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Questa tesina di maturità riporta esempi di personaggi che nel corso della storia sono stati al potere. Argomenti tesina maturità: in Italiano i riferimenti a D'Annunzio, Gramsci, Gentile, Croce, Marinetti, Bobbio, Camilleri, Travaglio, Saviano, in Latino e Greco Cicerone e Seneca a confronto con Polibio e Plutarco, in Filosofia Hegel, Marx, Popper, in Storia tutta l'epoca post rivoluzionaria, ma particolare analisi è stata data ai fenomeni del fascismo, del maccartismo e del berlusconismo (con riferimenti al bushismo), in Storia dell'arte Daumier, David, Ingres, Goya, Balla e infine in Letteratura straniera Zola, Wilde, Dickens, fenomeno della "beat generation".
Italiano: Riferimenti a D'Annunzio, Gramsci, Gentile, Croce, Marinetti, Bobbio, Camilleri, Travaglio, Saviano.
Latino e Greco: Cicerone e Seneca a confronto con Polibio e Plutarco.
Filosofia: Hegel, Marx, Popper.
Storia: L'epoca post rivoluzionaria, ma particolare analisi è stata data ai fenomeni del fascismo, del maccartismo e del berlusconismo (con riferimenti al bushismo).
Storia dell'arte: Daumier, David, Ingres, Goya, Balla.
Letteratura straniera: Zola, Wilde, Dickens, fenomeno della "beat generation".
un'imminente crisi del sistema. Arriviamo al I secolo a.C., il secolo della crisi romana
che ha investito tutto il Mediterraneo (i romani già controllavano la Grecia, parti
dell'Asia minore, l'Africa settentrionale, la Spagna e la Gallia). Di questo periodo
vorrei prendere in considerazione l'intellettuale-politico per eccellenza: Cicerone.
Egli è un conservatore moderato, grande oratore e politico (fino ad essere console nel
64a.C.), nonché grande erudito di storia e filosofia. In Cicerone potere e intellettuale
combaciano: egli è scrittore e declamatore di discorsi pubblici e giuridici, è filosofo e
scrittore di trattati filosofici, scrittore di retorica, ecc. Quindi egli non è altro che colui
attraverso il quale il potere senatorio esprime le sue idee, divulga i suoi valori e cerca
così di convincere e trovare consensi. Ma i tempi sono cambiati: Pompeo, Cesare e
Crasso cambieranno per sempre la repubblica. La guerra civile, la tirannide,
l'uccisione del tiranno, la seconda guerra civile e l'ascesa di Augusto (nonché la fine
dell'ultimo regno ellenistico, cioè quello d'Egitto). Roma è diventata un impero, che
racchiude tutto il bacino del Mediterraneo e si
estende fino in Bretagna e fino in
Mesopotamia. È il periodo degli imperatori
della dinastia Giulio-Claudia, è quindi un
momento di stabilizzazione del potere.
Durante l'epoca Augustea si viene a formare il
cosiddetto “circolo di Mecenate” (da cui
prende il nome di mecenatismo il fenomeno di
dare protezione e sovvenzioni agli intellettuali
in cambio di propaganda), a cui aderirono i maggiori esponenti della cultura, sui
spiccano Orazio e Virgilio. Questo circolo si prefissava a comporre delle opere
letterarie che però in qualche modo facessero propaganda ad Augusto ed alla sua
corte. Del periodo successivo, voglio prendere in considerazione un grande
intellettuale e filosofo, cioè Seneca. Questo è diverso da Cicerone: Seneca è in primis
intellettuale e poi politico, il secondo prima politico e poi intellettuale. Questa
differenza è fondamentale per capire un concetto, e cioè con Cicerone il politico tenta
di giustificare una certa linea politica o ideologia attraverso la letteratura, mentre
Seneca cerca di cambiare il potere (mentre è consigliere di Nerone) attraverso i suoi
principi filosofici. Tutto questo si concretizza in un'opera di Seneca, ovvero il De
Clementia, con dedica proprio a Nerone, che viene consigliato di esercitare sempre la
clemenza in qualità di sovrano illuminato. Il potere però ha il sopravvento sulla
filosofia: Nerone ordinerà a Seneca di darsi la morte,
usando come pretesto una sua dubbia partecipazione alla
congiura dei Pisoni (così finiranno anche altri due grandi
intellettuali del tempo, cioè Lucano e Petronio) infine
l'ultimo intellettuale che vorrei prendere in
considerazione è Plutarco, I secolo d.C. Plutarco è sulla
stessa linea di Polibio, ma in un certo senso la sua opera
biografica più importante, ovvero le “vite parallele”
esemplificano ancora più chiaramente la tendenza degli intellettuali greci di questo
periodo a cercare di identificare la cultura romana e la storia romana come un
proseguimento della cultura e della storia greca: non a caso mette parallelamente la
storia di grandi personaggi greci e romani, come Cesare e Alessandro, Demostene e
Cicerone, e via così. La sua opera potrebbe essere scambiata quindi per un'opera
propagandistica, ma non è così: Plutarco cerca di creare una vera e propria
corrispondenza, di mettere romani e greci sullo stesso piano e con la loro unione
garantire la pace e la prosperità dell'impero universale che Roma ha creato; in fin dei
conti, Plutarco è figlio di quest'epoca, non ha mai vissuto se non attraverso le opere
storiografiche l'indipendenza delle “poleis”.
2. Il rapporto intellettuale-potere nel Medioevo e nell'età
moderna
Nell'alto medioevo si assiste ad un fenomeno di
“regressione culturale”, ovvero ad un periodo di
crisi corrispondente alla perdita di un'istituzione
politica forte e centralizzata, nel quale
l'intellettuale non si interessa affatto del potere,
ormai in mano ai vari re e principi ma
soprattutto in mano ad una Chiesa invasiva ed
opprimente, e cerca di evadere da quel mondo
caotico e malvagio che è l'Europa di questo
periodo. Una rinascita dell'intellettuale la
troviamo a partire dall'Umanesimo, un
fenomeno che influenzerà tutta la cultura
successiva: nell'Umanesimo lo sviluppo di una
cultura diversificata ed eterogenea aveva
portato alla formazione di un intellettuale
dinamico e fervido; soprattutto in Italia, i
gruppi di intellettuali cercavano per sé luoghi
di incontro, dove ritrovarsi, discutere,
comporre. Nel corso del Quattrocento gli
artisti, oltre che riunirsi nei luoghi preesistenti
(università, scuole e cancellerie), fecero
sorgere delle strutture che permettevano loro di
essere più liberi e indipendenti: accademie,
corti, circoli, biblioteche. Ognuno di questi era un luogo di fervida vita intellettuale, e
gli artisti vi si ritrovavano non solo per comporre le loro opere, ma soprattutto per
confrontare le proprie idee sulla vita sociale e politica del tempo. Sebbene esistessero
per concessione del potere politico, tuttavia le accademie umanistiche non
necessariamente comprendevano membri di una stessa ideologia. Anzi, più spesso
accadeva l'esatto contrario: nei circoli entravano in
dialettica fazioni politiche opposte, e la produzione
letteraria che nasceva non sosteneva sempre chi era al
potere, ma lo contrastava. Nessun intellettuale
quattrocentesco era perciò limitato nell'esprimere le
proprie idee, neppure se faceva parte di un circolo
ristretto. Nel Rinascimento invece tutti i luoghi di ritrovo
degli intellettuali furono gerarchizzati e istituzionalizzati,
cioè resi dipendenti direttamente dal potere governativo. Questo fenomeno è
facilmente spiegabile: il Quattrocento aveva visto il fiorire della Signoria, nella quale
le varie famiglie al potere avevano fatto di tutto per incentivare la produzione
artistica, filosofica e letteraria. Tra 500 e 600 esplode il dissenso nei confronti della
chiesa cattolica, che culmina con la vera e propria scissione attraverso la riforma
protestante e anglicana. La chiesa cattolica risponde con una grande controffensiva, e
cioè la controriforma. Da questo momento intellettuale e potere sia in maniera diretta
che in maniera indiretta sfoceranno nel conflitto, ma questa battaglia non è solo
singolo intellettuale contro la Chiesa, ma anche progressismo contro
conservatorismo, borghesia contro nobiltà e clero. Un esempio di intellettuale
dissidente è proprio Galileo Galilei, il quale rappresenta tutte e tre queste lotte che
generalmente tutti gli intellettuali del tempo in ogni paese combattevano. L'apoteosi
di questa battaglia viene raggiunta nell'illuminismo, nel quale l'intellettuale teorizza il
potere, va oltre la propria realtà e concretamente oltre che teoricamente cerca di
cambiarlo, di realizzare uno stravolgimento della concezione di potere, di religione,
di cultura del proprio tempo. Tutto questo verrà poi messo in pratica, anche
negativamente, dalla rivoluzione francese. Da notare il fatto che l'intellettuale di
questo periodo si identifica con una determinata classe sociale, e cioè la borghesia, in
questo momento in pieno sviluppo e in lotta con l'antica classe dominante per
l'egemonia sociale. Lo sviluppo scientifico, l'arte e tutta la letteratura quindi si rifanno
a quella specifica classe sociale, ne elogiano i valori e condannano la nobiltà. Un
esempio di questo è proprio Parini (il quale però aspirava ad una nuova nobiltà in
relazione con quella antica, capace di grandi imprese).
3. La rivoluzione francese.
Nella Francia del 18° secolo il potere era riposto nella monarchia assoluta di diritto
divino rappresentata da Luigi XVI. La società era suddivisa in tre ceti o classi
sociali: nobiltà, clero e terzo stato. Il terzo stato costituiva il 98% della popolazione
ed era la classe maggiormente tassata, in quanto la tradizione monarchica francese
prevedeva dei consistenti privilegi per la nobiltà e il clero. I raccolti andati a male, le
carestie ed il clima avverso portarono in quegli anni ad una forte inflazione, mentre le
tasse elevate non bastavano allo Stato per soddisfare le proprie esigenze. Il prezzo del
pane aumentò a dismisura, costringendo la gente comune alla miseria. La situazione
economica era aggravata anche dagli sprechi e dai costi delle guerre fin qui sostenute.
La necessità di risolvere la gravissima crisi in cui la Francia era precipitata non trovò
soluzione nell'operato dei successori di Luigi XIV (Luigi XV e Luigi XVI). Eguale
fallimento ebbero i tentativi di riforma al sistema giudiziario e fiscale. All'inizio del
secolo la principale imposta diretta, la taglia, pesava soltanto sui non privilegiati. Per
aumentare le entrate fiscali Luigi XVI impose tasse ad ogni ceto sociale, ma nobiltà e
clero ne risentirono solo in minima parte. Le nuove imposte continuarono a gravare
solamente sul terzo stato e non furono quindi in grado di contrastare il deficit del
Paese, facendo aumentare il debito pubblico per tutto il XVIII secolo.
Contemporaneamente a questa situazione di disagio economico in Francia si stava
diffondendo l'illuminismo, che si basava su tre principi fondamentali, cioè
razionalismo, egualitarismo e contrattualismo. La filosofia degli illuministi si diffuse
nei ceti più alti della società (borghesia e nobiltà liberale) fino al popolo; al modello
francese della monarchia assoluta fu contrapposto quello inglese di una monarchia
limitata da un parlamento e all'obbedienza del soggetto furono contrapposti i diritti
del cittadino. I filosofi illuministi difesero l'idea che il potere sovrano supremo risiede
nella Nazione. Questi filosofi incideranno pesantemente sia sulla linea politica, sia
sulla costruzione delle istituzioni sia sulle scelte in campo economico. Vale la pena
quindi citare la teoria della suddivisione dei poteri di Montesquieu, si riprendono i tre
principi fondamentali “uguaglianza, fratellanza e libertà” considerati fondamentali
dagli illuministi, l'uso della ragione in ogni contesto (tanto che la Ragione sarà poi
paradossalmente divinizzata), la democrazia e il parlamentarismo. Tutti questi filosofi
oltretutto si rifacevano agli stessi ideali della precedente rivoluzione americana,
semplicemente radicalizzati. Ora passerò in rassegna ad alcuni intellettuali di questo
periodo che ho preso in esame per la loro peculiare posizioni nei confronti del potere.
Prima di tutto però bisogna sottolineare il fatto che la maggior parte degli
intellettuali, per la maggior parte rivoluzionari, si schierano senza alcuna riserva con
la rivoluzione francese, anche quando essa porterà al suo paradosso, e cioè alla
costituzione dell'impero di Napoleone imperatore dei francesi.
Jacques-Louis David:
il “pittore della rivoluzione”. Egli è uno
dei esponenti più importanti, tanto che
ha fatto parte della Convenzione. È
importante notare che nei sui quadri
oltre che un gusto neoclassico nei temi
e nella tecnica si trovano anche temi
della sua attualità, un interesse per le
sue vicende storiche e non solo per il
“classico”. Di questo ne è un esempio
“la morte di Marat”, che descrive la
morte di uno dei “benefattori” della
rivoluzione: infatti David pone nel
dipinto sia un assegnato, da consegnare
ad una donna in difficoltà, e nell'altro
foglio il tradimento dell'emissaria della
reazione, con la sua falsa supplica.
Questo quadro è un'orazione funebre,
che elogia la virtù dell'ucciso e
l'infamia del delitto. Altro quadro
significativo è un'opera propagandistica
di Napoleone, e cioè “il primo console
supera le Alpi al Grande San
Bernardo”. È il primo ritratto di
Napoleone, ancora console e
condottiero. David però non
abbandonerà Napoleone dopo il suo
colpo di stato, anzi, egli continuerà a
seguirlo e ad essere uno dei suoi pittori
personali. È interessante riportare una
sua citazione, che però fa capire come l'intellettuale non aderisca del tutto al progetto