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Storia dell'arte - "Il vecchio chitarrista cieco" di Pablo Picasso
Storia - Persecuzione nazista e campi di concentramento
Italiano - novella "I mendicanti" di Cesare Pavese
Tedesco - "Fahrend in einem bequemen Wagen" di Bertolt Brecht
Inglese - "Down and out in Paris and London" di George Orwell
Economia - associazione "Clochard alla riscossa "
Troverete all’ inizio di ogni argomento una mia introduzione in italiano, utile per
dare continuità al discorso presentato.
Buona lettura.
DOVE L’UMANITÀ SI PERDE
“Quaggiù la povertà è vergogna che nessun merito lava; è
delitto non punito dalle leggi, ma perseguitato più
crudelmente dal mondo”.
Ugo Foscolo Francese
LA FUGA
L’uomo smette di essere considerato tale quando mancano i presupposti che lo
rendono parte della società: la casa, il lavoro, la famiglia.
Questi, che da sempre sono i valori che consentono una convivenza civile tra
nuclei di persone con culture abitudini diverse, erano particolarmente radicati
nella borghesia ottocentesca, che ipocritamente li professava e nell’intimità
della vita quotidiana li tradiva.
Il culto della famiglia era un obbligo, eppure infinite schiere di prostitute e
amanti attendevano i padri di famiglia nei bordelli, dove gli uomini si
ubriacavano e tornando a casa picchiavano le mogli e i figli; il lavoro era una
forma di schiavitù per le classi più povere, costrette ad un rapido logoramento
fisico e psicologico, poiché non godevano di alcun diritto. Insomma, questa
ipocrisia comunitaria (che in parte persiste ancora oggi) era accettata dalla
maggioranza della popolazione come indiscutibile, fatta eccezione per tutti
quegli artisti che, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, scelsero di
abbandonare le convenzioni per affrontare meglio quel viaggio allo scoperta
della verità, fatto di povertà, assenzio e droga: era il periodo dei bohèmien.
ARTHUR RIMBAUD (1854-1891)
Né à Charleville (Est de la France) dans un milieu
bourgeois, Rimbaud manifeste dès l’adolescence un
sentiment de violente révolte contre la société, la
religion, la misère et la guerre.
Au début du 1870 Izambard, un de ses professeurs, lui
fait découvrir et connaître les poètes célèbres parisiens,
parmi les quels Verlaine aussi, son futur amant.
À l’âge de seize ans Arthur Rimbaud accomplit sa
première fugue vers la capitale française mais il
s’échappe sans argent et il est arrêté sur un train, sur le quel
il voyageait sans billet. Grâce à l’aide de son professeur Izambard il est libéré,
mais il s’enfuit de nouveau à pied le 25 septembre 1870, depuis un seul mois
passé chez soi. Retrouvé par la police, Rimbaud est emmené forcément chez sa
mère, où il vit jusqu’au début de l’année suivante.
En 1871 il s’échappe encore une fois vers Paris, où Verlaine le rend célèbre
dans les milieux littéraires du temps; la relation amoureuse entre les deux
hommes fait scandale mais ils vivent au dehors des conventions de la société,
aussi pour ce qui concerne la dépendance des drogues et de l’absinthe.
Depuis la rupture dramatique avec Verlaine en 1873, Rimbaud s’en fuit une
dernière fois de Paris et il voyage beaucoup autour de l’Europe et, plus tard, en
Afrique aussi. Il devient trafiquant d’armes et il conduit beaucoup des travaux
différents, jusqu’au 1891, année de sa mort à Marseille.
POÉTIQUE
Arthur Rimbaud a été un écrivain très précoce, en effet toutes ses œuvres ont
été écrites entre le 1870 et le 1875. Dans cette période-là Rimbaud était dans
le milieu de son adolescence, caractéristique qui explique le sens puissant de
révolte contre la société et ses conventions qui domine ses poèmes.
On rappelle quarante-quatre poèmes rimbaldiens, parmi lesquels j’en présente
un ci-dessus. Ma bohème
Je m'en allais, les poings dans mes poches crevées;
Mon paletot aussi devenait idéal,
J'allais sous le ciel, Muse! et j'étais ton féal;
Oh! là là! que d'amours splendides j'ai rêvées!
Mon unique culotte avait un large trou.
-Petit-Poucet rêveur, j'égrenais dans ma course
des rimes. Mon auberge était à la Grande-Ourse.
-Mes étoiles au ciel avaient un doux frou-frou.
Et je les écoutais, assis au bord des routes,
Ces bons soirs de septembre où je sentais des gouttes
De rosée à mon front, comme un vin de vigueur;
Où, rimant au milieu des ombres fantastiques,
Comme des lyres, je tirais les élastiques
De mes souliers blessés, un pied près de mon cœur!
La mia bohème
Me ne andavo, i pugni nelle tasche sfondate;/E anche il mio cappotto diventava ideale;/Andavo
sotto il cielo, Musa! ed ero il tuo fedele;/Oh! quanti amori splendidi ho sognato!/I miei unici
pantaloni avevano un largo squarcio./-Pollicino sognante, nella mia corsa sgranavo/rime. La mia
locanda era sull'Orsa Maggiore./- Nel cielo le mie stelle facevano un dolce fru-fru./Le ascoltavo,
seduto sul ciglio delle strade,/In quelle belle sere di settembre in cui sentivo gocce/Di rugiada
sulla fronte, come un vino di vigore;/Oppure, rimando in mezzo a fantastiche ombre,/Come lire
tiravo gli elastici/Delle mie scarpe rotte, un piede vicino al cuore!
COMMENTAIRE
Rimbaud s’en fuit très jeune de l’environnement bourgeois dans lequel il était
né et il conduit une existence insouciante et très
pauvre, toujours à la recherche de la vraie vie
dans toutes ses formes (l’amour, la folie, la
drogue, la poésie).
Son désir d’absolu l’emmène à se révolter contre
l’hypocrisie de la société et avec l’errance et la
fantaisie il peut quitter la réalité qui lui ressemble
vide, pour se réfugier dans le rêve d’un ailleurs
différent.
Ce poème nous montre exactement les sentiments du petit voyageur que
Rimbaud était en 1870, soit pour les thèmes dont il parle, soit pour la forme
très libre de verses.
Mais la condition de pauvreté dans laquelle le poète se retrouve n’est pas
négative, elle est au contraire vécue comme une fantaisie de la jeunesse,
pleine des espoirs et d’amusement.
La rupture avec le monde bourgeois est évidente dans l’image des « poings
dans mes poches crevées » : bien sans richesses, le poète s’en fuit avec orgueil
et satisfaction vers une destination pas précisée, condition que l’emmène à
rêver beaucoup.
Le protagoniste n’a pas domicile fixe mais il trouve de la joie à se promener
sous le ciel nocturne, tandis qu’il lui semble de pouvoir posséder les
étoiles : « mes étoiles au ciel avaient un doux fru-fru ».
Le poète vagabond n’a aucun lien, mais le voyage lui cause plaisir grâce à la
protection de la nature, que paraît au poète comme le lieu idéal dans lequel les
maux physiques viennent oubliés parce que l’amour les vainc. Les « gouttes de
rosée » sont pour lui une façon de se renforcer et même dans les moments les
plus obscures (« au milieu des ombres fantastiques ») la poésie et la musique
viennent le sauver (« comme des lyres je tirais le élastiques de mes soulier
blessés » ).
Ce vagabondage heureux et insouciant domine le poème, avec lequel Rimbaud
veut décrire la joie de la fugue matérielle et spirituelle, en rupture avec la
société du profit et la morale.
On ne sait pas dans quelle mesure ce poème est autobiographique mais c’est
probable qu’il ait le but d’ironiser sur les aventures de Rimbaud-même. La
musicalité du poème est blessée du mélange de la langue écrite et de celle
familière, une dernière rupture avec la société qui oblige le poète à errer sans
cesse à travers le monde et son esprit.
L’OBBLIGO
Diversa sorte tocca a chi non sceglie di abbandonare la società, ma è costretto
a farlo per volere stesso di quest’ultima: parlo dei disoccupati senza famiglia,
dei disabili, dei tossicodipendenti e dei malati mentali in genere, individui che
avrebbero bisogno di cure particolari ma che sono lasciati a loro stessi, nella
cruda legge della sopravvivenza della strada. Il sole dei morenti.
Su di loro Jean-Claude Izzo ha scritto un romanzo, In questo
libro l’autore racconta la struggente storia di
Rico, un senzatetto che decide di fare il suo
ultimo viaggio verso Marsiglia per morire in
una città calda e soleggiata, totalmente
diversa dalla Parigi in cui aveva vissuto per
molto tempo e nella quale aveva visto
morire il suo migliore amico Titì a causa del
freddo e degli stenti.
Durante questo ultimo viaggio fisico verso il
mare, Rico ripercorre a ritroso la sua
esistenza, descrivendo la caduta in povertà
in conseguenza al fallimento del suo matrimonio e all’abbandono da parte della
moglie adultera, raccontando anche dell’indifferenza dei suoi amici borghesi ed
egoisti, che lo tradiscono un’ultima volta lasciandolo solo nella disperazione più
totale.
Ne riporto alcuni estratti qui di seguito:
“É l’amore che sparisce. Ovunque. Proprio così. Fra marito e moglie.
Fra padre e figlio. Fratello e sorella. Fra due amici... Porte che si
chiudono. Fino all’ultima, un giorno. L’ultima porta prima dell’inferno.
L’inferno, la strada. La miseria.
In quanti erano, come lui, a vivere per strada? Sulle strade di Francia?
Nessuno li contava più. Centinaia, si diceva. Migliaia. Si contavano
solo i morti, e solo d’inverno.”
“ Era un’illusione credere di potersela ancora cavare, di potersi rifare
uno straccio di vita restando in mezzo alla strada. [...] Un giorno o
l’altro sarebbe crollato. Un giorno o l’altro non avrebbe più avuto la
forza di fare niente. Del resto già da quel pomeriggio non aveva avuto
più la forza di fare granché. Avevano funzionato soltanto i meccanismi
dell’abitudine, non la volontà.”
“ Il controllore lo squadrò. Dovevano avere più o
meno la stessa età. Due uomini. Della stessa
generazione. ma uno aveva un lavoro, uno stipendio
e un briciolo di potere e l’altro non aveva più niente,
soltanto quattro stracci in un vecchio zaino.”
“<Dai, Rico, questa non è vita. Lo sai benissimo> <E
cos’è la vita? Quella?>
Aveva indicato un tipo in giacca e cravatta che gli
stava passando davanti, di fretta, con un cellulare
incollato all’orecchio.
<Quella vita lì l’ho già vissuta. So dove porta. Esattamente dove sono
oggi.>” Arte
LA RAPPRESENTAZIONE
Avendo vissuto in prima persona in condizioni di promiscuità e miseria, Picasso
ha rappresentato in diverse tele la sofferenza e la disperazione dei miserabili.
Chi tra i mendicanti suona uno strumento musicale ha una possibilità in più di
raccogliere l’elemosina, ciò non toglie, però, che l’estrema miseria lo privi a
poco a poco dell’energia vitale.
La strada concede poche speranze, ne è un esempio l’opera che presento qui
di seguito.
PABLO PICASSO (1881-1973)
LA VITA
Picasso nasce nel 1881 in Plaza de la Merced a Malaga da una famiglia della
piccola borghesia. A causa del
lavoro del padre, artista ed
insegnante di disegno nella
scuola di Belle Arti, la famiglia si
trasferisce a La Coruna
(all’estremo nord della Spagna
occidentale) e successivamente a
Barcellona, dove Picasso rimane
fino all’età di ventiquattro anni.
Fin da piccolo Pablo dimostra uno
spiccato talento per l’arte, motivo di orgoglio per il padre pittore, che lo assiste
nei processi artistici che compie. Questo genio artistico si sviluppa, però, a
scapito degli studi, che Picasso abbandona definitivamente all’età di sedici
anni, preferendo alla formazione dell’Accademia un lavoro da autodidatta, che
realizza visitando minuziosamente il museo nazionale del Prado a Madrid.
Influenzato dalla cultura bohèmien e stanco dell’ambiente borghese che lo
circonda, a diciannove anni (1900) Picasso intraprende il suo primo viaggio
verso Parigi, capitale dagli intensi scambi culturali; lì soggiorna per un lungo
periodo in un vecchio edificio (il Bateau-Lavoir) situato ai piedi di Montmartre,
vivendo in condizioni di promiscuità e miseria con l’amico Max Jacob e altri
artisti di passaggio. In questi anni Pablo conosce la prima donna della sua vita,
la studentessa Fernande Olivier, che successivamente dice di lui:
“Picasso era un uomo piccolo, nero, mal vestito e mal messo; al primo
sguardo non vi era nulla di attraente in lui. Ma gli occhi! Il suo
sguardo penetrante attirava l’attenzione di chiunque. Era impossibile
capire donde venisse; ma questa illuminazione, questo fuoco interno
che sentivo in lui, gli dava una specie di magnetismo al quale non
potei resistere.”
Nonostante la sua condizione di estrema povertà, infatti, Picasso era un uomo