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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: "viva" americana
Autore: Sebastiano Paccini
Descrizione: Attraverso questo lavoro ho voluto dare vita ad uno scenario Newyorkese fantastico, immaginario, descrivendone il paesaggio, in relazione all'arte. Affidandomi alla mia immaginazione (supportata da reali riferimenti estrapolati da Google Earth), creando p
Materie trattate: arte
Area: umanistica
Sommario: Attraverso questo lavoro ho voluto dare vita ad uno scenario Newyorkese fantastico, immaginario, descrivendone il paesaggio, in relazione all'arte. Affidandomi alla mia immaginazione (supportata da reali riferimenti estrapolati da Google Earth), creando pagina per pagina un Mio sfondo (realizzato con la tecnica del Collage, scansionato e dunque impaginato), ho creato questo progetto, riuscendo poi, tramite la mia scuola ad impaginarlo, stamparlo e rilegarlo, dando vita ad un libro, "Viva" Americana.
“viva”
AMERICANA
“viva”
AMERICANA
SEBASTIANO
paccini
GIPcifl*
*QUESTO
LIBRO è
STATO
”Viva” Americana CREATO
Realizzato a Marzo 2008 ARTIGIANAL
*RESPONSABILE EDITORIALE: MENTE
Marmo&Nerds
*COORDINAMENTO GRAFICO:
Sergio Benedusi
*REALIZZAZIONE EDITORIALE:
Andrea Marconi
*FOTO DI COPERTINA:
Alessandro Trolli
*IDEA:
Sebastiano Paccini
GIPCIFL* “A Silvia”
è un sogno, è
”Viva”Americana Ho voluto realizzare questo
Attraverso questo libro ho voluto
una meta, è un luogo della mia libro, partendo dal fatto che
rappresentare l’immagine che
mente. è un
“Viva” Americana rappresentasse me, la mia persona.
io ho di New York, di quello che
immagine di New York. Ho deciso di non utilizzare classiche
questa città, ed in particolare alcuni immagini “standard”, ma ho creato
suoi elementi, mi comunicano. pagina per pagina un Mio sfondo,
"Viva" Americana è forse qualcosa proprio per cercare di rappresentare
che non esiste, un luogo appunto la New York che immagino.
immaginario. Ho voluto infatti realizzare questo
Con la realizzazione di questo libro libro come una specie di diario,
non ho voluto rendere omaggio o
glorificare l’America, ma ho voluto appartenente a me.
rendere onore alla sua arte. Buon Viaggio...
Attraverso questo percorso-labirinto
ho immaginato di immergermi
in un ideale e fantastico (seppur
con riferimenti reali) paesaggio
Newyorkese, percorrerne le strade e
descriverne i muri e l’arte usando la
mia fantasia ed il mioi gusto: partendo
da Obey, passando per Robert Capa, il
Museum of Modern Art, la Pop art ed
il leggendario fenomeno del Graffiti-
Writing, ho voluto descrivere quello
che questi argomenti suscitano in me,
nel mio animo, nella mia mente!
É un giorno qualunque sotto
il cielo di New York. Un cielo
strano, fantastico, turchese,
blu, giallo ed arancione.
Probabilmente è un sogno.
D’improvviso mi ritrovo
all’ombra di un edificio. Sono in
Tillary Street, a Brooklyn, poco
distante dal celebre ponte.
Probabilmente è un sogno.
Cammino ed osservo.
Mi aggiro per il quartiere,
cammino; dopo aver passato
il “Celeste Diner Restaurant”
decido di svoltare sulla destra,
in Adams Street: questa appare
enorme e trafficatissima rispetto
alle infime carreggiate che son
abituato a vedere. Proseguo
dunque per Adams Street,
che poco più avanti sfocia in
Brooklyn Bridge Boulevard;
avanzo con curiosità, senza
accorgermene supero il
Concord Village fino ad arrivare
all’altezza di Red Cross Place,
dove un poster affisso su di un
muro attira la mia attenzione:
sembra sullo stile della
propaganda del regime russo.
Il messaggio non è chiaro. Ma
è un poster incredibile, furbo e
meraviglioso. É Obey. Shepard Fairey, in arte OBEY la (ormai) celebre frase “Andrè
GIANT, è uno degli street artist e the Giant has a Posse”; nel giro di
designer contemporanei più quotati poco tempo la fotocopia e tappezza
degli Stati uniti; nato a Charleston strade, muri, pali della luce di
in South Carolina nel 1970, dopo Providence...L’adesivo si diffonde
il trasferimento a diciotto anni come un virus, divenendo a metà
a Providence per frequentare la degli anni 90 una vera e propria
Rhode Island School of Design, icona underground, con adesivi
dal 1989 fa il salto di qualità: visibili nelle città di tutto il mondo.
iniziando a pensare all’adesivo “Obbedisci al gigante,
come mezzo di espressione obbedisci ad OBEY”.
personale stampa e ritaglia per
conto proprio oltre un milione di Con la sua attività Shepard Fairey
adesivi, fino al 1996, anno in cui
“All inizio il gigante non lo vedi vuole fare in modo che le persone
“passa” il lavoro alle tipografie, riflettano, pensino ed agiscano.
neache, sembra sempre uguale a se
stesso; quando poi però capisci che il incrementando ulteriormente la Come afferma lui stesso, l’adesivo
creato non significa nulla, ma
gigante è una campagna scientifica qualità dei suoi lavori. La sua
inizi a notarlo dappertutto!”. attività inizia appunto nel corso esiste perchè le persone reagiscano
e vi cerchino un significato! In
del 1989 sui muri di Rhode Island,
quasi per gioco: Shepard coglie “Andrè the Giant” non c’è nulla da
da un annuncio pubblicitario la capire, bisogna solamente fare uno
faccia di Andrè Renè Roussimoff, sforza di immaginazione.
celebre lottatore di wrestling in Basandosi su questo, dalla
quel momento all’apice della metà degli anni 90, egli crea la
carriera, trasformandola in un campagna ObeyGiant, prendendo
spunto dal film “Essi Vivono”
ritratto stilizzato ed associandogli
di John Carpenter; partendo dal Nel corso del tempo Shepard questione. Durante la sua attività livello di Fenomeno Underground:
fatto che sia necessario fare sforzi Fairey (sempre basandosi sulla Shepard Fairey, oltre a opere dal solamente in questo modo potrebbe
figura di Andrè the Giant, divenuto signifivìcato non esplicito, ha
per comprendere determinati avere una chance di incidere
messaggi, Shepard crea questo ormai simbolo delle sue campagne) anche creato grandiose campagne profondamente sulle tendenze della
progetto per costringere le persone si è sempre più evoluto, sia nel e slogan “di ribellione”, in società,dirigerne la corrente, ed
significato dei suoi lavori che nel essere fonte di ispirazione affinchè
a confrontarsi con se stesse in relazione alla pace ed avverse
alla guerra, sfruttando figure
relazione alla loro condizione, mezzo per esprimersi: dagli stencil le persone decidano di esprimersi e
agli adesivi, dalle affissioni di
attraverso manifesti in cui il autoritarie come Nixon o icone comincino a porsi delle domande, a
manifesti fino alle esposizioni nelle
messaggio non è esplicito: della rivolta quali Angela Davis mettere in dubbio delle cose.
usando propriamente il nome gallerie, mantenendo in ogni caso ed il Subcomandante Marcos.
“Obey” riesce ulteriormente a l’obbiettivo di desensibilizzare le L’obbiettivo di Shepard è dunque
far riflettere le persone e a porsi persone nei confronti di simboli stimolare il pubblico ad arrivare
che hanno ormai assunto significati
interrogativi: “A chi obbedire? ad una propria interpretazione,
spingerlo a riflettere su ciò che
Perchè obbedire?”. La campagna precisi ed indurle a reagire.
di Obey può essere spiegata Nel corso degli anni, elaborando vede attraverso un costante
come un’esperimento nell’ambito le sue opere, Obey ha sfruttato le dialogo con l’osservatore, in cui
iconografie delle propagande dei
della fenomenologia, il cui egli stesso invia uno stimolo e
primo scopo è risvegliare nelle regimi storici, in particolare quella risponde in base alla reazione
persone un qualcosa che le metta russa e cinese, sostituendo ai temi ricevuta. Shepard Fairey, nonchè
in condizione di porsi degli originali le sue idee: in questo Obey, vuole dunque cercare di
interrogativi sul proprio ambiente, modo, svuotando le stesse del far superare a questo fenomeno il
sulla società, sul mondo in cui valore ideologico e sprigionandone
vivono; Shepard tenta di stimolare solamente il potenziale visivo
la curiosità delle persone e le porta e comunicativo, destabilizza lo
a farsi delle domande, a pensare e spettatorelo spettatore, portandolo
dunque ad agire, non il contrario! a riflettere sull’oggetto in
...Estasiato dal potere
comunicativo che emana l’opera
del “Gigante” mi allontano da
Red Cross Place e mi incammino
verso il ponte di Brooklyn, ma
l’afa presente nell’aria, forse per
via di quel cielo coloratissimo,
non mi permette di fare molta
strada. In quello stesso momento
con la coda dell’occhio vedo
un veicolo giallo percorrere la
strada nel mio stesso senso, è
un taxi! Cogliendo l’occasione
al volo alzo un braccio e questo
come fosse telecomandato si
ferma, facendomi risparmiare
non so quante ore di viaggio.
Balzo dentro al veicolo e
comunico all’autista la mia
meta, l’ ”International Center of
Photography”, al 1133 Avenue of
Americas at 43rd Street, nel vero
centro della Grande Mela, alla
ricerca del mito di Robert Capa.
Egli mi fa un cenno in segno
di aver capito e la corsa inizia.
Passando sopra alla Route278 prima sotto il Manhattan Bridge
l’auto sfreccia verso il famoso e poi sotto l’ Williamsburg
“ponte delle cicche” ed io mi Bridge; questa striscia di asfalto
ritrovo sopra ad esso: lo scenario che costeggia il mare sembra
non finire più, ma ecco che dopo
è indescrivibile, degno di un
film, degno di un sogno. Guardo aver passato gli edifici della
fuori dal finestrino e scopro Waterside Plaza io ed il mio
un’infinità di grattacieli ed “amico” prendiamo l’uscita 9 in
edifici caratterizzanti lo skyline direzione Est, per la 42nd Street,
Newyorkese, sotto l’astratto mentre l’imponente metropoli
cielo dai mille colori, mentre comincia a intravedersi. Ci
alla radio mandano l’incredibile immergiamo dunque nella 42nd
Street e l’immensità degli edifici
pezzo “You & Me Forever” dei
Lighthouse Family, come per presenti sembra farti sentire più
coronare la stupenda sensazione piccolo di un puntino, sembra
di quel momento. Il viaggio quasi schiacciarti, mentre le serie
prosegue dopo uno strano giro di hotel e “restaurant” iniziano
con inversioni di marcia e dopo a susseguirsi incessantemente.
aver affiancato le enormi cime Dopo aver superato il “Trust
di cemento dell città l’autista Hotel”, il “Capital Grille” e “La
prende l’uscita in direzione Nord Bellezza Pizza” e dopo aver
che ci immette immediatamente frettolosamente osservato Park
sulla Franklin Delano Roosevelt Avenue, l’ “Harry’s Bar” ed il
Drive, in direzione Est. Lo Grand Central Terminal voltiamo
scenario non tradisce, e la a destra, all’altezza della 6th
Avenue of the Americas, fino
lunghissima strada mi conduce
ad arrivare al desiderato
1114 Avenue of the
Americas at 43rd Street di New
York, nonchè International
Center of Photography; la mia
meta è però poco più in là, al
1133 Avenue of the Americas,
nel museo dello stesso centro di
fotografia. Pago dunque l’autista
e mi accingo ad ispezionare il
luogo... ...Dopo aver osservato
la parte esterna dell’edificio
mi decido ad entrare; la mia
attenzione è subito rivolta
al leggendario Robert Capa,
fondatore della Magnum.
Robert Capa, al secolo Endre Endre Erno Friedmann nasce dalle ingegnose menti dello
Friedmann, è uno dei più grandi il 22 Ottobre del 1913, in stesso Endre friedmann e Gerda
fotografi di guerra che il mondo Ungheria, a Budapest.“Istintivo ed Pohorylles (in arte Gerda Taro,
dell’obbiettivo abbia mai conosciuto, avventuroso, esuberante, ironico, futura compagna di Friedmann);
essi, essendo fino a quel momento
è l’emblema stesso del fotoreportage; temerario, amante del gioco, dipendenti di agenzie fotografiche,
ha immortalato gli avvenimenti più delle donne e della vita stessa,
importanti della prima metà del indisciplinato ma professionale, per aumentare i guadagni o più
secolo Novecento, realizzando nel avverso a qualsiasi costrizione semplicemente per cercare di
corso della sua carriera oltre 70000 e inseparabile dal suo lavoro “sbancare il lunario”, decidono
scatti, dalla metà degli anni Trenta di fotografo di guerra, seppure di formare una sorta di società
fino al 1954, data della sua morte. la odiasse”…Robert Capa può formata da Gerda (segretaria e
essere descritto cosi, come responsabile commerciale), Endre
un fotoreporter consapevole (assistente alla camera oscura) e
dell’importanza della sua Robert Capa (un famoso, dotato e
professione e con un atteggiamento inesistente fotografo americano);
sicuro di sé, pronto all’azione e in realtà era lo stesso Endre a
disposto a tutto pur di ottenere uno scattar le foto, ma grazie a questo
scatto con stile, elegante e inedito. stratagemma i due riescono ad
ottener incarichi prestigiosi e a
Il nome Robert Capa nasce nel guadagnar molto di più. Dopo
1936 a Parigi, più precisamente qualche mese l’inganno viene
scoperto, ma nonostante ciò, per
via dell’eccellente livello delle
fotografie, le riviste continuano
ad affidare loro degli incarichi;
da quel momento, dunque, Endre
conflitto in Indovina.