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Questa tesina di maturità descrive l'arte della retorica e la persuasione. La tesina permette dei collegamenti con le seguenti materie d'esame: in Filosofia i sofisti, in Latino Quintiliano e l'"Institutio Oratoria", in Francese Victor Hugo et la rhétorique, in Italiano la retorica di Gabriele D'Annunzio, in Storia la propaganda fascista. Infine la tesina prende in esame in Tedesco NS-Propaganda e in Inglese la propaganda in "1984", romanzo di Orwell.
Filosofia - I sofisti.
Latino - Quintiliano e l'"Institutio Oratoria".
Francese - Victor Hugo et la rhétorique.
Italiano - La retorica di Gabriele D'Annunzio.
Storia - La propaganda fascista.
Tedesco - NS-Propaganda.
Inglese - La propaganda in "1984", romanzo di Orwell.
PERSUASIONE E RETORICA
La retorica è lo strumento dell’arte del persuadere ed utilizzato in diversi ambiti: politico, pubblicitario,
religioso, giudiziario. Per rendersi conto del suo effettivo potere, basta guardare la televisione, leggere i
giornali, ascoltare i discorsi dei politici o soffermarsi sui messaggi pubblicitari.
La retorica degli antichi comprendente i cinque momenti fondamentali di inventio, dispositio, elocutio, actio
e memoria è giunta fino a noi e vivi più che mai sono i tre generi oratori giudiziale, deliberativo ed
epidittico. Pensiamo infatti ai tribunali, dove nelle arringhe si seguono ancora le orme dell’oratoria
ciceroniana, oppure al proliferare, nei moderni stati democratici, di occasioni legate alla vita politica,
scolastica, universitaria, sindacale ecc., in cui gli individui si incontrano per prendere decisioni in comune
attraverso confronti verbali che rientrano pienamente nel genere deliberativo. Il genere epidittico, che pure
potrebbe sembrare il meno utile alla moderna società, è invece ben presente e si è esteso a due nuovi campi:
quello della critica (letteraria, cinematografica, teatrale ecc.), intesa come “lode” o, meglio, valutazione
dell’opera d’arte; e quello della pubblicità, che celebra le lodi di determinati prodotti commerciali.
L’arte della persuasione ha i suoi inizi in Grecia. I Greci si resero conto, infatti, che attraverso la parola
seducente e il fascino della voce era possibile non solo portare a credere il vero, ma anche a credere il falso.
Conoscere il potere della parola è allora importante per chi comanda il popolo e guida l’esercito, ma anche
per chi deve parlare davanti a un’assemblea. In Grecia ebbero particolare sviluppo due generi di oratoria,
secondo i temi trattati e le occasioni: il genere deliberativo, riguardante i discorsi tenuti davanti
all’assemblea politica, e il genere giudiziario, relativo ai discorsi tenuti in tribunale.
Un’attenta riflessione sulla parola e il suo valore e la sua forza si ebbe a partire dalla seconda metà del V
secolo a.C. con lo sviluppo della sofistica. Grande rappresentante della sofistica fu Gorgia di Lentini, il
quale, in un suo discorso, l’Encomio di Elena, esalta il potere quasi magico della persuasione di ammaliare
l’anima dell’ascoltatore e di indurlo a stati d’animo voluti e quindi a scelte particolari. Infatti afferma: «La
parola è un potente signore, che con un corpo assai piccolo e del tutto invisibile porta a termine opere
straordinarie». I sofisti si proposero, dunque, come insegnanti di tutti coloro che avessero volto imparare a
‘parlare bene’, in modo tale da essere in grado di trovare argomenti persuasivi nelle varie occasioni della
vita.
A Roma discorsi furono pronunciati ben prima che vi fosse conosciuta la retorica. Data la struttura dello
stato, infatti, per i Romani l’oratoria era indispensabile alla vita pubblica: i dibattiti in senato, le riunioni del
popolo, i funerali e i processi erano occasioni in cui l’uso della parola era indispensabile per persuadere. Il
passaggio a un’oratoria più elaborata, si ha quando, dopo la seconda guerra punica, Roma entra in contatto
con il mondo greco e, quindi, con l’arte della retorica. Maestri greci si trasferirono a Roma per operare
soprattutto alle dirette dipendenze degli aristocratici, i quali intendevano rendere più persuasiva la loro
eloquenza come strumento per rafforzare il loro potere.
LATINO – QUINTILIANO E L’ “Institutio Oratoria”.
Marco Fabio Quintiliano, grande maestro di retorica di età imperiale, riprende la formula catoniana del « vir
bonus dicendi peritus fondando a Roma una vera e propria scuola di retorica sovvenzionata dallo Stato.
»,
Egli riteneva che la retorica servisse a formare l’uomo e a prepararlo a svolgere la sua professione in cosante
rapporto con la società. Quintiliano fu uno strenuo sostenitore dell’istruzione pubblica ed anche un
intelligente innovatore: pose infatti le basi di quei principi che ancora oggi sono o dovrebbero essere seguiti
da tutti i pedagoghi. Il perfectus orator, dotato insieme di qualità tecniche e di dirittura morale, mette le sue
abilità tecniche al servizio dei concittadini.
Quintiliano scrisse un trattato didascalico, molto simile ad un manuale scolastico, intitolato “Institutio
Oratoria” e articolato in XII libri. Quintiliano parla qui dei tre tipi di oratoria, dei tre compiti dell’oratore
(docere, movere, delectare), e delle capacità grazie alle quali è possibile formulare un buon discorso:
l’inventio (reperimento di argomenti efficaci), la dispositio (modo di organizzare gli argomenti trattati), e
l’elocutio (individuare lo stile e le risorse espressive più adatte al discorso), l’actio e la memoria.
La retorica, perderà progressivamente il suo ruolo fondamentale presso i letterati, soprattutto nel XIX
secolo.
FRANCESE – VICTOR HUGO ET LA RHÉTORIQUE
À partir du Romantisme, la rhétorique a perdu progressivement son importance. En particulier, Victor Hugo,
chef de file des romantiques français, se proclame contre la rhétorique dans son recueil de poésie Les
Contemplations. En effet, la citation « Guerre à la rhétorique et paix à la syntaxe! » appartient à Hugo. Il
pense que la rhétorique est l’art de l’artifice, adressée à la subjectivité pour persuader le public, et pour cela,
contraire à l’originalité et à l’objectivité qui doivent être propres de l’art en tous ses aspects. En outre, les
romantiques, en général, considèrent que l'art oratoire constitue une entrave à la liberté d’écriture et à
e
l'inspiration de l'écrivain. Cette conception marquera durablement la littérature du XX siècle.
L’arte della persuasione, ha mantenuto stretti legami con l’oratoria contemporanea, in particolare con quella
politica. La necessità dell’uomo politico di assicurarsi il consenso lo spinge a porre particolare attenzione al
momento della comunicazione delle proprie idee ai concittadini.
Nel XX secolo gli strumenti della persuasione sono stati messi principalmente al servizio della propaganda
politica. Essa mira a influenzare l’opinione e la condotta della società, in modo tale che le persone adottino
un’opinione e una condotta particolari.
LETT. ITALIANA – L’IMPEGNO POLITICO DI G. D’ANNUNZIO.
D’Annunzio occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita
politica dal 1914 al 1924. Il rapporto con il fascismo fu complesso e articolato, benché sostanzialmente
organico: i fascisti in ascesa celebrarono D'Annunzio, riutilizzando i motti e i simboli del Vate già utilizzati
a Fiume, come uno dei massimi e più fecondi letterati d'Italia, ma lo scrittore, a parte l'adesione iniziale ai
Fasci di combattimento, non prese mai la tessera del Partito Nazionale Fascista, probabilmente per
mantenere la sua completa autonomia.
Negli anni immediatamente precedenti il Primo conflitto mondiale, nella mentalità collettiva e negli
ambienti culturali di tutta l'Europa si affermò un diffuso atteggiamento ottimistico e di esaltazione, non di
rado accompagnato da contenuti politico-ideologici. Questo stato d'animo generale, legato al clima culturale
della Belle Époque d'inizio secolo, fu poi ribattezzato Superomismo, sulla base di una lettura personale dei
testi di Nietzsche. D'Annunzio intuì lo smisurato potere che si può trarre dai mezzi di comunicazione di
massa e compartecipò a questo fenomeno fino a divenirne uno dei maggiori propugnatori.
Il piacere fisico e gestuale della parola ricercata, della sonorità fine a sé stessa, della materialità del suono
proposta come aspetto della sensualità, aveva già caratterizzato la poetica delle Laudi; ma con le opere
teatrali egli aveva maturato uno stile il cui scopo era conquistare fisicamente il pubblico in un rapporto
sempre più diretto e meno letterario. Facendo leva sul mito di Roma e su una vasta mitologia nazionale post-
risorgimentale, creò un modulo retorico dall'aspetto al contempo combattivo ed elitario: l'abbandono della
prosa letteraria e l'immersione nel rito collettivo della guerra si presentò come un tentativo di conquistare la
folla, da un lato per dominarla dall'altro per annullarsi in essa, nell'ideale comunione totale tra capo e
popolo. E in queste orazioni il popolo prendeva le forme impressionistiche dell'«umanità agglomerata e
palpitante», mentre il capo era un re-filosofo, ora riproposto come profeta della patria.
La retorica bellica di D'Annunzio trovò un largo consenso nella popolazione, affascinata dal suo carisma e
dall'aura di misticità che lo circondava. Egli elaborò in questo modo un immaginario per la propaganda
interventista, la quale sarà la premessa e il prototipo della propaganda fascista nel primo dopoguerra.
In una democrazia, la propaganda assolve al compito di tenere al corrente i cittadini delle diverse posizioni
politiche dei loro rappresentanti, perché essi possano partecipare realmente alla vita pubblica del loro paese.
Il problema si pone laddove invece le armi della propaganda sono impiegate da un governo autoritario per
imporre la propria volontà, persuadendo il popolo della legittimità della stessa. Per i regimi dittatoriali
moderni, la possibilità di arrivare con i loro messaggi a tutti cittadini permette di controllare le scelte e le
opinioni e quindi di mantenere il consenso.
Nazismo, fascismo e stalinismo hanno creato sistemi di propaganda politica con caratteristiche particolari
che hanno permesso loro di sopravvivere, per un certo periodo di tempo, senza dovere ricorrere
necessariamente alla violenza per conservare il potere.
STORIA – LA PROPAGANDA POLITICA NEL PERIODO FASCISTA.
Ne è un esempio Mussolini, il quale consolidò la dittatura attraverso un’efficace organizzazione del
consenso popolare, avvalendosi di diverse organizzazioni affiliate al PNF.
Durante il ventennio fascista, si assistette in Italia a uno sviluppo notevole della struttura organizzativa dei
mass media volti a promuovere il consenso intorno al regime con messaggi semplici e immediati, perlopiù
incentrati sul culto e sull’immagine del duce. La progressiva “fascistizzazione” dei settori della
comunicazione di massa implicò la creazione di nuovi enti quali l’Eiar, l’Istituto Luce e Il Min Cul Pop e la
conseguente soppressione delle fondamentali libertà di parola, stampa e pensiero. I manifesti, collocati in
ogni angolo di strada, presentavano il volto del duce di fronte o di profilo con segni semplici e severi,
accompagnati da slogan brevi, adatti a trasmettere pochi elementari concetti in modo chiaro.
Ma la propaganda del regime non poteva fare a meno di servirsi della retorica, che riprende in parte lo stile
dei messaggi retorici di D’Annunzio, eccelso persuasore dell’oratoria in cui l’argomentazione razionale è
sostituita dall’enfasi emotiva dello stile, fra preziose allusioni classiche e slogan trascinanti. La retorica
fascista, incentrata sulla figura di Benito Mussolini, si basava su frasi brevi, pronunciate con tono
trionfalistico; il duce faceva un grande uso di metafore, di terminologia militare e spiritualistica e
proclamava i suoi discorsi con brevi periodi, con incalzante ritmo delle parole e con un continuo ricorso
all’antitesi. Il suo lessico era semplice, ma tuttavia ricco di enfasi, di pause sapienti, di richiami eroici e
patriottici, che avevano l’unico scopo di esaltare la folla.
Si trattava del tentativo di uniformare le anime e l’opinione pubblica a un unico modello culturale e di
comportamento, così da garantire al regime il pieno consenso delle masse e di controllarne la coscienza
collettiva.
TEDESCO – NS-PROPAGANDA
Das ist was auch in Deutschland passiert ist. In Deutschland war die Propaganda eine der zentralen
Aktivitäten der Nationalsozialisten, insbesondere der Nationalsozialistischen Deutschen Arbeiterpartei
(NSDAP). Sie diente während der Weimarer Republik der Machtübernahme 1933 und in der Zeit des