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Introduzione Musica Filosofia e Poesia, tesina
La seguente tesina di maturità tratta della musica, filosofia e poesia. La tesina abbraccia anche i seguenti argomenti nella varie discipline scolastiche: Giacomo Leopardi in Italiano; la riflessione pitagorica, Platone e il problema dell'educazione affrontato nella "Repubblica", Agostino, il Romanticismo, la concezione della musica di F. Nietzsche e di A. Schopenhauer in Filosofia; Kandinskij e l'astrattismo in Storia dell'Arte.
Collegamenti:
Musica Filosofia e Poesia, tesina
Italiano - Giacomo Leopardi
Filosofia - La riflessione pitagorica, Platone e il problema dell'educazione affrontato nella "Repubblica", Agostino, il Romanticismo, la concezione della musica di F. Nietzsche e di A. Schopenhauer
Storia dell'arte - Kandinskij e l'astrattismo
La linea dettata da Pitagora e Platone per quando riguarda la riflessione sulla musica ha avuto molta
fortuna nella storia. Nel III secolo d.c. il massimo esponente del neoplatonismo, Plotino, ha ripreso
la concezione di Platone sul tema esprimendosi in termini pressochè analoghi a quelli del maestro
(non a caso Plotino afferma di non aver detto nulla di nuovo rispetto a quanto già Platone aveva
pensato): "L'intero mondo è un vivente che danza secondo una legge musicale", scrive il filosofo di
Licopoli nella sua opera più importante, le Enneadi. In questa affermazione si può riscontrare, oltre
alla lezione di chiara matrice platonica, anche un influsso della filosofia religiosa orientale, nella
quale il dio Shiva viene definito "Signore della danza". Non a caso Plotino compì un importante
viaggio in Oriente al seguito dell'imperatore Gordiano III e maturò in vita un progetto di riforma
della filosofia che dovesse unificare il pensiero occidentale con la sapienza dell'Oriente.
La teoria della musica come ordine e proporzione è anche al centro di molti scritti del periodo della
tarda antichità e del successivo Medioevo. Una voce fondamentale in capitolo è quella di Agostino,
massimo esponente della patristica, dottore della Chiesa e gigante della riflessione teologica sul
cristianesimo. Nel De musica il vescovo d'Ippona ripropone la concezione mutuata dagli antici per
cui la musica è espressione dell'ordine cosmico e via d'accesso privilegiata alla sua comprensione.
Fin qui nulla di nuovo. Ma con Agostino comincia a venire preso in considerazione un altro aspetto
della musica: siamo in epoca cristiana e l'arte della musica (il canto in particolare) inizia a essere
vista come via per giungere alla contemplazione di Dio, o comunque (data la sua ineffabilità e
inconoscibilità) per avvicinarsi a Lui. E' un po' quel che dice Hegel quando nella Fenomenologia
dello Spirito ci presenta (criticandolo in quanto forma di sapere non mediato) il tentativo dell'uomo
medievale di superare la scissione che lo separa dall'Assoluto attraverso la devozione, cercando di
far leva sul sentimento e affidandosi proprio alla dimensione musicale e del suono (la melodia
prodotta dalle campane, il canto polifonico ecc...). Pertanto la musica non è solo espressione di una
ragione che opera col calcolo e con gli strumenti della matematica: ha a che fare con la dimensione
del sentire religioso, con la fede, con il sentimento individuale (la fede è appunto un sentire
soggettivo, un sentiero nel quale, come dirà Kierkegaard, bisogna addentrarci da soli). La musica ci
avvicina a ciò in cui crediamo e consente di esprimere quello che è il nostro sentimento personale,
soggettivo, qualcosa di più di una semplice analisi matematica. Siamo partiti dalla prospettiva di
Leibniz, per la quale ciò che è essenziale nella musica è il numerare, il contare matematicamente.
Ora con Agostino ribaltiamo i termini del discorso (lo avevamo detto che lo avremmo fatto) e ci
trasferiamo in una nuova atmosfera, nella quale per musica intendiamo prima di tutto un canale
privilegiato di espressione del sentimento. Ecco, possiamo finalmente abbandonare Pitagora e il
buon vecchio Platone e passare a tutt'altra dimensione, quella del Romanticismo.
E come dissero i Litfiba: Spirito libero ! infin che 'l mar fu sovra noi richiuso.
(Dante, Inferno, canto XXVI)
"Questo territorio è un'isola che la natura ha racchiuso in confini immutabili. E' il territorio della
verità (nome seducente), circondata da un ampio e tempestoso oceano, in cui ha la sua sede più
propria la parvenza, dove innumerevoli banchi di nebbia e ghiacci creano ad ogni istante l'illusione
di nuove terre e, generando sempre nuove ingannevoli speranze nel navigante che si aggira avido di
nuove scoperte, lo sviano in avventurose imprese che non potrà nè condurre a buon fine, nè
abbandonare una volta per sempre."
Queste parole sono tratte dalla Critica della ragion pura del filosofo Immanuel Kant e
probabilmente condensano meglio di qualunque altra espressione il senso complessivo del
kantismo. Noi uomini, dice il pensatore di Koenisberg, siamo come quel navigante che avido di
nuove scoperte non si accontenta mai della piccola seppur sicura isoletta sulla quale si trova e nella
speranza di scoprire altri lidi è disposto ad avventurarsi in un mare procelloso. Ma in questo mare
fatto di "banchi di nebbia e ghiacci", che ricorda un po' quelle atmosfere nordiche che Kant
conosceva bene, il navigante è destinato ad un tremendo naufragio, proprio come l'Ulisse dantesco.
Si tratta di una metafora con la quale il filosofo vuole alludere al fallimento della ragione quando
questa tenta di scavalcare i limiti della conoscenza sensibile, la sola possibile, e procedere nella
dimensione metafenomenica, raggiungere l'Assoluto, l'incondizionato. Ciò che trascende
l'esperienza non può essere oggetto di scienza, i mirabili voli della ragione metafisica non
porteranno mai a nessun buon fine, ma (e Kant lo precisa) questi stessi voli sono per noi mortali una
irresistibile fonte di attrazione, una volta provati non riusciremo più ad abbandonarli: la metafisica
resta comunque una costitutiva esigenza naturale. Con il Romanticismo il salto nel regno
dell'incondizionato diventa, da semplice desiderio irrealizzabile, possibilità. Con i romantici si
vuole rompere il limite conoscitivo imposto da Kant, si vuole superare quei confini (die Grenzen)
che il criticismo aveva imposto. Una cosa, però, la si riconosce a Kant: l'intelletto, la ragione
comunemente intesa, non può addentrarsi nella dimensione dell'infinito, dell'Assoluto, non può
vedere Dio. Ma la razionalità, ci dicono i romantici, non è la sola nostra qualità: c'è anche un altro
aspetto dell'essere umano che deve essere considerato e che la filosofia, specialmente con il
razionalismo e l'Illuminismo, ha pressochè ignorato. Si tratta dell'intuizione. Attraverso una
conoscenza immediata, intuitiva appunto, lontana dai modi del pensare geometrico, attraverso una
sorta di "spirito di finezza" pascaliano possiamo cogliere l'infinito. Si tratta di fare leva su ciò che è
altro dal razionale, l'irrazionale (anche se vedremo che il temine è comunque improprio), bisogna
esaltare ciò che è altro dalla ragione, il sentimento. La vera conoscenza avviene proprio attraverso
una libera estrinsecazione di quel flusso di sensazioni che è presente in noi, avviene attraverso la
fantasia e il cuore, l'immaginazione, il sentire soggettivo. E ancora una volta si affida alla musica il
compito altissimo di garantire questa conoscenza: proprio come in passato si pensava che il vero
sapere fosse mediato e razionale e si vedeva nella musica la massima espressione di questa forma di
conoscenza, analogamente nel primo Ottocento, con il nuovo gusto romantico, la musica diventa il
canale privilegiato della libera espressione del sentimento e di quel complesso di intuizioni che
garantiscono il vero conoscere.
Una musica assoluta
Felix Mendelssohn, uno dei grandi talenti musicali di primo Ottocento, riporta un interessante
aneddotto sulla figura di Ludwing van Beethoven che ci può essere utile per introdurre la questione
sulla musica romantica. Si racconta, dice Mendelssohn, che Dorothea Graumann, Baronessa von
Ertmann, anch'essa da annoverare tra i migliori talenti artistici del tempo, fosse tra le persone più
vicine a Beethoven, al punto tale che il grande maestro la definiva "la vera tutrice del mio spirito".
In seguito al lutto del figlio però, la Baronessa si allontanò dalla vita sociale e smise di frequentare
lo stesso Beethoven. Quando, dopo molto tempo, la donna si recò da lui, Beethoven non proferì
parola. Si sedette al piano dicendo soltanto: "ora parleremo con la musica" e suonò per più di
un'ora. La Baronessa ebbe in quella circostanza la più bella conversazione e la più confortante che
potesse avere. "Mi disse ogni cosa e infine mi diede conforto", sarebbero le parole con le quali
avrebbe poi raccontato questa vicenda allo stesso Mendelssohn. Tutto questo dovrebbe essere
sufficiente a dimostrare, conclude a questo punto Felix Mendelssohn nel riportare l'aneddoto, la
superiorità della musica sulla parola e su ogni altra forma di comunicazione.
Musica assoluta. E' questa l'espressione, coniata dal grande musicologo tedesco Carl Dahlhaus, che
meglio riassume tutta la riflessione dei romantici attorno alla musica, laddove con il termine
"assoluta" (dal latino absolutus, ovvero sciolto, separato) si vuole intendere la piena e totale
indipendenza della musica dalla parola e da ogni altra forma di linguaggio, nonchè la superiorità
della musica su tutte le altre forme di espressione. In altre parole è possibile per i romantici fare
musica senza dover scendere a compromessi con altre forme espressive, quali la parola poetica: anzi
è proprio questa la vera musica, quella che il Romanticismo esalta come il mezzo artistico e
conoscitivo più alto. E in quanto svincolata dalla parola e dunque dal canto, è una musica quasi
esclusivamente strumentale, in cui è l'orchestra a rivestire il ruolo preponderante.
Tra i teorici della concezione romantica della musica merita di essere ricordato, per importanza
universalmente riconosciuta, Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. Siamo nel 1810 e sulla rivista
Allgemeine musikalische Zeitung esce una recensione, destinata ad avere una considerevole fama,
che celebra la Quinta sinfona di Beethoven. Con questa recensione, che non è una semplice
descrizione tecnica a titolo informativo della sinfonia di Beethoven ma una interpretazione ben più
profonda del brano e non solo, molti studiosi del settore sono concordi nell'affermare che sia nata la
critica musicale moderna. E' Hoffmann ovviamente, che scrive e nella sua analisi del fenomeno-
Beethoven ci propone una interpretazione complessiva della musica romantica. Che cos'è la
musica? Di fronte all'interrogativo Hoffmann mostra di non avere alcuna esitazione: "la musica
strumentale è la più romantica di tutte le arti – si potrebbe dire che è la sola puramente romantica".
Essa ha il "potere magico" di portare l'ascoltatore "fuori dal quotidiano, nel regno dell'infinito", "la
musica rivela all'uomo una realtà sconosciuta", una realtà nella quale "egli lascia dietro di sè tutto
ciò che è circoscritto dall'intelletto per abbracciare l'inesprimibile". E chi è in grado di rendere
concretamente manifesto a tutti gli uomini questo potere magico della musi