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Greco - Euripide, Troiane
Storia - La vita dei bambini durante i regimi fascista e nazista; Storie e testimonianze di bambini ebrei
Filosofia - Alice Miller, La persecuzione del bambino
Inglese - Charles Dickens , Oliver Twist
Attualità - abusi fisici (infibulazione e sfruttamento sessuale) e abusi psicologici ( bambini soldato)
Le Troiane sono state definite da Di Benedetto <<dramma senza speranza>>: in questa lotta
impari e senza speranza, le manifestazioni di lutto sono diventate l’unica arma degli oppressi, che
nel pianto trovano il loro unico sfogo. ***
Il male nel mondo dell’infanzia (di cui il disumano accanimento contro Astianatte è un esempio)
è riscontrabile in tutto l’arco della storia dell’umanità e si presenta contemporaneamente sotto
molteplici aspetti. Per questa ragione, il mio approccio sarà quello di mostrare il male che si abbatte
sul mondo dell’infanzia, osservandolo nelle sue numerose manifestazioni e da punti di vista
differenti.
Quando si parla del regime fascista e nazista e del male subìto dai bambini si pensa subito agli
ebrei. Certamente le sofferenze e le ingiustizie che questo popolo ha dovuto patire sono state atroci
ed indescrivibili, ma non bisogna dimenticare che anche i bambini italiani e tedeschi, tra cui forse
soprattutto i figli di personaggi di spicco del regime, subirono un “male”, sebbene di natura diversa,
attraverso forme quali l’indottrinamento all’ideologia razzista e l’imposizione di un’ubbidienza
cieca. Partendo da questo presupposto, analizzerò dunque le due forme, fisica e psicologica, sotto le
quali il male colpiva, nell’età dei totalitarismi, tanto bambini ebrei quanto bimbi di altre etnie.
In seguito alle leggi razziali emanate dal governo fascista nel 1938, ai ragazzi di religione o di
origine ebraica veniva impedito di iniziare il nuovo anno scolastico 1938-1939:
Giorgio Foà, alunno del Liceo classico Romagnosi, morto il 4 febbraio 1944 ad Auschwitz, viene
così ricordato dall’amico Giovanni Timossi:
Vorrei ricordare l’amico fraterno Giorgio Foà. Condivisi con lui il banco del liceo classico
Romagnosi. (…) All’inizio del terzo anno Giorgio non venne a scuola: le leggi razziali lo volevano
escluso da quel Liceo che fino ad allora aveva frequentato con buon profitto. Ci fu un sussulto nei
nostri cuori? L’ignobile provvedimento ci apparve in tutta la sua gravità?(…) Io credo di dover
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ammettere che indifferenza e apatia contraddistinsero il nostro comportamento di allora.
Molti anni dopo, ripensando a ciò che era accaduto alla sua famiglia, la madre di Giorgio, Elena
Foà, ricorda:
(…) il 2 settembre 1938 uscì la terribile notizia: “gli insegnanti e studenti ebrei sono esclusi dalle
scuole pubbliche”. È la fine, è la fine! I miei figli, sedici anni, prima liceo e tredici anni, quarta
ginnasio al Romagnosi, non poterono capacitarsi. Il piccolo mi implorava: “Mamma andiamo via,
non voglio più stare in Italia!”
Tra i bambini ebrei di Parma deportati in Germania, si possono citare Luciano Fano (classe
1932), insieme alla sorella Liliana (classe 1934) e al fratello Roberto (nato nel 1942). Essi, insieme
ai genitori, furono costretti dalle leggi razziali ad abbandonare il loro paese adagiato sui monti
dell’Appennino parmense. I fratelli vennero battezzati nel 1939, per consentire loro di frequentare
la scuola privata cattolica. Il 7 dicembre 1943 vennero arrestati insieme ai genitori dalla polizia
fascista e rinchiusi prima nel campo di concentramento di Monticelli (il padre invece nel campo di
Scipione, a Salsomaggiore) poi in quello di Fossoli, fino al trasferimento ad Auschwitz dopo un
viaggio di cinque giorni e cinque notti. Appena giunti nel campo, i due bambini non superarono la
selezione operata dal medico, che stabiliva se i nuovi arrivati erano idonei al lavoro o meno: furono
pertanto destinati alla camera a gas, dove morirono il 10 aprile1944.
Liliana e Luciano Fano
Donato Della Pergola (classe 1932) e suo fratello Cesare (classe 1934), il cui padre era il rabbino
di Parma, sono altre due giovani vittime della nostra città. Vennero arrestati insieme alla mamma,
alle zie e alla nonna nel comune di Tizzano Val Parma e rinchiusi nel campo di concentramento di
Monticelli Terme l’11 dicembre 1943. Il loro viaggio ad Auschwitz fu identico a quello dei fratelli
Fano.
Marco Minardi, I bambini di Parma nel lager di Auschwitz, Istituto storico della resistenza e dell’età
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contemporanea, Parma, 2008.
In Germania è nota la vicenda di Anne Frank che dal 12 giugno del 1942, quando aveva solo
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tredici anni, fino al 1° agosto 1944, scrisse un diario che diverrà la testimonianza della sua
esperienza e di quella di altri clandestini, e che costituisce un terribile atto d’accusa contro il
fenomeno più terrificante del ventesimo secolo:
Io stessa ho paura se penso a tutti quelli a cui mi sentivo così intimamente legata e che adesso sono
in mano ai più crudeli carnefici mai esistiti. E tutto solo perché sono ebrei.
Anne è poco più di una bambina, ma già adulta nelle sue riflessioni:
Nell’uomo c’è proprio l’impulso di distruggere, di uccidere, di assassinare, e finché tutta l’umanità
non avrà subìto una grande metamorfosi, la guerra continuerà a infuriare(…).
Questa maledetta guerra dovrà pur finire, e allora saremo uomini, e non soltanto ebrei.
Ma ciò che colpisce di più è il fatto che, nonostante la guerra e la clandestinità cui fu costretta
per più di due anni, Anne, con lo spirito tipico dei bambini, nutrisse una grandissima speranza nel
futuro e fosse animata da una gioiosa voglia di vivere:
Vedo noi otto nell’alloggio segreto come se fossimo un pezzetto di cielo azzurro circondati da nubi
nere di pioggia.
Sono felice di natura, mi piace la gente, non sono sospettosa e voglio vedere tutti felici e insieme.
Anne Frank, Diario, Otto Frank e Mirjam Pressler (a cura di), Einaudi, Torino, 1993.
5 Ritratto di Anne Frank,1942
La stessa speranza si ritrova anche in Liesel la giovanissima, poco più di dieci anni, protagonista
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di Storia di una ladra di libri ,ambientato nella Germania nazista. Durante un’incursione aerea è
proprio la bambina che riesce a infondere coraggio e speranza a tutte le persone rifugiate nel
sotterraneo, leggendo ad alta voce un libro:
La ladra di libri riusciva soltanto a concentrarsi sugli ingranaggi delle parole, a vedere i loro corpi
distesi sulla carta, schiacciati perché lei potesse camminarvi sopra.
Come Anne Frank, anche Liesel, pur essendo tedesca, conoscerà la morte delle persone a lei care
(il fratellino, i genitori adottivi e il migliore amico Rudy, membro della Gioventù hitleriana ucciso
da una granata) causata dalla guerra.
La morte colpisce anche Bruno, il figlio di nove anni di un ufficiale nazista, protagonista di Il
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bambino con il pigiama a righe . Egli muore in una camera a gas dopo aver fatto amicizia con
Shmuel, un bambino ebreo, ed essere passato sotto la rete di recinzione che fungeva da barriera tra
lui e il campo di concentramento, dove si trovava l’amico. Questo libro, come pure L’amico
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ritrovato , mostra come il male sia prerogativa della mente degli adulti, mentre i bambini ne sono
esenti: la psiche del bambino, infatti, non comprende il significato delle persecuzioni razziali
compiute dai regimi totalitari, in quanto non percepisce l’Altro come elemento diverso da sé, ma
vede piuttosto l’Amico, che con le sue naturali diversità, è uguale a sé. A tal proposito, è
interessante osservare come il bambino riesca a mantenere una mente e un animo puri e innocenti
nonostante il male si accanisca contro di lui, assumendo le sembianze di un rigido indottrinamento
portato avanti fin dalla più tenera età sia da parte del governo sia, talvolta, da parte degli stessi
genitori (come fanno, nei due libri citati, il padre di Bruno e la madre di Konradin):
Bruno cominciò a riflettere sul perché ci fossero due zone distinte e soprattutto a chiedersi come
mai ci fosse una rete fra loro.
Markus Zusak, Storia di una ladra di libri, Frassinelli, 2007. Questo libro è stato precedentemente
6
pubblicato da Frassinelli con il titolo La bambina che salvava i libri.
John Boyne, Il bambino con il pigiama a righe, RCS Libri, Milano, 2006.
7 Fred Uhlman, L’amico ritrovato, Feltrinelli, Milano, 1971.
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Shmuel sollevò il fondo della rete, tese la mano e la lasciò lì, aspettando che Bruno facesse la
stessa cosa. I due bambini si strinsero la mano e si sorrisero. Era la prima volta che si toccavano.
Sono proprio questi bambini che, conservando l’animo puro e nutrendo un senso di giustizia che
i loro genitori non possedevano, una volta cresciuti non si lasceranno influenzare da ideologie
discriminatorie ma continueranno ad opporvisi, nonostante esse siano state spesso promosse anche
dai loro stessi genitori. Ad esempio, alla fine del romanzo si scoprirà che Konradin, nonostante le
pressioni della madre, aveva sviluppato uno spirito antinazista:
Aprii la lettera e lessi. “von Hohenfels, Konradin, implicato nel complotto per uccidere Hitler.
Giustiziato”.
Uno degli obiettivi dei totalitarismi era quello che mirava a riplasmare la società in modo tale da
poterla controllare dall’alto e dirigere a proprio favore; per tale ragione, tali regimi reputarono
importante sottoporre a un rigidissimo martellamento ideologico i bambini fin dalla tenera età. In
Italia nascono dunque diverse organizzazioni giovanili tra cui l’Opera nazionale Balilla (1926) e i
Figli della Lupa.
Possiamo immaginare quanto fosse difficile per un bambino riuscire a sviluppare un proprio
pensiero, riuscire cioè a distinguere la realtà nuda e cruda da quella camuffata dalle ideologie. Dal
momento che persino la scuola venne fascistizzata, i bambini cominciarono a perdere quei punti di
riferimento che avrebbero potuto far loro “aprire gli occhi”; al contrario, essi vennero travolti
completamente dal peso di queste ideologie alle quali non avevano la possibilità di sottrarsi, in
quanto era stato loro tolto ogni possibile sostegno esterno.
Per quanto riguarda la scuola, dal 1930 venne imposto il Libro unico di Stato per le elementari,
col pretesto di qualificare la didattica ed abbattere la spesa scolastica, ma la volontà era quella di
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perseguire tramite il testo unico un’«organica e capillare opera di ideologizzazione delle masse» .
Nei fatti, tuttavia, non ci fu un vero e proprio Libro unico ma una pluralità di testi, non solo per la
suddivisione tra libri di lettura e sussidiari diversificati per le classi, ma anche per la presenza di
Libri unici diversificati per le bambine, per le scuole rurali e per i “fanciulli di razza ebraica” .
Lo studio della storia era molto importante, in quanto era lo strumento attraverso cui inserire il
fascismo in un solido processo di continuità storica. Vi era uno stretto legame tra una dimensione
scientifica e una propagandistica del fare storia. Il richiamo alla scientificità era volto a far sembrare
oggettivi i fatti narrati da un libro di storia il cui scopo principale era in effetti di tipo
propagandistico.
Lo scopo principale dell’azione propagandistica dei totalitarismi era quello di forgiare
generazioni piegate all’obbedienza cieca. Questa obbedienza assoluta sia verso un governo
totalitario e repressivo sia nei confronti di una persona, senza la possibilità di capire a fondo verso
chi e per che cosa si ubbidisce, porta il bambino che vi è stato costretto fin dalla tenera età, a
diventare un adulto incapace di provare sensi di colpa, all’incapacità cioè di distinguere tra ciò che è
giusto e ciò che è sbagliato. Anch’essa dunque è un grande male a livello psicologico nei confronti
del bambino.
Cfr. Pergiovanni Genovesi, Una storia da manuale. La storia nel Libro unico di Stato (1925-1945), I
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quaderni di R.P., Pubblicazioni monografiche della rivista “Ricerche Pedagogiche”, Parma, 2005.
L’educazione autoritaria tende a creare generazioni forgiate per obbedire, nelle quali
l’obbedienza cieca e assoluta riduce il peso della personalità e dell’individualità, abituandole a
rimuovere le emozioni e i sentimenti che connotano l’essere umano e causando appunto, in casi
estremi, la disumanizzazione del bambino e dell’uomo che verrà.
Non trascuravano mai di ricordarmi che era mio dovere obbedire immediatamente ai desideri e