"UNO STUDIO IN ROSSO"
In questo percorso ho scelto di trattare il tema dell'orrore cercando di evidenziare i fatti sociali e storici i cui il tema è molto evidente. L'orrore propone di suscitare nella persona un forte sentimento di paura perché riconduce a incertezze e condizioni di vita ancestrale in cui l’uomo si spaventava di tutti gli elementi dell’ambiente in cui viveva. Nel corso della storia l’orrore si è espresso in forme sempre diverse: paure personali e collettive, l’orrore della guerra, la paura del mistero e soprattutto la paura della morte. Nella società contemporanea i fatti e le immagini di cui avere “orrore” sono aumentate a dismisura in negativo e coinvolgono molto gli individui.
Come dice Giovanni Soriano nel Malomondo: "Il vero orrore non è quello dei “morti viventi” partorito dalla macabra fantasia di certi autori, ma quello dei viventi già morti che popolano il mondo reale."
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CAPITOLO UNO
Il tema dell’orrore nelle scienze umane
Essendo l’orrore una problematica “umana”, la ricerca delle scienze umane si è sforzata nel cercare di comprendere il fenomeno.
1.1. L’ansia e la paura
L’ansia e la paura sono due stati emotivi che lavorano insieme. L’ansia è uno stato psichico, di un soggetto, caratterizzato da una intensa sensazione di paura e preoccupazione, spesso infondate, determinata da una mancanza di adattamento da parte dell’organismo in una specifica situazione, che si esprime sotto forma di stress. L’ansia è una grande combinazione di emozioni, che includono la paura, apprensione e preoccupazione, ma spesso è accompagnata da sensazioni fisiche come dolori al petto, nausea o respiro corto. Può essere classificata come un disturbo cerebrale primario o può essere associata ad altri problemi medici o psichiatrici e può essere riconosciuta dall’iperattività del cervello. L’ansia è composta da varie componenti come quella cognitiva, che comporta aspettative di un pericolo incerto, quella somatica, dove il corpo prepara l'organismo ad affrontare una minaccia e si manifesta con l’aumento della sudorazione, tremore o con la dilatazione delle pupille, quella comportamentale, dove si possono presentare sia comportamenti volontari sia involontari, diretti alla fuga o all'evitare la fonte dell'ansia come rabbia, felicità o tristezza, e infine quella emotiva, dove l'ansia causa un senso di terrore o panico, nausea e brividi.
L’ansia presenta anche dei disturbi cioè delle condizioni di sofferenza e di un alterato funzionamento psichico e si esprimono con una grande molteplicità di sintomi e di reazioni emotive incontrollate o eccessive. In quel momento, il soggetto, non è più in grado di controllare le proprie emozioni. Questi disturbi possono essere provocati da conflitti inconsci o dall’ambiente che lo circonda; Tra i vari disturbi possiamo trovare il disturbo di ansia generalizzata (GAD), il disturbo da attacchi di panico (DAP), il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e il disturbo post-traumatico da stress. Alcuni farmaci possono alleviare i sintomi dovuti all’ansia ma possono essere solo prescritti per soggetti che sono affetti da gravi forme di crisi.
La paura è un'emozione primaria, comune sia al genere umano sia al genere animale. Nelle paure c’è la sensazione che qualcosa minacci la nostra esistenza o quella delle persone a noi più vicine e l’emozione della paura si proietta nel futuro, ad esempio qualcosa di brutto accadrà a noi o agli altri, pertanto spinge il soggetto ad aggredire per eliminare o allontanare l’oggetto della paura o fuggire da questo per evitare il danno che potrebbe procurarci. È un'emozione dominata dall'istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto e si presenta ogni qualvolta si presenti un possibile cimento per la propria incolumità. La maggior parte è accompagnata da un'accelerazione del battito cardiaco. Spesso la paura è influenzata dall’ansia e ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. La paura ha differenti gradi di intensità a seconda del soggetto per esempio la paura, come l'ira, può essere una risposta al dolore o alla sua percezione, per questo la paura può essere descritta con termini differenti a seconda del suo grado di intensità: timore, ansietà, paura, fobia, panico, terrore e orrore.
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1.2. I personaggi negativi delle fiabe
Il più delle volte, la paura, colpisce i bambini ma questa forte emozione serve a rafforzare la loro autostima e il loro controllo. Secondo gli psicanalisti streghe, bambini abbandonati o mostri (i principali protagonisti delle fiabe) servono a evocare paure nascoste dentro il nostro inconscio e difficile da esprimerle a parole. I personaggi negativi che troviamo nelle fiabe, i più famosi, sono La vecchietta di Hansel e Gretel (Fratelli Grimm, 1812), La matrigna di Biancaneve (Fratelli Grimm, 1812), Il Lupo di Cappuccetto Rosso (Charles Perrault, 1697) e L’Orco di Pollicino (Charles Perrault, 1697). I bambini osservando e ascoltando le fiabe imitano i personaggi, soprattutto quelli negativi. L’imitazione consiste quando l’individuo riproduce fedelmente i comportamenti di un altro individuo.
1.3. Incertezza sociale e il terrore
Nella società moderna ci capita di leggere e sentire notizie, sui social network, giornali e telegiornali, notizie false, incomplete e ingrandite. Queste “fake news” servono a far leva sulle incertezze trasformandole pian piano in paure e odio verso altre categorie sociali. Questo fenomeno viene chiamato “politica della paura” ovvero, la tendenza di molti mass-media e rappresentanti politici a costruire l’insicurezza sociale e il terrore presentando i fatti che accadono accentuandone gli aspetti che mettono paura e omettendo quelli rassicuranti, come la paura dello straniero, per questo motivo le parole da utilizzare devono essere chiare e coincise. Questa modalità d’informare fa parte di un meccanismo più strutturale.
Negli ultimi anni, sempre a causa della grande espansione della comunicazione attraverso i social network, è nata “La comunicazione del terrore”, cioè una strategia comunicativa complessa e coerente che ha saputo sfruttare tutti i vantaggi che le tecnologie hanno messo a disposizione e che ha saputo fare leva sulle debolezze umane, come la paura, diffusa da gruppi come lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria. Sfruttando alcuni social, come Twitter o Facebook, hanno diffuso video e fotografie sul web fino a renderle virali in modo da creare paura e terrore nel popolo.
1.4. L’idea della morte
Epicuro vede nella filosofia la via per raggiungere la felicità, intesa come liberazione dalle passioni. Con la filosofia l’uomo si libera da ogni desiderio irrequieto e molesto, oltre che dalle opinioni irragionevoli e vane e dai turbamenti che ne derivano. Questo concetto filosofico può essere sintetizzato con la frase "Il dio non incute timore, né fa paura la morte, il piacere è facilmente conseguibile e il male facilmente sopportabile".
Per questo motivo Epicuro spiega che la filosofia fornisce all’uomo un quadrifarmaco, che propone quattro soluzioni per raggiungere la felicità, ovvero:
Il timore degli dei: Dimostrare che gli dei non si occupano delle faccende umane. Gli dei non intervengono nel mondo perché ciò comporterebbe un turbamento ed Epicuro dimostra ciò chiedendosi perché, se le divinità si occupassero della realtà, continua ad esserci il male nel mondo.
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Il timore della morte: Dimostrare che essa non è nulla per l’uomo. È possibile considerare la morte come un evento fisico che consiste nella disgregazione degli atomi che compongono il corpo. “Quando ci siamo noi la morte non c’è, quando c’è la morte non ci siamo noi” (Lettera a Meneceo, 125).
L’accessibilità del limite del piacere: Dimostrare la facile raggiungibilità del piacere stesso. Il piacere si raggiunge facilmente perché bisogna semplicemente evitare il dolore, seguendo un piacere catastematico che consiste nell’evitare le sofferenze.
La lontananza del limite del male: Dimostrare la brevità e la provvisorietà del dolore. Esso fornisce due alternative possibili: se la sofferenza è lieve e costante ci si può convivere e si mettono in atto strategie per sopportarlo e l’organismo riesce a ridurne le conseguenze mentre se è molto intensa, o conduce alla morte, di cui non si ha paura.
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CAPITOLO DUE
L’orrore nell’arte e nella letteratura
L’ambito artistico/letterario è un settore della ricerca umana della conoscenza che ha trattato, in maniera approfondita, il tema dell’orrore.
2.1. La Scapigliatura
La Scapigliatura è un gruppo di scrittori che operano nello stesso periodo, gli anni Sessanta-Settanta dell’Ottocento, e negli ambienti che sono accomunati, più che altro in negativo, da un’insofferenza per le convenzioni della letteratura contemporanea, per i principi e i costumi della società borghese e da un impulso e di rivolta, che si manifesta nell’arte come nella vita. Il termine Scapigliatura fu proposto per la prima volta da Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Righetti) nel suo romanzo La Scapigliatura e il 6 febbraio (1862), dove descrive un gruppo di spostati e ribelli alla loro classe di provenienza, che amavano vivere in maniera eccentrica e disordinata. Era un termine letterario arcaico che veniva riportato in vita ed ebbe una rapida diffusione e fu impiegato come autodefinizione da quegli stessi scrittori anticonformisti. Con il gruppo degli scapigliati compare per la prima volta nella cultura italiana dell’Ottocento, in forma estesa e violenta, il conflitto tra artista e società, che era l’aspetto costitutivo del Romanticismo straniero. Esauritosi il ruolo risorgimentale degli intellettuali e avviatosi con l’Unità il processo di modernizzazione economica e sociale dell’Italia, che tende a declassarli e a emarginarli, nascono anche negli artisti italiani gli atteggiamenti ribelli e antiborghesi, il mito di una vita irregolare e dissipata come rifiuto radicale delle norme morali e delle convezioni correnti. Di fronte agli aspetti salienti della modernità, il progresso economico, scientifico e tecnico, gli scapigliati assumono un atteggiamento ambivalente: da un lato il loro impulso originario è di repulsione e orrore, come è proprio dell’artista, che si aggrappa disperatamente a quei valori del passato cioè la Bellezza, l’Arte, la Natura, l’autenticità del sentimento che il progresso stava distruggendo; dall’altro lato rendendosi conto che quegli ideali sono ormai perduti, essi si rassegnano, delusi e disincantati, a rappresentare il “vero”, cioè gli aspetti più banali della realtà presente ad accettare la scienza positiva che li mette in luce, ad usare il linguaggio dell’anatomista e del chimico. Questa ambivalenza è una manifestazione tipica di un’età di crisi violenta e di un rapido trapasso, che lascia gli scrittori e artisti smarriti, lacerati interiormente. Gli scapigliati definiscono questo atteggiamento dualismo. Essi si sentono divisi tra Ideale e Vero, bene e male, virtù e vizio, bello e orrendo, senza possibilità di conciliazione. La loro opera è proprio l’esplorazione di questa condizione di incertezza, di angosciata perplessità, di disperazione esistenziale.
Questa situazione di disagio, di rivolta e di protesta accomuna gli scapigliati alla condizione degli scrittori romantici europei. Ne deriva che la Scapigliatura recupera tutta una serie di temi romantici, che la nostra letteratura del primo Ottocento non aveva conosciuto: l’esplorazione estrema dell’irrazionale e del fantastico, della dimensione del sogno e dell’allucinazione, il “nero”, il macabro e l’orrore, il satanismo ma anche il culto mistico della bellezza, l’esotismo, gli atteggiamenti umoristici e ironici. Queste manifestazioni estreme compaiono dopo l’unificazione: il “nero” romantico era la percezione delle forze terribili che si erano scatenate nel mondo moderno, creando sconvolgimenti e lacerazioni di portata mai prima sperimentata, ed esprimeva l’angoscia, la paura, l’orrore da esse provocate.
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In Italia questi processi prendono l’avvio proprio con la costituzione dello Stato unitario. La posizione della Scapigliatura nella storia della cultura dell’Ottocento è quella di un grande crocevia intellettuale, attraverso cui filtrano temi e forme delle letterature straniere, che contribuiscono a svecchiare il clima culturale italiano. Gli scapigliati, con il culto del “vero”, con l’attenzione a ciò che è patologico, orrido e deforme, e con il loro proposito di analizzarlo con la crudeltà impietosa dell’analizzarlo con la crudeltà impietosa dell’anatomista, introducono in Italia il gusto del Naturalismo. D’altra parte, la tensione verso il mistero e l’inesplicabile, l’esplorazione delle zone buie della psiche dove si agitano mostri e impulsi inconfessabili, anticipano future soluzioni della letteratura decadente.
2.2. Il Bellum Civile (Pharsalia)
Il poema di Lucano ci è giunto con questo titolo, Bellum Civile, anche nei manoscritti che ce lo tramandano. Ma siccome Lucano, augurando gloria futura ai suoi versi, esclama “Pharsalia nostra vivet” (‘Vivrà la nostra Farsalia’), si è diffuso il titolo alternativo Pharsalia. L’opera è certamente incompiuta e basterebbe testimoniarlo il numero insolito dei libri, dieci, e le dimensioni ridotte dell’ultimo libro, che si interrompe nel bel mezzo della rivolta di Alessandria contro Cesare. Nel poema si raccontano le fasi cruciali della guerra civile che oppose Cesare e Pompeo. Le vicende narrate da Lucano vanno dall’inizio del 49 a.C. alla fine del 48 a.C.; Tutti gli episodi ruotano attorno all’episodio centrale della battaglia di Farsàlo in cui le forze pompeiane conobbero la sconfitta decisiva. Il progetto iniziale di Lucano era quello di comporre un poema di dimensioni analoghe a quelle dell’Eneide, infatti basta pensare che entrambi i poemi hanno al centro, un episodio i cui la profezia degli avvenimenti futuri è affidata al mondo dei morti. Si può immaginare che il racconto dovesse concludersi con un episodio esemplare come il suicidio di Catone dopo la battaglia di Tapso o con l’uccisione di Cesare. Già all’inizio dell’opera l’autore esprime un giudizio sugli eventi che costituiscono l’argomento del suo poema. Le guerre descritte sono “più che civili”, infatti vedono scontrarsi uomini uniti dallo stesso sangue, mossi da passioni che hanno completamente stravolto ogni regola della convivenza umana. La colpa dei due capi della contesa, il desiderio di primeggiare che trascina il popolo romano in una lotta sanguinosa. La dinamica del conflitto descritto nell’opera è fondata sulla violazione delle norme della pietas (che erano sacre per la morale e la cultura romana) e sullo stravolgimento sistematico dei valori tradizionali. La guerra è un conflitto che mette di fronte uomini di una stessa comunità, legati da relazioni dirette di parentela, e che appartengono a uno stesso organismo sociale. Ma oltre alla consanguineità di popolo, i due capi, Cesare e Pompeo, erano stati uniti da un vincolo di parentela reale infatti erano adfines perché Pompeo aveva sposato Giulia, figlia di Cesare. Cesare è dipinto come una personalità forte, dura e decisa, pronta a liberarsi di ogni ostacolo che impedisca la sua corsa verso il potere assoluto. A sostenerlo è la sua Fortuna, ma la sua condotta viene sempre presentata come colpevole. Per questo motivo Cesare è agitato da passioni vicine al mondo animale o a quello della follia e da istinti senza misura. Dimostra un assoluto disprezzo per la pietas e ha un’ambizione sconfinata; Le aspirazioni al potere assoluto che gli vengono attribuite sono “tiranno” o “re”. Il personaggio di Pompeo è costruito in modo più complesso rispetto a Cesare. Si può dire che se da una parte sono sbagliate le ragioni personali, che portano a Pompeo a scontrarsi contro Cesare, dall’altra sono giuste le ragioni, sia politiche che culturali.
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Pompeo partecipa al conflitto soprattutto per porvi fine, ripristinando l’universo di valori messo in pericolo dall’aggressore di Cesare. Il suo atteggiamento è quello di chi non vuole diventare schiavo, perdendo la libertas ma accanto a questo lato nobile, il Pompeo descritto da Lucano, mostra anche dei tratti negativi che lo avvicinano ai difetti del suo nemico e possiamo riconoscerli nel comportamento che traccia davanti ai soldati. Catone (il suo successore) gli rimprovera un’imperfetta capacità di rispettare il diritto e un’eccessiva attrazione sia per il potere e le ricchezze che per la guerra. Il terzo personaggio principale del poema è Catone, la cui figura probabilmente era destinata a ricevere una grande celebrazione negli ultimi libri. I suoi tratti sono quelli della moderazione e la sua vicenda è presentata in termini paradossali quando si proclama la sua devozione alla sconfitta. Catone sta, sul piano morale, dalla parte giusta e così un “vincitore sconfitto”, travolto dalla degenerazione della storia. Lucano nel suo poema, invece del mito, propone la storia di un passato molto recente e propone l’epica paradossale dove al centro del racconto ci sono eroi inconsueti con un sistema di valori (violenza, autorità tirannica) che distrugge il codice edito, condiviso dalla cultura romana per questo motivo, Lucano racconta il punto più basso del declino di Roma. Nel poema, il poeta, usa spesso la prima persona e dialoga con i personaggi o direttamente con il lettore. Nel Bellum Civile manca la dimensione divina perché della funzione epica svolta dagli dei sembra essersi impadroniti pienamente Il Caso e La Fortuna personale degli individui che indirizzano il corso degli eventi. Viene messo in dubbio anche la divinazione infatti, il mondo infero e oscuro della stregoneria (Libro VI). Qui Pompeo va a cercare informazioni sul futuro della guerra; Lucano inizia a descrivere pratiche stregonesche che consistevano nell’interrogare i cadaveri per conoscere il futuro. La protagonista dell’episodio è Erictho, che con i suoi oscuri poteri invoca potenze infernali in nome delle guerre civili. Una caratteristica che fa suscitare forti emozioni è l’eccezionale gusto dell’orrido. L’autore non perde mai l’occasione di descrivere i dettagli di una strage o di prodigi mostruosi o di pratiche ripugnanti infatti, vuole dare l’impressione più ampia possibile dei massacri di interi eserciti.
2.3. Gothic Novel and “Sherlock Holmes: A study in Scarlet”
The sublime influenced the so- called Ghotic novels which gained popularity at the end of 18th century. The interest in such novels was extraordinary and common to all social classe also thanks to circulating libraries. The Gothic influence, however, did not cease after this period. Today’s ghost and horror novels and films, which are so keenly read and watched all over the world, come from the 18th century Gothic novel. The most common features of Gothic Novels are: ancient settings, like vampires, monsters ghosts and witches, the night as the most important setting, because darkness is a powerful element that helps to create an atmosphere of gloom, oppression and mystery.
One of the greatest exponents of the Gothic Novels is Arthur Conan Doyle, with the novel “Sherlock Holmes: A Study in Scarlet”. The story starts with Doctor Watson settling in London in order to recover from a wound he suffered while working as a military doctor during the Second Afghan War. One day Watson only meets a friend, Stamford, by chance. Watson tells him that he needs a cheaper house. Stamford says that another friend of his has expressed the same need, and takes Watson to the university lab to his friend, Sherlock Holmes. Stamford gives Watson only partial information on Holmes, saying he is a brilliant, eccentric man with a specialised but add type of knowledge.
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After short meeting and discussion, Holmes and Watson decide to live together. Watson watches Holmes with great interest but one moring, Watson finds an article about the art of Deduction based on observation Watson derides this theory but discovers that the author of the text is Holmes. Holmes explains that he is a detective and that his powers of observation and deduction allow him to solve crimes. Sherlock Holmes was a doctor and used these notions to solve the most difficult cases that Scotland Yard could not solve. Just at the moment arrives the good case, when he is asked by the Detective Gregson, from Scotland Yard, to help him to solve a complicated mystery involving a corpse, found in an abandoned house in Brixton with the word RACHE, written in blood on the wall beside the body. The second part of the story goes back in time to reveal the roots of the crime in the Mormon community of Utah where Hope, a non-Mormon, vowed to take revenge an the two men who caused the death of the girl he wanted to marry.
The aspects of the Gothic novel that can be seen in the novel are many, for example the abandoned house in Brixton, the small and narrow streets of the suburbs of London or the murders that take place in isolated places. Arthur Conan Doyle was a medical graduate. He uses his medicale knowledge, in the novel, on his protagonist, in fact Sherlock Holmes was a doctor and used these notions to solve the most difficult cases that Scotland Yard could not solve.
2.4. Guernica
Guernica è stato dipinto nel 1937 ed è considerato uno dei capolavori di Picasso. Il titolo deriva da una cittadina che il 26 aprile del 1937 fu bombardata dai nazisti. L'operazione uccise centinaia di civili, tra cui donne e bambini. In quest'opera, Picasso vuol far vedere una distruzione artistica violenta come quella provocata dai bombardieri tedeschi. Presentò l'opera all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1937, ricevendo soprattutto critiche. Voci dicono che l'ambasciatore di Hitler abbia chiesto a Picasso: “È' lei che ha fatto questo orrore?". "No, è opera vostra", avrebbe risposto l'artista. Fu spedita in America, a New York, nel 1939 per volere del pittore e rimase in America per quarant'anni. Adesso, questo quadro, è considerato una vera e propria icona del XX secolo ed è una delle più grandi denunce contro le tragedie di tutte le guerre. La scena di Guernica si svolge nel buio, in uno spazio che noi percepiamo aperto, come una piazza. Osservando il quadro da sinistra verso destra possiamo vedere l'immagine di una donna disperata con un bambino morto fra le braccia, a seguire si può trovare un toro, un guerriero caduto e smembrato che tiene nelle mani una spada spezzata e un fiore, un cavallo illuminato da una lampada accesa che con occhi spaventati nitrisce disperato, una figura femminile che arriva da destra tiene un lume a petrolio con il suo lunghissimo braccio e infine due donne in fuga, una delle quali con le braccia alzate verso il cielo, si affaccia da un palazzo in fiamme.
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Guernica è considerato un quadro dal significato universale, ricco di simboli che rimanda al tema della violenza dell'uomo della guerra, della speranza e del desiderio di pace infatti il toro potrebbe essere simbolo della brutalità nazista mentre il cavallo può rappresentare il popolo spagnolo che è vittima. Il fiore è il simbolo di speranza in tutta questa tragedia che si consuma. La lampada elettrica, che la presenza è del tutto strana in uno spazio aperto, ha la forma di un occhio che rappresenta l'occhio di Dio che giudica la miseria dell'umanità. La lampada a olio nella mano della donna potrebbe indicare l'evoluzione tecnologia e sociale che ogni guerra porta via con sé. La composizione è concepita in modo da richiamare l'imposizione di un trittico. I due assi visivi (come quelli del toro a sinistra e della figura con le braccia alzate a destra) dividono lo spazio facendo percepire all'osservatore la distinzione fra un pannello centrale e due laterali. Un terzo asso centrale (quello mediano al muro) viene chiamato da Picasso 'Asso di Simmetria'. Il gruppo di figure al centro è contenuto dentro una piramide. Un vago accenno di prospettiva si può trovare nelle figure in primo piano e nei piani di fondo. Nella composizione dell'opera c'è un ritmo crescente dei toni come il guerriero con la spada in pugno. Si possono tracciare delle linee ideali che dalle donne e dal guerriero convergono verso la testa del toro. Gli elementi sono composti in modo da creare una sensazione di movimento e si colgono attraverso alcune linee che attraversano l'intera tela e rendono più visibile l'onda di distruzione e di morte. Per dipingere Guernica, Picasso scelse il linguaggio cubista infatti in questo quadro lo spazio è annullato e consente la visione di tutti gli eventi. La deformazione dei corpi rende più visibile le urla disperate e fanno percepire il dolore delle ferite. La superfice del quadro è di un colore grigio, bianco e nero tanto da apparire monocroma. In Guernica ci sono molti, e sottili, riferimenti alla tradizione classica, rinascimentale e classicistica.
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CAPITOLO TRE
L’orrore storico
3.1. L’Olocausto
Sin dai primi anni della guerra si cominciò a cercare un nome per designare quanto stava accadendo nei campi di sterminio. Si parlava di “catastrofe”, di “disastro”. Nel 1944, Lemkin, un giurista polacco emigrato degli Stati Uniti, considerando anche le implicazioni dello sterminio sul piano del diritto, cominciò il neologismo genocidio. Nel 1946 l’Assemblea generale dell’Onu definì per la prima volta il genocidio come un crimine. Il termine però si configurò subito come generico, ovvero applicabile a molteplici situazione storiche e a venire. Proprio per questo, secondo alcuni non era adatto a designare la specificità della tragedia ebraica. Nel frattempo si erano già diffuse altre denominazioni. In ambito anglosassone, si affacciò il termine olocausto, una parola deviante dal greco che significa “tutto bruciato” e che in alcune religioni antiche fa riferimento ad alcuni riti religiosi che prevedevano di bruciare interamente degli animali sacrificati. Questa scelta fu favorita dal fatto che da tempo il termine era entrato nell’uso corrente per indicare per indicare una grande costruzione. Vi era riluttanza a impiegare la parola “olocausto” da parte degli stessi ebrei e in paesi, come Italia e Francia. Soprattutto negli ultimi anni, è stato preferito il termine Shoah, che in lingua ebraica vuol dire “distruzione”, nel senso di sciagura improvvisa e inattesa. Al di là della lunga e complessa storia della terminologia, si tenga presente che scegliere un nome non è un’operazione neutra, ma rispecchia punti di vista e valutazioni.
Il “nuovo ordine europeo” concepito da Hitler nel corso del conflitto poggiava su basi razziali: la gerarchia politica e sociale doveva riflettere una gerarchia “di sangue”, in cui gli ultimi gradini erano occupati dagli slavi e dagli ebrei. Gli ebrei dovevano essere in tutti i modi eliminati dalla nuova società dominata dagli “ariani”. A partire dalla fine degli anni Trenta, con l’espansione del Reich, cominciarono a essere sperimentate alcune soluzioni alla cosiddetta “questione ebraica”. La prima tappa fu la deportazione: gli ebrei che vi abitavano vennero trasferiti con la forza in alcune città della Pomerania, che sarebbe dovuta diventare un territorio riservato agli ebrei, una specie di riserva sul modello di quelle “indiane” degli Stati Uniti. Man mano che i tedeschi conquistavano territori, aumentavano il numero degli ebrei.
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La “questione ebraica” assunse proporzioni enormi dopo la conquista della Polonia, dove la comunità ebraica contava più di due milioni di persone. Veniva introdotto l’obbligo di residenza nei ghetti e l’obbligo di indossare sugli abiti una stella gialla come distintivo. A partire dal 1941, in seguito alle invasioni dell’Urss, si affermò definitivamente l’idea dello sterminio totale degli ebrei: la cosiddetta “soluzione finale”. I nazisti la organizzarono con una grande crudeltà mediante le deportazioni e uccisioni di massa, lavori forzati e torture disumane. In Germania e in tutta l’Europa occupata venne creato un sistema di campi, Lager, ma non tutti erano destinati allo sterminio: quelli di “concentramento” erano adibiti allo sfruttamento dei prigionieri come forza-lavoro. Una volta ridotti allo stremo delle forze, venivano trasferiti nei campi di sterminio dove venivano eliminati, seguendo la stessa sorte di chi era stato mandato lì direttamente, poiché non utile nel lavoro (vecchi, donne, malati e bambini). Nei diversi tipi di Lager, oltre agli ebrei, vennero internati anche gli zingari, i neri, gli omosessuali e i malati fisici e mentali. All’interno dei campi vi erano numerose baracche, edifici in legno che potevano essere di dimensione diverse a seconda della loro funzione. Oltre a quelle adibite a dormitorio, a lavanderia e cucina, vi era la baracca di quarantena, un’infermeria speciale chiamata anche “blocco della morte”, dove venivano rinchiusi i deportati destinati a essere soppressi in breve tempo. Vi erano anche le camere a gas, i forni crematori, cioè i luoghi destinati alle esecuzioni, alle torture e agli esperimenti medici.
Alla fine della guerra si conteranno più di 900 “campi della morte”, il più famoso è quello di Auschwitz; Qui troveranno la morte la maggior parte dei sei milioni di ebrei. Allo sterminio degli ebrei collaborarono anche i governi nazifascisti e collaborazioni come quello di Vichy. Anche in Italia furono attivi dei campi di concentramento e di sterminio, come quelli di Fossoli in Emilia-Romagna, e della Risiera di San Sabba a Trieste. L’atteggiamento di fronte alle persecuzioni spaccò la popolazione civile di tutti i paesi europei: da una parte coloro che rischiarono la propria vita per dare soccorso e rifugio ai perseguitati mentre dall’altra coloro che non esitarono a collaborare allo sterminio, anche solo per ottenere in cambio dei vantaggi materiali.
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CAPITOLO QUATTRO
L’orrore della natura
4.1. Fenomeni naturali disastrosi
Nella natura esistono dei fenomeni drammatici e disastrosi che inducono gli uomini a provare orrore e paura. Terremoti, alluvioni, eruzioni vulcaniche e meteoriti sono esempi di come la natura si manifesta in maniera violenta. I fenomeni naturali disastrosi possono modificare radicalmente il paesaggio. Questi eventi possono essere definiti fenomeni tettonici endogeni, cioè che avvengono all’interno della terra, legati al movimento delle placche e alla nascita di eruzioni vulcaniche e terremoti.
I terremoti sono improvvise vibrazioni della crosta terrestre. Le cause principali di questi fenomeni sono le forti tensioni generate dai movimenti di due placche confinanti. Secondo la teoria del rimbalzo elastico, le rocce che appartengono a due placche confinanti accumulano energia e si deformano. Superato il limite di rottura, le rocce si spaccano. L’energia accumulata è quindi rilasciata sotto forma di vibrazioni. Il punto da cui origina il terremoto si chiama ipocentro mentre la proiezione ortogonale dell’ipocentro sulla superficie terrestre prende il nome di epicentro. L’ipocentro di un terremoto è il punto nella litosfera dove hanno origine le vibrazioni elastiche, chiamate onde sismiche; L’epicentro è il punto sulla superficie terrestre localizzato sulla verticale dell’ipocentro. Se l’epicentro è localizzato in mare, si ha un maremoto che provoca onde (tsunami) che possono arrivare fino a 30 m.
Le onde che partono dall’ipocentro sono di due tipi:
•onde P (o onde prime: longitudinali) che producono una compressione, si propagano in materiali solidi e liquidi e sono più veloci;
•onde S (o onde seconde: trasversali) sono onde di taglio, si propagano solo in materiali solidi e sono più lente delle onde P.
Quando le onde P e le onde S raggiungono la superficie, si combinano formando onde superficiali (di tipo R e L), che hanno un movimento di oscillazione orizzontale (onde L) oppure sussultorio (onde R) responsabili della maggior parte dei danni dei terremoti.
lo strumento usato per misurare le onde sismiche si chiama sismografo.
È un pennino attaccato a una molla può muoversi insieme ai movimenti della terra, lasciando un tracciato su un rullo rotante.
Per misurare la forza e i danni di un terremoto si possono utilizzare due scale: La scala Mercalli di intensità ha 12 gradi e misura i danni che un terremoto può causare e la scala Richter misura la magnitudo dei terremoti.
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È una scala logaritmica in base 10 e indica l’ampiezza massima del movimento della Terra dovuto a un terremoto con un epicentro localizzato a 100 km dalla stazione di registrazione. Un terremoto può causare effetti diretti (vibrazioni e tremori) e effetti indiretti (allagamenti, maremoti e tsunami).
I vulcani sono i protagonisti di un altro fenomeno naturale disastroso: le eruzioni vulcaniche. I vulcani possono formarsi quando le rocce nella litosfera, fuse per il calore interno della Terra, raggiungono la superficie. Al suo interno è diviso in diverse camere dove è presente il magma che si accumula in una camera magmatica, da cui può fuoriuscire in superficie attraverso il camino vulcanico. L’apertura del vulcano in superficie è chiamata cratere. Fuori dal vulcano, il magma diventa lava. A seconda del loro grado di attività i vulcani si dividono in:
• attivi, se l’emissione di lava è costante o periodica;
• quiescenti, se l’emissione di lava non si ha da lungo tempo. Hanno ancora un vasto serbatoio magmatico che potrebbe fare riprendere improvvisamente l’attività.
• Spenti, se non attivi e con il serbatoio magmatico esaurito.
Se le condizioni di equilibrio presenti nella camera magmatica subiscono alterazioni, il magma può riprendere a salire fino ad arrivare in superficie provocando una eruzione vulcanica e formando un vulcano. Il magma contiene disciolti vari gas. La riduzione della pressione litostatica diminuisce la solubilità dei gas che tendono a separarsi dal magma, esercitando una spinta sulle rocce sovrastanti. La spinta dei gas, superato un certo limite, frantuma le rocce sovrastanti e crea un camino vulcanico, cioè un varco verso l’esterno. In seguito all’apertura del camino vulcanico la pressione cala e i gas ancora disciolti nel magma si separano dal liquido e si espandono. Nel magma si formano bolle di gas sempre più grandi che si spostano verso l’alto, trascinando il magma verso la superficie. Il magma che arriva in superficie può formare un apparato esterno detto edificio vulcanico. In seguito l’apertura del camino vulcanico in superficie è chiamata cratere; Il magma che fuoriesce attraverso il cratere e si impoverisce di gas disciolti prende il nome di lava. Dopo la sua fuoriuscita, la lava, può assumere diverse forme ad esempio lave povere di gas producono le lave a corda, che hanno superficie liscia, lave che contengono ancora abbondanti gas formano le lave scoriacee, che hanno superficie ruvida e frastagliata mentre In ambiente sottomarino si originano le lave a cuscino, che hanno forme rotondeggianti.
I vulcani si distinguono per le loro forme, tra questi ci sono i vulcani a scudo che sono caratterizzati da magma fluido, eruzioni effusive senza esplosioni, una base larga e pendii dolci, gli strati vulcani che mostrano un’alternanza di attività effusiva tranquilla ed eruzioni esplosive. Sono il tipo più comune di vulcani, con pendii ripidi e quelli dove i magmi viscosi possono causare esplosioni violente, che possono portare allo sprofondamento del vulcano che prendono nome di caldere.
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CONCLUSIONE
Affrontando una tematica così vasta, mi sono resa conto che l’orrore fa parte degli aspetti della vita e non sempre riusciamo ad esserne coscienti perché c’è una interpretazione personale su quello che sono i limiti della percezione di quello che ci circonda. Questo spiega come le tante tragedie, avvenute in maniera naturale o quelle provocate dall'uomo, continuano a esistere senza riuscire a trovare una soluzione per affrontare il problema.
“Credo nel potere del riso e delle lacrime come antidoto all’odio e al terrore.”
-Charlie Chaplin.