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Sintesi
Italiano: Luigi Pirandello (Enrico IV);

Inglese: William Shakespeare (Hamlet);

Matematica: John Nash (la teoria dei giochi);

Biologia: schizofrenia, malattie genetiche e mutazioni genetiche;

Fisica: EEG, TrimProb e le onde elettromagnetiche ;

Storia: Adolf Hitler
Estratto del documento

sono gli ideali in cui vorremmo serbarci coerenti, tutte le finzioni che ci

creiamo […]. Ma dentro di noi stessi, in ciò che noi chiamiamo vita, e che

è la vita in noi, il flusso continua […]. In certi momenti tempestosi,

investiti dal flusso, tutte quelle nostre forme fittizie crollano miseramente

[…]. La vota, allora, che s’aggira piccola, solita, fra queste apparenze ci

sembra quasi che non sia più per davvero, che sia come una

fantasmagoria meccanica. E come darle importanza? Come portarle

rispetto?” L’umorismo,

- Parte seconda- Pirandello

Il contrasto vita e forma è a fondamento dell’arte pirandelliana e della

stessa poetica dell’umorismo, sottolineando ironicamente come la forma

reprime la vita rivelando gli autoinganni

con i quali il soggetto si difende dalla forza

dei bisogni vitali.

Il soggetto, costretto a vivere nella forma,

non è più persona integra, coerente e

compatta, ma si riduce a una maschera ( o

personaggio) che recita la parte che la

società esige da lui e che egli stesso si

impone. Proprio per questo nell’arte

umoristica non sono più possibili né persone né eroi, ma solo maschere o

personaggi. Per Pirandello dunque tutti gli uomini sono maschere o

personaggi perché tutti recitano una parte.

L’uomo non è più coerente, solido perché non è più persona. Ha quindi

davanti a sé solo due strade: o sceglie l’incoscienza, l’adeguamento

passivo della forma, oppure vive consapevolmente la scissione tra forma

e vita. Nel primo caso è solo una maschera, nel secondo una maschera

nuda dolorosamente consapevole degli autoinganni propri e altrui, ma

impotente. La riflessione, nel secondo caso, interviene continuamente a

porre distanza fra il soggetto e i propri gesti, fra l’uomo e la sua vita, il

personaggio quindi “si guarda vivere” piuttosto che vivere veramente.

Questo distacco riflessivo, pietoso e ironico allo stesso tempo, è il segno

dell’umorismo. Ed è questo a distinguerlo dalla comicità. Nel comico è

assente la riflessione: il comico nasce la semplice e immediato

“avvertimento del contrario”. Invece l’umorismo è il “sentimento del

contrario” che nasce dalla riflessione.

Pirandello e il teatro 13

Come già introdotto precedentemente, Luigi Pirandello inizia a dedicarsi

maggiormente al teatro dal 1910, ma solo nel 1920 - 1921 la scelta

teatrale diventa centrale. Si possono quattro diverse fasi nella sua

attività: Liolà)

- la prima fase è dominata dal teatro dialettale ( e dal “teatro

del grottesco”, quest’ultimo volto a smascherare l’ipocrisia e

Così è (se vi

l’inautenticità delle convinzioni borghesi, come in

pare);

- la seconda fase è quella del “teatro nel teatro”, elaborata con la

Sei personaggi in cerca d’autore Questa sera si recita a

trilogia: ,

soggetto Ciascuno a suo modo;

e Enrico IV

- la terza fase è segnata da un altro capolavoro, (scritto nel

1921), che mette al centro i temi della finzione e della realtà, della

recita e della pazzia;

- la quarta ed ultima fase è quella ei “miti”, in cui l’arte riacquista

una capacità di rivelazione e una volontà simbolica. Il testo più

I giganti

importante di questa fase, rimasto però incompiuto, è

della montagna.

Enrico IV e il contrasto vita - forma

Enrico IV è una commedia in 3 atti di Luigi Pirandello. Fu scritta nel 1921

e rappresentata per la prima il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di

Milano. L’opera si apre narrando di una mascherata in

costume a cui prendono parte un nobile del

primo '900 che impersona Enrico IV, Matilde di

Spina, donna di cui l’uomo è innamorato, ed il

suo rivale in amore Belcredi. Quest'ultimo

disarciona Enrico IV che nella caduta batte la

testa e si convince di essere realmente il

personaggio storico che stava impersonando. La

follia dell'uomo viene assecondata dai servitori

che il nipote di Nolli mette al suo servizio per

alleviare le sue sofferenze; dopo 12 anni Enrico

guarisce e comprende che Belcredi lo ha fatto

cadere intenzionalmente per rubargli l'amore di

Matilde, che poi si è sposata con Belcredi ed è

14

fuggita con lui. Decide così di fingere di essere ancora pazzo, di

immedesimarsi nella sua maschera per non voler vedere la realtà

dolorosa. Dopo 20 anni dalla caduta, Matilde, in compagnia di Belcredi,

della loro figlia e di uno psichiatra vanno a trovare Enrico IV. Lo psichiatra

è molto interessato al caso della pazzia di Enrico IV, che continua a

fingersi pazzo, e dice che per farlo guarire si potrebbe provare a

ricostruire la stessa scena di 20 anni prima e di ripetere la caduta da

cavallo. La scena viene così allestita, ma al posto di Matilde recita la

figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la ragazza, che è esattamente

uguale alla madre Matilde da giovane, la donna che Enrico aveva amato

e che ama ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare la

ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole che sua figlia sia

abbracciata da Enrico IV e si oppone. Enrico IV sguaina così la spada e

trafigge Belcredi: per sfuggire definitivamente alla realtà "normale" (in

cui tra l'altro sarebbe stato imprigionato e processato), decide di fingersi

pazzo per sempre. Sei personaggi

Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a

in cerca di autore, Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul

rapporto tra personaggio e uomo, finzione e verità.

L'Enrico IV appartiene alla terza fase del teatro pirandelliano, quella

cosiddetta del teatro nel teatro.

Enrico IV sembra restaurare il clima e la scenografia della tragedia: lo

spazio è quello tradizionale della reggia, le tre unità aristoteliche (spazio,

tempo e azione) sono rispettate e il protagonista è un re che parla con

dignità e linguaggio reali.

In realtà ciò che il lettore/spettatore si trova davanti è ben diverso: la

reggia non è altro che è una messa in scena e il re è un comune

borghese che finge d’essere Enrico IV. Egli infatti continua a recitare

consapevolmente la parte del pazzo, agevolato da servitori che si

vestono e si comportano da medievali, anche dopo che per dodici anni

era stato effettivamente folle. Il personaggio, così, viene proiettato nel

passato perduto, nel presente che non può vivere

nella sua identità normale e nel futuro nel quale è

impossibilitato a proiettarsi poiché considerato

pazzo.

La tragedia insomma si rivela degradata, e

l’opera si propone piuttosto come discorso sulla

tragedia e sulla sua impossibilità al presente.

L’immagine del rivale d’amore trafitto dalla

spada, tipico dramma della tragedia 15

ottocentesca, è un puro pretesto per mettere in scena la necessità

drammatica dell’estraneità. L’uomo diventa così un’identità fittizia che

solo ritirandosi dalla vita, rifugiandosi nella storia passata e nella follia,

può conservare una lucida estraneità, necessaria non solo nei confronti

dell’esistenza reale, ma anche dei propri stessi sentimenti.

Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma

dell'impossibilità di adeguarsi ad una realtà, stritolato nel ruolo fisso del

pazzo. Così, quando Matilde, Belcredi e uno psichiatra, vent’anni dopo

l’episodio della caduta da cavallo, vanno a trovare il presunto Enrico IV

nel tentativo di guarirlo, questi trafigge il rivale non tanto per gelosia,

quanto per cancellare il mondo del rimosso, delle pulsioni del passato

che sono tornate improvvisamente a manifestarsi, e soprattutto per

conservare un’immagine di pazzo che gli consentirà di continuare a

guardare la vita da fuori, esasperando la situazione di disagio di Enrico IV

che non riesce a trovare un ruolo nel suo presente.

La fissità della forma nella quale Enrico IV è rinchiuso rappresenta perciò,

al contempo, anche una salvezza per l'uomo, che vi si è rifugiato,

estraniandosi dalla vita reale:

« Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia

[...] questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di

quest'altra mascherata, continua, d'ogni minuto, di cui siamo i pagliacci

involontari quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par

d'essere [...] Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il

pazzo, qua; e lo faccio, quieto! - Il guaio è per voi che la vivete

agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia.»

(Enrico IV, atto terzo)

Pirandello trova sensatezza nella follia, che diviene secondo lui punto di

Enrico IV

rottura con la falsità della realtà: è quindi la metafora

dell'uomo moderno con tutte le sue problematiche.

La follia può apparire come dimensione autentica di fronte

all'inautenticità delle convenzioni: il folle capovolge i valori consueti, fa

apparire malato ciò che viene dichiarato sano, e viceversa.

Il treno ha fischiato

Accade così nella novella (1914): l'impiegato Belluca,

sottoposto alle angherie dei compagni d'ufficio, considerato da tutti un

“vecchio somaro” e poco più che un “casellario ambulante”, cerca nella

pazzia un'evasione e un rifugio, smascherando la meschinità e grettezza

di coloro che lo circondano. La follia diventa così una contestazione

contro la società ma, essa assume soprattutto un significato metaforico.

16

Essa ha un preciso scopo, quello di mettere in dubbio, sino a dissolvere,

Così è (se vi pare).

la nozione di verità. È questo il tema di

Alla fine del dramma, infatti, riesce del tutto impossibile stabilire chi sia il

folle tra la signora Frola e il signor Ponza: ma quel che è certo è che la

follia ha sconvolto la percezione della realtà dei curiosi e degli spettatori.

La follia rivela così un terribile potere distruttivo.

nell'Enrico IV

Ma la follia non mette più solo in discussione la verità,

Cosi è (se vi pare),

come accadeva nel ma l'identità personale. Questa si

disgrega e viene sostituita da una maschera: l'uomo reale scompare e

resta solo il travestimento assunto nella festa in maschera.

“Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a

uno che vi scrolla

dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi,

la logica di tutte

le vostre costruzioni.” Enrico IV)

(

L'unica verità è che non esiste verità e che nulla è conoscibile. 17

Hamlet’s madness: an instrument of

revelation of truth of the human soul

William Shakespeare

William Shakespeare (baptized 26 April

1564; died 23 April 1616) was an English

poet and playwright, widely regarded as

the greatest writer in the English language

and the world's pre-eminent dramatist. His

plays have been translated into every

major living language and are performed

more often than those of any other

playwright.

Shakespeare was born and brought up in

Stratford-upon-Avon. At the age of 18, he

married Anne Hathaway, with whom he

had three children: Susanna, and twins

Hamlet and Judith. Between 1585 and

1592, he began a successful career in London as an actor, writer, and

part owner of a playing company called the Lord Chamberlain's Men,

later known as the King's Men. He appears to have retired to Stratford

around 1613 at age 49, where he died three years later. Few records of

Shakespeare's private life survive, and there has been considerable

speculation about such matters as his physical appearance, sexuality,

religious beliefs, and whether the works attributed to him were written by

others.

Shakespeare produced most of his known work between 1589 and 1613.

His early plays were mainly comedies and histories. He then wrote

Hamlet,

mainly tragedies until about 1608, including King Lear, Othello,

and Macbeth, considered some of the finest works in the English

language. In his last phase, he wrote tragicomedies, also known as

romances, and collaborated with other playwrights.

Many of his plays were published in editions of varying quality and

accuracy during his lifetime. Shakespeare was a respected poet and

playwright in his own day, but his reputation did not rise to its present

18

heights until the 19th century. The Romantics, in particular, acclaimed

Shakespeare's genius.

Hamlet : plot

Hamlet is Shakespeare's longest play and among the most powerful and

influential tragedies in the English language. The protagonist of Hamlet is

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