vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Filosofia: Adorno e Horkheimer, l'industria culturale
Storia dell'arte: Futurismo, Razionalismo, Realismo e Dadaismo. La pubblicità e il rapporto con l'arte
Il potere delle immagini
sua stessa finalità. L’idea era quella di rappresentare la società dei consumi dal suo
interno. Impossibile non menzionare quindi Andy Warhol, che portò i “prodotti”
commerciali in galleria e introdusse le immagini della pubblicità, tali e quali o quasi,
nelle proprie opere.
I mass media.
Tuttavia, al di là del legame con l’arte, la pubblicità è un potente strumento di
manipolazione delle masse, in quanto, attraverso i mezzi di comunicazione, “ispira”
comportamenti e definisce ciò che sia da considerare normale ed accettabile. Nel
mondo di oggi, soprattutto, la propaganda che viene utilizzata è una propaganda
“divertente”, cioè, non si tratta più, come nel mondo delle dittature, di una
propaganda coercitiva e autoritaria, ma è diventata sinonimo di divertimento e
piacere: il destinatario accetta “volontariamente “ il messaggio. L’arte del marketing,
infatti, è molto misurata e scientifica poiché deve raggiungere sia l’individuo sia la
coscienza collettiva. Per cui un semplice video non è mai solo un video. Immagini,
simboli e significati sono collocati strategicamente al fine di suscitare un preciso
effetto desiderato. (ecco perché nelle pubblicità rivolte alle donne, spesso appaiono
bambini e neonati, al fine di provocare simpatia nei confronti dello spot. Ma, per lo
stesso motivo si spiega l’onnipresenza del sesso nella maggior parte di pubblicità e
trasmissioni televisive, attraverso le scene di nudo lo spettatore mantiene vivo
l’interesse e l’attenzione.)
I mass media sono stati, proprio per il loro potere, soggetto di considerazioni
filosofiche anche da parte di Adorno e Horkheimer, esponenti della scuola di
Francoforte. Essi sono gli inventori dell’espressione “industria culturale”, con cui si
intende quel complesso di strumenti con cui il sistema sociale veicola un determinato
insieme di valori e modelli di comportamento e provoca una “fabbrica del consenso”
che liquida la funzione della cultura.
Già nel 1947, infatti, questi due filosofi sostenevano che i Mass-Media sono
fondamentali allo sviluppo dell’industria culturale: non sono strumenti neutrali,
riempiti, in seguito, di contenuti ideologici, ma sono degli strumenti ideologici per
definizione.
Chi non si adegua alla logica di ciò che viene trasmesso attraverso i mass media è
colpito dall’esclusione. I consumatori della cosiddetta industria culturale sono
principalmente operai e impiegati che vengono soggiogati completamente da tutto ciò
che viene loro offerto, e ancor di più vengono soggiogati dal mito del successo.
L’industria culturale diventa industria del divertimento: il suo potere sui consumatori è
mediato dall’amusement. Esso viene cercato da chi vuole sottrarsi al processo di
lavoro meccanizzato per essere di nuovo in grado di affrontarlo, come se fosse una
fuga dal lavoro alienato. Il piacere dato dall’amusement si irrigidisce in noia, poiché,
per restare piacere, non deve costare nessuno sforzo, e deve muoversi nelle azioni
consuete. Lo spettatore non deve lavorare di testa propria, ogni connessione logica,
che richieda un minimo di sforzo, viene scrupolosamente evitata.
"ciò che di continuamente nuovo essa offre non è che il rappresentarsi in forme
sempre diverse di un qualcosa di eguale".
In sostanza l’uomo è in balia di una società che lo manipola a piacere: “il consumatore
non è sovrano, come l’industria culturale vorrebbe far credere, non è il suo soggetto,
bensì il suo oggetto”, c’è quindi una adesione acritica a valori imposti.
La struttura dei messaggi riflette la strategia di manipolazione dell’industria culturale:
quanto essa comunica è stato da essa stessa organizzato allo scopo di incantare gli
spettatori simultaneamente a vari livelli psicologici. Il messaggio nascosto può essere
più importante di quello evidente, perché sfugge al controllo della coscienza, viene
quindi interiorizzato dall’individuo in maniera inconscia. La manipolazione del
pubblico, in conclusione, passa attraverso i mass media, e lo spettatore è
continuamente messo nella condizione di totale asservimento, obbedisce a ordini,
prescrizioni e proscrizioni. 2
Il potere delle immagini
"Film radio e settimanali costituiscono un sistema. Ogni settore è armonizzato
in sé e tutti fra loro [...]Film e radio non hanno più bisogno di spacciarsi per
arte. La verità che non sono altro che affari serve loro da ideologia, che
dovrebbe legittimare gli scarti che producono volutamente."
Fino alla rivoluzione industriale i grandi mezzi di comunicazione hanno conosciuto un
lento sviluppo, ma nel Novecento sono entrati nelle case, andando a toccare le
abitudini di migliaia di persone: non a caso quindi i grandi totalitarismi, fascismo,
nazismo, stalinismo, hanno conosciuto la loro gloria anche grazie a questi strumenti e
alle immagini celebrative.
Immagine celebrativa e propaganda.
L’immagine è sempre stato il mezzo comunicativo
preferito dal potere, è facile ad imporsi e non ha
bisogno di ulteriori spiegazioni, al contrario, invece,
della parola, che cambia di significato in tempi
molto rapidi. Inoltre, in tempi antichi, a causa dei
livelli minimi di alfabetizzazione, l’immagine visiva
era il mezzo più efficace per una comunicazione che potesse attuarsi anche a livello
popolare.
L’immagine celebrativa del potere è, infatti, sempre esistita: per fare un esempio, a
Roma, in età augustea questa passava attraverso la moneta, che diventa uno
straordinario mezzo di comunicazione. Si trattava di un’espressione visiva della civiltà
che l’aveva emessa e le immagini rispondevano a una finalità celebrativa. I romani
concepivano la moneta come un “monumento nobile” dal punto di vista figurativo, e il
soggetto, ritenuto da ogni Stato un emblema, diventa a Roma un tema: si comunica
con il pubblico attraverso i tipi monetali, vari e ricchi come in nessun altro stato o
periodo storico.
In altre parole si può definire l’immagine celebrativa propaganda (la parola deriva dal
propagare,
verbo diffondere, inteso come un’azione finalizzata a conquistare il favore
di un pubblico sempre più ampio). La svolta, nel mondo romano, si ebbe con Giulio
Cesare, il quale si impadronisce della moneta ponendovi il suo ritratto ante mortem: è
il primo personaggio vivente sulla moneta romana, e dopo di lui tutti i dictator faranno
così. Tuttavia il ritratto monetale a Roma è di derivazione ellenistica e rappresenta il
primo segno della sovranità, ed è il mezzo fondamentale per l’autocelebrazione. È
anche vero che le risorse economiche degli imperatori erano in generale abbondanti e
questo consentiva di promuovere messaggi politici e religiosi anche attraverso l’arte
monumentale, ma la moneta rimaneva il mezzo privilegiato per raggiungere la
maggioranza della popolazione. Ogni anno, a Roma, la tipologia delle emissioni cambia
proprio per garantire una maggiore diffusione d’informazione, che, attraverso ritratti e
raffigurazioni, legittimano l’imperatore come un capo supremo del potere civile e
militare, consacrato al volere religioso, esaltando il messaggio di potenza attraverso i
successi militari, celebrando i messaggi di pace e la costruzione di opere
monumentali.
È rilevante come il potere delle immagini si concretizzi in uno schema circolare: anche
i potenti finiscono per soggiacere alla suggestione dei propri simboli. Sono i loro stessi
slogan a condizionare in modo decisivo la loro identità e il loro ruolo. Quanto ai
destinatari, le immagini non si riducono affatto a semplici portatori di un messaggio
politico: anche in questo caso esse vengono via via interiorizzate e usate come
espressioni di virtù e di valori personali.
Culto della personalità.
I culti della personalità caratterizzano di norma gli stati totalitari. La reputazione di un
singolo capo, spesso caratterizzato come “liberatore” o “salvatore” del popolo, eleva
questi quasi a un livello divino. Le sue immagini appaiono ovunque, così come statue e
3
Il potere delle immagini
monumenti innalzati alla grandezza del capo. I suoi slogan ricoprono enormi cartelloni,
e i libri che contengono i suoi discorsi e scritti riempiono biblioteche e librerie.
L’immagine di un personaggio politico nasce dall’unione tra immagine pubblica e
quella personale del personaggio stesso, dal modo e dai mezzi con cui le comunica e
da come vengono percepite dagli elettori.
L’immagine di un politico, si può dire, è una linea politica stessa.
Uno dei più grandi fenomeni in cui questa è stata curata a livelli maniacali è stato il
fascismo.
Il fascismo: l’immagine di un “capo carismatico”
Oltre la violenza e la mancanza di democrazie e libertà la caratteristica che più ci
colpisce del fascismo è il fanatismo quasi mistico con cui il regime e moltissimi italiani
consideravano il duce, la patria, il fascismo stesso. Il ventennio fascista fu un
indottrinamento vero e proprio nei confronti del duce, ogni azione politica e non, era
mirata al consenso per poter garantire la sopravvivenza stessa del regime. Il mezzo
principale di quest’azione fu certamente la riorganizzazione delle giornate e degli
spazi di libertà delle masse. Dall’infanzia all’università si mirava a indirizzare i ragazzi
e i giovani alla politica fascista e al culto del duce. E il fascismo andava visto come la
creazione personale di Mussolini, grande capo carismatico, che senza l’obbedienza
cieca a lui avrebbe cessato di esistere. Una presenza, quella di Mussolini, talmente
insistente da sfiorare la comicità. Già nel 1926 il ritratto del duce campeggiava
esposto in tutti gli edifici pubblici, a volte persino portato in processione per le strade,
quasi come fosse un santo patrono. Per esaltare la figura del duce venne anche diffuso
un filmato, a lui dedicato, proiettato simultaneamente in tutti i capoluoghi e nelle
colonie, che presentava Mussolini in una visione
luminosa e viva, capace di infondere un amore
sempre più profondo per l’Italia. Benché affermasse
di non curarsi di quel che si diceva di lui all’estero, il
duce in realtà passava accuratamente al setaccio il
materiale raccolto dal suo servizio ritagli, per
accertarsi che l’immagine proiettata fuori dai confini
fosse quella più corretta. Mantenne infatti un
rapporto speciale con la stampa, e non già solo
perché era egli medesimo un giornalista, ma perché
ne aveva compreso le potenzialità e ne aveva avuto
assoluto bisogno. Cure non minori riservava alle
apparizioni in pubblico e di solito i suoi discorsi
venivano minuziosamente preparati. L’Italia, diceva,
era una “terra teatrale” e i suoi capi dovevano
allestire i loro contatti con il pubblico come
spettacoli. In realtà il modo con cui il duce guardava alle masse era sprezzante, le
giudicava facile oggetto di inganno e di dominio. Essendo le masse come bambini le si
doveva aiutare, ma anche correggere e punire. Sono, diceva, “stupide e sporche, e
non lavorano abbastanza, felici di godersi i loro mediocri spettacoli cinematografici”
"La folla non ha bisogno di conoscere. Deve credere. Le masse non vogliono la
discussione o il dibattito, ma solo essere comandate".
Mussolini.
-B.
Mussolini ammise che la sua biografia era intessuta di ridicole sciocchezze: "Permisi
che fosse pubblicato perché ai fini della propaganda le invenzioni sono più utili delle
verità".
Mussolini stesso riteneva uno dei suoi più grandi talenti la manipolazione della folla, il
colpire nell’immaginazione popolare. I discorsi mussoliniani hanno talvolta l’aspetto di
una successione di titoli di giornali: una serie di asserzioni semplici, reiterate, che
fanno uno di un vocabolario ristretto. Il tono generale è di solito aggressivo: dal
balcone di palazzo Venezia, in piedi come se fosse su un palcoscenico, Mussolini
4
Il potere delle immagini
invitava la folla a rispondere in coro alle sue domande retoriche. Trovava, infatti, che
l’arte essenziale dell’uomo di governo fosse l’uso delle parole, che, se ben impiegate,
permettevano a un uomo politico di fare a meno degli argomenti e di eccitare il suo