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Sintesi
Italiano: Giovanni Verga (Il cammino fatale dell'umanità verso il progresso); Giacomo Leopardi (La storia non è progresso)

Storia: la seconda rivoluzione industriale

Tecnologia dell'abbigliamento: dalle teorie di Taylor allo studio del lavoro ed ergonomia del posto di lavoro

Moda, disegno e progettazione industriale: i dispositivi CAD/CAM

Automazione: i sistemi di visione (l’ultima frontiera della tecnologia)

Inglese: Charles Frederick Worth

Chimica: il sapone

Economia industriale: la gestione di un’azienda e le operazioni di gestione

Matematica: le derivate
Estratto del documento

Ciò che è avvenuto nella storia

dell'umanità si ripete immancabilmente

nella storia di ciascun individuo. Dall'età

dell'inconscia felicità, qual è quella

dell'infanzia, dell'adolescenza e della

giovinezza, quando tutto sorride intorno e

il mondo è pieno d’incanto e di promesse,

si passa all'età della ragione, all'età

dell'arido vero, del dolore consapevole e

irrimediabile.

Questo secondo aspetto del pessimismo

leopardiano è detto pessimismo storico o progressivo, perché scoperto

progressivamente nel corso della storia.

La ragione è colpevole della nostra infelicità, in contrasto con la natura, madre

provvida e pia, che cerca di coprire col velo dei sogni, delle fantasie e delle

illusioni, le tristi verità del nostro essere.

In sintesi qual è il pensiero del Leopardi sul Progresso?

In molte liriche Leopardiane si evince quanto egli sia scettico verso il progresso,

infatti, nella sua penultima lirica intitolata ‘’La Ginestra o Fiore del deserto’’

esordisce immediatamente con una citazione evangelica, codesto riferimento

sta a simboleggiare il sarcasmo e l’ironia che egli prova verso filosofi idealisti e

neocattolici, che esaltano "le magnifiche sorti e progressive dell’umanità".

Storia

L’umanità si dirige verso il progresso, la

seconda rivoluzione industriale.

Per seconda rivoluzione industriale s’intende

quel periodo segnato da un forte progresso

della tecnica e dalla tecnologia in ogni campo

e scienza, e che ebbe inizio intorno agli anni

novanta del diciannovesimo secolo.

Rivoluzione perché ogni aspetto di ogni

scienza è stato sconvolto e affrontato sotto

un’ottica completamente rinnovata, e

l’aggettivo industriale si riferisce al carattere

che ha assunto, ma anche al campo che più ne rimase influenzato.

L’input a questo importante periodo storico lo dette l’Inghilterra, quando nella

prima metà del 1800, venne costruita la prima ferrovia, che collegava Liverpool

a Manchester, e registrò l’ascesa di una nuova classe sociale, la borghesia, ma

soprattutto sul suolo britannico vennero per prima applicate le teorie del

liberismo economico, enunciate da Adam Smith nel 1776.

Quest’ultimo punto, la teoria del liberismo, non è per niente da porre in

secondo piano, anzi, forse viene più semplice attribuire la nascita di questa

rivoluzione alla messa in pratica di questa teoria ricordata per la frase di

Jacques Tourgot: “Lasciateli fare (lasseiz les-faire): ecco il grande principio

dell’economia“. Il soggetto di questa citazione, come pure delle teorie

collegate, è l’imprenditore o manager, un soggetto che tuttora sta giocando il

ruolo del protagonista e che, nel diciannovesimo secolo fece la sua comparsa

nel panorama internazionale.

Il principio base del liberismo economico è piuttosto semplice: abbattere ogni

ostacolo alla libera circolazione delle merci, in opposizione a quelle che erano

le teorie del protezionismo, volte ad assicurare e a garantire gli interessi dei

proprietari terrieri, fino allora indiscussi protagonisti dello scenario economico e

sociale da secoli.

Il protezionismo faceva leva, dunque, sugli alti dazi applicati alle frontiere,

condizionando quindi le importazioni; ma lo sviluppo industriale impose che

fosse stata riconosciuta la massima libertà alle importazioni e le esportazioni,

questo per sfruttare al massimo le potenzialità della produzione in serie e della

meccanizzazione del lavoro, che erano in forte contrasto con l’attenzione alla

produzione locale, oramai viste come obsolete e superate, e incapaci d

concorrere al maggior profitto. Purtroppo le produzioni locali non riuscirono a

far fronte a queste innovazioni, che con il crollo della borsa di Vienna del 1873,

dettero inizio a una forte depressione che durò fino al 1896.

Questa crisi invase ogni paese europeo con conseguenze facilmente intuibili,

soprattutto nel campo delle industrie europee che non riuscivano a tenere il

passo di quelle d’oltreoceano e per il settore agricolo, che a stento intraprese la

strada della modernizzazione. L’unica soluzione, visto il fallimento di molte

industrie e agricoltori, pareva il monopolio, in altre parole, molte industrie pur

di sopravvivere trovarono dei metodi per controllare il mercato, in modo da

rendere meno aspra la concorrenza. Questa soluzione però comportava

l’impiego di notevoli risorse finanziarie, ormai distanti dalla realtà del singolo

proprietario o imprenditore, così le banche, non si limitarono più a prestare

denaro, dietro al quale c’era il pericolo di non avere più indietro quanto

prestato, bensì pretesero come garanzia una parte delle azioni emesse dalla

società, in questo modo le imprese non dovevano più attendere molti anni per

compiere le varie evoluzioni che il settore, in continuo rinnovamento,

richiedeva. La creazione di queste banche miste, dette così l’impulso che il

settore produttivo europeo auspicava da ormai vent’anni, e, anche stati fino a

pochi anni fa tecnologicamente arretrati, come la Germania, riuscirono a

progredire, fino a concorrere con le altre imprese d’oltreoceano.

Nel 1896, quindi, gli storici datano il fiorire della

seconda rivoluzione industriale, periodo che durerà

fino al 1913. È definita seconda poiché conobbe il

suo sviluppo in modo separato dalla prima

rivoluzione industriale, ed ebbe delle caratteristiche

che riuscirono a condizionare la società in modo più

influente rispetto alle altre innovazioni degli anni

precedenti. Questo a causa dell’importanza data

alla ricerca scientifica, che fu messa in primo piano,

come strumento essenziale contro l’esasperata

concorrenza internazionale che si era creata con

l’ingresso di Stati Uniti e Giappone nei mercati

internazionali.

Le nuove invenzioni furono così disponibili alla

grande massa, e modificarono, nella maggior parte

dei casi in modo radicale, abitudini e ritmi, basti

pensare a invenzioni del calibro di bicicletta,

telefono, telegrafo, macchina per scrivere,

pneumatici, petrolio ed elettricità. Quest’ultime, condizionarono

definitivamente il rapporto tra scienza e industria, divenendo la prima al

servizio della seconda.

Ma la rivoluzione industriale non si sviluppò solo nel senso produttivo, anzi, in

conseguenza di una rinnovata fiducia nella scienza molti medici ricercatori

riuscirono a trovare i metodi per sconfiggere malattie che fino allora erano

ritenute ineluttabili. Fecero la loro prima comparsa il vaccino, i farmaci di

sintesi, i farmaci anestetici e le tecniche

antisettiche. Quest’ultime scoperte e

invenzioni, unite alla riscoperta tecnica del

congelamento e all’introduzione dell’uso

dei fertilizzanti, non fecero altro che dare

l’impulso a un incremento demografico che

non era registrato da decenni.

Purtroppo sul piano sociale non ci furono

solo conseguenze positive, perché proprio

in questo periodo comincia a denotarsi una

crescente attenzione verso

l’organizzazione del lavoro: dopo attente analisi si arrivò a ipotizzare di

destinare ogni operaio a svolgere la medesima operazione tutto il giorno, al

fine di fargli acquisire la massima velocità, e questa teoria aprì le porte alla

piena applicazione della catena di montaggio, già teorizzata da Taylor in

passato. Tale tecnica è obiettivamente la più influente sul piano sociale, perché

ridusse l’operaio a un semplice ingranaggio che non doveva far altro che

ripetere meccanicamente la stessa azione tutto il giorno, privandolo della sua

personalità e delle energie, che venivano meno a causa dello stress provocato

dalla frenesia di svolgere il proprio compito il più efficientemente possibile.

E’ in questo clima di fervore, di rivoluzione e di fiducia nel progresso che si

sviluppano le metropoli, grandi città, che grazie alle industrie convinsero la

migrazione della popolazione dalle campagne alla città, in cerca di quel

benessere che, a causa delle forti modifiche del mercato, non potevano più

avere. E furono proprio le metropoli il fattore più importante di sviluppo, e che

inconsapevolmente influenzarono i secoli a divenire, ho ritenuto quindi

essenziale porre al centro di questa mia tesina proprio le metropoli, e in

particolare i quartieri operai, come diretta conseguenza della seconda

rivoluzione industriale.

Tecnologia dell’abbigliamento

Dalle teorie di Taylor al più moderno studio del lavoro ed ergonomia

del posto di lavoro.

Come citato in precedenza le teorie di Taylor, dopo un’euforia iniziale,

raggiunsero una fase di declino dovuto all’alienazione che gli operai subivano

durante la giornata lavorativa. Tali teorie con il tempo hanno subito

un’evoluzione e sono state perfezionate in seguito alla seconda rivoluzione

industriale, infatti, le grandi aziende che si stavano sviluppando, avevano

bisogno di un metodo di lavoro ben definito. Lentamente si è andato a definire

quello che noi chiamiamo ora Std (Studio del lavoro.)

Lo studio del lavoro comprende le tecniche specifiche dello studio dei metodi e

della misurazione del lavoro (studio dei tempi). Queste forniscono le

informazioni necessarie per assicurare il miglior impiego delle risorse umane e

materiali a disposizione di un’azienda per la realizzazione di un’attività

specifica.

Lo studio dei metodi: consiste nella sistematica raccolta, analisi ed esame

 critico dei sistemi esistenti o progettati per compiere un determinato lavoro

e nello sviluppo e nell’applicazione del metodo più facile ed efficiente per

compiere il lavoro stesso.

La misurazione del lavoro: è l’applicazione di metodiche per definire il tempo

 di lavoro riguardante un compito specifico, determinando il tempo richiesto

per svolgerlo secondo un predefinito standard di prestazione.

Lo studio dei metodi è stato concepito per:

1. Migliorare il processo di lavoro (eliminare il lavoro inutile, ridurre,

semplificare e standardizzare i movimenti);

2. Migliorare il layout degli stabilimenti, dei reparti e del posto di lavoro;

3. Riduzione della fatica necessaria per svolgere una determinata

mansione;

4. Il miglioramento dell’impiego dei materiali, delle macchine e della

manodopera(addestramento);

5. Infine, per il miglioramento dell’ambiente di lavoro.

Così concepito lo studio del lavoro viene a essere particolarmente legato al

problema della produttività [per ‘’produttività della manodopera’’, si può

intendere la quantità di produzione ottenibile con l’impiego di una quantità

unitaria di manodopera(ad esempio 1 ora lavorata)], infatti viene ad essere un

mezzo per aumentare la quantità dei beni prodotti, senza investire ulteriori

capitali, ma semplicemente facendo lavorare più efficacemente gli operai (NON

più attivamente!) e le macchine.

Per misurazione del lavoro, nello specifico, intendiamo applicare una tecnica

idonea a misurare la quantità di lavoro umano necessaria per svolgere un

determinato compito.

Ma come si determina ‘’La quantità di lavoro umano?’’

Essa dipende da un numero elevato di elementi, quali:

Sforzo fisico;

 Sforzo mentale;

 Attenzione;

 Addestramento;

 Capacità di coordinamento dei movimenti etc.…

Ovvero tutte quelle caratteristiche tipicamente umane che variano da soggetto

a soggetto. Se si dovesse misurare il lavoro umano secondo i parametri sopra

elencati, il compito risulterebbe molto lungo e difficile, per questo si è cercata

una grandezza legata al lavoro umano che in prima approssimazione risulti ad

esso proporzionale. Tale grandezza è il tempo che s’impiega a svolgere un

determinato compito.

Le tecniche per la determinazione del tempo necessarie per l’esecuzione di una

determinata operazione sono:

1. La stima;

2. Uso dei tempi consuntivi di produzione;

3. Cronometraggio;

La stima: si compie una stima del tempo corrente, sulla base dell’esperienza

personale e del contesto operativo. Questo è un sistema caratteristico delle

aziende a bassissimo livello organizzativo, è adatta quindi solo per piccole

unità con bassa incidenza nella voce manodopera.

Uso dei tempi consuntivi di produzione: in tal caso l’azienda raccoglie e registra

sistematicamente i tempi che s’impiegano per svolgere ogni specifica

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