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Con questa tesina mi sono occupata di un caso storico ancora aperto: ossia cosa sia effettivamente accaduto il 16 settembre 1941 nell'incontro tra Heisenberg e Bohr a Copenaghen, basandomi sul testo teatrale Copenaghen.
la mia tesina di maturità permette di effettuare dei collegamenti con le seguenti materie: in Storia viene descritta la vita di Heisenberg, con dei collegamenti alla Rosa Bianca, le basi irrazionali della propaganda, in Fisica il principio di indeterminazione, il crollo del determinismo classico, in Filosofia La vana speranza di una conoscenza oggettiva della realtà utilizzando il Manoscritto del 1942 di Heisenberg e "Fisica e Filosofia" dello stesso autore e infine la tesina permette di analizzare "Brave New World" di Aldous Huxley.
Storia - Vita di Heisenberg, collegamenti alla Rosa Bianca, le basi irrazionali della propaganda.
Fisica - Il principio di indeterminazione, crollo del determinismo classico.
Filosofia - La vana speranza di una conoscenza oggettiva della realtà utilizzando il Manoscritto del 1942 di Heisenberg e "Fisica e Filosofia" dello stesso autore.
Inglese - "Brave New World" di Aldous Huxley.
Sommario
Fenomeno Copenaghen………………………………………... pag.2
• Una scelta difficile……………………………………………... pag.3
• Heisenberg, fisico ed uomo. Chi era?........................................... pag.4
• Quel 16 settembre del 1941…………………………………. pag.10
• La Società del Mercoledì e la Rosa Bianca:…………………... pag.13
• una biografia da riscrive?
Il crollo del determinismo classico (FISICA)………………… pag.16
• Indeterminazione nel pensiero umano: (FILOSOFIA)………...pag.19
• la vana speranza di una conoscenza oggettiva della realtà
Il razionale fa leva sull’irrazionale: (STORIA)....…………….. pag.22
• le basi della propaganda nel lato oscuro dell’uomo
The dystopia of Brave New world: (INGLESE).......................... pag.27
• a hymn to the irrational of the human soul
Fonti utilizzate.............................................................................. pag.30
• 1
Fenomeno Copenaghen
L’idea di questa tesina è nata durante la lettura del testo teatrale di Michael Frayn in
Copenaghen
un’assolata giornata dell’estate scorsa.
Il testo racconta dell’incontro avvenuto il 16 settembre del 1941 tra i due fisici Werner Heisenberg e Niels
Bohr a Copenaghen, ma soprattutto dell’incontro tra due grandi amici, che si trovano, da un momento
all’altro, ad essere i rappresentanti di due paesi in guerra tra loro: Heisenberg della fiera e ancora vittoriosa
Germania hitleriana e Bohr della piccola e indifesa Danimarca occupata.
Avendo studiato per cinque anni recitazione, mi ha colpito la scelta drammaturgica di mettere in scena un
settore come quello del dibattito scientifico: si tratta, infatti, di uno degli ambiti più difficili da affrontare
per il linguaggio tecnico e preciso che ci si aspetta che venga utilizzato.
L’altra particolarità di questo testo è l’attualità del tema. Prendendo come pretesto lo sviluppo della bomba
atomica, Frayn pone al centro dello spettacolo un quesito scomodo: la scienza e il progresso devono avere
limiti? Fin dove è lecito spingersi in nome della sete di conoscenza?
Lo spettacolo, però, è anche l’occasione per mostrare come una legge scientifica non esaurisce il suo
significato solo in relazione alla fisica, ma che, con i dovuti fattori di correzione, essa si porta dietro tutto un
senso filosofico più ampio e interessante al fine di conoscere interiormente l’uomo. I principi di
indeterminazione e di complementarietà sono, infatti, il filtro tramite il quale l’autore dimostra
l’impossibilità per l’uomo di definire con precisione il proprio agire, quella che viene chiamata indetrminacy
of human thoughts.
Così si rivela come un inno all’irrazionale e in ultima analisi un elogio alla libertà di espressione
Copenaghen
dell’essere umano. L’uomo che ne esce è, quindi, un individuo complesso, non schematizzabile con una
mera sequenza di cause ed effetti. E’ un uomo non riassumibile, non determinabile: la massima
incarnazione della bellezza rappresentata dalla sua unicità di essere non ripetibile, finito e limitato nel
tempo.
Sul palco prende, così, vita un dibattito fra tre soli personaggi: Werner Heisenberg, Niels Bohr e sua moglie,
Margrethe. Proprio Margrethe è l’unico personaggio che ancora crede che si possa arrivare a una
conclusione, che una risposta sia ancora possibile; e da questa sua convinzione deriva il suo tono incalzante
e il suo nervosismo.
Nei tre atti che lo compongono, Frayn sviluppa così una sorta di Gedankenexperiment, un esperimento di
pensiero. L’analogia qui con i classici esperimenti della fisica quantistica è, quindi, lampante.
Durante la ricerca, l’analisi e lo studio dell’incontro di Copenaghen, mi sono pian piano sovrapposta al
personaggio di Margrethe: ho cercato in tutti i documenti dell’epoca, nelle testimonianze e in quanto
scritto su questa questione una risposta soddisfacente, un’interpretazione univoca di quanto è accaduto,
dimenticandomi, per quanto ho potuto, quello che sapevo fin dall’inizio, che una risposta non era trovabile.
L’estratto del testo teatrale, da me presentato in apertura di questa analisi, è parte del testo di
rivisitato sotto forma di monologo per agevolare la comprensione del brano fuori dal suo
Copenaghen,
contesto originario. Chiara Lombardi
2
Una scelta difficile
Werner Heisenseberg:
“C’era un articolo quel giorno su un giornale di Stoccolma secondo il quale gli Americani stavano lavorando
a una bomba atomica.Che tu lo sapessi non era da escludere. Se qualcuno nell’Europa occupata aveva
quest’informazione, quello eri tu.
Io volevo solo sapere se esisteva davvero un programma nucleare alleato. Almeno un accenno.
Un indizio.
Avevo appena tradito il mio Paese e rischiato la vita confidandoti di quello tedesco.
Bohr, io dovevo sapere! Ero io che dovevo decidere!
Se gli alleati stavano costruendo una bomba, che cosa sceglievo per il mio Paese?
Una volta mi hai detto che sarebbe facile sbagliare pensando che si possa nutrire meno amore per il proprio
Paese se questo è piccolo e indifeso. Già, ma sarebbe un altro facile errore pensare che uno lo ami di meno
perché è in errore. Io sono nato in Germania. In Germania sono diventato quello che sono.
La Germania rappresenta tutti i volti della mia fanciullezza, tutte le mani che mi hanno risollevato quando
cadevo, tutte le voci che mi hanno incoraggiato e mi hanno indicato la strada, tutti i cuori che parlano al
mio cuore. La Germania è mia madre vedova e il mio impossibile fratello. La Germania è mia moglie.
La Germania è i nostri figli.
Io dovevo sapere che cosa decidere per loro! Era un’altra sconfitta? Un altro incubo come quello in cui ero
cresciuto? Bohr, la mia fanciullezza a Monaco è finita nell’anarchia e nella guerra civile.
Altri bambini avrebbero dovuto morire di fame, come noi? Avrebbero dovuto passare le notti d’inverno
come facevo io da bambino, attraversando carponi le linee nemiche, strisciando per la campagna protetto
dal buio, nella neve, per rimediare un po’ di cibo per la mia famiglia?
Ora, a posteriori, so che in quel momento, proprio mentre parlavamo, il programma alleato stava per
partire. E forse stavo scegliendo qualcosa ancora peggiore della sconfitta.
Perché la bomba che stavano fabbricando doveva essere usata su di noi.
La sera di Hiroshima Oppenheimer disse che questo era il suo unico rimpianto. Che non avevano prodotto la
bomba in tempo per usarla sulla Germania. Dopo non fece che lamentarsi.
Dopo, sì. Se non altro noi ci siamo tormentati un po’ prima. C’è stato uno solo tra loro che si sia soffermato a
riflettere, non fosse che per un breve istante, su quello che stavano facendo?
L’ha fatto Oppenheimer? L’hanno fatto Fermi, o Teller, o Szilard? L’ha forse fatto Einstein, quando scrisse a
Roosevelt nel 1939 sollecitandolo a finanziare la ricerca sulla bomba?
L’hai fatto tu, amico, quando fuggisti da Copenaghen due anni dopo e andasti a Los Alamos?
Voi, è vero, non stavate fornendo la bomba a Hitler, ma neppure la stavate sganciando su Hitler.
L’avreste sganciata su chiunque vi fosse capitato a tiro: su vecchi e donne per le strade, sulle madri e i loro
bambini. E se l’aveste prodotta in tempo sarebbe toccata ai miei compatrioti. A mia moglie. Ai miei figli.
Voi non avete mai avuto la minima idea di quello che succede quando le bombe vengono sganciate sulla
città. Anche quelle convenzionali. Nessuno di voi l’ha mai provato. Nessuno.
Avete lavorato alla bomba per paura. La stessa paura che stava consumando me.
Ma, Bohr, tu avresti potuto dirglielo! Avresti potuto dirglielo quello che ti avevo detto io nel 1941!
Che la scelta era nelle nostre mani. Nelle mie – in quelle di Oppenheimer!
Che avremmo potuto fermare insieme tutto il programma mondiale per una bomba nucleare.
Venendo da te questa era la mia era speranza. O forse nemmeno una speranza. Un’ombra di possibilità
microscopicamente remota. Una folle improbabilità.
Valeva comunque la pena di tentare, Bohr!” 3
Heisenberg, fisico ed uomo. Chi era?
Heisenberg fu un fisico tedesco di primo piano nel Novecento, Premio
Nobel nel 1933 e padre della Meccanica quantistica.
Werner Heisenberg nacque il 5 dicembre del 1901 da Anna Wecklein e
August Heisenberg, un insegnante del ginnasio figlio di un fabbro. La
famiglia Heisenberg incarna appieno il modello della famiglia
intellettuale-borghese guglielmina: la madre è una donna istruita,
completamente dedita alla crescita dei figli e devota al marito, che
aiuta anche nel lavoro; il padre è un uomo rigido e severo, cresce i figli
secondo le convenzioni protestanti ma non dimostra di avere una fede
radicata.
Werner è il secondogenito e il padre fomenta fin dalla più tenera età la
rivalità fra i due fratelli: sviluppa la loro competitività nelle lezioni di
musica e con giochi matematici, mettendo in palio niente di meno che il
Werner Heisenberg suo affetto e le sue attenzioni.
Proprio in questa situazione emergono le caratteristiche principali del carattere del giovane Werner,
caratteristiche che poi contraddistingueranno tutta la sua vita: un viscerale amore per la matematica e una
sfrenata ambizione.
Frequenta il ginnasio a Monaco, immerso in un ambiente fecondo e stimolante. Trova quasi
immediatamente un appoggio nel suo maestro di matematica, Christop Wolff, che si riferisce ai suoi
risultati scolastici considerandoli un successo ottenuto per gioco. Ciononostante il piccolo Heisenberg è un
ragazzo chiuso, quasi scontroso, sebbene goda dell’ammirazione dei compagni per la sua intelligenza.
Le materie in cui eccelle sono la matematica, la fisica e la religione, e ciò è causa di dispiacere del padre per
la sua aridità letteraria. Consegue un esame di stato brillante, che gli permette di ottenere la prestigiosa
borsa di studio per la Maximilaneum-Stiftung.
La prima guerra mondiale è appena finita e la partecipazione politica dei giovani è quasi obbligatoria in quel
momento, ma Werner, a differenza del fratello, non ne è attirato; preferisce piuttosto aderire a un gruppo
di duecentocinquanta ragazzi simile nell’ideologia a quello ben più famoso dei Boy Scout, i Pfadfinder: il 1
agosto del 1919 partecipa al loro primo incontro al Castello di Prinn.
“Dibattemmo appassionatamente se il destino della Germania fosse o meno più importante di quello
dell’umanità, se i giovani avessero il diritto di vivere secondo le proprie convinzioni, se il sacrificio dei caduti,
fosse stato vanificato dalla sconfitta, se le verità personali fossero più importanti dei valori tradizionali.”
Heisenberg
Questa è solo la prima volta in cui si troverà a riflettere sul posto da assegnare nella scala dei valori alla sua
patria rispetto all’umanità intera, ma si tratta di un passaggio fondamentale, ai fini di questa tesina, per
capire l’educazione e il retaggio culturale con cui dovrà fare i conti più tardi il grande fisico.
4
Egli diventa ben presto il leader del movimento: programma letture nella casa paterna, controlla il
comportamento dei compagni vietando loro alcool e tabacco, si fa dispensatore di buoni consigli e
incoraggiamenti, organizza tra il 1920 e il 1921 lezioni sull’opera e sull’astronomia per i lavoratori,
fermamente convinto della possibilità e del dovere di innalzare le masse; cerca un contatto più stretto con
la natura, madre benevola che lo incanta con le sue bellezze, viaggia molto per la Germania, il Sud Tirolo e
si spinge fino in Finlandia.
Si iscrive alla facoltà di Fisica Teorica di Arnold Sommerfeld dell’Università di Monaco e solo dopo due mesi
inizia ad analizzare, su richiesta del suo insegnante, i dati sugli spettri atomici ed elabora la spiegazione
dell’effetto Zeeman, spiegazione che però sgomenta Sommerfeld che gli consiglia di sospendere il lavoro,
sebbene un anno dopo il francese Landè pubblicherà esattamente gli stessi risultati.
Sarà la prima e l’ultima volta nella sua vita che si lascerà condizionare nei suoi lavori dall’opinione altrui.