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Sintesi
Filosofia: Kierkegaard e la stampa

Scienze sociali: la televisione

Linguaggi iconici: il manifesto pubblicitario

Italiano: movimento futurista

Storia: la propaganda fascista

Inglese: Orwell, 1984
Estratto del documento

abbiamo appreso dai media. Anche molte semplici scelte quotidiane vengono

influenzate dalla stampa, dalla radio o dalla TV: gli acquisti che facciamo, la musica

che ascoltiamo, i film che decidiamo di andare a vedere. Nessuno nel nostro tempo,

tranne qualche probabile eremita, può sottrarsi al circuito della comunicazione

globale, poiché farlo significherebbe perdere il contatto con la realtà.

FILOSOFIA:

La scrittura è da sempre uno dei più importanti mezzi di comunicazione a distanza.

Non c’è da stupirsi, quindi, se affermiamo che essa è storicamente alla base della

comunicazione di massa. Grazie all’invenzione della stampa seriale, il libro divenne

nel XV secolo il primo potenziale mezzo di comunicazione di massa della storia. Ad

esso, circa due secoli dopo, si affiancò un altro potente strumento di

comunicazione, anch’esso basato sulla scrittura: il giornale..

1. KIERKEGAARD E LA STAMPA

La libertà di stampa ha trovato, ancora nel secolo X-XI, detrattori e oppositori. Un

caso “singolare” è quello rappresentato da Kierkegaard, autore solo

apparentemente “impolitico”. Kierkegaard non nasconde il suo conservatorismo

politico vantandosi di essere un fedele sostenitore della monarchia e delle classi

aristocratiche. La sua avversione per la democrazia e l’allora nascente movimento

socialista suscitano nel pensatore danese una durissima reazione. Kierkegaard, al

pari di Schopenhauer, definisce sprezzantemente le istanze democratiche ed

egualitarie aberrazione.

La “plebaglia” non ha diritto alcuno a rivendicare diritti. L’atteggiamento dell’ autore

è molto simile a quello di Schopenhauer, altro grande “reazionario”, e prelude, per

certi versi, alle posizioni di Nietzsche. Questi autori sono accomunati dal disprezzo

per la Rivoluzione francese e per la modernità politica da essa scaturita. Rientra in

questo discorso l’acerrimo scontro che oppose Kierkegaard ai giornali danesi: la

libertà di stampa non solo è ideologicamente inammissibile ma risulta essere agli

occhi del filosofo la negazione del concetto di soggettività e di singolo a lui tanto

cara. Secondo Kierkegaard la stampa non fa che offrire alla massa anonima del “si

è” delle comode opinioni “a buon mercato”.

La feroce avversione di Kierkegaard per tutto quel che può risultare anonimo,

massificato, e quindi inautentico, lo porta a toni polemici di inaudita asprezza. La

critica alla libertà di stampa rientra nella più generale condanna alla “folla”. Folla è il

termine che Kierkegaard adopera per definire non soltanto l’inautenticità

dell’esistenza borghese, ma anche ciò che può risultare popolare nell’accezione

negativa del termine. “La folla è sempre colpevole: per questo Cristo fu crocifisso” .

I motivi “politici” ed esistenziali si saldano così a quelli religiosi: per Kierkegaard la

folla è anticristica nel senso che costituisce la negazione all’ irriducibile soggettività

dell’esperienza di fede.

1.1 TESTI DI KIERKEGAARD

In ogni campo, per ogni oggetto,ecc…son sempre le minoranze, i pochi, i rarissimi,

i Singoli, quelli cha sanno: la Folla è ignorante. Ciò è chiaro come il sole perché, se

fosse altrimenti, ogni uomo sarebbe tutto. E proprio perché le cose non stanno così,

ogni uomo ha o dovrebbe avere un proprio oggetto, piccolo o grande, complicato o

difficile o meno difficile di cui conosce qualcosa, così che egli è il maestro e gli altri

(la Folla, la pluralità), quelli che imparano, e così tutti in questa o quella cosa,

ognuno avrà il proprio oggetto. Ma che fa ora il giornale? Esso comunica tutto ciò

che comunica (l’oggetto è indifferente: politica, critica, ecc…) come se fosse la

Folla, la pluralità a saperlo. Per questo i giornali sono il sofisma più funesto che sia

mai apparso. Ci si lamenta perché qualche volta appare qualche articolo falso:—

ahimè, che inezia! No, è l’intera forma di questa comunicazione nella sua essenza

che è falsa. Nell’antichità si lusingava la folla in modo puramente materiale per via

di danaro e panem et circenses...: ma la stampa ha spiritualmente adulato la classe

media. Noi abbiamo bisogno del silenzio pitagorico. Per la società son più

necessarie le leghe proibizioniste contro i giornali, che contro le bevande

alcooliche. Il ridicolo è che il giornale «Feadrelandet» pretenda si essere

aristocratico e di essere insieme un giornale. No, se gli editori vogliono essere

aristocratici, devono sopprimere il giornale.

Essere aristocratici in mezzo ai giornalisti, è come essere aristocratici in mezzo ai

lazzaroni.

1155

I giornali sono e saranno il principio del male nel mondo moderno: nella loro

sofistica essi non conoscono limiti, perché possono scendere sempre più in basso

nella scelta dei lettori. Con questo essi dragano la fanghiglia degli uomini che

nessun governo potrà più dominare. Saranno sempre pochi quelli che in verità

vedono la falsità che c’è nell’esistenza dei giornali, e di questi pochi solo

pochissimi avranno il coraggio di esprimerlo: perché per un uomo è addirittura un

martirio il rompere con la maggioranza e la diffusione, che poi lo perseguiterà e lo

maltratterà senza posa.

1158

Nel termine “folla” che Kierkegaard usa si possono individuare diversi significati.

Anzitutto un significato “politico”, anche se questo termine può forse apparire fuori

luogo, per un pensatore “impolitico” come Kierkegaard. Dopo aver combattuto per

secoli contro papa e re, si è fatta diventare la folla come una cosa sacra, il despota a

cui servilmente si obbedisce e a cui è molto difficile opporsi. Di tutte le tirannidi, un

“governo di popolo”, è “la più insulsa, è il tramonto di ogni cosa grande e sublime”.

Così Kierkegaard assume un atteggiamento fortemente critico verso la nuova civiltà

industriale e di massa, da lui concepita come avvento dell’opinione pubblica (della

“plebaglia”) e come “tirannia dell’uguaglianza”. In tale contesto, Kierkegaard critica

duramente il ruolo svolto dalla stampa, vista come il principio del male nel mondo

moderno. I giornali sono in mano a sofisti, dragano la fanghiglia umana. La folla non

ha alcuna opinione, ma ci pensano i giornali a fornirgliela. La posizione di

Kierkegaard, che pure sul terreno religioso appare così critica nei confronti delle

Chiese costituite – anzi, è di vera e propria opposizione – sul piano strettamente

politico è, invece, nettamente conservatrice: critica il Liberalismo e la Democrazia,

nella convinzione che solo le minoranze abbiano il possesso della verità e la

capacità di governare.

Vi è, comunque, un secondo significato del termine “folla”, forse più importante,

che sta dietro a quella prima accezione e si intreccia con essa. Esso si lega

strettamente alla concezione religiosa di Kierkegaard e alla sua riflessione sul

Singolo.

Nella “folla” il Singolo è nulla. Ciò che conta è il numero. Ma “folla” e “numero”

appartengono all’animalità, non allo spirito. La “parte animale” degli uomini non osa

mettersi in rapporto con Dio, preferisce “essere come gli altri”. Sembra che

nessuno osi più essere se stesso. Il numero, la folla, le associazioni sono alcuni dei

modi con i quali ci si difende da Dio, dall’angoscia che provoca negli uomini. Egli

vuole, invece, un rapporto con il Singolo, ma finché ci sarà la “folla”, il Singolo e il

rapporto assoluto con l’Assoluto saranno impossibili: bisogna, quindi, anzitutto

combattere la “Folla”.

SCIENZE SOCIALI:

2. LA TELEVISIONE

La televisione nonostante si sia affermata in ritardo rispetto agli altri media, è

riuscita comunque a conquistare in breve tempo un ruolo egemonico, che mantiene

ancora oggi.

Uno dei primi e più completi rapporti sugli effetti di una eccessiva e acritica

esposizione al teleschermo, che ha trovato poi conferma in studi successivi, fu

quello prodotto dall’istituto delle comunicazioni Annemberg di Filadelfia nel 1980.

Questo studio segnalava il fenomeno del mainstreaming, ossia di una sorta di

semplificazione sistematica delle notizie e dei messaggi che provengono dal

teleschermo per rendere più facile e senza sforzo la loro assimilazione da parte

degli spettatori. A forza di semplificare, però, si finisce per influenzare, non

informare.

Per chi si affida acriticamente al mezzo televisivo la realtà virtuale finisce per essere

più «vera» di quella del mondo reale e i personaggi che appaiono sullo schermo più

autorevoli, imitati e valutati, di quella che vivono e operano nel mondo reale. Il

mezzo televisivo ha infatti, come il cinema, la possibilità di rallentare e accelerare i

movimenti, di ingigantire e rimpicciolire, di enfatizzare e porre in primo piano alcuni

particolari, di associare le immagini alle musiche e ai commenti: un insieme di

«trucchi» e di strategie spettacolari che consentono di dare rilievo ad alcuni aspetti

escludendone altri, di creare delle suggestioni, delle emozioni, di indurre dei gusti.

Cosicché la televisione, che inizialmente fu considerata «una finestra sul mondo»,

finisce per essere sempre più spesso un mondo a sé, con le sue regole, i suoi

personaggi, i suoi punti di riferimento.

2.2 CONVINCERE O INFLUENZARE?

Tra le funzioni che i media svolgono nella società sembrano prevalenti quelle di

informare, intrattenere, influenzare e vendere. Se consideriamo i media attuali, in

particolare la televisione, ci rediamo conto che divertire e vendere appaiono

principali, soprattutto delle emittenti private le quali si sostengono solo grazie alle

entrate garantite dalla vendita degli spazi pubblicitari.

La pubblicità ha raggiunto livelli di professionalità estremamente elevati in quanto

ad essa si dedicano non soltanto validi artisti, ma anche psicologi ed esperti in

comunicazione di massa. Tutta questa sapienza però oggi viene usata non tanto per

illustrare e convincere, quanto per affascinare e influenzare il consumatore, per

trasmettergli un sottile senso di insoddisfazione.

2.3 EFFETTI NEGATIVI DEI MASS MEDIA

Visti complessivamente, i mezzi di comunicazione di massa rappresentano un’

istituzione che produce e diffonde cultura. Se si ragiona in termini di funzioni

assolte rispetto al tessuto sociale, è però necessario vedere anche le disfunzioni

prodotte dalla comunicazione di massa.

Queste si possono individuare in fenomeni come i seguenti:

 L’allarmismo ingiustificato, legato alla diffusione di notizie non verificate e

mal riportate, al fine di far colpo sul pubblico e di battere la concorrenza

giornalistica;

 La «narcotizzazione» dello spirito critico e dell’autonomia di giudizio di fronte

alle dinamiche dei processi di produzione della cultura di massa, che

premiano gli stereotipi, la ripetizione e la convenzionalità; per altri sono effetti

noti e desiderati delle élite di potere che controllano i mezzi di produzione

delle comunicazioni, al fine di estendere la loro influenza su una gran parte

dei cittadini;

 Il contributo all’isolamento degli individui che, sempre più immersi nelle

comunicazioni di massa e attratti dalle sempre nuove possibilità offerte dalle

tecnologie, rinunciano in misura crescente ai momenti di socialità, di attività

fisica e anche di contatto con la natura.

2.4 EFFETTI POSITIVI DEI MASS MEDIA

La comunicazione di massa, processo mediante il quale messaggi sonori e/o visivi

prodotti e trasmessi da una fonte impersonale raggiungono in un tempo molto

breve un certo numero di persone (audience) disperse su un territorio più o meno

esteso, dall’ambito locale al mondo intero, al di là dei contenuto dei singoli

messaggi, veicola anche un certo modo di fare esperienza del mondo che ci

circonda. Senza andare troppo indietro nel tempo, pensiamo ad esempio a un

contadino che viveva in un piccolo paese rurale nell’ Italia all’inizio Novecento:

tornando a casa dal lavoro la sera, non aveva nulla di simile a una radio o un

televisore che gli riassumesse in pochi minuti gli ultimi fatti di cronaca, le previsioni

del tempo, i progressi della diplomazia nelle aree di conflitto del pianeta, il dibattito

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