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Sintesi

Introduzione Nuova Filosofia degli Affari, tesina



La seguente tesina di maturità tratta il tema di una nuova filosofia degli affari.
Oggi ogni giovane si pone interrogativi riguardo al proprio futuro lavorativo, pertanto anch’io mi pongo delle domande circa il mio futuro, ecco perché mi è sembrato opportuno trattare l’argomento: “La nuova filosofia degli affari” nella mia tesina. I processi economici in atto inquietano perché si vede che le prospettive per noi giovani non sono particolarmente favorevoli. Il mondo della produzione dei beni e dei servizi ormai si sta trasformando velocemente in cerca del profitto a tutti i costi, triturando uomini, speranze e sogni.

Collegamenti


Nuova Filosofia degli Affari, tesina



Storia: Globalizzazione ieri e oggi
Matematica: Il calice della distribuzione del reddito gobale
Italiano: Alberto Moravia gli "Indifferenti"
Diritto: Art. 1 - 23 - 53 Cost
Economia Aziendale: Le cause della delocalizzazione;
Nuove filosofie operative;
Ruota di Deming.
Francese: Le commerce international: le trois axes de la nouvelle stratégie
Inglese: Technology – some advantages and disadvantage of globalisation
Estratto del documento

Oggi ogni giovane si pone interrogativi riguardo al proprio futuro lavorativo, pertanto anch’io mi

pongo delle domande circa il mio futuro, ecco perché mi è sembrato opportuno trattare l’argomento:

“La nella mia tesina. I processi economici in atto inquietano perché si

nuova filosofia degli affari”

vede che le prospettive per noi giovani non sono particolarmente favorevoli. Il mondo della

produzione dei beni e dei servizi ormai si sta trasformando velocemente in cerca del profitto a tutti i

costi, triturando uomini, speranze e sogni.

Il processo globalizzante non è cosa nuova. Esiste praticamente da sempre. Un popolo che si

spostava da un territorio ad un altro in cerca di pascoli e territori di caccia determinava processi di

“contaminazione” culturale ed economica che non passavano senza conseguenze sulla vita delle

persone. I barbari che invadevano l'Italia, portavano usi, costumi, tradizioni nuovi. Attorno all’anno

Mille la diffusione globale della scienza, della tecnologia e della matematica stava cambiando la

natura del vecchio mondo; ad esempio tecnologie quali carta e stampa, polvere da sparo, bussola

magnetica, carro su ruote erano ampiamente utilizzate in Cina, ma quasi sconosciute altrove. La

globalizzazione le ha diffuse nel mondo, Europa compresa. Se non ci fosse stata l’innovazione

portata da questa prima globalizzazione l’Europa sicuramente da un punto di vista socio-

economico- scientifico e culturale sarebbe stata più povera. La colonizzazione delle Americhe creò

un formidabile quanto drammatico rimescolamento della storia di intere civiltà.

Tuttavia la globalizzazione che si sta compiendo oggi ha delle caratteristiche del tutto nuove

rispetto a quelle del passato e la differenza la fanno tecnologia e l’abbattimento delle barriere

normative e doganali. Si parla molto di globalizzazione senza necessariamente darne una

definizione univoca e condivisa. Essa può essere definita come il processo per cui i fenomeni

economici, tecnologici, culturali e di costume assumono una dimensione mondiale, superando i

confini nazionali. Oggi si è messo in moto un processo per molti versi analogo a quello registratosi

alla fine dell’Ottocento con la seconda rivoluzione industriale basata sulle rapide applicazioni

tecnologiche alla produzione e sulla formazione di nuovi e ampi mercati. Sul piano economico e

produttivo comincia a diffondersi negli anni Ottanta l’informatizzazione nelle fabbriche e negli

uffici. In campo scientifico e tecnologico la cibernetica e l’informatica diventano le discipline guida

e la produzione economica assume i connotati della cosiddetta “Globalizzazione” o

“Mondializzazione”. Tutto diventa più veloce. I nuovi media tendono a interagire fra loro, ad

integrare le informazioni tanto da indurre il sociologo canadese ad affermare

Marshall McLuhan

che “ Il mondo non ha più centro e periferie. Tutto è

è come se il mondo si fosse rimpicciolito”.

“ovunque” nell’ambito delle rete informatiche e dei trasporti.

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Ma in tutto questo mi chiedo se l’uomo ne stia traendo vantaggio. Questo “mondo nuovo” è al

servizio dell’uomo o di altro? Certo è che i bilanci delle grandi multinazionali godono di ottima

salute e i profitti lievitano, così come pure lievitano le disparità sociali e l’annichilimento della

classe media che sta letteralmente scomparendo per lasciare il posto ad un pugno di super ricchi e

ad una moltitudine di persone che devono fare salti mortali per sopravvivere. La statistica ci dà

questi dati assolutamente allarmanti. 86% appartenente al 20 %

più ricco 13 %

1% appartenente al 20 % più povero

Rappresentata graficamente, la distribuzione del reddito globale assume la forma di un calice

dalla coppa molto larga e lo stelo molto sottile: la fascia più alta il 20% più ricco della popolazione

mondiale detiene infatti oltre il 86 % del reddito globale, mentre la fascia più bassa (il 20% più

povero) ne detiene appena l’1%.

In seguito a questa ineguale distribuzione del reddito globale, il reddito pro capite del 20% più

ricco della popolazione mondiale è circa 50 volte superiore a quello del 20% più povero. Il reddito

pro capite del 10% più ricco è oltre 100 volte superiore a quello del 10% più povero. I divari sono

nella realtà molto più accentuati di quanto indichino queste medie statistiche. Nella fascia più alta vi

sono le 500 persone più ricche del mondo il cui reddito complessivo supera, secondo una stima per

difetto, quello di 416 milioni di persone appartenenti alla fascia più povera. Nelle due fasce più

basse – comprendenti il 40% della popolazione mondiale che detiene appena il 5% del reddito

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globale – vi sono 2,5 miliardi di persone che vivono in condizioni di forte indigenza e povertà, tra

cui oltre un miliardo in condizioni di povertà estrema.

Proprio mentre scrivevo questa riflessione mi è tornata alla mente la società come vista dal

Moravia. Una società lenta, in preda alla noia esistenziale e all’indifferenza, e mi chiedevo cosa egli

scriverebbe oggi. La società della “Noia” e de “Gli indifferenti” non esiste più perché è scomparsa

la classe media che è il fondamento socio-economico della società borghese. Adesso non ci si

annoia più perché si vive nel ricordo di un passato “tranquillo” e perduto e nell’ansia di un futuro

incerto.

Il macro tema sotteso all’intera opera di è quello dell’indifferenza.

Alberto Moravia

L’indifferenza è la condizione umana, la condizione dell’uomo moderno, dell’uomo che ha ormai

soddisfatto ampiamente i suoi bisogni primari, e non trova più stimoli che lo facciano sentire vivo.

Non potendo fuggire dalla realtà che intrappola l’uomo di Moravia non rimane che il desiderio della

fuga, non rimane che immaginare di vivere il mondo vero, attraverso la liberazione degli istinti e dei

sensi. Ma il risultato non è e non può essere il possesso della conoscenza, bensì la noia, la noia

intesa come consapevolezza di essere una cosa. Moravia individua una crisi senza uscita nella

società borghese. Il quadro che si ricava dai romanzi e dalle novelle di Moravia è quello di

un’umanità depravata, priva di ideali e di

senso di morale, che egli ritrae con spietato

realismo, con distacco indifferente, senza

dolore ma anche senza speranza di riscatto,

con una prosa lucida e vigorosa. Lo scrittore

appartiene alla classe borghese e avverte

pienamente questa appartenenza. All’inizio

nel suo rapporto con la propria classe vede

solo i gesti di una trasformazione in corso.

Ma poi si mette in scena un vero e proprio

psicodramma: nel divenire della storia non

sono possibili sviluppi in positivo. 5

Una cosa, tuttavia, lascia perplessi in questo

turbinio di nuovo: il panorama dei diritti della

gente e del lavoratore ne escono fortemente

compromessi. Pensiamo a quanto fortemente

ridimensionato ne esce il primo comma

della nostra Costituzione dove

dell’Articolo 1

stabilisce che la nostra repubblica è “fondata sul

lavoro”. Piuttosto verrebbe da dire oggi “fondata

sul profitto” oppure sul “PIL”, se non sui “bilanci

delle imprese in cerca di maggiori profitti”.

Secondo gli ultimi dati Istat da gennaio a marzo il

46 per cento dei giovani tra i 15 e i 24 anni è senza lavoro. I disoccupati sfiorano i 3 milioni e

mezzo.

L’analisi di un bilancio aziendale, però, non tiene conto di un fattore fondamentale: l’uomo.

Quanto compatibile può essere un freddo bilancio aziendale con l’etica “calda” che deve

accompagnare il cammino dell’uomo? Un’altra domanda fondamentale che mi pongo è: il soggetto

pubblico, lo Stato e gli altri enti pubblici, quale ruolo devono avere in questo mondo che cambia in

modo così sostanziale e rapido? É certo che i nostri costituenti, pur avendo di fronte la sfida della

globalizzazione, hanno cercato di dare alla Carta Costituzionale una direzione che andasse verso

forme di intervento pubblico attente alla giustizia e all’equità. Ne sono esempio gli artt. 23 e 53

della Costituzione. L’articolo stabilisce che “

23 Nessuna prestazione patrimoniale o personale può

Questa disposizione sottrae il contribuente all’arbitrio del

essere imposta se non in base alla legge”.

potere esecutivo disponendo che solo la legge del Parlamento e gli atti aventi forza di legge (decreti

legge e legislativi) possono creare, modificare o estinguere le norme tributarie che stabiliscono gli

afferma che “Tutti

adempimenti ai quali devono sottostare i contribuenti. L’articolo 53 sono tenuti

a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è

A questo punto si aprirebbe un altro scottante capitolo:

informato a criteri di progressività”.

pacifico che i tributi vanno assolutamente pagati, la domanda che sorgerebbe è: qual è il limite oltre

il quale uno Stato da esattore del “giusto” diventa un avido e soffocante creditore? Ma questo è un

altro capitolo che andrebbe trattato a parte. 6

La globalizzazione dei mercati e il crescente sviluppo dei paesi emergenti provocano maggiori

competitività tra le imprese. In un contesto economico caratterizzato da una crescente competitività,

l’ambiente interno all’impresa ha subito una serie di cambiamenti.

La delocalizzazione è il risultato di una aumentata competizione a livello internazionale delle

imprese seguita alla liberalizzazione dei flussi commerciali della UE con i paesi dell’Europa

Orientale. “Fare impresa in Italia è molto più difficile che altrove. Il sistema tributario italiano, la

burocrazia, il costo del lavoro, l’inefficienza della pubblica amministrazione, la mancanza di credito

e i costi dell’energia rappresentano degli ostacoli spesso insuperabili che hanno indotto molti

imprenditori a trasferirsi in Paesi dove il clima nei confronti dell’azienda è più favorevole”. Lo

sostiene il segretario della Cgia Mestre, Giuseppe Bortolussi, che rileva come dal 2000 al 2011 le

imprese che hanno delocalizzato le proprie strutture sono aumentate del 65% arrivando a superare le

27 mila unità. Nel primo trimestre 2014, con minore intensità, prosegue il calo tendenziale del

numero di occupati (-0,9%, pari a -211.000 unità). Le regioni che sono state più coinvolte dalla fuga

delle proprie aziende, verso l’estero, sono quelle del Nord. In Lombardia se ne contano 9.647, in

Veneto 3.679 in Emilia Romagna 3.554 e in Piemonte 2.806. Esse costituiscono oltre il 72% del

totale delle imprese che hanno lasciato il nostro Paese. Negli ultimi dieci anni i posti di lavoro persi

dal gruppo Fiat a causa appunto della delocalizzazione sono stati circa 20 mila. E poi ancora il caso

di Bialetti, Geox e Omsa ecc. E’ necessario capire in quali casi essa rappresenti realmente una

strategia efficace, analizzare i fattori che determinano la scelta del paese e organizzare il processo di

produzione in base alle specifiche potenzialità tecniche e ambientali che ciascun contesto territoriale

può offrire. 7

In tale contesto assumono un ruolo determinante, per la gestione aziendale, le risorse immateriali

rappresentate dalle conoscenze, dalle competenze, dal valore aggiunto prodotto da chi lavora

all’interno dell’impresa e dalla fiducia e fedeltà dei clienti. E quindi necessario sviluppare strategie

su aspetti come la la struttura e il funzionamento organizzativo.

leadership,

Molte imprese industriali hanno modificato la propria dimensione e struttura organizzativa e

hanno introdotto “NUOVE e tecnologie produttive avanzate per

FILOSOFIE OPERATIVE”

poter continuare a essere competitive sui mercati. Nuove filosofie operative o strategie aziendali

sono: la – Total Quality Management (TQM), l’Activity

Qualità Totale Based Management

(ABM), il (KM). La formulazione della strategia aziendale richiede

Knowledge Management

un’analisi sia dell’ambiente esterno (analisi di settore) all’impresa sia dell’ambiente interno (analisi

e

delle risorse, dei mezzi e delle competenze). Le strategie dell’impresa sono orientate dalla vision

dalla Se con la vision

mission.

definisce lo scopo per cui esiste,

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