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Sintesi

Introduzione Neuroni specchio e comunicazione involontaria, tesina



L’idea per la stesura della tesina mi è venuta durante una lezione di filosofia allorché la docente, con il fine di farci intendere in maniera esaustiva il pensiero di Schopenhauer, citò i neuroni specchio. Incuriosita, feci delle ricerche e documentandomi scoprii che si trattava di un argomento poco conosciuto, ma estremamente interessante. Da quel momento, dopo essermi documentata e dopo aver capito il peso rilevante di queste cellule, seppi dare una spiegazione a quei fenomeni che ci accadono quotidianamente ma sui quali raramente ci soffermiamo. E’ incredibile pensare come, mediante l’empatia, l’uomo sia in grado di integrare la sua conoscenza o come, attraverso i neuroni specchio, l’essere umano possa sentire ciò che sta provando un’altra persona. Comunemente questa capacità di intuire ciò che prova un’altra persona o di immedesimarsi in essa stessa viene definita “sintonia”, ma perché soffermarsi a una parola? Perché non cercare di capire da cosa sia realmente comandata questa “sintonia”? Queste sono le domande che mi hanno portata ad approfondire questa nuova scoperta delle neuroscienze nella mia tesina di maturità, confermando come la scienza sia in grado, progredendo, di portare alla luce lati nascosti dell’essere umano. In particolar modo, ho deciso di soffermarmi su tre aspetti principali dei neuroni specchio e di collegare ad ognuno di essi un argomento di una materia per dimostrare come involontariamente o, forse, volontariamente, personalità del passato abbiano saputo far emergere un lato nascosto dell’uomo.

Collegamenti


Neuroni specchio e comunicazione involontaria, tesina



Filosofia - Etica della pietà, Schopenhaeur.
Tedesco - Teatro aristotelico vs teatro epico di Brecht + "Der gute Mensch von Sezuan".
Italiano - "Uno, nessuno, centomila" Pirandello.
Estratto del documento

Valeria Cosentina 5^LA A.S. 2013/2014

INDICE :

1. Mappa concettuale

2. Introduzione

3. Che cosa sono i neuroni specchio?

4. L’empatia

5. L’apprendimento per imitazione

6. La conoscenza di sé

7. Conclusione

8. Bibliografia e sitografia

I NEURONI SPECCHIO E LA

COMUNICAZIONE INVOLONTARIA

EMPATIA CONOSCENZA DI

SE’

APPRENDIMENTO

PER IMITAZIONE

FILOSOFIA: ITALIANO:

PIRANDELLO,UNO

SCHOPENHAUER, NESSUNO

ETICA DELLA CENTOMILA

TEDESCO:

PIETA’ ARISTOTELE VS

BRECHT

INTRODUZIONE

2.

L’idea per la stesura della tesina mi è venuta durante una lezione di filosofia allorché

la docente, con il fine di farci intendere in maniera esaustiva il pensiero di

Schopenhauer, citò i neuroni specchio. Incuriosita, feci delle ricerche e

documentandomi scoprii che si trattava di un argomento poco conosciuto ma

estremamente interessante. Da quel momento, dopo essermi documentata e dopo

aver capito il peso rilevante di queste cellule, seppi dare una spiegazione a quei

fenomeni che ci accadono quotidianamente ma sui quali raramente ci soffermiamo.

E’ incredibile pensare come, mediante l’empatia, l’uomo sia in grado di integrare la

sua conoscenza o come, attraverso i neuroni specchio, l’essere umano possa sentire

ciò che sta provando un’altra persona. Comunemente questa capacità di intuire ciò

che prova un’altra persona o di immedesimarsi in essa stessa viene definita

“sintonia”, ma perché soffermarsi a una parola? Perché non cercare di capire da cosa

sia realmente comandata questa “sintonia”? Queste sono le domande

che mi hanno portata ad approfondire questa nuova scoperta delle neuroscienze,

confermando come la scienza sia in grado, progredendo, di portare alla luce lati

nascosti dell’essere umano.

In particolar modo, ho deciso di soffermarmi su tre aspetti principali dei neuroni

specchio e di collegare ad ognuno di essi un argomento di una materia per dimostrare

come involontariamente o, forse, volontariamente, personalità del passato abbiano

saputo far emergere un lato nascosto dell’uomo.

Che cosa sono i neuroni specchio?

3.

Horace Walpole era un diplomatico inglese che nel 1754 conió il termine "serendipitá"

per definire la capacità di fare scoperte fortuite. La scoperta della penicillina é uno

degli esempi più famosi di serendipitá: Fleming notó che il Penicillium notatum

rilasciava nell'ambiente una sostanza capace di bloccare la crescita di batteri che

avevano causato innumerevoli morti nel corso della prima guerra mondiale.

Anche lo studio degli atti motori ha conosciuto un episodio di serendipitá: inizio anni

novanta, università di Parma, Giacomo Rizzolati, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi e

Vittorio Gallese lavorano con delle scimmie e delle noccioline americane e notano che

ogni volta che un ricercatore compie un'azione che la scimmia giá conosce si attivano

in lei i cosiddetti "neuroni specchio". Questi neuroni sono cellule della corteccia

premotoria: si comportano come i neuroni motori quando si attivano per un'azione

propria mentre mostrano la propria peculiarità quando si attivano in risposta alla

stessa azione compiuta da altri. I neuroni dell'osservatore riflettono ciò che avviene

nella mente del soggetto osservato come se, a compiere l'azione, fosse l'osservatore

stesso; per questo fungono da mediatori nella comprensione delle azioni di altre

persone e quindi dell'apprendimento tramite imitazione. I ricercatori, nel corso dei loro

studi, hanno rilevato cambiamenti nell’attività della corteccia motoria dell’uomo grazie

a due tecniche, la tomografia a emissione di positroni (o PET) e la risonanza magnetica

funzionale. Entrambi i metodi prevedono che i soggetti entrino in un tubo e vi restino

dai quindici minuti sino alle due ore; in questo lasso di tempo vengono sottoposti a

diversi compiti, come guardare un film, ascoltare musica o afferrare oggetti. Grazie a

queste tecniche si è potuto confermare che non solo le scimmie ma anche gli uomini

sono dotati di neuroni specchio: questi infatti sono presenti nel solco superiore

temporale, nel lobulo parietale inferiore e nel giro frontale inferiore.

Al sistema-specchio sono stati attribuiti tre compiti fondamentali:

il fenomeno dell'empatia cioé il processo secondo cui un soggetto si identifica

 con un altro condividendo i suoi stati d'animo

l'apprendimento per imitazione

 la conoscenza di sé in quanto noi ci vediamo e ci riconosciamo attraverso

 l'immagine che ci viene fornita di noi stessi.

L’empatia

4.

“L’empatia è l’atto attraverso cui ci rendiamo conto che un altro, un’altra, è soggetto

di esperienza come lo siamo noi: vive sentimenti ed emozioni, compie atti volitivi e

cognitivi. Capire quel che sente, vuole e pensa l’altro è elemento essenziale della

convivenza umana nei suoi aspetti sociali, politici e morali. E’ la prova che la

condizione umana è una condizione di pluralità: non l’Uomo, ma uomini e donne

abitano la Terra.”

Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia,

(Laura Boella, Raffaello Cortina Editore, 2006)

“Questo è il miracolo e il paradosso dell’empatia: faccio esperienza interiore di

un’esperienza che non è la mia, vivo un sentimento che non è il mio. […] In realtà

empatia non vuol dire gioia, soffrire insieme all’altra, all’altro, e nemmeno avere

un’esatta nozione delle ragioni e delle cause del sentire altrui. Empatia vuol dire

allargare la propria esperienza, renderla capace di accogliere il dolore, la gioia altrui,

mantenendo la distinzione tra me e l’altro, l’altra. Empatia è rendersi conto, cogliere la

realtà del dolore, della gioia di altri, non soffrire o gioire in prima persona o

immedesimarsi. Può accadere, spesso accade, che in un secondo tempo intervenga

una partecipazione emotiva nella forma del gioire, del soffrire insieme. Ma ciò può

avvenire solo se c’è stata empatia, se l’orizzonte della mia esperienza si è ampliato e

ha accolto il dolore, la gioia, di un’altra, di un altro.”

Sentire l’altro. Conoscere e praticare l’empatia,

(Laura Boella, Raffaello Cortina Editore, 2006)

In termini generali l’empatia è la capacità di calarsi nei pensieri e negli stati d’animo di

un’altra persona comprendendone così i suoi processi psichici. Il termine deriva dal

(empatéia, en-,

greco "εμπαθεία" a sua volta composta da "dentro", e pathos,

"sofferenza o sentimento"), parola che veniva usata per indicare il rapporto

emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al suo pubblico. Da qui

Robert Vischer, storico e filosofo tedesco del novecento, elaborò la teoria estetica

dell’Einfühlung, ossia dell’empatia; mentre Vischer utilizzava questo termine nello

studio dell’architettura, Carl Rogers decise di usufruirne nell’ambito della psicologia

sottolineando come il terapeuta fosse colui in grado di avvertire il mondo dell’altro

come il proprio.

Il fenomeno dell’empatia, oltre ad interessare diversi ambiti della vita quotidiana, è

stato anche oggetto di studio da parte del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer. Egli

prese coscienza della dolorosità della vita: l’essere è la manifestazione di una volontà

infinita e dato che volere significa desiderare, l’uomo è in una situazione costante di

tensione provocata dal fatto che vorrebbe avere ciò che non ha. Essendo la volontà di

vivere cosciente nell’uomo, questi risulta il più bisognoso degli esseri destinato a non

trovare mai un appagamento verace e definitivo. Infatti, mentre il dolore è un dato

primario ed oggettivo, il piacere è solo una funzione derivata dal dolore e si presenta

come qualcosa di momentaneo ed effimero. Schopenhauer su questa scia afferma che

l’esistenza è tal cosa che si impara poco per volta a non volere; la soluzione alla

drammatica condizione in cui è immerso l’uomo non è però il suicidio in quanto questo

è “un atto di forte affermazione della volontà stessa”, bensì il filosofo individua le “tre

tappe della liberazione” nell’arte, nell’etica della pietà e nell’ascesi. La seconda tappa

si sviluppa intorno al concetto di morale che, a differenza della contemplazione

estetica, implica un impegno nel mondo a favore del prossimo; l’etica però non nasce

da un imperativo categorico kantiano bensì da un sentimento di pietà attraverso il

quale avvertiamo come nostre le sofferenze degli altri. La moralità porta quindi alla

conoscenza e tramite la compassione è possibile imparare poiché l’essere è portato a

squarciare i veli del suo egoismo con il fine di potersi identificare con l’altro ed

immedesimarsi nel suo tormento. L’etica della compassione costituisce una liberazione

totale dall’egoismo e dall’ingiustizia ma non dalla volontà di vivere per la quale è

necessaria la terza tappa ossia l’ascesi.

. L’apprendimento per imitazione

5

Il termine empatia viene tradotto in tedesco con la parola Einfühlung, che significa

letteralmente “condivisione di sentimenti”. Questa condivisione è la stessa di cui

parlava Schopenhauer, ossia la pietà che spinge l’uomo ad interessarsi del suo

prossimo per imparare a riconoscere le sue sofferenze come le proprie.

Su queste basi, ho deciso di operare un confronto tra il teatro drammatico di

Aristotele, dove l’empatia la fa da padrone, ed il teatro epico di Brecht, dove l’uomo

non deve identificarsi con i personaggi ma bensì mantenere una distanza da questi in

modo tale da poter giudicare in maniera razionale e da poter trovare, attraverso il

ragionamento, le risposte alle domande che lo tormentano. Nonostante le modalità

estremamente differenti, sia Aristotele che Brecht hanno come fine la purificazione

dell’uomo e la presa di coscienza da parte di questo delle sue capacità.

Die Einfühlung ist sehr wichtig in der Theatertheorie des dramatischen Theaters von

Aristotele. Er denkt dass die Tragödie die Nachahmung einer edlen und

abgeschlossenen Handlung bestimmter Gröβe ist. Die Leute erreichen die Katarsis weil

sie die Handlungen sehen und verstehen dass auch die Nobeln leiden , aber vor allem

mit-fühlen: sie haben die gleichen Gefühle der Protagonosten auf der Bühne. Sie

identifizieren sich völlig mit der dargestellten. Und reinigen sich dabei vor Furcht und

Mitleid . Die Identifizierung passiert nämlich dank der Spiegel-Neuronen weil die

Dramatik den Zuschauer dazu führt , sich in dem Bühnengeschehen zu erkennen.

Im Gegensatz zu Aristotele entwickelt Bertold Brecht das Epische Theater. Brecht

fordert keine Identifikation, sondern Distanzierung, keine Einfühlung sondern eine

kritische Reflexion. Der Zuschauer soll die Realität kritisch und positiv ansehen.

“Der gute Mensch von Sezuan” ist ein Beispiel von epichem Theater. Das Ende

besteht aus einer Frage aber Brecht gibt keine Antwort. Der Zuschauer soll eine

rationelle Lösung , eine realistische Antwort finden.

Das Ziel von Brecht ist die Erlernung aber nicht mit der Einfühlung sondern mit der

Rationalität.

“Was könnt die Lösung sein? Verehrtes Publikum, los, such dir selbst den Schluβ!

Es muβ ein guter da sein, muβ, muβ, muβ!”

-Quale può essere la soluzione? Distinto pubblico, cercati da solo la soluzione!

Ci deve essere un uomo buono, deve, deve, deve!- Der gute Mensch von Sezuan,

( Bertold

Brecht)

-L’empatia è un fattore molto importante nel teatro aristotelico. Aristotele, infatti,

elogiava la tragedia per la grandezza delle azioni che metteva in scena. Grazie a

questa, le persone arrivavano alla catarsi in quanto capivano che non solo loro, ma

anche i nobili erano soggetti a disgrazie e dolori. Identificandosi totalmente con i

personaggi, le persone arrivavano alla catarsi e si liberavano dalla loro paure. Questa

identificazione avveniva grazie ai neuroni specchio; infatti la tragedia era in grado di

attivarli e di portare lo spettatore alla condivisione dei sentimenti, cioè all’empatia.

In contrapposizione al teatro tragico di Aristotele c’è quello epico di Brecht. Brecht,

infatti, non sostiene l’identificazione con i personaggi né tanto meno la condivisione

dei sentimenti: egli infatti voleva che lo spettatore prendesse le distanze da ciò che

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