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Sintesi
Sintesi Potere e libertà tesina


Intendo realizzare la mia tesina di maturità, volta ad analizzare il continuo squilibrio tra l’esercizio del potere e la libertà dell’individuo, partendo dall’analisi di un film, visto qualche anno fa, che mi aveva particolarmente colpito già allora, ma che, alla luce degli studi affrontati quest’anno, mi sembra quanto mai utile ad iniziare il mio discorso.
Il film in questione è “The Truman show”, ossia la storia di un trentenne, Truman Burbank, che ignora di essere l’attore protagonista di uno spettacolo televisivo. Il Truman show è un racconto della sua stessa vita, ripresa in diretta sin dalla nascita, quando, frutto di una gravidanza indesiderata, è adottato da un set televisivo. Da allora tutta la vita di Truman è un’intera, inconsapevole finzione. Lo stesso salotto in cui abita è un gigantesco studio televisivo dove, nella cupola del finto cielo dirige, lo studio il regista Christof, una sorta di un trascendente burattinaio. Tutte le persone con le quali Truman si relaziona sono attori, compresi genitori e moglie, che hanno lo scopo di manipolare secondo le esigenze della pubblicità la sua vita. Ad un certo punto del film, però, il protagonista comincia ad avvertire un senso di estraniazione e il desiderio di uscire da una vita, che avverte come non propria. Questa voglia di fuga, tenuta a bada con sempre maggiore difficoltà dagli sceneggiatori, anche a causa di alcuni inconvenienti tecnici, come la caduta di un faro di proiezione dal cielo e di alcune gaffe delle comparse trasformò i sospetti in certezza. Alla fine del film Truman non cederà alla tentazione del regista Christof, che gli parlerà direttamente dal cielo, di rimanere in questo falso Zolen e preferirà la vita reale e la propria libertà.
Questo film mi ha così tanto colpito, innanzitutto una lucida e amara visione, profetica per il periodo in cui è stato scritto, del potere incontrollato che oggi ha la televisione e i reality show e della loro invadenza crescente nella sfera privata ed intima degli individui.
Come non pensare al grande fratello, emblematico titolo per un reality, all’isola dei famosi o a tutti gli altri reality che in questi anni hanno riempito i palinsesti televisivi.
“The Truman show” è anche rivelatore del potere che la pubblicità ha sulle nostre vite condizionando, come nel film, scelte e preferenze. Ma l’aspetto più interessante di questo film è sicuramente il fatto che, dietro l’apparente di una commedia vivace e originale, presenta in realtà l’intreccio di numerosi e complessi temi culturali ed elementi antropologici: l’essere umano nasce libero ed è sempre in costante ricerca di libertà e verità, desideroso di poter essere artefice del proprio destino, anche a costo di superare le proprie paure, così come farà Truman nel film, quando supererà la paura dell’acqua e sfiderà il finto oceano in cerca di libertà. Dunque il finale offre un riscatto liberatorio, come se un individuo, per quanto lo si possa ingabbiare non può essere imprigionato ad oltranza. Inoltre ho svolto la mia tesina, effettuando dei collegamenti interdisciplinari con altre materie scolastiche

Collegamenti

Potere e Libertà tesina


Inglese: George Orwell, " The Big Brother" (1984).
Latino: Tacito e Seneca e l'idea di libertà.
Divina Commedia: La figura di Catone l'Uticense.
Italiano: La libertà in Alessandro Manzoni.
Filosofia: Il lavoro in Marx come fonte di liberazione.
Storia: L'abolizione della libertà e l'abuso di potere dei regimi totalitari .
Scienze: I satelliti artificiali .
Fisica: Le onde elettromagnetiche.
Matematica: I limiti.
Estratto del documento

persone con le quali Truman si relaziona sono attori,

compresi genitori e moglie, che hanno lo scopo di

manipolare secondo le esigenze della pubblicità la sua vita.

Ad un certo punto del film, però, il protagonista comincia

ad avvertire un senso di estraniazione e il desiderio di

uscire da una vita, che avverte come non propria. Questa

voglia di fuga, tenuta a bada con sempre maggiore

difficoltà dagli sceneggiatori, anche a causa di alcuni

inconvenienti tecnici, come la caduta di un faro di

proiezione dal cielo e di alcune gaffe delle comparse

trasformò i sospetti in certezza. Alla fine del film Truman

non cederà alla tentazione del regista Christof, che gli

parlerà direttamente dal cielo, di rimanere in questo falso

Zolen e preferirà la vita reale e la propria libertà.

Questo film mi ha così tanto colpito, innanzitutto una lucida

e amara visione, profetica per il periodo in cui è stato

scritto, del potere incontrollato che oggi ha la televisione e

i reality show e della loro invadenza crescente nella sfera

privata ed intima degli individui.

Come non pensare al grande fratello, emblematico titolo

per un reality, all’isola dei famosi o a tutti gli altri reality

che in questi anni hanno riempito i palinsesti televisivi.

“The Truman show” è anche rivelatore del potere che la

pubblicità ha sulle nostre vite condizionando, come nel

film, scelte e preferenze. Ma l’aspetto più interessante di

questo film è sicuramente il fatto che, dietro l’apparente di

una commedia vivace e originale, presenta in realtà

l’intreccio di numerosi e complessi temi culturali ed

elementi antropologici: l’essere umano nasce libero ed è

sempre in costante ricerca di libertà e verità, desideroso di

poter essere artefice del proprio destino, anche a costo di

superare le proprie paure, così come farà Truman nel film,

quando supererà la paura dell’acqua e sfiderà il finto

oceano in cerca di libertà. Dunque il finale offre un riscatto

liberatorio, come se un individuo, per quanto lo si possa

ingabbiare non può essere imprigionato ad oltranza.

Inglese: Orwell, 1984

Ripercorrendo il mio corso di studi di quest’anno, la figura

di Christof non può che farmi venire in mente l’occhio

onnipresente del Grande Fratello orwelliano, che, come

Christof, controlla le vite altrui per soddisfare la propria

voglia di potere. George Orwell, immaginando come

sarebbe stato il mondo futuro, fece nel 1948 una forte

critica ai regimi totalitari del ‘900 che hanno oppresso la

libertà individuale attraverso la sua più famosa opera

“1984”, un romanzo profetico e visionario: il mondo è

diviso in due iperstati in guerra tra loro.

Plot:

The novel describes a future England, a vast totalitarian

system including North America, South Africa and Australia.

The country is ruled by the Party, which is led by a figure

called Big Brother.

The work is divided into three parts: part One the

introduces the main character; Winston Smith in the

oppressive world; Part two in which is described his love for

Julia;

Part three deals with Winston’s imprisonment and torture

by the Police.

Orwell combined various genres and styles in an original

way, blending documentary realism and an acute eye for

detail with parody and satire.

He presents a frightening picture of the future as being

under constant control of Big Brother. There is on privacy

because there are monitors, called telescreens watching

every step people take. The party has absolute control of

the press, communication and propaganda; language,

history and thought are controlled in the interests of the

state thought are controlled in the interests of the state

through the gradual introduction of NewSpeak, the official

language. Any form of rebellion against the rules is

punished with prison, torture and liquidation. The novel

does not offer consolation but reveals the author’s acute

sense of history and his sympathy with the millions of

people persecuted and murdered in the name of the

th

totalitarian ideologies oh the 20 century.

In Oceania, dove vive il protagonista, la società è

governata dal partito del Socing e dal Grande Fratello che

tutto vede e tutto sa. I suoi occhi sono telecamere che

spiano di continuo nelle case, il suo braccio la polizia del

desiderio che interviene al minimo sospetto. Tutto è

permesso, tranne pensare se non secondo il Socing, tranne

amare se non per riprodursi, tranne divertirsi se non con i

programmi del Socing. Dal loro rifugio “l’ultimo uomo in

Europa” e la sua compagna lottano per conservare un

granello di libertà. Quando Orwell scrisse questo che sarà il

suo ultimo romanzo, aveva già constatato i limiti dei

sistemi autocratici e i pericoli di quel totalitarismo che sarà

il vero obbiettivo di tutta la sua critica. Egli arriverà alla

consapevolezza che il socialismo non sa più di rivoluzione,

di cacciata di tiranni: sa di stortura e di adorazione della

macchia russa. Il socialismo è sfociato nella dittatura,

deviano i principi che lo avevano ispirato. Per Orwell, però,

sarà fondamentale porre al centro di questo contrasto tra

potere e libertà il linguaggio che secondo lui è

determinante nel modificare il modo di pensare dell’uomo.

Tant’è vero che nel “1984” il partito elaborerà la

“Neolingua” il cui fine non sarà solo quello di fornire un

mezzo di espressione per la concezione del mondo e per le

abitudini mentali proprie ai seguaci del Socing, ma

soprattutto quello di rendere impossibile ogni altra forma di

pensiero. La “Neolingua” è legata all’ideologia che deve

esprimere, qualsiasi parola in contrasto con i principi del

Socing è eresia e come tale va eliminata attraverso un vero

terrorismo linguistico. La “Neolingua” porta quindi ad una

riduzione del vocabolario e tende ad eliminare parole che

esprimono ciò che non esiste più. Sempre grazie alla

manipolazione del linguaggio lo Stato riesce a cambiare il

corso della storia passata e presente ammettendo verità

opposte e facendo accettare qualsiasi menzogna del

partito. In questo tipo di società chiunque non la pensi

come il partito è una cellula malata e la sua malattia è

quella di voler essere un uomo libero. In questo modo

qualsiasi atto contrario al partito diviene un atto politico,

infatti quando i protagonisti ribelli faranno per la prima

volta l’amore il loro sarà un “political act”. Da questo

mondo dominato dal potere e che cancella qualsiasi libertà

non c’è via d’uscita, non è più possibile, per Orwell,

l’utopia. In Orwell vi è l’ammissione della sconfitta di ogni

spirito di libertà, di tensione al futuro, vi è la totale

identificazione del modello con la realtà.

Latino: Tacito e Seneca e l’idea di

libertà.

Se il romanzo di Orwell si conclude con una sconfitta e la

consapevolezza dell’impossibile conciliazione tra potere e

libertà, nel passato, invece, c’è stato chi riteneva non

utopistica tale visione. Quando si accinse a comporre le

Historiae Tacito riteneva che fosse possibile conciliare

libertas,

l’impero con la a condizione che il principe fosse

adoptio,

nominato attraverso l’uso della che permetteva di

Principatus Libertas

scegliere il migliore. e sono conciliabili

idealmente, ma durante la composizione dell’opera, lo

storico maturò un nuovo convincimento politico, che lo

portava a vedere il principale illuminato come una

contraddizione in termini: la libertas garantita

dall’imperatore era solo apparente, perché in realtà i

cittadini non avevano alcun potere decisionale. In

quest’ottica Ottaviano Augusto appare come una figura

piuttosto ambigua che ha creato un regime autoritario pur

salvaguardando apparentemente le istituzioni

repubblicane. Se nelle Historiae, dunque, è ancora possibile

cogliere una parola di speranza, negli Annales si avverte un

cupo pessimismo che non lascia via di uscita: principato e

liberà non sono più conciliabili in quanto non è possibile

trovare un equilibrio fra il rector e l’aristocrazia senatoria;

d’altra parte l’impero è una necessità storica, che non

lascia spazio ad alternative e porta come inevitabile

conseguenza il “precipitare in schiavitù”. Tutta la storia

tacitiana è una presa d’atto dell’irrimediabile collisione tra

principato e libertà: il difetto non è, né nella struttura, né

nella costituzione, ma negli uomini, perché per Tacito la

storia è soprattutto individualistica, infatti, sono gli

individui, le loro scelte, i meccanismi della loro psiche a

regolare gli eventi. Tacito è convinto che la storia scaturisca

dalle pulsioni, dalle sensazioni, dalle ambiguità che

dominano la psiche degli imperatori; al di là dell’assurdo e

delle contraddizioni della vita e della storia è assente

qualunque principio superiore di armonia e di equilibri. Se

Seneca era riuscito a comporre alle antinomie

dell’esistenza di una provvidenza storica, Tacito invece

mostra di credere in una divinità malefica operante nelle

vicende storiche e nell’azione cieca e imprevedibile del

caso. L’eroismo di Seneca, l’exitus di tanti uomini illustri,

che diedero la morte nell’epoca più oscura della tirannide

sono, per Tacito, solo gesti ambiziosi che niente hanno

procurato ai fini del recupero della libertà perduta. Ma

quella di Tacito è la stessa libertà di cui parlava Seneca?

Certamente no, infatti, per lo scrittore la battaglia per la

conquista della libertà si poteva combattere solo con l’arma

della filosofia, tant’è vero che egli affermava che solo il

saggio è libero. Nelle opere di Seneca non si legge mai

l’esaltazione dell’impero, nelle sue tradizioni e glorie

militari. La meta da raggiungere è la virtù e che conquista

la sapienza sa che “C’è un solo bene, la virtù”. Per

conquistare un unico bene, l’uomo è solo e deve

conquistarsi la sapienza da sé con sforzo, perché faticosa è

la via che mena la libertà. La libertà può essere posseduta

solo da chi abbia l’anima grande, buona, retta e questa può

trovarsi tanto in un cavaliere quanto in un liberto o in uno

schiavo. Per Seneca sono cancellate tutte le distinzioni

sociali, a cominciare dalla divisione degli uomini in liberi e

schiavi. Le differenze di nascita dipendono solo dalla

fortuna: la gloria dobbiamo conquistarcela noi stessi,

faticando e soffrendo, perché non è nostra la gloria dei

nostri antenati. Questo Seneca suggerisce, non per

provocare rivoluzioni e sovvertimenti dell’ordine sociale

esistente, ma per dimostrare che la società umana deve

essere fondata sull’amore e sul rispetto, non sul timore.

Primo dovere dell’uomo è di giovare ai suoi simili: “ Non

può vivere felice colui che guarda solo a sé, che tutto volge

alla sua utilità. Vivi per gli altri, se vuoi vivere per te”.

Anche per quanto riguarda l’uso del potere Seneca si rifà

agli stessi principi, infatti, nel primo libro del De Clementia

egli afferma che le forme di comando sono diverse, ma

unico è il sistema di comandare per il principe verso i

cittadini, per il padre verso i figli, per il maestro verso i

discepoli, per l’ufficiale verso i soldati. Il metodo migliore è

sempre quello della persuasione e dell’ammonizione, mai

quello della minaccia e del terrore. Questo vale tanto più

per il sovrano, che come il medico deve indurre i malati

alla speranza della guarigione e non condannarli ad una

fine irrimediabile. Il re è il capo dello stato, i sudditi sono le

membra, perciò questi sono pronti ad ubbidire al re come le

membra ubbidiscono al capo e sono disposte ad affrontare

anche la morte per lui. La libertà, quindi, per Seneca, quella

vera, è dentro di noi e nessuno può comprimerla: Nella

sapienza, nel disprezzo del nostro corpo caduco è la libertà

più sicura. Se sapremo rivolgerci a cose più grandi della

schiavitù del corpo, conquisteremo la libertà interiore,

diventeremo possesso di noi stessi.

Divina Commedia: La figura di

Catone l’Uticense.

Non di diverso avviso è Catone l’Uticense posto da Dante a

guardiano del purgatorio, infatti, Catone è uno instancabile

difensore della libertà e delle istituzioni repubblicane in un

periodo in cui, attraverso lotte sanguinose maturavano in

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