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Storia - La Seconda Guerra mondiale
inizialmente, di argomenti non politici, che riguardavano le “Confessioni” di Sant’Agostino,
piuttosto che i poeti della classicità tedesca o gli scrittori russi del XIX secolo.
Una conoscenza casuale, ma che si rivelò di fondamentale importanza per la crescita della
Rosa Bianca fu quella con l’anziano letterato Carl Muth.
Persona di fede tenace e politicamente liberale, Muth aveva sempre difeso l’autonomia della
riflessione filosofica e sociale ed era riuscito a conservare uno spazio libero di elaborazione
culturale in mezzo al turbinio dell’ideologia nazionalsocialista attraverso la sua rivista
mensile “Hochland”. Hans divenne il “figlio spirituale” di Muth: grazie agli incontri quasi
quotidiani con il letterato e il suo collaboratore Theodor Haecker, egli venne a conoscenza
della persecuzione degli ebrei, di cui fino ad allora ben pochi sapevano, se non qualche voce
sussurrata e mai verificata, man mano che gli “scomparsi” aumentavano di giorno in giorno.
Perciò, il bisogno di agire, di essere
“discepoli non solo a parole ma coi
fatti” cresceva notevolmente fino a
raggiungere la svolta
nell’attuazione pratica della
resistenza.
Dopo aver scritto i primi volantini e
aver coinvolto la sorella di Hans,
Sophie, i giovani della Rosa Bianca
iniziarono ad essere affascinati
dalle lezioni del professor Huber,
figura fondamentale per la stesura
degli ultimi due volantini e
condannato nel secondo processo
alla Rosa Bianca.
Inoltre, dopo il semestre invernale 1942-43 sul fronte russo, testimoni della brutalità
dell’«insensata» guerra, i giovani si iscrissero alle lezioni di filosofia del professore, il
quale, per esempio, analizzando la concezione di Stato di Leibniz, criticava implicitamente
il “Führerprinzip”, facendo risuonare nelle sue aule dubbi e interrogativi sul regime ed
esortando gli studenti alla riflessione critica e alla ricerca culturale, non asservite alla
politica.
Le origini del nome “Rosa Bianca”
Gli storici hanno a lungo dibattuto sull’origine del nome del gruppo: infatti nelle lettere e
nei diari non vi sono neppure allusioni indirette alla Rosa, bianca o d’altro colore, dal
momento che incombeva il rischio di rivelare palesemente gli autori dei volantini.
Oltre a ciò, gli storici sono stati tratti in inganno da un errore contenuto nel capo di
imputazione letto al processo contro i fratelli Scholl, in cui si affermava che il nome
rimandava alla lettura di un romanzo spagnolo con questo titolo, che tuttavia non esiste.
Dunque, il nome “Rosa Bianca” poteva rimandare:
1) all’unico romanzo allora esistente dal titolo “La Rosa Bianca”, pubblicato nel 1929 da
Bruno Traven, scrittore statunitense di lingua tedesca che aveva partecipato alle
manifestazioni comuniste a Monaco tra il 1918-19 e poi era fuggito in Sudamerica. In
particolare, il suo romanzo era ambientato nell’America Latina, luogo della tragica vicenda
(conosciuta e apprezzata da Hans) degli indiani messicani dell’hacienda “La Rosa Blanca” 5
espropriati dai proprietari petroliferi (quest’ipotesi è stata, tuttavia, smentita dai verbali
dell’interrogatorio della Gestapo);
2) Hans, nei verbali riportati, afferma di aver subito degli influssi dai romanzi spagnoli di
Brentano, nella cui opera “Romanzi del Rosario” compare un personaggio femminile di
nome Rosablanka;
3) il fratello di Schmorell, Erich, ricorda che Alexander aveva fatto notare che le rose
bianche, fiori preferiti dell’ultima imperatrice russa, erano simbolo di purezza e bellezza
insieme;
4) si parla, inoltre, di rosa bianca come simbolo di verità e giustizia nell’«Enrico VI» di
Shakespeare in un dialogo tra Plantageneto, Warwick e il giureconsulto;
5) l’ultima ipotesi afferma che la scelta di questo fiore evoca l’esigenza di purificazione
della Germania dalla vergogna nazista, tema centrale delle discussioni dei giovani.
(Monumento all’Università Ludwig Maximilian di Monaco dedicato ai ragazzi della Rosa Bianca)
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I protagonisti della Rosa Bianca
1)Hans Scholl
Hans Scholl nacque nel 1918 ad Ingersheim nella
Franconia, l’attuale Baden-Wüttemberg, figlio del
borgomastro liberale, Robert Scholl e della luterana
Magdalene Müller.
Nell’autunno del 1933, Hans, contro il volere del
padre pacifista, entrò a far parte della Gioventù
Hitleriana, a causa dell’appassionato richiamo del
Führer, che si trascinava dietro migliaia di ragazzi
infatuati dalla buona novella nazista, e desiderosi di
marce, cameratismo ed avventura.
Di carattere forte e intelligenza penetrante, Hans
divenne subito capo drappello, ma durante questa sua
esperienza iniziarono a sorgere i primi dubbi, che gli
fecero perdere fiducia nell’infallibilità di Hitler.
Perciò egli fondò un nuovo movimento giovanile, la
D.J.1.11, che, proibita dal regime, si proponeva di
combattere contro guerre e generali in nome della
libertà.
Durante una delle azioni della D.J.1.11., entrambi i
fratelli Scholl vennero arrestati e in particolare Hans
venne imprigionato e imputato di intrighi federali e reati valutari.
Egli infine decise di iscriversi alla facoltà di medicina e nel marzo del 1940 venne arruolato
in una compagnia militare studentesca, dove incontrerà i suoi “futuri compagni di
resistenza”.
2) Alexander Schmorell
Alexander Schmorell nacque nel 1917 a Orenburg, in
Russia, paese a cui rimase legato per tutta la sua esistenza.
Egli si iscrisse a medicina per volere del padre, ma
continuò a coltivare i suoi interessi per l’arte e la
letteratura.
Costretto al servizio militare dal regime, il peso
dell’uniforme per lui fu angosciante: infatti ebbe una vera
e propria crisi di coscienza (soprattutto dopo il giuramento
di obbedienza a Hitler), con un conseguente rifiuto del
proprio ruolo militare.
Dopo essere stato mandato sul fronte francese nel 1940,
Alexander venne assegnato alla compagnia studentesca di
Hans Scholl, la quale venne inviata sul fronte russo, dove
egli soffrì amaramente nel vedere la sua patria straziata
dall’esercito tedesco. 7
3) Christoph Probst
Christoph Probst nacque il 6 novembre 1919 a Murnau figlio di un precettore privato.
Si sposò giovanissimo, appena ventunenne con Herta Dohrn avendo da lei tre figli: Michael,
Vincent e Katharina. Fin dall’infanzia, egli coltivò un legame straordinario con il
padre, che gli trasmise la passione per l’arte (anche per i pittori
“degenerati” del nazismo), e di conseguenza il giovane
Christoph soffrì molto per la sua morte suicida.
Molto amico di Alex, che fu anche il padrino del figlio Michael,
egli entrò a far parte della Rosa Bianca, ma, essendo padre, tutti i
membri del gruppo decisero di tenerlo ai margini dell’attività più
pericolosa.
4) Willi Graf
Wilhelm Graf nacque il 2 gennaio 1918 a
Kuchnheim, in Renania e venne cresciuto nel culto
della correttezza, dell’onestà e della solidarietà
cattolica.
Fin da molto giovane, egli si unì ad un gruppo
giovanile di matrice cattolica, la “Nuova Germania”,
subendo le continue vessazioni da parte del regime.
Dopo quest’esperienza, egli entrò a far parte di
un’altra organizzazione giovanile, l’«Ordine Grigio»,
che si proponeva uno stile di vita autonomo rispetto
alla precettistica ecclesiastica anche attraverso numerosi viaggi per l’Europa.
In seguito, egli si iscrisse alla facoltà di Medicina di Bonn, ma poi frequentò quella di
Monaco, dove conobbe gli altri membri della Rosa Bianca.
5) Sophie Scholl
Sophie Scholl nacque il 9 maggio 1921 a Forchtenberg; fin da
molto giovane, ella mostrò, in certi suoi atteggiamenti, il suo
modo di pensare anticonvenzionale, ed i suoi interessi, per la
musica, la poesia e il disegno.
Durante la sua breve esistenza, Sophie coltivò una tenera
amicizia con Fritz Hartnagel, un ufficiale della Wehrmacht, il
quale fu l’interlocutore di gran parte delle lettere della giovane
e lo specchio in cui lesse le contraddizioni della guerra e della
politica nazionalsocialista.
Travolta dall’orrore per la guerra e dall’inquietudine, ella cercò
di evitare il servizio lavorativo obbligatorio iscrivendosi ad una
scuola per maestre d’asilo; dopo essersi diplomata, si iscrisse
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alla facoltà di biologia di Monaco per ricongiungersi con il fratello Hans.
6) Il professor Kurt Huber
Kurt Huber nacque a Chur, in Svizzera, il 24 ottobre 1893 e
dal 1926 insegnò filosofia, scienza musicale e psicologia
all’università di Monaco.
A sua insaputa, egli venne iscritto dalla moglie al NSDAP
per consentirgli di raddoppiare lo stipendio, ma in
università iniziò ad essere guardato con sospetto per le sue
inclinazioni cattoliche.
Dopo l’arresto nel 1943, egli venne privato della cattedra,
del titolo di professore e della laurea “summa cum laude”.
Egli partecipò alla stesura degli ultimi due volantini e al
processo enunciò magistralmente i nobili intenti della Rosa
Bianca, sottolineando come il suo obiettivo fosse “il
risveglio degli ambienti studenteschi, servendosi […] di
parole per provocare non atti di violenza, ma un giudizio
morale sui gravi mali presenti della vita politica”.
Analisi ed evoluzione dei volantini
Il primo volantino venne distribuito per posta tra il 15 e il 20 giugno 1942 nella sola città di
Monaco, scegliendo gli indirizzi dalla guida telefonica e prediligendo professori e uomini di
cultura.
Come titolo venne scelto “Volantini della Rosa Bianca” (poi modificato in “Volantini del
movimento di resistenza” per il quinto e sesto volantino) e l’incipit presenta già un tono
perentorio, affermando che «non c’è nulla di più indegno per una nazione civilizzata che
lasciarsi “governare” senza alcuna opposizione da una cricca di irresponsabili dominati da
torbidi istinti» e chiedendosi se il popolo tedesco fosse già così profondamente corrotto e
decaduto da rinunciare alla sua libertà.
I giovani denunciano il fatto che ogni individuo è stato chiuso in una “prigione spirituale”,
ricollegandosi ai primi martiri allora conosciuti di un movimento ante litteram contro quella
“macchina ateistica da guerra” e mettendo in evidenza la necessità di una resistenza anche
passiva.
L’ultimo appello sottolinea il fatto che ogni popolo merita il regime che tollera e poi
vengono riportati estratti da La legislazione di Licurgo e Solone di Schiller e da Il risveglio
di Epimenide di Goethe, come per risvegliare l’orgoglio nazionale verso la grande cultura
tedesca svenduta dal nazionalsocialismo.
Degno di nota è il testo di Schiller, che descrive la legislazione di Licurgo, definendola
come “un capolavoro dell’Arte dello Stato” rispetto al fine che si propone, ovvero
l’eccezionale forza politica e la longevità dei risultati. Tuttavia, se un ordinamento statale,
per quanto elaborato e perfezionato nella forma, impedisce lo sviluppo dello spirito, esso
compie “un attentato all’umanità”, perché sacrifica ogni aspetto della vita al bene comune,
tralasciando quei sentimenti morali fondamentali. Sparta è un chiaro esempio di questo
modello di Stato, in cui non vi era spazio per l’amore coniugale o filiale, ma soltanto per 9
cittadini e virtù civiche.
In calce ad ogni volantino vi è l’invito a riprodurre e diffondere le copie, credendo
ingenuamente nella potenza contagiosa del messaggio con l’intenzione di costruire una rete
clandestina di resistenza.
Ben comprensibile è la paura che suscita questo primo ciclostilato, se si considera il
monopolio della comunicazione scritta esercitata dal regime; ciononostante, i giovani della
Rosa Bianca continuarono imperterriti nel loro intento con un secondo messaggio e questa
volta sin dalle prime righe espressero il maggior disprezzo possibile.
Essi, infatti, negano la possibilità di un dialogo con il nazionalsocialismo, regime che si
basa intrinsecamente sull’inganno e il tradimento, come viene espresso in una citazione
riportata della prima edizione del “Meinkampf” di Hitler: «È incredibile quanto sia
necessario ingannare un popolo per poterlo governare». Si prosegue osservando che ci sono