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Sintesi
Introduzione Rapporto tra Scienza e Tecnica tesina


Questa tesina di maturità descrive il rapporto tra Scienza e Tecnica, effettuando alcuni collegamenti interdisciplinari. Tesina maturità argomenti: in Filosofia da Aristotele alla Rivoluzione Scientifica, in Inglese definition of vaccines and immune memory e in Microbiologia i vaccini ricombinanti contro l’Epatite B.

Collegamenti

Rapporto tra Scienza e Tecnica tesina


Filosofia: Da Aristotele alla Rivoluzione Scientifica.
Inglese: Definition of vaccines and immune memory.
Microbiologia: I vaccini ricombinanti contro l’Epatite B.
Estratto del documento

IL RAPPORTO TRA LA SCIENZA E LA TECNICA:

I VACCINI RICOMBINANTI COME ESEMPIO DI APPLICAZIONE

MATERIE COINVOLTE:

 FILOSOFIA: da Aristotele alla Rivoluzione Scientifica

 INGLESE: definition of vaccines and immune memory

 MICROBIOLOGIA: i vaccini ricombinanti contro l’Epatite B

Se dovessimo definire un momento in cui l’uomo ha scoperto la scienza,

immediatamente ci verrebbe da dire quando si è accorto di poter costruire

qualcosa con le proprie mani che poteva eventualmente diventare utile anche

per gli altri. Oggi, infatti, è difficile se non impossibile pensare alla scienza

senza le sue innumerevoli applicazioni tecniche che ormai sono da tutti più o

meno conosciute. L’inizio del binomio scienza-tecnica coincide con l’inizio della

scienza moderna. Il filosofo Paolo Rossi, nel suo saggio “La rivoluzione

scientifica: da Copernico a Newton” descrive la differenza nel rapporto fra

scienza e tecnica presente nella cultura, prima e dopo la rivoluzione scientifica

del 1600 “compiuta” da Galilei, Bacone e altri filosofi del tempo.

Per Platone e Aristotele (il cui pensiero ha caratterizzato in maniera

determinante tutta la cultura fino appunto al ‘600 quando è nata la scienza

moderna),esiste una sorta di proporzionalità tra l’opposizione fra gli schiavi e i

padroni e quella fra tecnica e scienza. Rossi, dice infatti che la tecnica era

vista come l’uso di oggetti sensibili e materiali e legata quindi solamente alle

opere e al lavoro delle mani; mentre la scienza era cosa ben diversa. Essa era

diretta a una contemplazione pure e disinteressata della verità, legata alle idee

e all’attività della ragione e del pensiero. Per evidenziare come per Aristotele

la scienza era considerata cosa ben diversa dalla tecnica si può sottolineare il

fatto che, nella sua classificazione delle scienza, egli considera come meno

importanti per l’uomo proprio le “scienza poietiche”, cioè quell’insieme di

discipline finalizzate alla produzione di oggetti. Le uniche discipline

propriamente scientifiche erano invece le “scienze teoretiche”, le quali hanno

per oggetto un sapere disinteressato basato su aspetti qualitativi (… “il sapere

per il sapere”…). Di queste fanno parte le scienze della natura, la matematica e

la metafisica, chiamata anche filosofia prima.

Galileo Galilei (che è appunto considerato il padre della scienza moderna) è

uno dei primi che comincia a entrare in contrasto con le idee di Aristotele,

ormai considerate come verità dalla cultura del tempo. Egli, come sostiene

sempre Rossi, si rifiuta di identificare le operazioni pratiche e manuali con il

lavoro servile e con questo rifiuto determina l’abbandono dell’antica

concezione della scienza come contemplazione della verità e quindi come pura

ricerca intellettuale. Secondo Galilei, infatti: “Se gli uomini di scienza si limitano

ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre,

ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo […](da

“Vita di Galilei di B. Brecht). Con Galilei lo scienziato diventa anche tecnico. Egli

grazie alle sue conoscenze riesce a costruire strumenti che gli permettono di

non essere più succube della natura, ma anzi di costringere quest’ultima a

rispondere alle sue domande per mezzo di un esperimento. La scienza, quindi,

non deve andare a cercare il “perché” dei fenomeni; in quanto di perché in

perché si rischia di entrare nel campo della metafisica; ma deve indagare sul

“come” e questo le è possibile grazie a quello che noi conosciamo sotto il nome

di metodo sperimentale.

L’atteggiamento di Galilei nei confronti del suo cannocchiale segna da questo

punto di vista un’importante svolta. Ciò che viene sottolineato anche da Rossi,

è la fiducia di Galilei in uno strumento nato nell’ambiente dei tecnici e ignorato

se non disprezzato negli ambienti della scienza accademica. Per quest’ultima le

lenti sono, principalmente, divertimenti o fonti di illusioni ottiche (“inganni per

la vista”). Il cannocchiale per Galilei non è uno strumento costruito per il

divertimento degli uomini ma egli lo utilizza come strumento scientifico; lo

punta verso il cielo e con esso fa diverse e importanti osservazioni. Gli

intellettuali del tempo che rifiutarono di guardare il cielo servendosi del

cannocchiale di Galilei erano sorretti da una convinzione precisa: per essi le

lenti non erano altro che mezzi per ingannare la vista. L’idea per noi così ovvia,

di un aiuto dei sensi, ottenuto con l’ausilio di strumenti meccanici, non era,

quindi, affatto ovvia all’inizio del Seicento. Per questo Galilei, Bacone e Hooke

insistono su di essa con tanta energia. Grazie all’utilizzo di strumenti tecnici, si

aprono nuovi orizzonti e nuove possibilità a importanti scienze tra cui

astronomia, fisica e biologia.

Questa svolta nel pensiero dell’epoca, cominciata con Galilei, fu portata avanti

anche da un altro dei maggiori filosofi del tempo, cioè da Francesco Bacone.

Egli fonda la protesta contro la “sterilità” della cultura tradizionale sulla

progressività,

contrapposizione della caratteristica del sapere tecnico e

immobilità

scientifico, alla che è tipica degli insegnamenti della Scolastica. Su

maestro

questa base Bacone contrappone alla figura del quella dell’inventore,

alla figura del sapiente illuminato quella dell’uomo che aggiunge un suo

contributo al lavoro di coloro che l’hanno preceduto e contribuisce in questo

modo al progresso del sapere.

Gli esempi trattati di Rossi nel suo saggio fanno ben intuire come questo nuovo

modo di considerare il sapere e questa nuova immagine della scienza

giocarono un ruolo importante e decisivo nella formazione e negli sviluppi

dell’idea di progresso. Gli scienziati cominciarono a identificare al loro lavoro,

fini decisamente differenti da quelli individuali o letterari. Ed è proprio questo il

senso della rivoluzione scientifica di Galilei: la scienza non è più un “sapere per

il sapere” ma è un “sapere applicato”, ovvero un’insieme di conoscenze e

strumenti che solamente se abbinati insieme possono avere come fine il

progresso dell’uomo.

Negli ultimi secoli, ma soprattutto negli ultimi decenni, le conoscenze

scientifiche hanno portato numerosissime applicazioni pratiche che hanno

trasformato la nostra vita. Alcune di queste sono talmente entrate nella

quotidianità che ormai non ce ne rendiamo più conto, mentre altre, le più

innovative hanno attratto la nostra attenzione. I campi in cui il progresso

scientifico è più evidente sono quelli delle biotecnologie e in particolare della

biomedicina. Grazie ai notevoli sviluppi nell’ingegneria genetica è stato

possibile produrre nuovi farmaci per eliminare e prevenire malattie che fini a

poco tempo fa erano considerate incurabili.

Il progresso della biomedicina illustra molto bene il sottile e intricato rapporto

che è presente tra conoscenza scientifica e pratica tecnico-scientifica. Le

conoscenze teoriche, infatti, qui non hanno alcun senso se non sono

accompagnate da un trattamento pratico. Tra le numerosissime innovazioni che

hanno sicuramente migliorato la vita dell’uomo, i vaccini sono i più efficaci

strumenti al servizio della scienza medica. Oggi lo studio dell’immunità è una

delle frontiere della medicina. I vaccini sono i più efficaci strumenti che l’uomo

può utilizzare per combattere e prevenire le malattie infettive.

Vaccines are biological preparation that improves organism’s immunity to a

particular pathogenic agent. They contain an agent that is similar to the

microorganism which has caused disease (generally the same microorganism

killed or inactivated or its own toxin). This agent can stimulate the immune

system as the real agent does, without causing the disease.

Vaccination is based on immune memory, a specific ability of immune system

which consists in the identification of the non-self molecules which had

previously attacked our body and which need antibodies counteracted. This is

an important ability, indeed the antibodies production is recorded by the

immune system, so that it is able to react immediately against a new attack by

the same antigen for a long period.

Vaccines could be considered preventive measures as well as a real therapy

(for examples cancer vaccine). In the last years, thanks to the development of

bioengineering, new kind of vaccines, that are called intelligent or second

generation’s vaccines, are appearing in the market place. These vaccines are

composed of antigens, obtained by molecular and genetic engineering

techniques or synthesis. First vaccine of this kind, which has be a milestone in

the fight against infectious disease, was the recombinant vaccine against

Hepatitis B.

L’epatite B è una delle forme di epatite virale determinata dal virus HBV

appartenente alla famiglia Hepadna Viridae.

L’epatite B è uno dei più seri problemi che riguardano la salute pubblica

mondiale. Al mondo si stima che ci siano 350-400 milioni di portatori cronici

dell’epatiteB e che un terzo della popolazione mondiale è portatrice di anticorpi

specifici del virus (e che quindi ha contratto il virus nel corso della propria vita).

Per dare un idea delle dimensioni di questo problema si può ricordare che gli

infetti da virus dell’epatite C sono 200 milioni e 40 milioni sono invece i

soggetti infetti con il virus HIV. Si stima che ogni anno 4,5 milioni di soggetti

contraggano il virus e che solo una parte di essi vada incontro ad epatite

cronica, cirrosi ed epatocarcinoma cellulare; l’epatite B provoca oltre 600 mila

decessi annui per le conseguenze croniche della malattia.

La modalità di trasmissione più frequente è mediante sangue ed emoderivati

infetti: trasfusione, uso di siringhe infette, interventi chirurgici, agopuntura,

interventi odontoiatrici, pratiche di laboratorio, tatuaggi, piercing, ecc. Il virus è

tuttavia presente e infettante, oltre che nel sangue, anche nella saliva,

frequente è perciò l’infezione fra tossicodipendenti che si contagiano

attraverso siringhe infette; esiste infine la trasmissione verticale di HBV dalla

gestante al feto.

L’HBV è uno dei virus più diffusi nel mondo, tanto da essere considerato tra i

primi dieci agenti infettivi killer dell’umanità. Fino a oltre la metà del secolo

scorso la storia naturale dell’infezione cronica da HBV è stata del tutto ignota.

L’epatite era da sempre chiamata “itterizia”, dalla tipica colorazione giallo

intenso assunta durante l’infezione acuta dalla pelle dell’individuo infetto. A

cousa di questa malattia si presumeva ci fosse un antigene chiamato Australia

ma non si sapeva ne che questa era una malattia virale, ne quali fossero le vie

di trasmissione.

E’ nel 1968 che si scopre che il responsabile dell’epatite B è un virus a DNA, di

dimensioni minime, 42 nanometri. L’antigene Australia, identificato come la

proteina che avvolge l’esterno del virus, viene ridefinito correttamente

antigene di superficie del virus dell’epatite B (HBV), o HBsAg. C’è anche un

antigene “c” o HBcAg, identificato nel core (cioè quella proteina che avvolge il

DNA virale), che può dare origine a un anticorpo specifico, anti-HBcAg. Infine, si

rivelerà cruciale un altro antigene, correlato ad HBcAg: l’HBeAg, la sua

presenza nel sangue indica che il virus B è in fase di replicazione attiva; il suo

anticorpo specifico, anti-HBeAg segnala invece ridotta replicazione virale, o

addirittura interrotta.

Anche il DNA del virus HBV è uno dei più piccoli mai riscontrati, composto da

soli 4 geni. “Un genoma che può produrre solo poche proteine, e di dimensioni

modeste”sottolinea il ricercatore Blumberg che per primo ha isolato questo

virus. “Ma per quanto semplice dal punto di vista biochimico, il virus

dell’epatite B mostra un comportamento ben lontano dalla semplicità”.

Nel 1970 si scopre che una delle possibile vie di trasmissione di questo virus è

sicuramente per via parenterale, dal momento che l’epatite B colpiva la metà

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