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Retorica: "arte del dire",tesina
Inglese - Introduzione all'argomento
Filosofia - La sofistica
Latino - La retorica nella roma repubblicana e imperiale, Cicerone
Italiano - Barocco, Medioevo, Gabriele D'Annunzio
Storia - Il Fascismo
DI PERSUASIONE E STRUMENTO POLITICO
DEMAGOGICO
Retorica rhetorica
– s. f. - [dal lat. (ars), gr. ( , téchnē)].
ῥητορική τέχνη
Vocabolario Treccani:
Secondo il
L’arte del parlare e dello scrivere in modo ornato ed efficace; sorta nella Grecia antica con i sofisti,
con finalità prevalentemente pragmatiche, come tecnica del discorso teso a persuadere.
Secondo il critico strutturalista francese Roland Barthes, la retorica può essere persino
qualificata come scienza; è questo l’aspetto più interessante di tale disciplina: la
molteplicità di apposizioni e categorie che le possono essere attribuite in base al contesto
storico e culturale.
Le origini
retorica
La nacque nel 465 a.C. , per opera di alcuni cittadini Siracusani, i quali si erano
prodigati dell’uso persuasivo della parola per opporsi all’esproprio dei terreni esercitato
Empedocle di Agrigento,
dal tiranno Trasibulo. Fu in queste circostanze che il filosofo
Corace Tisia,
seguito dai suoi allievi, e si affermarono come insegnanti di eloquenza, previa
elargizione di un equo compenso. La forza retorica della scuola empedoclea risiedeva nel
verosimiglianza, verità.
persuadere attraverso la non implicando essa necessariamente la
Tale corrente non fu però l’unica a fiorire e radicarsi; nel nuovo e ricco panorama
scuola pitagorica,
dell’eloquenza trovò numerosi consensi anche la fondata sulla capacità
della parola di attrarre e sedurre l’animo dell’interlocutore attraverso un uso sapiente
della psicagogia e sviluppando il discorso in base al pubblico con il quale l’oratore era
tenuto a relazionarsi.
La sofistica
sofistica
La nacque in Grecia nella seconda metà del V secolo a.C. come corrente filosofica
fermamente antropocentrista e antimetafisica, fondata sulla riflessione riguardante -
tematiche politiche e sociali. La figura del sofista fu innovativa, essendo gli esponenti
intellettuali controversi, insegnanti e promulgatori dell’arte della parola come unica
occupazione, per la quale richiedevano una corresponsione. La materia del loro
insegnamento era, come per i retori siciliani discepoli di Empedocle, la retorica, strumento
di cui la sofistica si serve per sostenere le proprie tesi antropologiche ed immanentiste.
3
La retorica sofistica si divide in due parti: dialettica e critica. La dialettica rappresenta
l’arte del dire, dell’argomentare, non curandosi di ciò che è vero o meno e permettendo ai
sofisti di divenire maestri di tutto e del contrario di tutto. La seconda parte della retorica
caratterizza i sofisti nella loro indifferenza nei riguardi di tutto ciò che è trascendente; la
critica, infatti, ha lo scopo di privare di valore i principi della metafisica e dell’etica
naturale.
La prima generazione di sofisti trova fra i suoi massimi esponenti Protagora e Gorgia.
Protagora basa la sua filosofia su un principio univoco e dominante: “l’uomo è misura di
tutte le cose”. Secondo il filosofo, è quindi impossibile l’esistenza di una conoscenza che
prescinde dall’esperienza personale e, parallelamente, ogni opinione derivata da una
conoscenza reale può essere definita vera. La veridicità di un’opinione non implica un
esito positivo nel momento in cui essa viene applicata. È quindi compito del retore mutare
i sentimenti della comunità affinché venga eletta l’opinione più fruttuosa, essendo la virtù
politica, secondo Protagora, insegnabile.
Gorgia,
Secondo sulla stessa linea di quanto sostenuto da Protagora, la parola ha
unicamente un valore emozionale e il linguaggio ha lo scopo di spingere a credere.
Colui il quale è in grado di padroneggiare la retorica detiene un potere immenso.
Essendo l’insegnamento della retorica l’unica fonte di sostentamento dei sofisti, essi
viaggiarono per tutta la Grecia, diffondendo e consolidando il loro pensiero filosofico.
La retorica nella Roma repubblicana
La perdita di potere politico dovuta al crollo della polis e la conseguente conquista da
parte di Roma privò la retorica greca dei suoi aspetti contenutistici, limitandola ad una
disciplina praticata fra intellettuali senza uno scopo definito. L’ascesa della nuova Roma
repubblicana portò ad un’egemonia politica e culturale senza precedenti, influenzata in
grande misura dal crescente fenomeno dell’ellenismo. Quest’ultimo portò all’assunzione da
parte dei romani di numerosi costumi e caratteristiche proprie della civiltà greca.
asiana atticista.
Fra il II e il I secolo a.C. vi fu un acceso dibattito fra due scuole filosofiche: e
rodiese,
Durante questo disputa nacque però a Rodi una terza scuola, detta appunto della
quale si disse estimatore il filosofo, oratore ed infine politico, Marco Tullio Cicerone. Egli è
ars dicendi e
considerato il più rilevante personaggio pubblico nel campo dell’ deve il suo
successo nell’oratoria al suo stile: un perfetto connubio tra la scuola asiana e quella
atticista.________________________________ 4
A Cicerone viene attribuito il grande merito di aver formalizzato e riorganizzato le
sistema della retorica
conoscenze riguardanti la disciplina oratoria in una partizione detta
classica, divisa in cinque parti:
I. Inventio (invenzione): la ricerca degli argomenti
II. Dispositio, la disposizione dei risultati della inventio in quattro ulteriori fasi
a) exordium (esordio)
b) narratio (esposizione degli avvenimenti, al fine di informare l’interlocutore)
c) argumentatio (sostenimento di una tesi e confutazione di eventuali antitesi)
d) peroratio (epilogo)
III. Elocutio genus
(elocuzione): l’insieme delle scelte stilistiche quali l’utilizzo di un (stile)
sublime, humile medium
o
IV. Memoria: l’arte mnemonica
Actio Pronunciatio:
V. o la recitazione, l’utilizzo di una determinata gestualità e di un tono
adatto all’orazione.
L’evoluzione della retorica: dall’età imperiale ai totalitarismi del ‘900
Nel passaggio fra età repubblicana ed età imperiale, la retorica perse il suo valore di
strumento politico e venne limitata a disciplina di ambito umanistico, materia di studio
non più necessaria al governo. In controtendenza a quanto stava accadendo a livello
politico, vi fu una crescita sostanziale delle scuole di retorica. L’oratore rimase, quindi, una
figura di notevole importanza anche durante l’età imperiale, sebbene privo del suo potere
originario. La retorica veniva però studiata come materia riguardante le sole scelte
stilistiche e l’uso del lessico, privandola quasi totalmente dell’aspetto persuasivo.
Nel tardoantico, verso il tramonto dell’età imperiale, la materia dei retori divenne materia
religiosa e numerosi furono gli studiosi che si avvicinarono alla retorica per approfondire
le loro conoscenze riguardo ai testi sacri. Ciò permise ad essa di mantenersi in vita anche
durante il Medioevo, epoca di grande religiosità e rifiuto della filosofia come fonte di
sapienza. L’indipendenza della retorica e la sua importanza vennero riscoperte durante
l’Umanesimo. Nel XV secolo, infatti, lo studio dell’eloquenza divenne necessario alla
formazione di un letterato, quale strumento necessario alla conoscenza e al
raggiungimento della verità. Con l’avvento del Barocco, lo studio della retorica si
concentrò, sulle orme di quanto avvenne nell’età imperiale romana, sullo stile, vagliando
figure retoriche,
in particolar modo l’utilizzo delle anche attraverso la redazione di
numerose opere di trattatistica riguardanti l’eloquenza. A partire dal secolo successivo, il
XVII, l’oratoria riprese il suo antico intento persuasivo e venne riadattata all’impiego come
disciplina politica, grazie alla nascita dei parlamenti e alle numerose insorgenze popolari.
5
Nel XX secolo, con l’affermarsi dei tre grandi regimi totalitari (fascismo, nazismo e
stalinismo) la retorica acquisì un ruolo fondamentale tra i vari strumenti dei quali i
dittatori si avvalsero per giungere alla conquista del potere.
Il totalitarismo in Italia: Fascismo
Nazioni Alleate,
In seguito alla fine della Prima Guerra Mondiale, vinta dalle in Italia si
vittoria mutilata.
diffuse il sentimento della L’Italia, devastata economicamente e
socialmente dalla guerra, non ottenne tutti i territori assegnatile nel patto di Londra e una
tale mancanza generò nel popolo un profondo e acceso malcontento. In questo clima,
Benito Mussolini, ex giornalista e militante nel partito socialista, raccolse i sentimenti di
rivalsa (solo inizialmente senza distinzione di orientamento politico) e fondò, nel 23 marzo
del 1919 in Piazza San Sepolcro, i Fasci italiani di combattimento. Ben presto, il numero di
adesioni al sansepolcrismo crebbe considerevolmente. Si formarono, però, delle minoranze
politiche, che preoccuparono Mussolini. Gli intenti di quest’ultimo di assumere il potere
marcia su Roma.
sfociarono, nel 28 ottobre 1922, in una manifestazione armata nota come
Il successo della marcia decretò l’effettiva affermazione del regime fascista in Italia .
Il 16 novembre, in seguito alla concessione da parte del Re di formare un nuovo governo
discorso del bivacco,
di coalizione, Mussolini tenne il celebre il suo primo discorso alla
Camera dei deputati in veste di presidente del consiglio. Nel 1925 assunse il completo
Duce.
potere dittatoriale, divenendo capo del governo e segretario di stato, nominandosi
Mussolini e l’autarchia linguistica italiana
Uno degli obiettivi principali del Duce fu, oltre il celebrare la grandezza del suo
personaggio, quello di rivendicare la magnificenza e il prestigio dell’Italia. Pose la
questione della lingua come punto cardine attorno al quale creare una nuova immagine
dello Stato Italiano, ora governato dallo spirito fascista. Mussolini, accompagnato dai suoi
consiglieri, attuò quindi un processo di italianizzazione, destinato al raggiungimento della
totale autarchia linguistica e all’eliminazione delle minoranze straniere e della borghesia,
simboli di servilismo e viltà che mal si accostavano alla nuova italianità.
Mussolini operò in ogni campo per raggiungere i suoi fini, adattando e reinventando la
lingua, l’architettura, le edizioni e tutti caratteri tipografici (libri, giornali, riviste).
La Scena Illustrata
Nel 1931, di Firenze inaugurò la rubrica “Difendiamo la lingua italiana”,
La Tribuna
nel 1932, il quotidiano romano bandì un concorso fra i lettori per trovare 50
La Gazzetta D