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Come la disciplina della criminologia si è sviluppata nel corso dei secoli, grazie a fatti storici, cambiamenti sociali e correnti filosofiche, in specie del XIX secolo..
Materie trattate: Storia e filosofia
1. Prefazione
Da moltissimo tempo ormai la criminologia richiama una sempre maggior attenzione
fra gli studiosi e gli studenti di molteplici discipline; dalle scienze sociali a quelle
giuridiche, psicologiche, mediche e psichiatriche, alle scienze politiche, alla
pedagogia, alla filosofia. Questo potrebbe derivare dal fatto che la criminalità non
rappresenta certo uno degli ultimi problemi che affliggono le società e non parlo solo
di quelle occidentali o di paesi a tecnologia più evoluta. Al contrario, la delinquenza,
con il passare del tempo e il progressivo mutare delle condizioni sociali è
paurosamente cresciuta, sia nel numero che nella gravità. La verità è che, accanto
all’evoluzione positiva di tecnologia e benessere, assistiamo al fenomeno parallelo
della frustrazione e del disagio che crescono in alcune persone, a causa di situazioni e
condizioni di vita non propriamente serene e che portano, degenerando, al
comportamento deviato, al sovvertimento di regole, a volte a disturbi di tipo
psicologico dannosi per se stessi e per la comunità.
Inoltre la criminologia costituisce un reale interesse perché è una disciplina di ampio
respiro, che offre l’occasione, studiando il comportamento delittuoso, di occuparsi
attentamente di un tema così affascinante quale è quello della condotta umana in
generale e delle mille e mille correlazioni che intessono e rendono complesso il
vivere dell’uomo nel mondo. Io stessa mi sono ripromessa, con questo
approfondimento, di formare una mia superiore consapevolezza in merito a tale
ambito: senza però entrare troppo nello specifico, in quanto non ne possiedo le
facoltà.
Per comprendere a fondo la criminalità e il delinquente è necessario vi sia una visione
chiara e lucida di chi vuole cimentarsi: tale visione deve abbracciare ampie vedute e
considerare attentamente tutti i fatti storici, sociali e morali, costruendo così uno
schema di fondo ampio e dettagliato, che valuta ogni possibilità e spiegazione. Una
disciplina come quella della criminologia è stata in passato oggetto di numerose
discussioni e polemiche proprio per alcuni suoi tratti
che venivano considerati come inneggianti ad atteggiamenti razzisti, discriminanti o
comunque ingiusti nei confronti di alcuni membri della società, che presentavano
tratti che venivano classificati a priori come “sbagliati”,”deviati”, “fuori dalla norma”.
Interpretazioni errate, senza dubbio e non sono io la prima a confermarlo: nel valutare
il comportamento di un uomo, bisogna considerarlo in modo imparziale e senza
pregiudizi, senza escludere possibili opzioni per partito preso. Stabilire etichette o
categorie è fuori luogo e insensato, perché il caso va valutato da singolo.
Quest’elaborazione scritta, sicuramente non soddisfa tutte le curiosità e le domande
che ci si può porre in quest’ambito: esso è di fatto troppo vasto e merita
considerazioni ben più ampie di quelle che io vengo delineando. Nonostante questa
mancanza, ho voluto comunque presentare un quadro nel complesso totale e
abbastanza preciso dell’evoluzione della criminologia nel corso dei secoli. In questo
quadro, si parte da considerazioni di tipo storico, riflettendo sulla concezione del
fattore crimine dal Medioevo fino a circa la metà del XVIII secolo, quando esso
veniva
considerato con piattezza e staticità e coloro che se ne macchiavano venivano
marchiati ed esclusi dalla società, a volte giustamente altre volte no, senza
ulteriori indagini o considerazioni. Da questo periodo si passa al XIX secolo
dove, con le rivoluzioni industriali, l’agglomeramento nei centri urbani e i
cambiamenti di vita sociale si assiste ad una sorprendente crescita di delinquenti
e criminalità, soprattutto ,appunto, nelle grandi città e nei quartieri più popolari.
Da qui nasce la necessità di una maggiore attenzione verso tale fenomeno: non
solo in ambito giuridico e sociale, ma anche scientifico e psicologico. Le
correnti filosofiche di fine Ottocento, il positivismo, l’esistenzialismo, le teorie
evoluzionistiche, con le varie riflessioni sulla condizione dell’uomo da parte di
filosofi e scienziati come Darwin, Marx, Spencer e Comte hanno indubbiamente
dato un forte contributo all’avanzamento degli studi sul crimine. Senza contare
la figura portante di tali studi, Cesare Lombroso, il medico che con le sue
considerazioni, alcune giuste altre sbagliate, ha
comunque fornito la “spinta” decisiva per lo sviluppo di questi studi, elevando la
criminologia a vera e propria “scienza”.
Quest’esposizione vuole essere un lavoro di ricerca da parte mia, ma anche una sorta
di elaborazione di alcune considerazioni in merito all’evoluzione delle teorie sul
comportamento criminale di cui oggi ci si serve, se non per sopprimere questo
fenomeno, almeno per smorzarlo e scoraggiarlo in parte. Non ho certo avuto la
pretesa di fornire interpretazioni o soluzioni, che, come ho detto prima, sono sempre
contingenti, relative al momento, all’ambiente o alla persona.
Mio intento è unicamente quello di dare un possibile spunto d’interesse ad un
argomento senza dubbio affascinante e che costituisce uno degli ambiti che mi
appassionano di più.
“
Ognuno di noi ha (…) altrettante ragioni di uccidere una ventina di suoi simili quante,
”. S.S. Van Dine, La strana morte del signor
novantanove su cento ne ha l’assassino (Philo Vance)
Benson
2.CONSIDERAZIONI STORICHE
La storia del delitto e, in genere, del comportamento deviante risale alle fasi
primordiali della vita umana, particolarmente a quelle che segnarono il passaggio
dalla vita individuale all’organizzazione della vita di gruppo. Lo studio scientifico
risale invece a circa un secolo fa, quindi a un’epoca relativamente recente, quando
l’opera di alcuni grandi studiosi, primi fra tutti Cesare Lombroso ha posto le prime
basi per lo sviluppo della ricerca e della scienza in campo criminologico.
Queste basi non sono però nate dal nulla: possiedono radici derivate dall’insieme di
fatti storici, sociali ed economici che hanno caratterizzato i secoli precedenti, in
particolare del periodo del Basso Medioevo.
Seguirà adesso un breve excursus sullo sviluppo che gli studi sul crimine hanno avuto
nel corso della nostra storia.
“ Prosperum ac felix scelus/ virtus vocatur”.
Il delitto coronato da successo prende il nome di virtù. Seneca, Hercules Furens
-Considerazioni sul MedioEvo:
Nell’età medioevale, l’interesse e l’attenzione al comportamento deviato del
criminale era praticamente inesistente. Lungi dal formarsi un’opinione in merito a tali
atteggiamenti, ci si limitava ad attribuire al condannato la pena che, secondo la legge
giudiziaria, gli spettava. Pene e condanne venivano assegnate con criteri tutt’altro che
indiscutibili: in ogni parte era presente la convinzione che il soggetto criminale
dovesse essere condannato a priori senza ulteriori indagini sul suo comportamento e
dovunque erano radicate convinzioni di discriminazione, razzismo e ostilità verso il
più piccolo comportamento giudicato “diverso”. La classe che contribuisce
maggiormente al crimine è, senza alcun dubbio, quella del popolo. I tribunali del
Medioevo punivano i reati contro la proprietà con uguale- se non maggiore- severità
che nell’epoca moderna. Il furto era sempre considerato il reato per eccellenza. Nel
registro criminale dello Chatelet di Parigi alla fine del XIV secolo si poteva vedere
che le accuse di furto costituivano almeno il 66% del totale dei reati e che, nella
maggior parte dei casi, gli accusati finivano i loro giorni sulla forca. Questa
meschinità e la totale mancanza di tatto verso un fenomeno come quello della
criminalità non hanno costituito un problema particolare per molti secoli né hanno
trovato consistenti opposizioni. Si sentirà l’esigenza di cambiamenti radicali di
atteggiamento solamente dopo la metà del Settecento, con la crescente crisi di valori
dell’ancien régime e la necessità di rivoluzionare tutti i settori e i sistemi della società,
necessità che diventerà via via sempre più pressante con la rivoluzione francese e i
.
mutamenti voluti dalle rivoluzioni industriali
”
“
Chi non punisce il male comanda lo si faccia Leonardo Da Vinci, Scritti letterari
-La crisi dell’ancien régime:
La crisi che scuote i valori e le regole dell’ancien régime va ricercata in alcuni disagi
provocati, a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento. Per metterla a fuoco
occorre fare un lungo passo indietro, risalire alla crisi definitiva del sistema feudale e
alla transizione versi modi di produzione capitalistici, in una cornice di guerre, di
carestie, di epidemie, mentre faticosamente si affermava la concezione borghese del
lavoro.
Le enormi masse di poveri, ormai avvertite come dirompenti dell’assetto sociale, la
rottura dottrinale operata dalla Riforma protestante, l’enorme falla che si verifica tra
classi sociali più alte e abbienti e classi più basse ha senza dubbio contribuito a
scuotere un sistema di idee e regole conservatore e di parte come quello dell’ancien
régime. Si assistette ad un progressivo peggioramento delle condizioni dei ceti
inferiori che verrà ancor più aggravato dalle rivoluzioni di fine Settecento nei settori
industriali.
La povertà divenne il segno della maledizione divina. Perciò non c’era motivo che
chi era escluso dalla predilezione di Dio e punito dalla sua collera non fosse anche
escluso e punito dagli uomini.
Il sistema delle pene non mutò, ma lentamente andò estremizzandosi, soprattutto
nella successiva età dell’assolutismo monarchico, tanto alla base quanto al vertice
della piramide sociale. La discriminante tra reo e reo, tra crimine e crimine, tra pena e
pena a seconda del ceto di appartenenza tanto del colpevole quanto della vittima
divenne sempre più accentuata ed esclusiva; e la gamma delle punizioni corporali
riservate ai ceti più bassi aumentò sia in varietà sia in crudeltà ed efferatezza con il
crescere della devianza e della criminalità. Il delinquente era considerato solo alla
stregua di un attentatore malvagio dell’autorità del sovrano impersonificante il potere
e, come tale, gravato anche da un giudizio di colpa di significato religioso; doveva
pertanto essere inesorabilmente punito e molto spesso materialmente soppresso. Lo
strumento fondamentale di punizione era rappresentato dal supplizio. Le infrazioni
più lievi erano punite con pene corporali, oppure con l’esilio, il bando,
l’espropriazione dei beni.
Era pressoché ignorata la prigione, il nostro fondamentale mezzo di punizione, se non
come incarcerazione in attesa di giudizio.
-Illuminismo-
Il movimento illuminista si presentava in quel contesto sociale come un ideologia
rivoluzionaria che, contro l’arbitrio, la corruzione, la superstizione, propose come
propri contenuti alternativi: l’approccio scientifico per la conoscenza della realtà; la
ragione come sostituto della tradizione, asservita all’interesse delle classi detentrici di
tutto il potere; la libertà e l’eguaglianza dell’uomo come “fatto e legge naturale”, di
fronte al privilegio di casta. Lo strumento che avrebbe consentito di ristabilire la
primitiva uguaglianza tra gli uomini e la libertà, che era andata perduta per i difetti
delle strutture sociali, era rappresentato dalla giustizia. Il mito dell’eguaglianza tra gli
uomini di fronte alla legge (“la legge è uguale per tutti”) risale a Voltaire e a
; ma l’eguaglianza proposta dagli illuministi non si riferiva al diritto di
Montesquieu
possedere uguali beni, possibilità ed alla abolizione dei privilegi di classe, ma
unicamente alla parità di tutti i cittadini di fronte all’autorità dello Stato, simbolizzato
appunto dalla giustizia, che viene a sostituirsi all’autorità del monarca, espressione
delle caste potenti.
Le teorie illuministiche svolgono un importante ruolo nella rivoluzione dei
cambiamenti sociali, in quanto rivolgono la loro attenzione non più alla società nel
suo insieme ma all’individuo singolo: esse spingono a vedere la ragione come unico