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Italiano: Giovanni Verga (Libertà)
Science Sociali: la formazione
Filosofia: Soren Kierkegaard (la libertà)
Diritto: Costituzione e Libertà
Inglese: George Orwell
Matematica: l’infinito e i limiti
distrutto la moralità e la stabilità politica mondiale fondata su valori
borghesi, capitalistici e clericali.
Il movimento nacque a metà degli anni sessanta in Francia e raggiunse il
suo apice nel 1968. Nel campo occidentale (Europa e Stati Uniti) un vasto
schieramento di studenti e operai prese posizione contro l'ideologia dell'allora
nuova società dei consumi, che proponeva il valore del denaro e del mercato
nel mondo capitalista come punto centrale della vita sociale.
Negli Stati Uniti la protesta giovanile si schierò contro la guerra del
Vietnam, legandosi alla battaglia per i diritti civili e alle filosofie che
esprimevano un rifiuto radicale ai principi della società del capitale
(controcultura). Al contempo, alcune popolazioni del blocco orientale si
sollevarono per denunciare la mancanza di libertà e l'invadenza della
burocrazia di partito, gravissimo problema sia dell'URSS che dei paesi legati
ad essa. Diffusa in buona parte del mondo, dall'occidente all'est comunista,
la "contestazione generale" ebbe come nemico comune il principio
dell'autorità. Nelle scuole gli studenti contestavano i pregiudizi dei
professori, della cultura ufficiale e del sistema scolastico classista e obsoleto.
Nelle fabbriche gli operai rifiutavano l'organizzazione del lavoro e i principi
dello sviluppo capitalistico che mettevano in primo piano il profitto a
scapito dell'elemento umano. Anche la famiglia tradizionale veniva scossa
dal rifiuto dell'autorità dei genitori e del conformismo dei ruoli. Facevano il
loro esordio nuovi movimenti che mettevano in discussione le discriminazioni
in base al sesso (con la nascita del femminismo e del movimento di
liberazione omosessuale) e alla razza. Gli obiettivi comuni ai diversi
movimenti erano la riorganizzazione della società sulla base del principio di
uguaglianza, il rinnovamento della politica in nome della partecipazione di
tutti alle decisioni, l'eliminazione di ogni forma di oppressione sociale e di
discriminazione razziale e l'estirpazione della guerra come forma di
relazione tra gli stati. 5
Dalla contestazione studentesca che fu inizialmente sottovalutata dai
politici e dalla stampa, si passò repentinamente alle lotte dei lavoratori. Le
agitazioni presero origine per il rinnovo di molti contratti di lavoro, per
l'aumento dei salari uguale per tutti, per la diminuzione dell'orario, per le
pensioni, la casa, la salute, i servizi, ecc. Per la prima volta il mondo dei
lavoratori e il mondo studentesco fu unito fin dalle prime agitazioni su
molte questioni del mondo del lavoro, provocando nel Paese tensioni sempre
più radicali e a carattere rivoluzionario, sfiorando in alcuni casi
l'insurrezione, visti i proclami, i giornali e i fatti che accadevano in Italia.
La Fiat di Torino, dopo alcuni incidenti in settembre causati da atti di
sabotaggio alle catene di montaggio dove furono persino distrutte migliaia di
auto, reagì sospendendo 25.000 operai e dopo cinque giorni di inutili
mediazioni si sfiorò il dramma. Al grido di "potere operaio" ci fu una
mobilitazione generale e il tentativo di occupazione dell'azienda. Ai primi di
novembre si processò il padronato dell'azienda. Tre mesi di agitazione misero
in crisi l'intera città, con tre mesi senza salario furono paralizzate tutte le
attività produttive e commerciali. Nei primi giorni di dicembre la città era
vicina al Natale più nero. Nemmeno la guerra aveva angosciato tanto:
spente le luci, chiusi i negozi. Il 21 dicembre con una mediazione furono
accolte quasi tutte le richieste dei sindacati e ritornò una calma apparente.
Ma iniziò un'altra epoca, generando nuovi movimenti che sfociarono nelle
azioni armate (come le Brigate Rosse). Ma gli operai otterranno alla fine
dell'anno molti risultati: aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni,
minori ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica. E getteranno
anche le basi dello Statuto dei lavoratori (siglato poi nel '70).
La contestazione fu attuata con forme di protesta fino ad allora
sconosciute: vennero occupate scuole e università e vennero organizzate
manifestazioni che in molti casi portarono scontri con la polizia. A
contribuire alla diffusione degli ideali di ribellione e protesta del 68’ , fu
indubbiamente la musica, e il genere che meglio esprimeva il disagio e il
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ribellismo dell’epoca fu il rock’n’roll in particolar modo di Elvis Presley e
Bob Dylan.
In Italia il movimento del '68, in ambito scolastico, aprì agli studenti le
biblioteche riservate dei professori, aumentò gli aiuti economici e le borse di
studio per spese scolastiche alle famiglie con basso reddito, e affermò una
novità, il consiglio di classe, un'assemblea generale degli studenti di una
scuola per discutere i propri problemi e decidere in merito.
Nonostante fosse diffusa in tutto il mondo, la protesta giovanile si spense,
all'inizio degli anni '70, ovunque senza aver riportato apparentemente
risultati significativi. La principale ragione di questo fallimento va ricercata
nella sua incapacità di tradurre le aspirazioni in programmi concreti e in
strutture organizzative in grado di realizzarli. Il Sessantotto, quindi, si
caratterizzò come una rivolta etico-politica dei giovani contro la società,
piuttosto che come un insieme di movimenti politici finalizzati alla
realizzazione di un programma ben definito. Merito del movimento
giovanile di quegli anni fu, soprattutto in Occidente, quello di mettere al
centro dell'attenzione valori che fino a poco tempo prima erano stati
interesse di pochi. Temi come il pacifismo, l'antirazzismo, il rifiuto del potere
come forma di dominio di pochi privilegiati sulla popolazione, i diritti delle
donne e l'interesse per l'ambiente, entrarono a far parte stabilmente del
dibattito politico e socio-culturale del mondo intero.
In Italia il movimento non si spense, ma si trasformò aumentando di
intensità e continuò per tutto il decennio successivo (in particolar modo con la
fiammata del movimento del '77) e con intensità ridotta per altri decenni. In
qualche misura dura ancora. Ed è proprio per questo che questo movimento è,
secondo la definizione del TIME, "il rasoio che ha separato per sempre il
passato dal presente". 7
Italiano: Giovanni Verga e la novella “Libertà”
Verga nasce nel 1840 a Catania da una famiglia
benestante di idee liberali. Compie i primi studi
presso Antonio Abate, patriota entusiasta che gli
trasmette la sua passione per i romanzi storico -
patriottici e per la narrativa d’appendice: i suoi
romanzi giovanili riflettono gli ideali risorgimentali
dello scrittore. Col passare degli anni Verga decise di
dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Così
abbandona gli studi in legge (1869) e si trasferisce a
Firenze, allora capitale del regno. Tre anni dopo si
stabilisce a Milano, vero centro della cultura
nazionale e dell’industria editoriale. Qui frequenta i salotti intellettuali e gli
ambienti della Scapigliatura, si dà alla vita mondana e agli amori. Tra il
1866-75 raggiunse il successo con una serie di romanzi che narrano vicende
passionali ambientate nel mondo aristocratico. Nel frattempo Verga amplia
i suoi riferimenti culturali: legge i realisti francesi. Mentre in Italia si apre il
dibattito sulla questione meridionale: in questo clima nasce il suo progetto di
un ciclo di cinque romanzi ambientati in Sicilia ( I Malavoglia, Mastro don
Gesualdo, La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni, L’uomo di lusso). Ma
il suo pubblico rimase deluso del rinnovamento delle tecniche narrative che
adottò. Le cupe storie di contadini e pescatori risultano sgradevoli. Così i
Malavoglia fanno fiasco; Mastro don Gesualdo va un po’ meglio ma non
raggiunge il successo dei romanzi mondani. Di tanto in tanto Verga torna a
narrare storie sentimentali borghesi; è il caso del romanzo Il marito di Elena,
definito dallo scrittore “una ciambella riuscita senza buco”. Dei suoi testi
per il teatro quello che fa maggior successo è Cavalleria rusticana (1884),
storia a forti tinte di un “delitto d’onore”. Nel 1893 compie a ritroso il
viaggio della sua giovinezza e si trasferisce definitivamente a Catania.
Tornato in Sicilia, continua a scrivere ma il lavoro che più gli sta a cuore
non riesce a prender forma, e col passare degli anni finisce per rinunciare alla
letteratura. Nel 1922 muore a Catania.
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“Libertà”
Giovanni Verga
“Dove mi conducete! In galera? O perché? Non mi è toccatoneppure un
palmo di terra! Se avevano detto che c’era la libertà!…”
Libertà è una novella di Giovanni Verga appartenente al ciclo delle novelle
rusticane, ispirata alla strage di Bronte del 1860. La novella entra subito
nel vivo, senza preamboli, con un fazzoletto rosso sventolato dal campanile
del paese, le campane che suonano senza sosta e la gente che grida “Viva la
libertà!”. Scuri che scintillano al sole, nell’attesa di abbattersi contro questo
e quel signore. La folla non ha freni: ormai è accecata dal sangue che pare la
ubriachi come il vino, e la morte sembra arrivare per ognuno dei cappelli.
Ognuno ha la sua buona ragione per essere ucciso: i signori tengono i
contadini a pochi soldi ed essi muoiono di fame; il prete, che al
popolo succhia l’anima ma poi ha l’amante, dunque predica la salvezza
dell’anima ma intanto condanna la sua; i poliziotti applicano le leggi solo
sui più deboli; il guardaboschi non concede ai contadini neppure la legna per
scaldarsi d’inverno; il notaio è un succhiasangue, e deve morire; e suo figlio,
travolto dalla folla, prega per non fare la stessa fine del padre, ma ormai
morente, un contadino gli dà il colpo di grazia - Sarebbe stato notaio anche
lui! Succhiasangue lui pure! - ; e ancora il figlio d’una signora, lo speziale, il
padrone di una vigna… sedici persone in tutto, così dice la storia, quella
vera, a cui è ispirata la novella. Con l’arrivo della domenica gli animi
sembrano placarsi: tuttavia c’è da spartire la terra rimasta senza padroni, e
visto che il notaio è ormai morto i contadini sembrano quasi volersi uccidere
tra loro, altro che libertà! Nel mentre però arriva il generale, Nino Bixio: le
donne lo accolgono in festa, ma non sanno che la giustizia sarà sommaria.
Egli infatti fa fucilare alcuni rivoltosi (a caso) al suo arrivo, mentre fa
portare altri in città (a Catania) per essere giudicati in tribunale, con le
donne piangenti al seguito. Così al paese arrivano altri signori e i contadini
tornano nella miseria. La rivoluzione di Garibaldi aveva dato ai miseri
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contadini la speranza di un miglioramento, eppure alla fine tutto torna come
prima.
"Anche il lupo allorché capita affamato in una mandria, non pensa a
riempirsi il ventre, e sgozza dalla rabbia".
Con "La libertà" si sviluppa in questa novella del Verga l'azione
interpretativa del "massacro avvenuto a Bronte nel 1860" e ne focalizza quel
brivido di rabbia che è stato teatro del terrore di un popolo tradito: i moti di
un popolo siciliano, che fieramente si è ribellato. Ed è qui, che l'occhio del
Verga si apre sul questo "spaccato" e lo modella con arguzia in una
rappresentazione che si snoda attraverso la schematizzazione dei punti
essenziali di una vicenda in cui i personaggi stessi hanno vissuto la propria
visione utopica della libertà. I protagonisti stessi, nella novella hanno ridato
vita al sentimento, al pensiero, ed alla storia che si è fatta voce della stessa
libertà, della nostalgia dei sofferenti, della rabbia degli oppressi, dello
sdegno contro le prepotenze.
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Scienze sociali: la formazione
Cos’è la formazione?
“E’ il lavoro teso a trasformare le persone in vista di un determinato fine.
Avere una cultura ci spinge sempre a una meno utopistica libertà, è un bene
prezioso che nessuno può sottrarci”.
La formazione è quel processo che
implica la trasformazione degli
individui, i quali, apprendendo
nuove abilità e conoscenze, vengono
messi in condizione di inserirsi
positivamente nella società e
rispondere a determinati bisogni
sociali ed individuali.
Nel corso di una formazione, i formatori portano avanti
contemporaneamente azioni diverse, tra cui: