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Sintesi

Introduzione Satira - Tesina



Ho scelto la satira come argomento della mia tesina di maturità perché la satira è un genere che non conosce limiti. Il vero satirico colpisce la vittima ma sa coinvolgere con intelligenza anche se stesso senza paura, anzi con generosità, talvolta con piacere.
La satira è etica, non è l’insulto gratuito, non si fossilizza sui dettagli contraddittori o semplicemente ridicoli dei potenti o della società, ma semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi, mette in discussione le convinzioni, esprime attraverso il παίζειν piccole verità o giudizi carichi di valenza morale, caratteristica ribadita anche dalla Corte di Cassazione, che pochi anni fa si è pronunciata sul problema (soprattutto televisivo) “Che cosa è satira?”:

«Si intende per satira quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito di "castigare ridendo mores", ovvero di presentare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene.»
Corte di Cassazione, sentenza 9246, 2006


Più in particolare, questa tesina ha la pretesa di spiegare l'essenza del genere satirico, prendendo in considerazione due dei suoi aspetti fondamentali: la satira politica e la satira sotto il segno del “serio-comico”. Per trattare questi argomenti ho scelto gli autori a mio giudizio più rappresentativi ed originali, con un'analisi del loro operato e l'esemplificazione delle tematiche attraverso le opere più significative.



Collegamenti


Satira - Tesina




Italiano:

Leopardi, Operette Morali



Latino:

Seneca, Apokolokyntosis



Greco:

Luciano di Samosata



Inglese:

George Orwell, 1984

Estratto del documento

LA SATIRA:

tra παίζειν e ονομαστί κωμωδειν

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Premessa

Ho scelto la satira come argomento del mio lavoro perché la satira è un genere che non conosce limiti. Il vero

satirico colpisce la vittima ma sa coinvolgere con intelligenza anche se stesso senza paura, anzi con

generosità, talvolta con piacere.

La satira è etica, non è l’insulto gratuito, non si fossilizza sui dettagli contraddittori o semplicemente ridicoli

dei potenti o della società, ma semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi, mette in discussione le

convinzioni, esprime attraverso il παίζειν piccole verità o giudizi carichi di valenza morale, caratteristica

ribadita anche dalla Corte di Cassazione, che pochi anni fa si è pronunciata sul problema (soprattutto

televisivo) “Che cosa è satira?”:

«Si intende per satira quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è

addossata il compito di "castigare ridendo mores", ovvero di presentare alla pubblica opinione aspetti

criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere

etico, correttivo cioè verso il bene.»

Corte di Cassazione, sentenza 9246, 2006

Più in particolare, questa tesina ha la pretesa di spiegare l'essenza del genere satirico, prendendo in

considerazione due dei suoi aspetti fondamentali: la satira politica e la satira sotto il segno del “serio-

.

comico” o Per trattare questi argomenti ho scelto gli autori a mio giudizio più

rappresentativi ed originali, con un'analisi del loro operato e l'esemplificazione delle tematiche attraverso le

opere più significative.

Per quanto riguarda la satira appartenente al genere “serio-comico”, ho scelto di trattare Luciano di Samosata

e Giacomo Leopardi, due autori non propriamente noti come scrittori di satire, ma nelle cui opere (sebbene

non tutte) è rintracciabile una vena satirica caratteristica e una raffinata capacità di sollecitare il lettore

attraverso l’espressività del linguaggio, l’ironia, la dissacrazione o ancora attraverso un gioco di arte allusiva

(per citare l’espressione del critico novecentesco Giorgio Pasquali), tutti fattori che li hanno resi

emblematici.

Il secondo aspetto trattato, quello della satira politica, prende in considerazione uno dei periodi storici in cui

essa ha avuto più successo, quello del regime nazi-fascista, e un autore, George Orwell, che con la sua opera

più famosa, Nineteen Eighty-Four, ha messo in luce gli aspetti maggiormente negativi di tali regimi,

concentrandosi in particolare su quello stalinista.

Un argomento a sé stante, più particolare, riguarda invece l’Apokolokyntosis di Lucio Anneo Seneca, ma di

questo parlerò in seguito. 1

Lo spirito dissacratorio di Luciano di Samosata

Nella letteratura greca manca uno specifico genere satirico, ma una vena moralistica e parodistica, affine a

quella della satira vera e propria, all’insegna del παίζειν e dell’ονομαστί κωμωδειν è rintracciabile in

numerose opere catalogabili sotto generi diversi. E’ il caso della Batracomiomachia pseudo-omerica, i

giambi dei lirici arcaici quali Archiloco, Simonide, Ipponatte, le commedie aristofanee, i giambi callimachei

che si presentano come ripresa e allo stesso tempo innovazione dei giambi d’età arcaica. Tra questi,

sicuramente, occupa uno spazio importante Luciano di Samosata.

Dall’antichità ci è pervenuto un ampio corpus di scritti lucianei. Tra questi, le opere più importanti sono

quelle della maturità che si raccolgono nel filone della satira filosofico-religiosa, in cui Luciano affronta i

temi della filosofia e della religione con una vena che lo caratterizza di anti-dogmatismo. Nel mirino di

Luciano entrano un po' tutte le scuole filosofiche: aristotelismo, platonismo, stoicismo ed epicureismo, ma

sopratutto i filosofi della διατριβή cinico-stoica. A questo proposito citerei La morte di Peregrino. Peregrino

fu un filosofo cinico molto noto che Luciano conobbe quando ritornò in Atene. Di Peregrino si ricorda la

morte plateale e teatrale, infatti si diede fuoco durante i giochi di Olimpia nel 165 d.C. per sostenere le sue

tesi filosofiche. Luciano bolla la morte di Peregrino come la morte di un fanatico. Peregrino ci viene dunque

presentato come un guru pericoloso perché può instillare nella mente dei giovani delle idee disastrose.

Inoltre, fu uno pseudo-filosofo dal momento che in vita si è comportato al contrario di come predicava: era

un adultero, un parricida e un pederasta. Quindi Luciano non mostra nei suoi confronti alcuna comprensione,

anzi una diffidenza verso tutte quelle filosofie che diventano imposizioni religiose.

All'interno delle opere satiriche, però, lo spazio maggiore è dato ai Διάλογοι, l'opera più raffinata, viva e

fortunata di Luciano insieme al romanzo La storia vera. Per tradizione vengono suddivisi in quattro raccolte:

i dialoghi degli dei, i dialoghi degli dei marini, i dialoghi delle cortigiane e i dialoghi dei morti. Con essi,

Luciano fa rivivere la tradizione del διάλογος platonico dandogli però una veste e sopratutto contenuti nuovi,

oltre che una nuova lingua. I primi due sono bozzetti ambientati tra gli dei olimpici o marini, spesso ispirati

ad un senso dell'ironia quasi aristofanea, però senza la libertà e la παρρησια di un Aristofane, ma con la

precisa volontà di demitizzare, e quindi abbassare a livello umano, le figure divine. Gli dei che ci presenta

Luciano sono tutti ridotti di dimensione, alle prese con la vita quotidiana e domestica, si arrabattano fra mille

difficoltà, litigano e si lamentano continuamente come gli uomini. Famosissimo è il dialogo di Hermes che si

lagna delle sue fatiche e dei troppi incarichi che Zeus gli ha affidato. Quindi, in generale, il pantheon

lucianeo è ridotto a dimensioni umane, anzi meno che umane.

Luciano non parodizza solo concetti filosofici o figure spostate ad un livello più basso, ma dal suo operato

escono anche immagini deformate di concetti scientifici, perlopiù resi paradossali dall’υπερβολή e dal

παράδοξον. Questi elementi si ritrovano soprattutto ne La storia vera, un romanzo eccezionale non solo per

il fatto che rappresenta il primo "romanzo di fantascienza" dell'antichità, ma anche perché esso è frutto di un

immenso sapere libresco che l'autore ha introiettato e utilizzato in una chiave comico-satirico-parodistica. La

parodia si muove nei confronti di diversi generi letterari: in primis l'epos omerico, le Argonautiche, le

tragedie del V secolo, perfino l'idea dell'arcadia teocritea. Nell'incipit del romanzo, Luciano avverte il lettore

del fatto che l'unica cosa vera all'interno del libro è il fatto che non c'è nulla di vero.

2

Nel complesso, Luciano ha avuto il merito di aver vivacizzato quel panorama piatto e insulso rappresentato

dalla neosofistica. Riesce ad ottenere questo scopo con un'unica arma: un'ironia implacabile che investe tutti,

uomini e dei, figure storiche o mitiche. Luciano non risparmia nessuno, è uno scrittore fortemente anti-

dogmatico e in questo senso è figlio dei suoi tempi, tempi in cui è difficile credere in qualcosa (fanatismo,

irrazionalismo, superstizione). Ecco perché il suo gioco letterario può valere come un giudizio fortemente

critico verso i valori tradizionali. La sua è una lotta sistematica contro ogni mistificazione, religiosa o

morale, e contro concetti etici, religiosi, scientifici.

Nei secoli Luciano ha lasciato eredità in quegli scrittori affascinati dalla sua creatività e fantasia, come

Rabelais (Gargantua) o Swift (Gulliver's travel) per approdare al nostro Pinocchio che viene ingerito nella

pancia della balena.

Non dobbiamo però dimenticare che le opere lucianee, i Dialoghi in particolare, hanno fornito un esempio di

stile e contenuto ad un illustre rappresentante della letteratura italiana: Giacomo Leopardi.

3

Il Leopardi lucianeo: le Operette Morali

Nello Zibaldone, in data 29 luglio 1821, si legge questa riflessione: «A scuotere la mia povera patria, e

secolo, io mi troverò aver impiegato […] le armi del ridicolo ne’ dialoghi e novelle lucianee ch’io vo

preparando»

Come emerge dal passo sopra citato dello Zibaldone, Leopardi ha in mente un'idea precisa nel momento in

cui inizia a comporre quest’opera. Innanzitutto si prefigge un fine pratico, che è quello di “scuotere” la sua

“povera patria” e il suo “secolo”. Inoltre, immagina delle prosette satiriche, il cui modello è il dialogo di

Luciano. Quindi le prime Operette sono dialoghi costruiti intorno a due personaggi con un rapido scambio di

battute. In questo modello lucianeo, Leopardi trova anche la motivazione per la scelta dei suoi attori che non

sono sotto il segno del realismo ma sono personaggi-concetto: incarnano non solo degli alterego leopardiani

ma anche idee astratte. Ecco perché abbiamo personaggi famosi come Colombo, Tasso o Parini, ma anche

persone comuni come l'islandese; personaggi del mito come Prometeo; figure astratte come la moda, la

natura, la morte; miti non classici come il gallo silvestre; romanzi romantici tedeschi come il folletto.

In ogni caso, secondo il parere della maggior parte della critica novecentesca, non si può negare che

all’origine della genesi delle Operette Morali stiano “dialoghi e novelle lucianee”.

Il Leopardi degli anni Venti si mostra più attento a determinati aspetti della scrittura dialogica lucianea, quelli

che gli avrebbero permesso di arricchire il suo progetto culturale e letterario con le “ armi del ridicolo”

adeguate a “questo ridicolissimo e freddissimo tempo” (Zib., 27 luglio 1821). Con lo scopo appena

esplicitato di attaccare l’aridità e l’inconsistenza dei tempi moderni, Leopardi non può fare a meno del

richiamo ai generi posti sotto il segno del “serio-comico”, così come li ha definiti il critico russo Bachtin,

soprattutto per il particolare rapporto con la realtà che ne scaturisce: un rapporto nuovo, in cui la

contemporaneità viene assunta come oggetto di rappresentazione seria e comica al tempo stesso, senza alcun

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