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Sintesi
Introduzione Tesina sulla Miniera di Montevecchio


Il lavoro in miniera ha sempre avuto un fascino particolare, ma nel panorama minerario di Montevecchio, ha saputo esercitare un ruolo più coinvolgente che ha fatto sì che, anche chi ha lavorato per brevi periodi porti con sè il segno ed il ricordo di anni vissuti in un ambiente che non ha uguali nel mondo industriale.
Con questa tesina di maturità vorrei far conoscere Montevecchio, un po’ come paese, un po’ come miniera, a quanti non hanno avuto il piacere di conoscerlo e di riavvicinarne il ricordo in chi vi ha speso parte della sua vita e vi manca da tempo.
Il sacrificio di molti non deve essere dimenticato solo perché le risorse minerarie sono esaurite. Un lavoro duro, quello della miniera, lavoro pericoloso, soprattutto.
Muore una miniera, ma non deve morire il ricordo di uomini validi, di minatori coraggiosi, di un centro abitato un tempo ricco di cultura e di vita.
Dedico questa tesina a mio nonno, che con grande impegno e sacrificio ha lavorato in miniera come perforatore e a tutti gli uomini e donne che hanno lavorato nella miniera di Montevecchio.


Collegamenti

Tesina sulla Miniera di Montevecchio


Storia- Taylorismo.
Italiano- Luigi Pirandello.
Estratto del documento

Gli operai nel loro tempo libero svolgevano altri lavoretti per arrotondare,

ad esempio il barbiere o il sarto. Nei paesi come Arbus o Guspini, che

rimanevano un po’ distanti dal controllo dell’azienda, le attività agricole

si praticavano come veri e propri secondi lavori e le eccedenze venivano

vendute, durante i giorni della consegna dei salari o delle giornate di

festa, dalla donne, che si recavano a Montevecchio appositamente.

Gli abitanti della comunità di Montevecchio potevano usufruire per il

tempo libero di adeguate strutture attuate dall’azienda. Nel notiziario

pubblicato dall’azienda nel 1953 si legge: “Circolo Aziendale

Lavoratori”: “Per realizzare un ambiente di sana ricreazione durante le ore

libere dal lavoro, la Società assicura con il proprio contributo, la vita di

diverse attività ricreative. Troviamo, pertanto, in seno al Circolo

Lavoratori, un cinema per 500 persone attrezzato modernamente, che

opera sei proiezioni nei giorni della settimana con diversi film.

Esisteva una biblioteca dotata di un numero notevole di libri per adulti e

per giovani, che venivano gratuitamente distribuiti ai dipendenti, in modo

che la lettura, oltre che presso il locale della Biblioteca, potesse avvenire a

domicilio.

Funzionava nell’ambito del Circolo Lavoratori un bar modernamente

attrezzato con annesso biliardo e giochi vari.

Il Circolo organizzava una Scuola di Musica, alla quale partecipavano gli

appassionati di musica che componevano il Corpo Bandistico.

Le attività sportive erano ugualmente sviluppate con campi sportivi, per il

gioco del calcio, per il tennis, per le bocce, per la palla a volo e con

adeguate attrezzature. La squadra calcistica partecipavano con successo

da vari anni al Campionato Nazionale di IV Serie”.

2.3.a. Il dopo lavoro

La sede del dopo lavoro era in un edificio a Gennas. Tale edificio venne

inaugurato negli anni 38-39. Nel fabbricato che ospitava il dopolavoro

c’era anche la sala cinematografica. 13

Normalmente erano gli uomini che vi si recavano, dopo aver eseguito la

propria giornata lavorativa. Gli operai che abitavano nei villaggi più

distanti da Gennas, dove era ubicato il dopolavoro, non vi si recavano

quotidianamente.

Diverse erano le attività ricreative che vi si praticavano: si faceva la

partitina a carte o a dama, a chiacchierare, guardare la televisione, etc.

Bere al dopolavoro per molti minatori rappresentava una forma di

socializzazione, anche con i lavoratori appartenenti ai diversi gruppi

etnici, presenti nella comunità di Montevecchio.

Nello spazio ricreativo del dopolavoro venivano esercitate, da parte

dell’azienda, forme di

controllo sugli operai, in

quanto imponeva la netta

distinzione e separazione

tra operai e superiori. Gli

impiegati, dall’altro canto,

avevano un proprio

Circolo la cui sede era

nell’edificio denominato

“Foresteria” e nel quale

gli operai non potevano

accedere, al contrario

degli impiegati che, potevano entrare al dopolavoro.

Anche la separazione di tali spazi rispondeva alle esigenze di controllo

dell’azienda per meglio imporre il mantenimento e la continuità della

disciplina e della gerarchia del lavoro.

14

In occasioni particolari, e più precisamente per Santa Barbara, Natale,

Capodanno e Carnevale, in tale spazio venivano organizzate serate

danzanti cui partecipavano anche le donne e i bambini. Anche in

occasione dei balli persisteva la separazione gerarchica tra gruppi di

lavoratori dipendenti dell’Azienda mineraria, secondo la qualifica e la

posizione. Infatti per i dirigenti e gli impiegati si organizzavano in

Foresteria, per gli operai al dopolavoro. L’azienda usava inaugurare il

buon anno ai suoi dipendenti tramite il direttore. Egli, la notte di

Capodanno, si recava per questo al dopolavoro.

2.3.b. Cinema, attività sportive, spazi infantili

Il cinema rappresentava per le famiglie dei minatori residenti a

Montevecchio uno svago; esse infatti vi si recavano nei giorni feriali e

soprattutto in quelli festivi.

Al cinema le donne erano ammesse con la stessa frequenza degli uomini.

Infatti gli spettatori si ripartivano tra i due sessi in proporzioni

approssimativamente uguali. Generalmente gli uomini non sposati

occupavano le poltroncine di destra e le donne quelle di sinistra, le coppie

con o senza figli, invece prendevano posto dove capitava. Tale

configurazione dello spazio era improntata evidentemente ad una rigida

divisione di sessi e delle classi sociali.

La disciplina del lavoro plasmava dunque anche l’impegno tecnico per

l’attività sportiva, secondo i metodi imposti e dettati dall’azienda.

15

Si può dire che l’attività sportiva era organizzata dall’azienda per il tempo

libero dei lavoratori, la squadra di atletica leggera e in maggior misura la

squadra di calcio, erano sostenute dai minatori e dalle loro famiglie in

qualità di tifosi. Le squadre di calcio e di atletica erano infatti considerate

dai minatori come proprie, e si sentivano rappresentati in esse nelle

competizioni interne ed esterne alla comunità. La domenica quasi tutti si

recavano al campo sportivo ad assistere agli incontri di calcio. Gli spalti

erano sempre gremiti di gente, ci andavano gli uomini e le donne di tutte

le classi sociali che occupavano i posti casualmente perché in tale spazio

non esistevano segregazioni, né sessuali, né sociali, il campo sportivo era

infatti l’unico luogo neutro della

comunità in cui si trovava per

sostenere la squadra e scaricare gli

antagonismi.

Il campo per giocare a bocce era

frequentato quasi esclusivamente

dagli uomini, che vi si recavano nel tempo libero per giocare e poter stare

insieme agli altri, tale luogo era dunque uno spazio sociale prettamente

maschile.

Le altre attività segnalate nel notiziario edito dalla Società di

Montevecchio, cioè tennis e pallavolo, così come la biblioteca rivestivano

scarsa importanza nella vita delle famiglie dei minatori. La banda

musicale era presente soltanto nella festa di Santa Barbara, dove si

esibiva. Le feste e i balli erano occasioni di incontro tra ragazzi e ragazze

che permettevano di stabilire legami che potevano condurre al

matrimonio. La scelta del partner avveniva dunque nell’ambito familiare

ed era basata soprattutto sul comportamento e l’aspetto dell’individuo.

Infine gli spazi in cui i bambini della comunità mineraria giocavano

erano, per quelli cui era possibile andarci, l’asilo di Gennas, per gli altri

dalle strade agli spiazzi vicino alle case fin presso i cantieri di lavoro.

16

In tali spazi, i bambini e le bambine si dividevano, per sesso, in due

gruppi, ognuno dei quali praticava giochi diversi in spazi diversi. Infatti,

generalmente, le femminucce giocavano vicino alle case, mentre i

maschietti potevano allontanarsi fino ad arrivare ai cantieri di lavoro,

luogo pressoché interdetto alle donne di qualunque età.

L’uso, dunque, che i bambini facevano dello spazio in qualche misura

anticipava e riproduceva i modelli propri degli adulti, sia per quanto

riguarda l’uso differente degli spazi della comunità, sia per quanto

riguarda gli spazi fuori della comunità, secondo le distanze. Inoltre i

genitori tutti gli anni d’estate li mandavano per un mese nella colonia

aziendale. Prima del 1956, anno d’inaugurazione della colonia di

Funtanazza, veniva adibito e attrezzato adeguatamente, quale colonia

montana, il fabbricato delle scuole. I bambini durante la loro permanenza

in colonia, godevano la massima assistenza da parte del personale. Il

personale era scelto dall’azienda tra le figlie, che avevano superato i

diciotto anni, degli stessi dipendenti, preferibilmente quelli residenti a

Montevecchio

CAPITOLO TERZO

3.1 Il lavoro in miniera

Il lavoro in miniera è l’attività intorno alla quale si è sviluppata la

comunità mineraria. Esso regolava i tempi, le feste, gli spazi, persino le

morti e l’attività politica delle comunità.

17

Il lavoro più che la società, si inserisce a pieno titolo nella definizione di

taylorismo, attraverso il suo sistema di premi e punizioni e per la

consapevolezza che la vita di ogni famiglia era strettamente legata al

lavoro del padre o, quando non c’era, della madre, che veniva presa in

miniera a fare prima il lavoro di cernitrice, poi, dal 1948, a svolgere lavori

di pulizia della miniera, o cuoca delle mense. Prima della crisi che colpì la

miniera, essa aveva costante bisogno di manodopera, assumeva i suoi

operai mediante un’attenta selezione, si prendeva cura di essi e

pretendeva obbedienza.

La necessità di lavorare ha

portato molte persone, non

solo dalla Sardegna, ma

anche dal resto d’Italia, a

chiedere di entrare in

miniera. Con il

progressivo svuotamento

dei cantieri si è però assistito ad un fenomeno di migrazione interna al

quale hanno contribuito la crisi delle miniere e l’ampliamento delle

aziende minerarie su scala regionale. Sono tanti i minatori che si sono

spostati perché mandati dall’azienda che chiudeva i cantieri in altri

cantieri, con un foglio di referenze.

3.2 Modalità e motivazione dell’ingresso in miniera

Il lavoro in miniera, svolto prima dai padri, poi dai figli, divenne in breve

un lavoro abituale fra le famiglie della zona, per questo motivo buona

parte degli abitanti dei paesi di Guspini e Arbus hanno avuto almeno un

parente minatore. 18

Le motivazioni che spingevano l’individuo a far domanda per entrare in

miniera erano varie. La necessità di iniziare a lavorare presto portava

anche ragazzi minorenni a fare domanda per entrare in miniera. La

miniera era quindi avvertita come “scelta obbligata” da quasi tutti gli

operai, nonostante si provassero a cercare lavori alternativi. Alcuni dopo

aver studiato e aver acquisito una qualifica, aveva fatto la domanda per

entrare in miniera sfruttando il proprio studio e le proprie competenze.

L’assunzione in miniera avveniva tramite conoscenze e la selezione del

personale e l’idoneità dipendevano anche dalla disponibilità a obbedire e

gli operai lo sapevano bene.

Inoltre, chi veniva licenziato dalla miniera per scarsa collaborazione

spesso non poteva più svolgere il lavoro del minatore in nessun altro

cantiere poiché i dirigenti si preoccupavano di avvisare le altre aziende o

gli altri cantieri della pericolosità dell’individuo. All’opposto, quando un

minatore chiedeva di essere licenziato, veniva mandato in tutti i cantieri

con il foglio delle sue competenze, per vedere se sarebbe potuto servire da

qualche altra parte.

3.3 L’apprendistato

Appena il personale veniva assunto in miniera, tanto all’interno quanto

all’esterno, gli operai venivano messi a lavorare in gruppi di due o tre.

Il periodo e le modalità di apprendimento erano differenti fra interno ed

esterno. 19 Per i minatori che

lavoravano all’interno delle

gallerie venivano

predisposti dei gruppi

formati da due compagni

più anziani e uno giovane

che avrebbe dovuto,

attraverso le richieste di

spiegazioni ma soprattutto

attraverso l’osservazione

del lavoro dei compagni più esperti, imparare quella mansione. Mentre se

si lavorava all’esterno, era

sufficiente accompagnare un giovane da un anziano. Il periodo di

apprendistato per chi lavorava all’esterno era piuttosto breve: una

settimana al massimo. Diverso era il lavoratore di perforatore, operaio

specializzato che svolgeva un compito di particolare importanza e

pericolosità per tutta la produzione. Il perforatore, era colui che, con la

perforatrice, praticava dei fori alla roccia dove vi doveva inserire

l’esplosivo che avrebbe abbattuto il fronte del minerale. Per svolgere

questo lavoro venivano in genere divisi in gruppi di tre e al giovane

davano il compito di fare lo sgombero una volta che la parete era caduta

giù. Il periodo di apprendistato è particolarmente importante per imparare

un lavoro e avveniva direttamente sul campo e con poche possibilità di

fallimento. Spesso si avevano dei buoni maestri che insegnavano a chi

lavorava con loro tutti i “trucchi del mestiere”, altre volte si assisteva a

casi di gelosie per cui l’anziano non voleva che il giovane imparasse e

diventasse più bravo di lui. 20

Una volta imparato il mestiere avevano il compito di insegnarlo ai più

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