, he made iconic paintings using the technique of silk screen printing, such as “Cans of Campbell Soup”, “Green Coca-Cola bottles“ and “Marilyn”.
Later on famous people became the centre of his art and social life.
His art is inspired by movies, comics, advertisings and product logos. The work of Warhol is almost like a catalog of images-symbols of the American mass culture, there is no aesthetic choice. There is also no polemic intention against the mass society.
Warhol died in New York City February 22, 1987 during a gallbladder surgery routine.
Left:
Andy Warhol.
Se, come detto prima, l’arte può manifestarsi molti aspetti diversi, quello che Andy Warhol, vuole esprimere è il volto della società di massa americana in cui viveva. Attraverso la sua arte lui scelse di eliminare l’aspetto estetico, creando un’arte di consumo. Andy Warhol è il principale esponente della Pop Art, che è un movimento artistico emerso negli Stati Uniti d’America durante la metà degli anni 1950 e poi in Gran Bretagna alla fine del 1950. Questo movimento esalta l’esperienza popolare, infatti utilizza immagini, stili e temi dei mass media e dellla cultura popolare.Quindi l’intento di questi artisti è quello di riflettere nelle loro opere d’arte quello che vedono nella vita di tutti i giorni, che è circondata dal consumismo. Soprattutto l’arte di Andy Warhol ha stabilito un forte rapporto con i mass media e la pubblicità attraverso un linguaggio impersonale e ripetitivo. Andrew Warhol nasce a Pittsburgh nel 1928. Diventò uno dei più famosi artisti di New York City. Amava la musica, il teatro e il cinema. Nel corso del 1960, ha fatto lavori iconici con la tecnica della serigrafia, come “Lattine di Campbell Soup”, “Bottiglie di Coca-Cola verdi” e “Marilyn”.Più tardi i personaggi famosi diventarono il centro della sua arte e della sua vita sociale. La sua arte si ispira film, fumetti, pagine pubblicitarie e ai loghi dei prodotti. Il lavoro di Warhol è quasi come un catalogo di immagini-simbolo della cultura di massa americana, non c’è scelta estetica. Inoltre non c’è intenzione polemica contro la società di massa. Warhol morì a New York City 22 Febbraio 1987 dopo una colecisti routine di chirurgia.
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“Marilyn Diptyc”
This painting made by A. Warhol, is entitled “Marilyn Diptych”. Marilyn Monroe died in August 1962. For the next four months, Warhol made twenty silkscreen paintings of her face, all based on the same advertising photo- graphy of 1953. Warhol found in M. Monroe a fusion of his important the- mes: death and the cult of celebrity. In repeating the image, he evokes the omnipresence of the media. The contrast of bright colors, with black and white, and the fading effect in the right panel are symbols of death.
“Green Coca-Cola Bottles”
One of the most famous pieces created by Andy Warhol is “Green Bottles of Coca - Cola”, painted in 1962. In a major advertising cam- paign against their rival, Pepsi, Coca-Cola used the experience of Andy Warhol for their new commercials. Warhol used simple and ordinary bottles of Coca Cola because they were very familiar to the masses. The repetition of the bottles reflects the constant presence of coke in daily life. Warhol was able to use the technique of silkscreen printing in a way that he could easily replay the bottles over and over again.The piece is owned by the Whitney Museum of American Art, in New York.
Left:
“Marilyn Diptych” Tate Collection. 1962.
Right:
“Green Coca-Cola bottles” NY. 1962
“Il dittico di Marilyn”
Un altro dipinto di Warhol è “Il dittico di Marilyn”.Marilyn Monroe è morta nell’ago- sto del 1962. Nei successivi quattro mesi, Warhol ha fatto più di venti dipinti serigrafici di lei, tutti basati sulla stessa fotografia pubblicitaria dal 1953. Warhol ha trovato in M. Monroe una fusione dei suoi temi importanti: la morte e il culto della celebrità. Ri- petendo l’immagine, egli evoca l’onnipresenza dei media. Il contrasto di colori vivaci con bianco e nero e l’effetto di dissolvenza nel pannello di destra sono simboli morte.
“Bottiglie verdi Coca-Cola”
Uno dei pezzi più famosi creati da Andy Warhol è “Bottiglie verdi di Coca - Cola” del 1962. In una grande campagna pubblicitaria contro i loro rivali, Pepsi , Coca-Cola usò l’ esperienza di Andy Warhol per i loro nuovi annunci . Warhol usò delle semplici bottiglie di Coca Cola perché erano familiari alle masse. La ripetizione delle bottiglie riflette la presenza costante di coke nella vita quotidiana.
Warhol è stato in grado di utilizzare la tecnica serigrafica in modo da poter riprodurre facilmente le bottiglie più e più volte. Il pezzo è di proprietà del Whitney Museum of American Art , a New York.
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5. Scelte indotte
Se è vero, a proposito dei mass-media, che il mezzo è il messaggio è anche vero che la forza persuasiva del mezzo diventa la forza seduttiva del messaggio attraverso la pubblicità e la creatività espressa dalle immagini. La creatività misura non solo il plus di prodotto ma anche la capacità dei mass-media di operare in profondità, agire sull’inconscio di ognuno condizionando, in questo modo, acquisti e stili di vita.
Le immagini agiscono in profondità, ovvero parlano a quella parte di sé più nascosta e profonda, che tuttavia condiziona le scelte di ognuno. Oggi la parola immagine è iperdeterminata, si parla di immagine in tutti i contesti: dallo sport alla politica, alla moda, allo spettacolo. Generalmente quando si parla di immagine ci si riferisce soprattutto al cinema, alla televisione o alla fotografia. In realtà la parola immagine ha un significato più profondo, è antica come il latino da cui proviene, quando ancora evocava fantasie, situazioni, luoghi mentali. Un’immagine è tale quando racconta una storia, è portatrice di memoria, di passato, è un reperto di un mondo appunto immaginario. Se un’immagine colpi- sce l’attenzione e quindi la memoria, vuol dire che dice di più di ciò che rappresenta, dice quello che non si può dire in altro modo.
In questo senso le immagini sono fondamentali per far capire quella cosa in più che il linguaggio logico non è in grado di definire o comunque di spiegare. Il parlare per immagini significa dire una cosa attraverso un’altra cosa, ed è questa la loro potenza.
Paragonare un pubblicitario ad un poeta è forse esagerato, ma è l’uni- co a usare, come il poeta, le figure retoriche. La poesia è sempre stata il regno delle immagini. Ogni concetto può essere tradotto in immagine, anzi l’immagine aggiunge qualcosa in più al concetto, quello scarto che è difficile da dimenticare, quel ragionamento che nasconde la verità stessa del concetto.
La pubblicità ha fatto delle figure retoriche una vera strategia sia a livello linguistico sia a livello figurativo.
A sinistra
Iperbole:Esagerare, per eccesso o per difetto,un concetto oltre i limiti del vero simile.
Builds strong teeth.
Similitudine. Paragonare mediante la congiunzione un oggetto, o un evento ad un altro simile . Doccia e vasca sono unite quindi sono un tutt’uno e sono indivisibili come mamma e figlia quando la donna è incinta sono unite e inseparabili se non alla nascita. quindi le due anime sono: la doccia e la vasca e la mamma e il bimbo.
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Ironia: Dire o mostrare una cosa umorismo per significarne un’altra. Campagna Barilla. Ci hanno cotto in 90 minuti.

Trecento fumatori, fedeli a una delle tre principali marche di sigarette americane, furono invitati a fumare le tre marche in questione,confezionate in cartine privie di contrassegno, e a riconoscere la loro marca preferita. Risultato: soltanto il 35% ci riuscì; e secondo la legge statistica delle medie un terzo delle risposte esatte va attribuito a mera coincidenza. Insomma meno del 2% degli interpelllati era veramente in grado di distinguere il prodotto preferito.
“Il consumatore è attaccattissimo alla propria marca di sigarette, e tuttavia è sperimental- mente provato che non sa distinguerla dalle altre marche. In realtà ciò che egli fuma non è altro che un’immagine.”
Dichiarazione del direttore dell’ufficio studi di un’agenzia pubblicitaria di New York il cui nome è stato omesso su richiesta dell’interessato.
Vance Packard
I persuasori occulti 1957
6. Le conseguenze della scelta
Certe volte nella vita, nella storia c’è chi prende delle decisioni davvero importanti che però non hanno conseguenze solo per chi sceglie ma si riflettono su milioni di persone.
Questo è il caso della firma del Patto di Londra, nel contesto della 1° guerra mondiale, con il quale l’Italia entra in guerra. La decisione presa cambierà il futuro degli italiani per sempre.
L’evento scatenante della prima guerra mondiale fu l’uccisione, a Sarajevo, il 28 giugno 1914, dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono degli Asburgo.
Un mese dopo l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, poichè era ritenuta corresponsabile dell’attentato. Il conflitto che ne scaturì vide contrap- porsi gli Imperi centrali, con Germania-Austria-Ungheria, alle potenze dell’intesa, con Francia -Russia- Inghilterra.
Lo scoppio del conflitto e la sua successiva estensione su scala mondiale furono causati da tensioni preesistenti ma anche dalle scelte intraprese da capi politici e militari dei paesi interessati
Allo scoppio del conflitto l’Italia si dichiarò neutrale.
Successivamente però le forze politiche l’opinione pubblica si divisero sul problema dell’intervento in guerra contro gli Imperi centrali, che avrebbe consentito all’Italia di portare a compimento il processo risorgimentale riunendo alla patria Trento e Trieste.
I neutralisti si rispecchiavano:
-Liberali: con Giolitti che riteneva che il paese non fosse preparato per affrontare la guerra che non aveva più i caratteri della guerra lampo, sosteneva che i costi, anche umani, sarebbero stati troppi. Giolitti puntava ad ottenere Trentino e Friuli per via diplomatica.
-Cattolici: con Papa Benedetto XV che promuoveva la pace.
-Il partito socialista italiano (PSI): con Turati. Unico partito socialista che era contro la guerra, poiché sarebbe stata combattuta da lavoratori mentre i borghesi si sarebbero soltanto arricchiti alle loro spalle.
Facevano parte degli interventisti:
-I gruppi democratici: socialisti riformisti e repubblicani, vedevano nella guerra la possibilità di completare l’unità.
-Irredentisti: il cui obiettivo era quello di riunire l’Italia.
-Nazionalisti: affermare la forza della nazione italiana con D’Annunzio, intellettuale seguito dall’opinione pubblica.
-Futuristi e Marinetti: vedevano alla guerra la sola igiene del mondo. -Industriali del nord: vedevano nella guerra la ricchezza, sostenuti da Albertini direttore delcorriere della sera.
-Mussolini: socialista, direttore dell’ Avanti.
-Governo Salandra- Sonnino: contro l’Austria, volevano rompere l’alleanza aiutati dal Re Vittorio Emanuele III.
Il 25 aprile 1915, Salandra e Sonnino che già dall’autunno del ‘14 avevano contatti segreti con l’Intesa, firmano con l’avvallo del Re il Patto di Londra, patto di tradimento, nel quale l’Italia si impegna ad entrare in guerra a fianco della triplice Intesa, contro l’Alleanza.
Il destino di un paese è così in mano alle mani di tre persone.
Le clausole del patto prevedevano che in caso di vittoria l’Italia avrebbe avuto il Trentino, il Friuli e Istria ma non fiume, Trento, Bolzano e una parte della Dalmazia.
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Il 20 maggio 1915 la Camera approvò, con il voto contrario del soli socialisti, la concessione dei pieni poteri al governo. La sera del 23 maggio’15 l’Italia dichiarava guerra all’Austria.
Nel ’15-16 la guerra sui fronti italiano e francese si risolse in un immane carneficina, senza che nessuno dei due schieramenti riuscisse a conseguire risultati significativi. In particolare le battaglie di Verdun e della Somme, due dei più spaventosi massacri della storia militare, con oltre un milione e mezzo di morti. Alterne furono le vicende sul fronte orientale nelle battaglie dell’Isonzo con il generale Luigi Cadorna.
Il ’17 fu l’anno più difficile della guerra, Cadorna ordinò nuove offensive sull’Isonzo con risultati modesti e alti costi umani. Si diffusero malcontento e proteste tra i soldati e la popolazione, fu in questa situazione di demoralizzazione e stanchezza delle truppe italiane che i comandi austro-tedeschi di infliggere un colpo decisivi all’Italia. Il 24 ottobre del 1917, un’ armata austriaca rinforzata da sette divisioni tedesche attaccò le linee italiane sull’alto Isonzo e sfondò nei pressi del villaggio di Caporetto. Buona parte delle truppe italiane abbandonarono precipitosamente le posizioni, 400.000 italiani rifluirono verso il Veneto. Solo dopo due settimane l’esercito italiano, praticamente dimezzato, riuscì ad arrestarsi sul Piave. Paradossalmente la sconfitta ebbe ripercussioni positive sul corso della guerra italiana, aumentando il senso di coesione patriottica al fronte ed anche nel paese.
Nel novembre del ’18, grazie alla superiorità militare conseguita con l’intervento americano ed il crollo degli imperi centrali, la guerra terminava con la vittoria della Triplice Intesa.
A destra “Il patto di Londra” del 1915.
In basso e sinistra la guerra combattuta dagli italiani al fronte, in particolare sul fiume Piave. Fotografie del 1915.
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La scelta è come una porta, dal cui buco della serratura si può spiare, intravedere la realtà sconosciuta che sta per compiersi, che ora pren- de forma nell’immaginazione. Si guarda una nuova possibilità all’in- terno di un mondo fatto di pareti di certezze. Ma la vera domanda è...
La apriremo mai quella “porta”?
SALERI LINDA 01/07/2015