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Sintesi
Sintesi Tesina Abc della mente


Tesina multidisciplinare che descrive la mente in tutti i suoi aspetti. Vengono prese in esame le norme che tutelano le persone con problemi psichici, viene fatto per esempio un accenno alla legge Biseglia, alla precedente istituzione dei manicomi. Vengono analizzate altre leggi, come la Legge 180/78.



Tesina monografica di Psicologia.
Estratto del documento

Che cos’è la follia?

Ogni definizione della nozione di follia sempre relativa ai criteri di razionalità e di

è

correttezza sociale assunti come norma: comportamenti oggi considerati patologici non erano

tali nel passato, e viceversa. comprensibile quindi come ogni epoca abbia elaborato una

È

propria definizione della follia.

Nel Medioevo, una società che non possedeva confini ben definiti tra il divino, l’umano ed il

demoniaco, permise l’affermazione dell’idea platonica che la follia poteva considerarsi come un

entusiasmo divino mediante un invasamento della mente ad opera di un dio. Il folle era privato

dei diritti umani e relegato ai margini della società, ma non era rinchiuso. Si può dire che egli

fosse accettato dalla società.

Con il Rinascimento iniziò la criminalizzazione della follia. Il folle iniziò ad essere ritenuto

responsabile della sua diversità, veniva dunque recluso o espulso dalla comunità in quanto

faceva emergere dei lati oscuri della sua psiche. Era in questo periodo che si affermava il tema

della dei folli”, un tema non solo letterario o artistico, si trattava di una realtà. Il folle era

“Nave

affidato a navi di passaggio affinché fosse trasportato altrove, costretto a lunghi viaggi senza

cibo e acqua.

Nel Settecento si ebbe la prima formulazione della tesi di natura medica che vedeva nella

follia la conseguenza di una patologia fisica. La tesi consisteva nel considerare la demenza

psichica come il risultato di una vita irragionevole tale da disgregare prima l'ordine fisiologico e

poi quello psichico del soggetto. Questa patologizzazione della follia portò all'invenzione dei

primi manicomi.

Il 1800 si può definire il secolo buio della follia in quanto ogni persona che infrangeva la

norma veniva allontanata dalla società e rinchiusa nei manicomi. Questo il secolo della

è

massima affermazione di tali strutture.

Il 1900 segnava un’evoluzione per quanto concerne la follia, la quale iniziava a non essere

considerata solo a livello sociale, proprio perché grazie al medico viennese Sigmund Freud, si

cercò di darne una spiegazione a livello medico.

Freud si poneva in forte contrasto con l’ideologia medica ottocentesca, la quale teneva ad

interpretare in chiave somatica tutti i disturbi della personalità evitando di considerare quelle

manifestazioni di nevrosi che non provocassero delle lesioni organiche. Decise di studiare le

isterie tramite la tecnica dell’ipnosi, la quale fu poi sostituita, perché poco funzionante, da

un'altra tecnica definita come associazione di idee”, più utile nel guarire la malattia.

“libera

Freud teorizzò che la ragione delle psicosi non doveva essere ritrovata in lesioni organiche

ma bensì, all’interno della psiche stessa, scoprì dunque l’inconscio, segnando la nascita della

Psicoanalisi. I manicomi

Il manicomio nasce con la società moderna, si parla dunque di fine Settecento inizi

dell’Ottocento. C’è da sottolineare che l’istituzione del manicomio era già presente anche nei

tempi precedenti, affermandosi più definitivamente con la società moderna.

La prima legge italiana che regolamentava l’istituzione manicomiale e la relativa assistenza

psichiatrica è la Legge n. 36 del 14 febbraio 1904, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 22

febbraio dello stesso anno.

L'elemento caratterizzante di tale legge appariva chiaro già dal primo articolo che recitava:

"Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualsiasi causa da

alienazione mentale quando siano pericolose a sé o agli altri, o siano di pubblico scandalo e

non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi "

L'alienato mentale era considerato come un soggetto pericoloso o di pubblico scandalo e

quindi:

"L'alienato deve essere relegato in ambienti chiusi , allontanato dal resto della collettività in

quanto incapace di integrarsi con essa, in quanto emanatore di comportamenti difformi rispetto

alla norma, (scandalo pubblico)".

Persone, non solo affette da disturbi mentali, ma anche da sifilide, malattie croniche della

pelle, semplici esaurimenti o perché ritenute scomode dalle famiglie, venivano allontanate

dalla società ed internate in tali istituzioni, depredate delle loro libertà e dei loro diritti.

Il principio di custodia dell'alienato comportava ulteriormente una facilità nel

procedimento utile a determinarne l'internamento nella struttura manicomiale. Il direttore

del manicomio possedeva assoluto potere all'interno della struttura egli determinava la

condizione di internamento definitivo dopo il periodo di osservazione di trenta giorni che

sanciva la perdita, da parte dell’internato, della capacita' di agire in senso giuridico.

Esso era la sede di tecniche brutali, utilizzate con l’utopia di estirpare le anomalie.

L’alienato era soggetto a cure a base di salassi generali e parziali, ghiaccio sul capo, bagni

tiepidi prolungati, docce fredde, purganti e, le accentuate inquietudini notturne,

prevedevano l’utilizzo dell’oppio al fine di calmarli.

Il sistema di coercizione fisica era prassi quotidiana, nel manicomio si ricorreva anche

all’impiego di camicie di forza, maniche di cuoio, catene di ferro e molto spesso il malato

veniva legato ai muri o addirittura agli alberi dei cortili. Tali pratiche, pur brutali che fossero

apparivano regolamentate in un decreto pubblicato nel 1909, che affermava che potessero

" in casi assolutamente eccezionali",

essere utilizzate e previa autorizzazione scritta da parte

del direttore o di un medico dell'istituto stesso.

La legislazione psichiatrica del 1904 , rifletteva sostanzialmente i limiti operativi della

psichiatria dell'epoca, la quale era incapace di un atteggiamento terapeutico, in quanto

erano sconosciuti sistemi terapeutici, fisici o farmacologici, idonei alle cure. Inoltre in essa

confluivano numerosi disturbi psichici su base organica, ( lue, pellagra, paralisi neurogene ed

altro), che determinavano un altissimo numero di ricoverati. Ciò comportava un

atteggiamento strettamente organicistico nell'orientamento psichiatrico, il quale trattava

casi di patologie inarrestabili o addirittura inguaribili.

La Psichiatria subì dei cambianti tra gli anni trenta del 1900, attraverso l’introduzione

della terapia dell'elettroshock, e gli anni cinquanta dove si assistette alla grande rivoluzione

psicofarmacologica.

L'utilizzo dello strumento farmacologico modificò radicalmente non solo la prognosi della

malattia mentale, ma ne permise anche la rivisitazione dei principi stessi tale da conferirle

un aspetto composito. Col tempo infatti, essa si arricchì di approcci multidisciplinari che

sollecitarono interessi culturali diversi, la psichiatria subì influenze provenienti anche da

scienze diverse da quella medica.

Fu in tale clima che si diffusero ideologie differenti per quanto riguarda l’approccio

medico del malato, in Italia infatti si affermò, parallelamente alla psichiatria, il movimento

Antipsichiatrico italiano.

Il termine Antipsichiatria si riferiva ad approcci che si pongono in contrasto con le teorie e

le pratiche della Psichiatria contemporanea. I cardini fondamentali di tale posizione

risiedevano nella critica degli strumenti utilizzati impropriamente volti al trattamento dei

pazienti contro la loro volontà o in maniera troppo autoritaria. Un esponente di spicco di

questo movimento fu Franco Basaglia.

Franco Basaglia

Franco Basaglia nasce a Venezia nel 1924 dove trascorre la sua infanzia ed

adolescenza. Consegue la maturità classica e si trasferisce a Padova per frequentare la

facoltà di Medicina e Chirurgia, specializzandosi poi in Malattie Nervose e Mentali. Decide

di lavorare come assistente presso l’Università di Padova e ottiene la libera docenza in

Psichiatria ma le sue idee troppo rivoluzionarie per quanto concerne la materia lo

costringono ad allontanarsi dall’ambiente universitario.

Si trasferisce a Gorizia dove diventa direttore dell’Ospedale Psichiatrico. Entra così in

contatto con la realtà manicomiale, con la costrizione dei malati mentali, con la camicia

di forza e con la tecnica dell’elettroshock. Basaglia sosteneva con i medici dell’Ospedale

che:

"Un malato di mente entra nel manicomio come persona per diventare una cosa . Il

‘ ’ ‘ ’

malato, prima di tutto, una persona e come tale deve essere considerata e curata (...)

è ‘ ’

Noi siamo qui per dimenticare di essere psichiatri e per ricordare di essere persone".

Basaglia non considerava più il malato mentale come un individuo pericoloso ma al

contrario, voleva che ne fossero esaltate le sue qualità umane. Il malato infatti non

doveva essere rinchiuso, ma doveva vivere la vita della collettività sviluppano tutte le

capacità tali da rendere possibile la creazione di rapporti umani.

La rivoluzione iniziò a Gorizia dove il manicomio fu profondamente trasformato tramite

l'eliminazione di qualsiasi tipo di cura o contenimento e l'apertura dei cancelli, per dar

luogo ad una nuova realtà: la comunità terapeutica. I pazienti tornavano ad essere

uomini, ovvero persone e non più "malati" e "diversi".

Basaglia diceva:

La follia una condizione umana. In noi la follia esiste ed presente come lo la ragione.

“ è è è

Il problema che la societ , per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la

è à

follia. Invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo

di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d essere .

’ ”

Per le sue idee Basaglia fu in parte osteggiato anche negli stessi ambienti psichiatrici,

specialmente in seguito ad un omicidio commesso da un paziente psichiatrico dimesso dal

Basaglia che per tale ragione nel 1968 fu incriminato. Assolto, lasciò la direzione

dell'Ospedale Psichiatrico di Gorizia e si trasferì a Trieste.

Basaglia a Trieste rivoluzionò l'ospedale psichiatrico avviando laboratori di pittura e di

teatro. Venne formata anche una cooperativa di pazienti, che iniziavano a svolgere lavori

riconosciuti e retribuiti. Nel 1973 Trieste venne designata "zona pilota" per l'Italia nella

ricerca dell’Oms sui servizi di salute mentale.

Gli psichiatri che identificarono le loro idee in Basaglia si coalizzarono in Psichiatria

Democratica, tale movimento fu determinante nel dare impulso al superamento del

manicomio tramite una serie di manifestazioni di protesta.

Nel gennaio 1977 nel corso di una conferenza stampa Franco Basaglia e ed il presidente

della Provincia di Trieste, annunciarono la chiusura dell’Ospedale Psichiatrico della città.

Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova

dimensione di vuoto emozionale; viene immesso, cio , in uno spazio che, originariamente

è

nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo

paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualit , come luogo

à

della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale , alla sua stessa origine, perdita

è

dell'individualit , della libert , nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sar

à à à

definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento .

Il 13 maggio 1978, fu promulgata in Parlamento la Legge di riforma psichiatrica, L. n.

180/78. Secondo Basaglia il movimento di Psichiatria Democratica doveva andare oltre la

chiusura dei manicomi ed affrontare quel disagio sociale attraverso il quale miseria,

indigenza, tossicodipendenza, emarginazione, delinquenza, conducono alla follia.

Nel novembre del 1979 Basaglia lasciò la direzione di Trieste e si trasferì a Roma, dove

assunse l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio.

Nell'agosto del 1980 Basaglia morì nella sua casa a Venezia, dopo una lunga malattia.

Cos'è la legge Basaglia?

"Noi vogliamo essere psichiatri, ma vogliamo soprattutto essere delle persone impegnate, dei

militanti. O meglio, vogliamo trasformare, cambiare il mondo attraverso il nostro specifico,

attraverso la miseria dei nostri pazienti che sono parte della miseria dei mondo. Quando

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