vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Greco: idea di progresso dall'età arcaica all'ellenismo;
Storia: Seconda rivoluzione industriale;
Fisica: L'elettricità;
Filosofia: positivismo e Comte;
Arte: futurismo (Boccioni - Balla), Dalla camera ottica alla fotografia;
Italiano: Il futurismo (Marinetti), Leopardi, Verga.
SCHEMA RIASSUNTIVO Nel mondo
classico Mondo latino:
Mondo greco: - Lucrezio: Progresso scientifico e
regresso
- Idea di “progresso” nell’ età morale. (De rerum natura
arcaica. V925-1100)
- Dall’atteggiamento progressista - Virgilio: - L’avvento del puer,
del V secolo a.C alla crisi dell’idea emblema di
di “progresso” del IV secolo e un’età dell’oro e di un
dell’ellenismo. rinnovamento
desiderato dai
romani. (Bucoliche IV)
- Il lavoro come spinta
all’evoluzione e al
progresso.
“Progresso“ (Georgiche I 118-159)
- Seneca: Progresso come unica
via al
Dall’antichità ai primi anni del
‘900…
Nella storia Nella filosofia
tra ‘800 e ‘900 Nell’arte
Nella letteratura - La filosofia Positivista
- Comte: padre del
- La seconda Positivismo
rivoluzione
industriale Il “Futurismo”
Verga: L’impossibilità di
ogni - Dalla camera ottica
- - Boccioni
sorta di alla fotografia.
(La città che
Marinetti
progresso. sale)
(Il
(Il ciclo dei vinti) - Balla
“Manifesto
tecnico della
Leopardi: Rifiuto letteratura
dell’idea di futurista”).
“progresso”.
Progresso
INTRODUZIONE
Il tema che ho deciso di affrontare è quello del “progresso” ed ho voluto analizzare l’idea che avevano a riguardo sia
gli antichi che le correnti e gli autori più contemporanei.
Ho potuto notare come nel corso della storia si siano alternati periodi in cui la fiducia nel progresso era molto forte,
altri in cui invece si credeva poco nelle capacità umane e più che al futuro si guardava al passato, rimpiangendo i
vecchi tempi. Ho notato inoltre che spesso al progresso scientifico e tecnologico non segua di pari passo un
progresso morale, anzi il più delle volte è accompagnato da un vero e proprio regresso morale.
PROGRESSO NEL MONDO CLASSICO
MONDO GRECO
Ho iniziato l’indagine per l’appunto nel mondo classico, dapprima in quello greco e poi in quello latino.
Già nella Grecia arcaica è possibile rintracciare una certa consapevolezza delle potenzialità evolutive dell’uomo, e
quindi della capacità che esso ha di progredire, nell’Odissea di Omero. In essa infatti, quando si parla dello stato
selvaggio dei Ciclopi, emerge la consapevolezza di trovarsi in una società molto più evoluta e quindi superiore rispetto
a quella disordinata, anarchica e senza organizzazione sociale che è quella dei Ciclopi.
La prima esplicita espressione dell’idea di progresso però la si trova in un frammento di Senofane di Colofone in cui
egli afferma che “Gli dei non rivelarono agli uomini tutte le cose fin dall’inizio, ma gli uomini con la loro ricerca trovano
nel corso del tempo ciò che è meglio”. Senofane esprime la convinzione che l’uomo progredisca nel corso del tempo,
introducendo innovazioni che non vengono rivelate dalla sapienza divina, ma elaborate dalla capacità inventiva e dalla
intelligente ricerca dell’uomo stesso.
Nello stesso periodo in cui opera Senofane però alla sua idea di progresso se ne contrappone una opposta che è
quella che vede nel passato un’età dell’oro, insomma idealizza il passato e presuppone una perdita di fiducia nella
possibilità di un’evoluzione. Qualora ci siano dei benefici, essi avranno dei costi. Un mito emblematico è quello di
Prometeo, di cui parla Esiodo nella “Teogonia” e nelle “Opere e i giorni”:
Prometeo salva l’umanità dalla distruzione sottraendo il fuoco agli dei e insegnandone l’uso, la conseguenza terribile è
che viene duramente punito.
E’ nella Grecia del V secolo però che si può registrare con sicurezza l’ampia diffusione dell’idea di progresso, a partire
dai tragici. La convinzione che la vita umana sia progredita rispetto alle origini è espressa per esempio nel “Prometeo
incatenato” di Eschilo (442 ss.), in cui Prometeo si presenta come l’iniziatore della maggior parte delle scienze e delle
tecniche che hanno avviato l’uomo, che viveva in uno stato ferino, alla civiltà, rendendolo “razionale e capace di
pensiero”. Prometeo diventa quindi l’emblema del progresso intellettuale e culturale dell’uomo.
Anche nell’Antigone di Sofocle (332 ss.) è presente una celebrazione dell’uomo e della sua grandezza (la deinotes), e
vengono quindi celebrate le sue progressive acquisizioni, dalla marineria all’agricoltura, dal dominio della natura
all’addomesticamento degli animali alla medicina. La conclusione pessimistica dell’Antigone però (l’uomo, “scopritore
mirabile d’ingegnose risorse, ora al bene ora al male s’incammina”) ci fa capire che Sofocle parla di progresso più sul
piano tecnico che su quello morale, dove resta un margine di ambiguità legata alle due possibili strade aperte alla
scelta umana, bene e male appunto.
Nelle Supplici di Euripide (195 ss.) poi c’è ancora un elogio del progresso umano, ma in una prospettiva più
tradizionale. Il progresso è visto qui come una manifestazione della provvidenza divina: l’uomo, che viveva in origine
una vita disorganizzata e bestiale, ha ricevuto dalla divinità doni come l’intelligenza e il linguaggio, il grano, la capacità
di difendersi dal freddo e dal caldo, la sua vita poi ha conosciuto un progressivo miglioramento. La prospettiva
euripidea non è dunque schiettamente progressista, anche se si ammette uno sviluppo dalle iniziali condizioni
miserevoli ad un più elevato livello di vita: l’obiettivo è piuttosto quello di sottolineare la necessità che l’uomo accetti la
sua condizione, il che in un certo senso esclude ulteriori avanzamenti e limita quindi il concetto stesso di progresso.
Un’altra serie di testimonianze è tratta dai filosofi. Democrito per esempio insiste sul bisogno (chreia) come motore
dell’evoluzione umana, che parte da uno stadio iniziale ferino e procede lentamente (kat’oligon, kata mikron) nel corso
del tempo;
Anassagora esprime la convinzione che il cosmo, guidato dal nous, si muova in senso costantemente progressivo: dal
disordine originario l’uomo evolve attraverso il possesso dell’esperienza (empeiria), della memoria (mneme),
dell’abilità (sophia) e della tecnica (techne).
Particolare attenzione al tema del progresso umano è poi offerta dai sofisti: Protagora, ad esempio pone l’accento sul
ruolo dell’uomo e delle sue capacità intellettuali nell’evoluzione. Secondo la sua visione, l’uomo ebbe in dono da
Prometeo, oltre al fuoco, il sapere tecnico (entechnos sophia), che gli consentì, nonostante la sua debolezza, di
evolvere dallo stato ferino di natura, procurandosi il necessario alla vita e soprattutto di procedere ad una
organizzazione sempre più complessa della società umana; infine, con il dono del rispetto reciproco (aidos) e dalla
giustizia (dike) da parte di Zeus, essi ottennero la capacità politica sufficiente per dare stabilità a tale organizzazione.
Particolarmente importante è la testimonianza degli storici. Un primo contributo essi lo apportano attraverso
l’affermazione dell’idea di tempo lineare. Innanzitutto essi rifiutano la concezione ciclica del tempo ma organizzano il
racconto secondo una progressione cronologica lineare.
Tucidide nei primi 19 capitoli del libro I, tratteggia, nella cosiddetta archeologia, la storia della Grecia più antica,
seguendone passo passo lo sviluppo (auxesis) e presentandola come una lenta, ma costante evoluzione da un modo
di vita semplice e quasi barbarico ad abitudini più evolute e civili, dall’isolamento allo sviluppo delle relazioni, da una
generale debolezza all’affermazione di una maggiore potenza, prendendo in considerazione fattori diversi: sviluppo
delle comunicazioni, progresso della tecnologia in campo militare e navale, crescita economica, accumulo di risorse
finanziarie.
Queste fonti si soffermano più che altro però sul progresso tecnico. E’ bene tuttavia sottolineare che non manca nelle
fonti del V secolo la coscienza del limite umano e dell’ambiguità del progresso, in quanto non necessariamente
all’avanzamento tecnico corrisponde un avanzamento morale. Per Tucidide, lo sviluppo della potenza porta con sé
una crisi morale.
Per Sofocle l’uomo, “scopritore mirabile d’ingegnose risorse”, ha di fronte a sé sia la via del bene sia quella del male:
non è dunque scontato che lo sviluppo del livello di vita vada di pari passo con un avanzamento morale, e l’uomo che
domina la natura non necessariamente è capace di dominare se stesso e di compiere opzioni moralmente valide.
Nel IV secolo sembra esserci invece una progressiva crisi dell’idea di progresso. Si registrano, infatti, posizioni
ambigue. Isocrate esprime una visione progressista nel suo Panegirico. Parla infatti dell’evoluzione dell’uomo che è
stata determinata in prima istanza dai doni di Demetra, il grano e l’iniziazione ai misteri, doni che gli Ateniesi,
privilegiati dalla dea, hanno poi diffuso presso gli altri uomini; ma Isocrate, una volta utilizzati questi argomenti a gloria
degli Ateniesi, mostra di conoscere anche la teoria secondo cui “i primi uomini apparsi sulla terra non trovarono subito
il tenore di vita che hanno adesso, ma a poco a poco (kata micron) se lo procurarono con i loro sforzi”. L’oratore
riprende così alcuni degli elementi della riflessione del secolo precedente, che individuava i motori del progresso ora
nel dio “benefattore culturale”, ora nel lento e faticoso cammino di autonoma ricerca dell’uomo. Il fatto però di
guardare al passato alla ricerca di un modello politico superiore all’esperienza contemporanea e di una generazione di
uomini, i combattenti delle guerre persiane, educati a superiori valori etico-politici, ridimensiona notevolmente il suo
progressismo.
Nella filosofia ci furono alcuni movimenti, come quello cinico, che furono decisamente antiprogressisti: la dottrina
cinica mette in discussione il valore del sapere teorico e pratico a tutto favore dell’etica e propone un rifiuto delle
acquisizioni della civiltà anche nella vita quotidiana. Ma, più spesso, il riconoscimento del valore del progresso si
accosta all’idealizzazione del passato.
Per quanto riguarda Aristotele, constatiamo che anch’egli ha una chiara visione del progresso (epidosis) della civiltà
umana specie in campo politico e culturale: tutto evolve infatti verso il proprio fine intrinseco, e ciò implica senz’altro
una visione “progressista”, per quanto lo sviluppo sia in sé già predeterminato. Tuttavia, anche Aristotele conosce il
mito dell’eterno ritorno. In entrambi i filosofi consapevolezza del progresso e teoria ciclica convivono in una versione
particolare per cui, in realtà, il mondo e la razza umana sono considerati eterni, ma singole società e comunità
possono conoscere sviluppo e decadenza, avanzamenti e regressioni. Il progresso, dunque, non è negato, ma ne
viene sottolineato il carattere limitato e temporaneo; inoltre, cosa più importante, il progresso tecnico spesso si
accompagna alla corruzione morale, con una idealizzazione dell’uomo “antico”, più debole ma eticamente migliore,
che si ritrova anche in altri autori come Dicearco e Teofrasto.
In età ellenistica, epoca di grande progresso scientifico e tecnologico nei campi più diversi (astronomia, medicina,
geografia, matematica; tecnica militare, architettura) e di sviluppo della società, la fiducia nel progresso sembra esser
rimasta stabile, nonostante la si ritenga in genere un’epoca di ripiegamento e di disillusione, che avrebbe fatto
declinare le speranze in una ulteriore evoluzione della condizione umana. Filosofi come Epicuro e Zenone mostrano,
in realtà, fiducia nella conoscenza e nella capacità umana di migliorare.
MONDO LATINO
Per quanto riguarda il mondo latino si ritrovano idee contrastanti sull’idea di progresso, ed anche qui c’è spesso una
netta contrapposizione tra progresso intenso in senso strettamente tecnologico-scientifico e progresso “morale”.
E’ il caso di Lucrezio: nel De rerum natura egli dice che sì, le tecniche e le arti sono utili nella misura in cui liberano