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Storia: la seconda rivoluzione industriale
Tecnologia dell'abbigliamento: dalle teorie di Taylor allo studio del lavoro ed ergonomia del posto di lavoro
Moda, disegno e progettazione industriale: i dispositivi CAD/CAM
Automazione: i sistemi di visione (l’ultima frontiera della tecnologia)
Inglese: Charles Frederick Worth
Chimica: il sapone
Economia industriale: la gestione di un’azienda e le operazioni di gestione
Matematica: le derivate
Ciò che è avvenuto nella storia
dell'umanità si ripete immancabilmente
nella storia di ciascun individuo. Dall'età
dell'inconscia felicità, qual è quella
dell'infanzia, dell'adolescenza e della
giovinezza, quando tutto sorride intorno e
il mondo è pieno d’incanto e di promesse,
si passa all'età della ragione, all'età
dell'arido vero, del dolore consapevole e
irrimediabile.
Questo secondo aspetto del pessimismo
leopardiano è detto pessimismo storico o progressivo, perché scoperto
progressivamente nel corso della storia.
La ragione è colpevole della nostra infelicità, in contrasto con la natura, madre
provvida e pia, che cerca di coprire col velo dei sogni, delle fantasie e delle
illusioni, le tristi verità del nostro essere.
In sintesi qual è il pensiero del Leopardi sul Progresso?
In molte liriche Leopardiane si evince quanto egli sia scettico verso il progresso,
infatti, nella sua penultima lirica intitolata ‘’La Ginestra o Fiore del deserto’’
esordisce immediatamente con una citazione evangelica, codesto riferimento
sta a simboleggiare il sarcasmo e l’ironia che egli prova verso filosofi idealisti e
neocattolici, che esaltano "le magnifiche sorti e progressive dell’umanità".
Storia
L’umanità si dirige verso il progresso, la
seconda rivoluzione industriale.
Per seconda rivoluzione industriale s’intende
quel periodo segnato da un forte progresso
della tecnica e dalla tecnologia in ogni campo
e scienza, e che ebbe inizio intorno agli anni
novanta del diciannovesimo secolo.
Rivoluzione perché ogni aspetto di ogni
scienza è stato sconvolto e affrontato sotto
un’ottica completamente rinnovata, e
l’aggettivo industriale si riferisce al carattere
che ha assunto, ma anche al campo che più ne rimase influenzato.
L’input a questo importante periodo storico lo dette l’Inghilterra, quando nella
prima metà del 1800, venne costruita la prima ferrovia, che collegava Liverpool
a Manchester, e registrò l’ascesa di una nuova classe sociale, la borghesia, ma
soprattutto sul suolo britannico vennero per prima applicate le teorie del
liberismo economico, enunciate da Adam Smith nel 1776.
Quest’ultimo punto, la teoria del liberismo, non è per niente da porre in
secondo piano, anzi, forse viene più semplice attribuire la nascita di questa
rivoluzione alla messa in pratica di questa teoria ricordata per la frase di
Jacques Tourgot: “Lasciateli fare (lasseiz les-faire): ecco il grande principio
dell’economia“. Il soggetto di questa citazione, come pure delle teorie
collegate, è l’imprenditore o manager, un soggetto che tuttora sta giocando il
ruolo del protagonista e che, nel diciannovesimo secolo fece la sua comparsa
nel panorama internazionale.
Il principio base del liberismo economico è piuttosto semplice: abbattere ogni
ostacolo alla libera circolazione delle merci, in opposizione a quelle che erano
le teorie del protezionismo, volte ad assicurare e a garantire gli interessi dei
proprietari terrieri, fino allora indiscussi protagonisti dello scenario economico e
sociale da secoli.
Il protezionismo faceva leva, dunque, sugli alti dazi applicati alle frontiere,
condizionando quindi le importazioni; ma lo sviluppo industriale impose che
fosse stata riconosciuta la massima libertà alle importazioni e le esportazioni,
questo per sfruttare al massimo le potenzialità della produzione in serie e della
meccanizzazione del lavoro, che erano in forte contrasto con l’attenzione alla
produzione locale, oramai viste come obsolete e superate, e incapaci d
concorrere al maggior profitto. Purtroppo le produzioni locali non riuscirono a
far fronte a queste innovazioni, che con il crollo della borsa di Vienna del 1873,
dettero inizio a una forte depressione che durò fino al 1896.
Questa crisi invase ogni paese europeo con conseguenze facilmente intuibili,
soprattutto nel campo delle industrie europee che non riuscivano a tenere il
passo di quelle d’oltreoceano e per il settore agricolo, che a stento intraprese la
strada della modernizzazione. L’unica soluzione, visto il fallimento di molte
industrie e agricoltori, pareva il monopolio, in altre parole, molte industrie pur
di sopravvivere trovarono dei metodi per controllare il mercato, in modo da
rendere meno aspra la concorrenza. Questa soluzione però comportava
l’impiego di notevoli risorse finanziarie, ormai distanti dalla realtà del singolo
proprietario o imprenditore, così le banche, non si limitarono più a prestare
denaro, dietro al quale c’era il pericolo di non avere più indietro quanto
prestato, bensì pretesero come garanzia una parte delle azioni emesse dalla
società, in questo modo le imprese non dovevano più attendere molti anni per
compiere le varie evoluzioni che il settore, in continuo rinnovamento,
richiedeva. La creazione di queste banche miste, dette così l’impulso che il
settore produttivo europeo auspicava da ormai vent’anni, e, anche stati fino a
pochi anni fa tecnologicamente arretrati, come la Germania, riuscirono a
progredire, fino a concorrere con le altre imprese d’oltreoceano.
Nel 1896, quindi, gli storici datano il fiorire della
seconda rivoluzione industriale, periodo che durerà
fino al 1913. È definita seconda poiché conobbe il
suo sviluppo in modo separato dalla prima
rivoluzione industriale, ed ebbe delle caratteristiche
che riuscirono a condizionare la società in modo più
influente rispetto alle altre innovazioni degli anni
precedenti. Questo a causa dell’importanza data
alla ricerca scientifica, che fu messa in primo piano,
come strumento essenziale contro l’esasperata
concorrenza internazionale che si era creata con
l’ingresso di Stati Uniti e Giappone nei mercati
internazionali.
Le nuove invenzioni furono così disponibili alla
grande massa, e modificarono, nella maggior parte
dei casi in modo radicale, abitudini e ritmi, basti
pensare a invenzioni del calibro di bicicletta,
telefono, telegrafo, macchina per scrivere,
pneumatici, petrolio ed elettricità. Quest’ultime, condizionarono
definitivamente il rapporto tra scienza e industria, divenendo la prima al
servizio della seconda.
Ma la rivoluzione industriale non si sviluppò solo nel senso produttivo, anzi, in
conseguenza di una rinnovata fiducia nella scienza molti medici ricercatori
riuscirono a trovare i metodi per sconfiggere malattie che fino allora erano
ritenute ineluttabili. Fecero la loro prima comparsa il vaccino, i farmaci di
sintesi, i farmaci anestetici e le tecniche
antisettiche. Quest’ultime scoperte e
invenzioni, unite alla riscoperta tecnica del
congelamento e all’introduzione dell’uso
dei fertilizzanti, non fecero altro che dare
l’impulso a un incremento demografico che
non era registrato da decenni.
Purtroppo sul piano sociale non ci furono
solo conseguenze positive, perché proprio
in questo periodo comincia a denotarsi una
crescente attenzione verso
l’organizzazione del lavoro: dopo attente analisi si arrivò a ipotizzare di
destinare ogni operaio a svolgere la medesima operazione tutto il giorno, al
fine di fargli acquisire la massima velocità, e questa teoria aprì le porte alla
piena applicazione della catena di montaggio, già teorizzata da Taylor in
passato. Tale tecnica è obiettivamente la più influente sul piano sociale, perché
ridusse l’operaio a un semplice ingranaggio che non doveva far altro che
ripetere meccanicamente la stessa azione tutto il giorno, privandolo della sua
personalità e delle energie, che venivano meno a causa dello stress provocato
dalla frenesia di svolgere il proprio compito il più efficientemente possibile.
E’ in questo clima di fervore, di rivoluzione e di fiducia nel progresso che si
sviluppano le metropoli, grandi città, che grazie alle industrie convinsero la
migrazione della popolazione dalle campagne alla città, in cerca di quel
benessere che, a causa delle forti modifiche del mercato, non potevano più
avere. E furono proprio le metropoli il fattore più importante di sviluppo, e che
inconsapevolmente influenzarono i secoli a divenire, ho ritenuto quindi
essenziale porre al centro di questa mia tesina proprio le metropoli, e in
particolare i quartieri operai, come diretta conseguenza della seconda
rivoluzione industriale.
Tecnologia dell’abbigliamento
Dalle teorie di Taylor al più moderno studio del lavoro ed ergonomia
del posto di lavoro.
Come citato in precedenza le teorie di Taylor, dopo un’euforia iniziale,
raggiunsero una fase di declino dovuto all’alienazione che gli operai subivano
durante la giornata lavorativa. Tali teorie con il tempo hanno subito
un’evoluzione e sono state perfezionate in seguito alla seconda rivoluzione
industriale, infatti, le grandi aziende che si stavano sviluppando, avevano
bisogno di un metodo di lavoro ben definito. Lentamente si è andato a definire
quello che noi chiamiamo ora Std (Studio del lavoro.)
Lo studio del lavoro comprende le tecniche specifiche dello studio dei metodi e
della misurazione del lavoro (studio dei tempi). Queste forniscono le
informazioni necessarie per assicurare il miglior impiego delle risorse umane e
materiali a disposizione di un’azienda per la realizzazione di un’attività
specifica.
Lo studio dei metodi: consiste nella sistematica raccolta, analisi ed esame
critico dei sistemi esistenti o progettati per compiere un determinato lavoro
e nello sviluppo e nell’applicazione del metodo più facile ed efficiente per
compiere il lavoro stesso.
La misurazione del lavoro: è l’applicazione di metodiche per definire il tempo
di lavoro riguardante un compito specifico, determinando il tempo richiesto
per svolgerlo secondo un predefinito standard di prestazione.
Lo studio dei metodi è stato concepito per:
1. Migliorare il processo di lavoro (eliminare il lavoro inutile, ridurre,
semplificare e standardizzare i movimenti);
2. Migliorare il layout degli stabilimenti, dei reparti e del posto di lavoro;
3. Riduzione della fatica necessaria per svolgere una determinata
mansione;
4. Il miglioramento dell’impiego dei materiali, delle macchine e della
manodopera(addestramento);
5. Infine, per il miglioramento dell’ambiente di lavoro.
Così concepito lo studio del lavoro viene a essere particolarmente legato al
problema della produttività [per ‘’produttività della manodopera’’, si può
intendere la quantità di produzione ottenibile con l’impiego di una quantità
unitaria di manodopera(ad esempio 1 ora lavorata)], infatti viene ad essere un
mezzo per aumentare la quantità dei beni prodotti, senza investire ulteriori
capitali, ma semplicemente facendo lavorare più efficacemente gli operai (NON
più attivamente!) e le macchine.
Per misurazione del lavoro, nello specifico, intendiamo applicare una tecnica
idonea a misurare la quantità di lavoro umano necessaria per svolgere un
determinato compito.
Ma come si determina ‘’La quantità di lavoro umano?’’
Essa dipende da un numero elevato di elementi, quali:
Sforzo fisico;
Sforzo mentale;
Attenzione;
Addestramento;
Capacità di coordinamento dei movimenti etc.…
Ovvero tutte quelle caratteristiche tipicamente umane che variano da soggetto
a soggetto. Se si dovesse misurare il lavoro umano secondo i parametri sopra
elencati, il compito risulterebbe molto lungo e difficile, per questo si è cercata
una grandezza legata al lavoro umano che in prima approssimazione risulti ad
esso proporzionale. Tale grandezza è il tempo che s’impiega a svolgere un
determinato compito.
Le tecniche per la determinazione del tempo necessarie per l’esecuzione di una
determinata operazione sono:
1. La stima;
2. Uso dei tempi consuntivi di produzione;
3. Cronometraggio;
La stima: si compie una stima del tempo corrente, sulla base dell’esperienza
personale e del contesto operativo. Questo è un sistema caratteristico delle
aziende a bassissimo livello organizzativo, è adatta quindi solo per piccole
unità con bassa incidenza nella voce manodopera.
Uso dei tempi consuntivi di produzione: in tal caso l’azienda raccoglie e registra
sistematicamente i tempi che s’impiegano per svolgere ogni specifica