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Sintesi

Introduzione Guerra, società, arte tesina



La seguente tesina di maturità ha l'obiettivo di descrivere come viene vista la guerra attraverso la società e l'arte.
"Questo annunzio sarà il fausto presagio della Vittoria!”
Si concludeva così la lettera di l’autorizzazione del Comando Supremo Militare Italiano, che concedeva il consenso alla 87ᵃ Squadriglia Aeroplani, detta la Serenissima, di poter effettuare un’impresa che sarebbe rimasta alla storia: il “volo su Vienna”. L’azione, compiuta il 9 Agosto 1918, di valore puramente simbolico, voleva rendere evidenti le qualità e l’audacia dei piloti e velivoli italiani, tramite il lancio di una serie di volantini dimostrativi sulla capitale dell’allora Impero Austro-Ungarico.
Alle ore 5.50 del 9 Agosto, 11 Ansaldo S.V.A. decollarono dal campo di aviazione di San Pelagio, in località Due Carrare (Padova), al comando del Maggiore Gabriele D’Annunzio. Tre apparecchi furono costretti ad abbandonare l’operazione dopo pochi minuti dal decollo, a causa di guasti tecnici; un altro ancora dovette effettuare un atterraggio di emergenza in territorio austriaco, dove venne incendiato dal suo pilota per evitarne la cattura e quest’ultimo venne imprigionato, facendo ritorno in patria solo a guerra terminata. Gli altri 7 raggiunsero Vienna, aggirando le linee dell’aviazione Austro-Ungarica, e alle ore 9.20 sbalordirono i viennesi svegli da poco nella capitale, che si trovarono sotto la pioggia di 50 000 volantini scritti dal “Vate” e altri 350 000 dello scrittore Ugo Ojetti, entrambi nella lingua italiana: era ormai il segno che il nostro Paese, quale nuovo Stato in Europa e nel mondo, poteva compiere azioni degne del ruolo che, a partire dall’inizio del Novecento e in maniera più marcata dalla Prima Guerra Mondiale (vedi Paragrafo Storia), avrebbe rivestito nel corso della storia contemporanea della civiltà umana.
Il “volo di Vienna”, così scarsamente ricordato per la sua importanza militare concreta, è invece un’impresa che potremmo definire “mitica” per l’impatto che ebbe nella storia bellica moderna: è l’inizio della guerra psicologica, una guerra combattuta con strumenti che agli spargimenti di sangue preferiscono fiumi d’inchiostro, allo scoppio delle bombe l’esplosione di stupore nei cuori della società, all’affilatezza delle lame contrappone quella delle parole. Al di là della sua inutilità a livello concretamente bellico, il “volo” costituì il primo passo verso l’inizio della gloria della nascente Aeronautica Militare, rese gli austriaci coscienti della loro vulnerabilità e, a pochi mesi dalla fine del conflitto, rinsavì la fiducia degli italiani nelle sorti della guerra, che dopo la disfatta di Caporetto temevano una sconfitta.
La mente che pensò una tale operazione fu un personaggio di fondamentale importanza nel panorama artistico, letterario, storico, sociale e militare italiano: Gabriele D’Annunzio. Innanzitutto, oltre i meriti già elencati sopra che riguardano quest’opera bellica, egli ebbe la geniale idea di proporre agli ingegneri la modifica di alcune parti del velivolo Ansaldo S.V.A., per aumentare la sua aerodinamicità, ridurre i consumi ed aumentare autonomia e velocità; poi, propose il montaggio di uno strumento oggi indispensabile nella strumentazione di bordo di qualsiasi aereo: un apparato radio-telegrafico che permettesse un contatto continuo con i posti di comando a terra (oggi li chiameremmo “torri di controllo volo”) e un monitoraggio in tempo reale dell’operazione. D’Annunzio aveva visto l’utilizzo di tali strumenti, frutto della ricerca nel campo dell’elettromagnetismo e delle telecomunicazioni, durante la cosiddetta “beffa di Buccari”, a bordo dei mezzi della Marina Militare, e propose il loro utilizzo anche a bordo dei velivoli. Tralasciamo un momento l’approfondimento tecnico riguardante tali strumenti, dei quali parleremo successivamente, e concentriamoci ora sulla figura di Gabriele D’Annunzio.

Collegamenti


Guerra, società, arte tesina



Introduzione - "Bombe" su Vienna.
Italiano - Gabriele D'Annunzio: vita, opere e imprese.
Storia - I Guerra Mondiale.
Inglese - Ernest Hemingway: giornalismo e letteratura come risposta alla guerra.
Filosofia - Sigmund Freud e la psicanalisi: comprendere l'aggressività dell'uomo.
Latino - Tacito e le popolazioni germaniche: studiare la cultura del "nemico".
Storia dell'Arte - Il Futurismo, la guerra e l'aeroplano.
Scienze della Terra - L'effetto di Coriolis, i venti e la navigazione aerea.
Fisica - Il funzionamento del radiotrasmettitore e l'uso sui velivoli.
Matematica - Studiare una curva, quale l'onda elettromagnetica.
Educazione Fisica - La preparazione atletica dei piloti.
Conclusione - Pensieri dell'autore riguardo la guerra e l'auspicio di un domani migliore per il mondo.
Estratto del documento

Eppure, nonostante la vendita delle sue opere, dovuta

soprattutto alla divinizzazione della sua figura, a causa

dei numerosi debiti contratti per la sua vita mondana si

trasferì in Francia nel 1910, per sfuggire ai numerosi

creditori. A Parigi fu un personaggio molto discusso,

entrando nell’ambiente mondano come rappresentante

del nascente decadentismo, in opposizione al

naturalismo. Continuò comunque a seguire le vicende

dell’Italia, nella quale sarebbe voluto tornare e nella

quale puntava ancora una volta ad idealizzare la propria

persona. Ne ebbe la possibilità allo scoppio della Prima

Guerra Mondiale. Ritornò nel Bel Paese e si schierò

apertamente con gli interventisti, tenendo discorsi ed

organizzando manifestazioni in piazza come le “radiose

giornate di Maggio”. Dopo i Patti di Londra e l’entrata

in guerra dell’Italia, si arruolò nel 1915, all’età di 52

anni, nei Lancieri di Novara, e in seguito come pilota,

divenendo il comandante della 87 Squadriglia

Aeroplani, con la quale compì il “Volo su Vienna” (vedi

Introduzione); militò anche nelle file degli Arditi del

Regio Esercito. Terminò la guerra riportando la perdita

dell’occhio destro e ottenendo il grado di Tenente

Colonnello, inusuale per un uomo arruolatosi in così

Il Vate in uniforme da ufficiale della Regia

tarda età.

Aeronautica

D’Annunzio insistette molto sull’idea della “vittoria mutilata” che

la guerra aveva rappresentato: di fatto l’Italia non aveva ottenuto la

Dalmazia, e pertanto molti soldati chiedevano un cambiamento nella

classe dirigente del Paese. Per compensare almeno alla prima

perdita, il Vate partì con un gruppo di giovani volontari, detti

“legionari”, e conquistò la città di Fiume nel 1919, instaurando una

repubblica e promulgando la cosiddetta “Carta del Carnaro”. Quando

l’Italia stipulò il trattato di Rapallo i “legionari” vennero però invitati

ad abbandonare l’occupazione della città e, al loro rifiuto, il Regio

Esercito intervenne militarmente, liberando Fiume nel 1920 e

scacciando D’Annunzio con i suoi. Dopo questa brutta esperienza si

trasferì in seguito presso il comune di Gardone Riviera (rinominato

Vittoriale degli Italiani) in una sontuosa villa dove visse sino ai suoi

ultimi giorni. Un dipinto di Gabriele

D'Annunzio in uniforme da

Ardito, all'epoca dell'impresa di

Fiume

3

In questi anni conobbe ed incontrò Benito Mussolini, il quale rimase

affascinato dalla figura del Vate, tanto da sfruttare alcuni motti dannunziani

per il regime che stava nascendo. Anche D’Annunzio, a sua volta aderì al

fascismo, firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti insieme ad artisti e

letterati del calibro di Filippo Tommaso Marinetti. Eppure, quando il

movimento dei fasci cominciò a degenerare in un regime dittatoriale e

repressivo, D’Annunzio se ne distaccò ben presto, con la preoccupazione di

Mussolini in persona che vedeva nel Vate l’unica figura capace di eclissarlo.

Per evitare la partecipazione di questi nella vita politica italiana, il Duce cerco

di lusingarlo proponendolo prima Presidente dell’Accademia d’Italia

Un incontro tra

Mussolini e D'Annunzio (ruolo che D’Annunzio rifiutò), poi presidente onorario della SIAE dal

1920 al 1938, e in seguito assegnando lui una pensione onoraria. Il poeta si oppose ancora

maggiormente all’avvicinamento del regime fascista alla Germania nazista, bollando Hitler già dal

1934 come un “pagliaccio feroce”. Intanto invecchiava nella sua villa di Cargnacco e continuava a

ricevere le sue amanti, mantenendo un precario equilibrio psicofisico aiutandosi con psicofarmaci,

stimolanti (come ad esempio la cocaina) ed antidolorifici. In questa situazione, ebbe una emorragia

cerebrale il 1° Marzo del 1938, mentre era seduto al suo scrittoio. Dopo i funerali di Stato, voluti dal

governo fascista, venne sepolto nel mausoleo del Vittoriale.

Pensiero, temi e poetica

Sebbene da ragazzo segua il modello di Giosuè Carducci,

se ne distacca presto giungendo a forme di estetismo,

decadentismo e simbolismo che attingono dalla cultura

francese ed inglese dell’epoca. Il fine dannunziano è

utilitaristico (la vendita delle sue opere), ed egli lo

raggiunge con una sapiente ricerca degli stili più in voga

all’epoca e con una forte esaltazione del suo personaggio,

che da semplice Gabriele D’Annunzio si trasforma nel

Vate. Il suo pensiero, che si rifà all’immaginario della L'aeroplano, la macchina perfetta secondo

il pensiero del Vate

filosofia di Nietzsche, rielabora alcuni dei temi

fondamentali del pensatore tedesco in una nuova visione edonistica e politico-teleologica: l’ übermensch

(l’oltre-uomo della filosofia di Nietzsche) diventa nei racconti di D’Annunzio l’emblema dell’uomo

contemporaneo, il superuomo che dinanzi allo spettacolo degli orrori della società (la guerra, la povertà,

la mancanza di morale e valori) non fugge ma anzi si fortifica, ergendosi a guida elitaria di questo nuovo

corso della razza umana. Ne Le vergini delle rocce, il protagonista Claudio Cantelmo cerca la donna

ideale che possa dargli un erede, appunto il superuomo dannunziano. Legata al superuomo c’è la figura

della femme fatale, la donna capace di far invaghire qualsiasi uomo e farlo divenire schiavo del suo

piacere. Possiamo osservare quest’altra figura nel romanzo Il piacere, nel quale il protagonista Andrea

Sperelli è diviso tra Maria, la donna angelicata, ed Elena, appunto la femme fatale. Sul piano della

poesia, D’Annunzio attinge molto allo stile simbolista e al decadentismo, fondendolo con un gusto per

la tradizione arcaica. Nelle Laudi, e in particolare nell’Alcyone, troviamo una vaga somiglianza con lo

stile bucolico di Virgilio e di Orazio; vi sono inoltre parti dell’Elettra che emulano il modello virgiliano

ed ovidiano. Il Poema Paradisiaco è invece un discorso a sé, poiché nella forma supera questi canoni

aulici e culmina nella poesia post-decadente e crepuscolare. Infine, per la sua vicinanza ai movimenti di

avanguardia, soprattutto il Futurismo, egli esalta il valore della macchina e della guerra. In particolare,

vede l’aeroplano, la macchina celeste, come un perfetto archetipo, che contrappone all’automobile. Nel

suo romanzo Forse che sì, forse che no è proprio presente questa antitesi, che culmina nell’esaltazione

dell’aliante. La guerra, che D’Annunzio visse in prima persona, è anch’essa esaltata all’interno del suo

4

pensiero. In particolare la Grande Guerra che per prima scosse il continente all’inizio del secolo, che

rivoluzionò il modo di guardare il mondo e di guardare l’Europa: la Prima Guerra Mondiale.

Storia

La società nella guerra:

Prima Guerra Mondiale

Piccola premessa: quello che

realmente rese “mondiale” questo

evento buio e importante per la

nostra storia fu il coinvolgimento

totale della società civile

all’interno del sistema bellico. Mai

prima d’ora un Paese intero si era

sentito coinvolto in una guerra

tanto da contribuire

economicamente e materialmente,

con l’apporto di lavoratori

nell’industria militare e l’invio

continuo di uomini al fronte. Tra i

motivi principali che causarono la

guerra va sicuramente enumerato il ruolo sempre più preponderante della Germania, divenuta Nazione

nascente in seguito all’annessione di molti territori tedeschi alla Prussia guidata da Otto von Bismark e

Guglielmo I. Questa aveva stretto un patto con Impero Austro-Ungarico e Regno d’Italia nel 1882,

chiamato Triplice Alleanza, per opporsi in contrasto alla Francia e all’Inghilterra nell’imperialismo

coloniale. La risposta di questi due Stati, uniti all’Impero Russo, era stata la creazione di un altro patto,

la Triplice Intesa del 1907. Inoltre la Germania avviò una forte produzione di navi da guerra,

potenziando la marina militare e lanciando la sfida alla Marina Militare Britannica, all’epoca prima nel

mondo. L’Impero Austro-Ungarico sfruttò poi la rivoluzione nell’Impero Ottomano per annettere le

province di Bosnia ed Erzegovina, che la Russia permise a patto di ottenere il libero transito nello

Stretto dei Dardanelli. Nazioni come Serbia e Italia, invece, giudicarono l’annessione illegittima e si

opposero. Infine, la Guerra di Libia condotta dall’Italia contro l’Impero Ottomano aveva dimostrato la

forte debolezza di quest’ultimo, trasformando l’area di Balcani, che cercava di slegarsi dall’influenza

turca, in una vera polveriera, colma di rivolte.

L’evento che scosse la situazione fu l’assassinio dell’arciduca

Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, da parte di un

nazionalista serbo. Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e

Ungheria, diede a questo punto un duro ultimatum alla Serbia,

che accettò solo una parte delle richieste: quindi seguì la

dichiarazione di guerra. A causa del complesso sistema

complesso di alleanza, si trovarono coinvolte nel conflitto

l’Impero Austro-Ungarico, Germania, Francia, Inghilterra e

Russia; l’Italia rimase completamente neutrale, poiché il trattato

della Triplice Alleanza prevedeva l’intervento solo in caso di

aggressione ad una delle Nazioni del patto (mentre invece era

stata l’Austria a dichiarare guerra alla Serbia). La Germania

cominciò il conflitto sul fronte occidentale con l’invasione di

L'uccisione dell'arciduca Francesco

Ferdinando in un'illustrazione

5

due Paesi neutrali, Lussemburgo e Belgio, per garantirsi un accesso più agevole verso la Francia e

l’invasione di Parigi.

Difatti, grazie a una serie di brillanti battaglie, i tedeschi avanzarono di postazione in postazione sino a

giungere a circa 40 chilometri da Parigi, nei pressi del fiume Marna, dove incontrarono la strenua

resistenza dell’esercito francese. Ebbero qui luogo le sanguinose battaglie della Marna e di Ypres, che

arrestarono l’avanzata dell’esercito tedesco e fecero comprendere l’impossibilità di condurre sul fronte

occidentale una guerra-lampo: a partire da ora, sarebbe stata una estenuante guerra di trincea.

Anche sul fronte orientale si era ottenuta una situazione di stallo

fra la Germania e le truppe di Nicola II di Russia: entrambi gli

eserciti non riuscivano ad avanzare oltre i confini della Polonia.

Nelle colonie africane ed asiatiche si combatteva, in particolare

tra inglesi e tedeschi. Il Giappone, alleato dell’Inghilterra, entrò

nel conflitto proprio a causa delle pretese coloniali tedesche nel

Pacifico. Inoltre la Germania cominciò una dura guerra navale

contro il Regno Unito, tenendo battaglie navali nell’Atlantico,

nei mari del Nord e nel Mar Mediterraneo. L’Impero Ottomano,

che era legato alla Germania da diversi patti e con un governo

Una trincea filo-tedesco, si unì alla guerra con la scusa del sequestro di due

navi da parte del governo britannico.

Nel 1915 vi era anche la situazione dell’Italia in gioco,

rimasta neutrale dall’inizio del conflitto e reclamata ad

entrare in guerra da entrambe le coalizioni. Vi erano

gruppi di interventisti, come gli artisti Futuristi (vedi

Paragrafo Storia dell’Arte) e Gabriele D’Annunzio

che teneva discorsi e manifestazioni in piazza (vedi

Paragrafo Italiano), e gruppi fortemente contrari alla

guerra, in prima linea la sinistra socialista. Giovanni

Giolitti, capo del Governo, si mantenne in posizione di

imparzialità fra le parti, continuando una politica di L'Italia raffigurata come una donna che rifiuta

perfetta neutralità. Quando al Governo successe le "inutili offerte" dell'Intesa e dell'Alleanza e

Antonio Salandra si strinse però un accordo segreto rimane neutrale

(firmato dal Ministro degli Esteri Sidney Sonnino)

noto come patto di Londra: esso prevedeva l’entrata in guerra dell’Italia al fianco della Triplice Intesa,

con la cessione in caso di vittoria del Friuli-Venezia Giulia, del Trentino dell’Istria e della Dalmazia,

ancora sotto il dominio asburgico. Pertanto il Paese dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico il 24

Maggio 1915, nominando Capo di Stato Maggiore il Generale Luigi Cadorna.

Per quanto riguarda il fronte francese, nel

1915 e nel 1916 si ebbero lunghe battaglie e

bombardamenti nell’area limitrofa a Parigi

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