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Introduzione Satira - Tesina
Ho scelto la satira come argomento della mia tesina di maturità perché la satira è un genere che non conosce limiti. Il vero satirico colpisce la vittima ma sa coinvolgere con intelligenza anche se stesso senza paura, anzi con generosità, talvolta con piacere.
La satira è etica, non è l’insulto gratuito, non si fossilizza sui dettagli contraddittori o semplicemente ridicoli dei potenti o della società, ma semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi, mette in discussione le convinzioni, esprime attraverso il παίζειν piccole verità o giudizi carichi di valenza morale, caratteristica ribadita anche dalla Corte di Cassazione, che pochi anni fa si è pronunciata sul problema (soprattutto televisivo) “Che cosa è satira?”:
«Si intende per satira quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di "castigare ridendo mores", ovvero di presentare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene.»
Più in particolare, questa tesina ha la pretesa di spiegare l'essenza del genere satirico, prendendo in considerazione due dei suoi aspetti fondamentali: la satira politica e la satira sotto il segno del “serio-comico”. Per trattare questi argomenti ho scelto gli autori a mio giudizio più rappresentativi ed originali, con un'analisi del loro operato e l'esemplificazione delle tematiche attraverso le opere più significative.
Collegamenti
Satira - Tesina
Italiano:
Leopardi, Operette Morali
Latino:
Seneca, Apokolokyntosis
Greco:
Luciano di Samosata
Inglese:
George Orwell, 1984
LA SATIRA:
tra παίζειν e ονομαστί κωμωδειν
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Premessa
Ho scelto la satira come argomento del mio lavoro perché la satira è un genere che non conosce limiti. Il vero
satirico colpisce la vittima ma sa coinvolgere con intelligenza anche se stesso senza paura, anzi con
generosità, talvolta con piacere.
La satira è etica, non è l’insulto gratuito, non si fossilizza sui dettagli contraddittori o semplicemente ridicoli
dei potenti o della società, ma semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi, mette in discussione le
convinzioni, esprime attraverso il παίζειν piccole verità o giudizi carichi di valenza morale, caratteristica
ribadita anche dalla Corte di Cassazione, che pochi anni fa si è pronunciata sul problema (soprattutto
televisivo) “Che cosa è satira?”:
«Si intende per satira quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è
addossata il compito di "castigare ridendo mores", ovvero di presentare alla pubblica opinione aspetti
criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere
etico, correttivo cioè verso il bene.»
Corte di Cassazione, sentenza 9246, 2006
Più in particolare, questa tesina ha la pretesa di spiegare l'essenza del genere satirico, prendendo in
considerazione due dei suoi aspetti fondamentali: la satira politica e la satira sotto il segno del “serio-
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comico” o Per trattare questi argomenti ho scelto gli autori a mio giudizio più
rappresentativi ed originali, con un'analisi del loro operato e l'esemplificazione delle tematiche attraverso le
opere più significative.
Per quanto riguarda la satira appartenente al genere “serio-comico”, ho scelto di trattare Luciano di Samosata
e Giacomo Leopardi, due autori non propriamente noti come scrittori di satire, ma nelle cui opere (sebbene
non tutte) è rintracciabile una vena satirica caratteristica e una raffinata capacità di sollecitare il lettore
attraverso l’espressività del linguaggio, l’ironia, la dissacrazione o ancora attraverso un gioco di arte allusiva
(per citare l’espressione del critico novecentesco Giorgio Pasquali), tutti fattori che li hanno resi
emblematici.
Il secondo aspetto trattato, quello della satira politica, prende in considerazione uno dei periodi storici in cui
essa ha avuto più successo, quello del regime nazi-fascista, e un autore, George Orwell, che con la sua opera
più famosa, Nineteen Eighty-Four, ha messo in luce gli aspetti maggiormente negativi di tali regimi,
concentrandosi in particolare su quello stalinista.
Un argomento a sé stante, più particolare, riguarda invece l’Apokolokyntosis di Lucio Anneo Seneca, ma di
questo parlerò in seguito. 1
Lo spirito dissacratorio di Luciano di Samosata
Nella letteratura greca manca uno specifico genere satirico, ma una vena moralistica e parodistica, affine a
quella della satira vera e propria, all’insegna del παίζειν e dell’ονομαστί κωμωδειν è rintracciabile in
numerose opere catalogabili sotto generi diversi. E’ il caso della Batracomiomachia pseudo-omerica, i
giambi dei lirici arcaici quali Archiloco, Simonide, Ipponatte, le commedie aristofanee, i giambi callimachei
che si presentano come ripresa e allo stesso tempo innovazione dei giambi d’età arcaica. Tra questi,
sicuramente, occupa uno spazio importante Luciano di Samosata.
Dall’antichità ci è pervenuto un ampio corpus di scritti lucianei. Tra questi, le opere più importanti sono
quelle della maturità che si raccolgono nel filone della satira filosofico-religiosa, in cui Luciano affronta i
temi della filosofia e della religione con una vena che lo caratterizza di anti-dogmatismo. Nel mirino di
Luciano entrano un po' tutte le scuole filosofiche: aristotelismo, platonismo, stoicismo ed epicureismo, ma
sopratutto i filosofi della διατριβή cinico-stoica. A questo proposito citerei La morte di Peregrino. Peregrino
fu un filosofo cinico molto noto che Luciano conobbe quando ritornò in Atene. Di Peregrino si ricorda la
morte plateale e teatrale, infatti si diede fuoco durante i giochi di Olimpia nel 165 d.C. per sostenere le sue
tesi filosofiche. Luciano bolla la morte di Peregrino come la morte di un fanatico. Peregrino ci viene dunque
presentato come un guru pericoloso perché può instillare nella mente dei giovani delle idee disastrose.
Inoltre, fu uno pseudo-filosofo dal momento che in vita si è comportato al contrario di come predicava: era
un adultero, un parricida e un pederasta. Quindi Luciano non mostra nei suoi confronti alcuna comprensione,
anzi una diffidenza verso tutte quelle filosofie che diventano imposizioni religiose.
All'interno delle opere satiriche, però, lo spazio maggiore è dato ai Διάλογοι, l'opera più raffinata, viva e
fortunata di Luciano insieme al romanzo La storia vera. Per tradizione vengono suddivisi in quattro raccolte:
i dialoghi degli dei, i dialoghi degli dei marini, i dialoghi delle cortigiane e i dialoghi dei morti. Con essi,
Luciano fa rivivere la tradizione del διάλογος platonico dandogli però una veste e sopratutto contenuti nuovi,
oltre che una nuova lingua. I primi due sono bozzetti ambientati tra gli dei olimpici o marini, spesso ispirati
ad un senso dell'ironia quasi aristofanea, però senza la libertà e la παρρησια di un Aristofane, ma con la
precisa volontà di demitizzare, e quindi abbassare a livello umano, le figure divine. Gli dei che ci presenta
Luciano sono tutti ridotti di dimensione, alle prese con la vita quotidiana e domestica, si arrabattano fra mille
difficoltà, litigano e si lamentano continuamente come gli uomini. Famosissimo è il dialogo di Hermes che si
lagna delle sue fatiche e dei troppi incarichi che Zeus gli ha affidato. Quindi, in generale, il pantheon
lucianeo è ridotto a dimensioni umane, anzi meno che umane.
Luciano non parodizza solo concetti filosofici o figure spostate ad un livello più basso, ma dal suo operato
escono anche immagini deformate di concetti scientifici, perlopiù resi paradossali dall’υπερβολή e dal
παράδοξον. Questi elementi si ritrovano soprattutto ne La storia vera, un romanzo eccezionale non solo per
il fatto che rappresenta il primo "romanzo di fantascienza" dell'antichità, ma anche perché esso è frutto di un
immenso sapere libresco che l'autore ha introiettato e utilizzato in una chiave comico-satirico-parodistica. La
parodia si muove nei confronti di diversi generi letterari: in primis l'epos omerico, le Argonautiche, le
tragedie del V secolo, perfino l'idea dell'arcadia teocritea. Nell'incipit del romanzo, Luciano avverte il lettore
del fatto che l'unica cosa vera all'interno del libro è il fatto che non c'è nulla di vero.
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Nel complesso, Luciano ha avuto il merito di aver vivacizzato quel panorama piatto e insulso rappresentato
dalla neosofistica. Riesce ad ottenere questo scopo con un'unica arma: un'ironia implacabile che investe tutti,
uomini e dei, figure storiche o mitiche. Luciano non risparmia nessuno, è uno scrittore fortemente anti-
dogmatico e in questo senso è figlio dei suoi tempi, tempi in cui è difficile credere in qualcosa (fanatismo,
irrazionalismo, superstizione). Ecco perché il suo gioco letterario può valere come un giudizio fortemente
critico verso i valori tradizionali. La sua è una lotta sistematica contro ogni mistificazione, religiosa o
morale, e contro concetti etici, religiosi, scientifici.
Nei secoli Luciano ha lasciato eredità in quegli scrittori affascinati dalla sua creatività e fantasia, come
Rabelais (Gargantua) o Swift (Gulliver's travel) per approdare al nostro Pinocchio che viene ingerito nella
pancia della balena.
Non dobbiamo però dimenticare che le opere lucianee, i Dialoghi in particolare, hanno fornito un esempio di
stile e contenuto ad un illustre rappresentante della letteratura italiana: Giacomo Leopardi.
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Il Leopardi lucianeo: le Operette Morali
Nello Zibaldone, in data 29 luglio 1821, si legge questa riflessione: «A scuotere la mia povera patria, e
secolo, io mi troverò aver impiegato […] le armi del ridicolo ne’ dialoghi e novelle lucianee ch’io vo
preparando»
Come emerge dal passo sopra citato dello Zibaldone, Leopardi ha in mente un'idea precisa nel momento in
cui inizia a comporre quest’opera. Innanzitutto si prefigge un fine pratico, che è quello di “scuotere” la sua
“povera patria” e il suo “secolo”. Inoltre, immagina delle prosette satiriche, il cui modello è il dialogo di
Luciano. Quindi le prime Operette sono dialoghi costruiti intorno a due personaggi con un rapido scambio di
battute. In questo modello lucianeo, Leopardi trova anche la motivazione per la scelta dei suoi attori che non
sono sotto il segno del realismo ma sono personaggi-concetto: incarnano non solo degli alterego leopardiani
ma anche idee astratte. Ecco perché abbiamo personaggi famosi come Colombo, Tasso o Parini, ma anche
persone comuni come l'islandese; personaggi del mito come Prometeo; figure astratte come la moda, la
natura, la morte; miti non classici come il gallo silvestre; romanzi romantici tedeschi come il folletto.
In ogni caso, secondo il parere della maggior parte della critica novecentesca, non si può negare che
all’origine della genesi delle Operette Morali stiano “dialoghi e novelle lucianee”.
Il Leopardi degli anni Venti si mostra più attento a determinati aspetti della scrittura dialogica lucianea, quelli
che gli avrebbero permesso di arricchire il suo progetto culturale e letterario con le “ armi del ridicolo”
adeguate a “questo ridicolissimo e freddissimo tempo” (Zib., 27 luglio 1821). Con lo scopo appena
esplicitato di attaccare l’aridità e l’inconsistenza dei tempi moderni, Leopardi non può fare a meno del
richiamo ai generi posti sotto il segno del “serio-comico”, così come li ha definiti il critico russo Bachtin,
soprattutto per il particolare rapporto con la realtà che ne scaturisce: un rapporto nuovo, in cui la
contemporaneità viene assunta come oggetto di rappresentazione seria e comica al tempo stesso, senza alcun
tratt