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Filosofia: F. Nietzsche (demistificazione delle menzogne consolatrici e la creazione di nuove verità);
Italiano: Italo Svevo (letteratura tra svelamento e costruzione della verità);
Storia: menzogne ideologiche dei regimi totalitari;
Geografia: il relativismo culturale;
Biologia: l’encefalo;
Inglese: James Joyce (The truth of conscience);
Matematica: punto di massimo e minimo assoluti e relativi.
La concezione della verità
Interpretazioni, disincantamento e ricerca di senso
La verità risiede in una molteplicità di chiavi interpretative
Giuditta Mauro
Liceo Statale “Margherita di Savoia” Napoli
Classe V A – Scienze Sociali
Anno scolastico 2011-2012
Indice
Introduzione……………………………………………………………………………………………...pag. 1
Capitolo 1 - Scienze sociali
Max Weber: il disincantamento del mondo e le nuove motivazioni dell’agire sociale………….pag. 3
Irving Goffman: l’interazione sociale come rappresentazione teatrale………………………….pag. 5
Robert K. Merton: la “profezia che di autoadempie”…………………………………………... pag. 6
Capitolo 2 - Filosofia
Friedrich Nietzsche: la demistificazione delle menzogne consolatrici e la creazione di nuove verità
soggette al continuo divenire della vita………………………………………….………………pag. 8
Capitolo 3 - Italiano
Italo Svevo: la letteratura tra lo svelamento e la costruzione della verità………………………pag. 12
Capitolo 4 - Storia
Le menzogne ideologiche dei regimi totalitari: l’occultamento della verità nella propaganda
fascista…………………………………………………………………………………. ............pag. 19
Capitolo 5 - Geografia
Il relativismo culturale: “La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” ha concretato e
tutelato su un piano legislativo il relativismo culturale…………………………………………pag. 23
Capitolo 6 - Biologia
L’encefalo: la sede del pensiero………………………………………………………...............pag. 26
Le macchine della verità………………………………………………………………………...pag.28
Capitolo 7 - Inglese
James Joyce: “Ulisses”………………………………………………………………………….pag. 31
Capitolo 8 - Matematica
I concetti di punto di massimo e minimo assoluti e relativi…………………………………….pag. 34
Bibliografia e sitografia……………………………………………………………………… ………pag. 35
Introduzione
N el corso del tempo passato a studiare i vari pensieri filosofici, sociologici e letterari il mio
interesse nei confronti della verità si intensificava: notavo che tutte le mie attenzioni verso i vari
autori studiati si incentravano quasi sempre sulla trattazione che questi ultimi avevano riservato alla
verità. Tale è la motivazione attraverso cui questa tesina è nata e si è sviluppata.
La mia tesina, però, non intende (né potrebbe) dissertare in modo esaustivo le varie concezioni
della verità che si sono susseguite nel tempo, in quanto l’argomento trattato è troppo vasto per poter
essere sviluppato in tutta la sua completezza.
Il proposito è quello di analizzare le concezioni della verità che sono state particolarmente
rilevanti in un determinato periodo storico. Difatti, le concezioni della verità analizzate sono quasi
tutte da ricondurre all’età della crisi che va dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento,
caratterizzata da un’instabilità conoscitiva in tutti i campi del sapere.
La verità, come si noterà attraverso la spiegazione dei vari pensieri, si trasformerà, in questo
periodo, da assoluta (quale era nell’Ottocento: si pensi al Positivismo che affermava dell’assoluta
conoscibilità del reale da parte della scienza e delle verità assolute sancite attraverso il metodo
scientifico) a relativa. La concezione della verità tenderà ad essere identificata quasi da tutti i
pensatori di questo periodo come qualcosa di difficile da definire in modo netto e assoluto: la
tendenza sarà quella di considerare la verità come il frutto dell’interpretazione.
Il nuovo secolo si apre, quindi, all’insegna dell’instabilità e dell’incertezza: le solide strutture che
gli esseri umani avevano costruito con l’ausilio della ragione, crollano d’innanzi alla
consapevolezza dell’impossibilità conoscitiva della realtà e di se stessi (la scoperta dell’inconscio
da parte di Freud manifesta tale concetto).
In scienze sociali si partirà con il sociologo Max Weber ed il crollo dei vecchi valori religiosi con
il conseguente spostamento della verità nelle strutture valoriali: la concezione della verità, come si
vedrà, muterà in relazione alle nuove motivazioni dell’agire sociale.
In filosofia, con Nietzsche, si comprenderà che la verità è sostanzialmente interpretazione
soggetta al continuo divenire del tempo: una concezione della verità che, come detto sopra, sarà
ampiamente condivisa dai pensatori di questo periodo storico.
In italiano la concezione della verità come interpretazione sarà ripresa anche da Italo Svevo, in
particolare nel suo terzo romanzo, scritto proprio nel primo ventennio del Novecento.
In storia, con la propaganda fascista, si comprenderà delle verità occultate dal Regime e, quindi,
dell’interpretazione volutamente menzognera della verità storica durante la dittatura di Mussolini.
In geografia, con il relativismo culturale e il suo riconoscimento su un piano legislativo sancito
con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (evidente nell’articolo 10), ancora una
volta si comprenderà dell’impossibilità di definire la verità come unica, in quanto quest’ultima si
frammenta nella varietà delle culture e nelle interpretazioni dei suoi contenuti: nessuna cultura
detiene, come pretendeva l’etnocentrismo, valori alla cui base esistono verità assolute.
In biologia si analizzerà la sede del pensiero, l’encefalo, e le varie macchine della verità che
tentano di comprendere se questo encefalo dice la verità o sta mentendo.
In inglese, con il flusso di coscienza di James Joyce, si vedrà che, nonostante l’encefalo possa
mentire, il metodo di scrittura che utilizzò lo scrittore irlandese permetteva di rivelare verità
inconsce in quanto non controllate dalla ragione (un metodo di scrittura molto più efficace di
qualsiasi macchina della verità).
Infine, in matematica, verranno trattati i punti di minimo e di massimo assoluti e relativi nelle
funzioni: anche nel linguaggio matematico ritroviamo i concetti di relativo e assoluto utilizzati per
definire le varie concezioni della verità che si sono nel tempo susseguite.
1
Capitolo 1
Scienze sociali
Max Weber
Max Weber
Il disincantamento del mondo: lo spostamento della verità nelle strutture valoriali e le
nuove motivazioni dell’agire sociale
“In questo mondo privo di incanti, le
società umane evolvono verso
un’organizzazione sempre più
razionale e sempre più
” ( )
burocratica Max Weber
W eber parte dalla convinzione che la sociologia debba studiare le forme dell’agire sociale e la sua
riflessione lo porta a sostenere che la società moderna è caratterizzata dall’agire razionale: gli
individui agiscono attraverso una razionalità formale, ovvero una razionalità volta verso i mezzi
utili e non verso i valori ultimi. Il punto centrale risiede nello spostamento della verità all’interno
delle strutture valoriali: i vecchi valori, come i miti e le credenze religiose, sono decaduti; si
assiste, quindi, ad una secolarizzazione che si traduce in un allontanamento dalle tradizioni
religiose.
Nella società moderna la verità è data dalla scienza e dalla ragione: non a caso Weber parla di
razionalizzazione intellettualistica, in cui vi è il dominio della ragione strumentale che tralascia i
fini e si limita a interessarsi dei mezzi. È la ragione, quindi, che guida l’agire umano perché la si
ritiene capace di raggiungere determinati obiettivi.
Questo processo di razionalizzazione, però, pur avendo favorito l’economia, non ha condotto ad
altri risultati; non ha portato, spiega Weber, anche una conoscenza maggiore: in sostanza, la
consapevolezza dell’uomo sulle sue condizioni di vita sono rimaste immutate. A tal proposito
Weber fa un esempio illuminante: un cittadino, che non sia un tecnico, non conosce quasi nulla del
funzionamento del tram, nonostante questo tram venga usato tutti i giorni dal cittadino per andare al
lavoro. E, in fondo, non gli serve sapere come funziona: l’importante è che il tram ci sia tutte le
mattine per portarlo al lavoro. Un selvaggio, aggiunge Weber, conosce meglio i suoi utensili che
costruisce personalmente.
La progressiva intellettualizzazione e razionalizzazione non ha comportato anche una progressiva
conoscenza delle condizioni di vita che circondano gli individui; ciò ha comportato, invece, la
convinzione che ogni cosa può essere dominata e spiegata mediante la ragione ed è questa
convinzione che ha trasportato tutti verso quello che Weber chiama disincantamento del mondo:
non si ricorre più alla magia per dominare o per ingraziarsi gli spiriti, così come faceva il selvaggio,
ora la ragione è la nuova divinità da venerare, capace di spiegare ogni fenomeno attraverso la
tecnica e la scienza. È interessante notare che questo progresso tecnico massiccio dato dalla
razionalizzazione e che non implica anche un necessario miglioramento delle condizioni umane è
completamente agli antipodi rispetto alla concezione di progresso data dall’Illuminismo e dal
Positivismo scientista: si assiste a quello che possiamo definire un miglioramento degradante da un
punto di vista esistenziale. 3
L’origine della mentalità capitalista
Weber, dopo aver definito la società moderna dominata dalla ragione e, per questo, disincantata,
intende comprendere l’origine della mentalità capitalista: nota che nella civiltà capitalistica è
presente una concezione del dovere professionale che viene percepito come un obbligo religioso.
Tale “vocazione professionale” è strettamente collegata con la concezione protestante della vita e,
in particolare, con il calvinismo. Infatti, osserva Weber, dovunque si sia diffusa l’etica calvinista si è
assistito a un forte sviluppo del capitalismo; scopre, inoltre, nei Paesi di religione protestante,
l’esistenza di una parola, in tedesco Beruf, che richiama il concetto religioso di “vocazione” o, in
generale, di “compito imposto da Dio”: va a designare l’idea della professione come un compito
divino. Tale concetto nella parola beruf è un chiaro prodotto della riforma.
Il Calvinismo, insomma, introduce nuove motivazioni alla futura mentalità capitalista: se nelle
altre religioni l’uomo è portato a disinteressarsi del mondo per preoccuparsi del cielo, il fedele
calvinista vede nell’attività lavorativa quotidiana il segno della predestinazione degli eletti. Per il
calvinismo, infatti, l’uomo si salva soltanto grazie alla fede: la sola fede, però, porta a non avere
nessuna certezza concreta della propria salvezza ed ecco, quindi, che si crea un paradosso
psicologico che porta a credere che la salvezza sia attestata da una condotta di vita operosa; il
successo lavorativo, di conseguenza, secondo questa convinzione, va ad attestare l’effettiva
predestinazione del fedele.
L’etica dell’intenzione e l’etica della responsabilità
In relazione all’agire umano Weber differenzia due diverse etiche che specificano meglio le cause
della nascita della mentalità capitalista: l’etica cattolica viene definita da Weber un’etica
dell’intenzione in quanto l’intenzione dell’agire del fedele va a determinare il valore dell’agire in
sé: tanto più l’intenzione sarà aderente ai doveri morali religiosi tradizionali, tanto più aumenterà il
suo valore. Inoltre, secondo l’etica cattolica, quando il fedele sbaglia e pecca, può comunque
riscattarsi attraverso il sacramento della penitenza, amministrato dalla chiesa.
L’etica calvinista, invece, è l’opposto di quella cattolica: Weber la definisce l’etica della
responsabilità poiché si cura degli effetti concreti e quotidiani delle azioni umane. Nonostante la