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Sintesi

Introduzione Male di vivere, tesina



Ho scelto questo tema nella tesina perché credo sia importante che i giovani, e l'essere umano in generale, debbano avere sempre in mente - e riflettano - sui veri temi della vita, le vere questioni esistenziali che potrebbero sembrare tanto astratte e invece se ne ha a che fare ogni giorno.
Il mal di vivere è radicato in noi esseri umani, più di quanto si possa immaginare; le vittime più indifese sono i giovanissimi, e coloro che attraversano fasi come menopausa per le donne, andropausa per gli uomini, e non dimentichiamo gli anziani, che spesso sono lasciati soli.
Perché il male? è la domanda ontologica, teologica ed esistenziale, e Perché le vittime del male, dei mali?
Solo una pedagogia che si limita ad educare all'esistente - a un esistente rispetto al quale accomodarsi, essere acquiescenti, in una parola essere schiavi - può pensare di costruire le proprie categorie a prescindere dall'urlo o dal gemito degli oppressi, e dalla sofferenza della creatura, della natura, del Cosmo.
Non è possibile essere fedeli all'umano se non educando a resistere al male: e solo chiedere conto al mondo del male che alberga, e all'uomo e alla donna del male che essi permettono, causano o cercano di evitare è una forma di pedagogia della resistenza.
Il libro “L'educazione e il male. Riflessioni per una teodicea pedagogica”, di Raffaele Mantegazza, si interroga sul male e sulla sua fenomenologia: muove dal male fisico, radice di tutta la nostra concezione del male; attraversa poi quello esistenziale o male di vivere; il male giovanile che soprattutto oggi ci riguarda e ci turba; il male operato dalla natura con le sue furie (riflesso comunque dell'incuria umana), la morte come limite ultimo del male, il male cosmico che chiamiamo entropia, il male morale, il male assoluto di Auschwitz (Hannah Arendt). Un itinerario volto a mettere in dubbio l'idea del "male necessario" e a proporre un'educazione che, al contrario, sia integralmente liberante. La tesina di maturità inoltre permette anche dei collegamenti interdisciplinari.

Collegamenti


Male di Vivere, tesina



Filosofia -

Schopenhauer

.
Scienze Umane -

Il disagio della società del 1900 e Il disagio nella modernità liquida

.
Italiano -

Decadentismo e Inetto

.
Francese - [h]L'existentialisme et Camus.
Estratto del documento

IL MALE DI VIVERE

Lucia Palanca

5I A.s. 2014/2015

Liceo delle Scienze Umane

opzione

economico - sociale

Indice

Introduzione

1

Capitolo I – Filosofia

2

Capitolo II – Scienze Umane

6

 Il disagio della società del 1900

6

 Il disagio della modernità liquida

7 Il panico

9 Solitudine, isolamento e sostanze

10 L'ansia

10

Capitolo III – Italiano

11

Capitolo IV – Francese

13

Considerazione finale

17

Bibliografia

18

Sitografia

19 Introduzione

Ho scelto questo tema perché credo sia importante che i giovani, e l'essere umano in

generale, debbano avere sempre in mente - e riflettano - sui veri temi della vita, le

vere questioni esistenziali che potrebbero sembrare tanto astratte e invece se ne ha

a che fare ogni giorno.

Il mal di vivere è radicato in noi esseri umani, più di quanto si possa immaginare; le

vittime più indifese sono i giovanissimi, e coloro che attraversano fasi come

menopausa per le donne, andropausa per gli uomini, e non dimentichiamo gli anziani,

che spesso sono lasciati soli.

Perché il male? Perché le

è la domanda ontologica, teologica ed esistenziale, e

vittime del male, dei mali?

Solo una pedagogia che si limita ad educare all'esistente - a un esistente rispetto al

quale accomodarsi, essere acquiescenti, in una parola essere schiavi - può pensare di

costruire le proprie categorie a prescindere dall'urlo o dal gemito degli oppressi, e

dalla sofferenza della creatura, della natura, del Cosmo.

Non è possibile essere fedeli all'umano se non educando a resistere al male: e solo

chiedere conto al mondo del male che alberga, e all'uomo e alla donna del male che

pedagogia della

essi permettono, causano o cercano di evitare è una forma di

resistenza.

Il libro “L'educazione e il male. Riflessioni per una teodicea pedagogica”, di

Raffaele Mantegazza, si interroga sul male e sulla sua fenomenologia: muove dal

male fisico, radice di tutta la nostra concezione del male; attraversa poi quello

esistenziale o male di vivere; il male giovanile che soprattutto oggi ci riguarda e ci

turba; il male operato dalla natura con le sue furie (riflesso comunque dell'incuria

umana), la morte come limite ultimo del male, il male cosmico che chiamiamo

entropia, il male morale, il male assoluto di Auschwitz (Hannah Arendt). Un

itinerario volto a mettere in dubbio l'idea del "male necessario" e a proporre

un'educazione che, al contrario, sia integralmente liberante.

1

CAPITOLO I – Filosofia

Volendo parlare del “male di vivere” non si può non iniziare dalla filosofia.

"Spesso il male di vivere ho incontrato": tutti si riconoscono nelle parole di Eugenio

Montale e non ci si può stupire che il problema del male sia stato fin dagli inizi una

questione fondante dell'indagine filosofica. A partire da Platone tale problema ha

teodicea,

assunto la forma della che tenta di dar conto razionalmente della presenza

del male nel mondo di fronte all'esistenza di un dio provvedente o di un senso

provvidenziale della vicenda dell'uomo e dell'universo. La teodicea, perfino dopo la

crisi che ha conosciuto nell'età moderna, continua a occupare un posto centrale nella

scena filosofica.

Dal punto di vista metafisico il Male è l’esatta antitesi del Bene, e quindi

dell’essere, e si configura come una privazione di essere e con il non-

essere stesso. Esso non ha consistenza autonoma, essendo privazione

del Bene ed esistendo solamente in virtù dell’essere e come suo

contrario, è coniato da Aristotele come un “accidente” della realtà.

Nella concezione dualistica della realtà di Platone, la materia è incapace a svolgere

qualsiasi movimento e solo l'anima ha la facoltà di agire con

ordine e misura. Da qui, essa soltanto può essere causa del

male: quella buona, che conosce l'ordine e la misura, porta la

materia verso il bene, vincendo il caos; mentre quella cattiva

tende verso il disordine della materia.

mito di Er,

Attraverso il che narra la storia di un soldato morto in

battaglia che, dopo dodici giorni, ritorna in vita e racconta cosa

aveva visto nel regno dei morti, Platone sostiene l'esistenza di

un mondo ultraterreno, diviso in una specie di paradiso e

inferno. In questo regno le anime ricevono, secondo le proprie

azioni sulla terra, i premi o i castighi per una durata di mille

anni. Dopo di che, ad ognuna è data la possibilità di scegliersi la

propria vita futura da rivivere sulla terra.

Ogni uomo è dunque responsabile della scelta che l'anima fa nell'aldilà e non del

male compiuto sulla terra, che visto come necessario e involontario, frutto di questa

scelta fatta.

Anche Immanuel Kant parla di materia e forma, dell'uomo che è

a metà strada tra sensibilità e intelletto e che può avvalersi di una

morale che è dentro di se ed esistente a priori. Essa non

La

esisterebbe se l'uomo non fosse libero di sceglierla. Ne

religione entro i limiti della semplice ragione (1793) egli sostiene

un'inclinazione congenita al male, il male radicale, qualcosa che

non può essere né distrutto né estirpato, ma che è radicato

nell'esistenza dell'uomo e che fa parte della sua stessa natura.

Questa propensione al male si contrappone alla predisposizione al

bene costitutiva della volontà buona. Tutto dipende comunque

dall'intenzione con la quale si fa questa scelta e si compie

un'azione, visto che l'uomo è capace di ragionare e riflettere, a

differenza degli animali.

È dunque l’uomo stesso che, con la libertà che gli è stata data, il

libero arbitrio di cui parla sant'Agostino, e attraverso le sue scelte

decide di servirsi e di praticare il male. Egli fa ciò per due motivi: per

il desiderio di “autodeterminazione assoluta”, ovvero per

un’incondizionata autonomia di scelta e l’emancipazione totale da

Dio, e per il “falso oggetto” del suo amore, non più rivolto a Dio ma

al mondo materiale. 2

Agostino distinse il male in tre categorie:

il male ontologico - la creaturalità - in proporzione alla bontà

dell'essere e alla sua perfezione ontologica;

il male morale - il peccato - non dipende da Dio, ma diretta

conseguenza della libertà di scelta;

il male fisico - il dolore e la morte - anche di questo Dio non è

responsabile in quanto non è altro che la conseguenza del peccato.

Diversi anni dopo, nel 1860, a Francoforte, un anziano uomo di 72 anni moriva a

causa di una malattia polmonare. Probabilmente, fu per lui una liberazione; aveva

sempre sostenuto che era meglio non desiderare una vita lunga, perché avrebbe

solamente aumentato le sofferenze.

Tutti i suoi beni furono lasciati ai soldati prussiani rimasti invalidi dopo la rivoluzione

del 1848 ed al suo amato cane; il suo pensiero, invece andò all’umanità. Quell’uomo

era Arthur Schopenhauer.

Solitario e pessimista, fu uno dei filosofi più significativi dell’800. Rivale di Hegel,

amato da poeti, pensatori e scrittori di tutto il mondo, come Leopardi, Tolstoj e Sartre.

Figlio di un banchiere e di una nota scrittrice di romanzi, Schopenhauer nacque a

Danzica, in Polonia, il 22 febbraio 1788. Nella sua giovinezza viaggiò in Francia e in

Inghilterra e si stabilì a Weimar con la madre dopo il suicidio del padre. Qui conobbe

Wieland e Hegel e decise di dedicarsi alla filosofia. Dal 1809 frequentò l'Università di

Gottinga e i corsi erano tenuti dal filosofo scettico Gottlob Ernst Schulze. Sulla sua

formazione influirono le dottrine di Platone e di Kant.

A Berlino assistette alle lezioni di Fichte e nel 1813 si

Sulla quadruplice radice del

laureò a Jena con una tesi

principio di ragion sufficiente. Negli anni seguenti

Schopenhauer visse a Dresda, in Germania, dove fece

amicizia e sostenne le dottrine scientifiche di Goethe.

Il

Nel 1818, pubblicò la sua opera più importante,

mondo come volontà e rappresentazione, che ebbe

scarso successo tra i suoi contemporanei e ricevette

attenzioni solo vent'anni dopo. Viaggiò a Roma e a

Napoli. Insegnò all'Università di Berlino, ma a causa di

un'epidemia di colera nel 1833 decise di fermarsi a

Francoforte sul Meno, dove visse da solitario borghese

Sulla volontà della natura

fino alla morte. Pubblicò

I due problemi fondamentali dell'etica

(1836), (1841), e

la sua vera affermazione si ebbe solo a partire dal

Parerga e

1851, con la pubblicazione del volume

paralipomena.

Schopenhauer manifestò per gran parte della sua vita un grande disagio nei confronti

della società, e uno scarso interesse per le vicende politiche dell'epoca, quali, ad

esempio, i moti rivoluzionari del 1848. È solo dopo questa data che il suo pensiero

dall'indirizzo cupo e anti-idealistico cominciò ad avere fortuna, in concomitanza con

l'ondata di pessimismo che colpì l'Europa.

Schopenhauer si vantò di aver individuato la via d'accesso al noumeno preclusa da

Critica della ragion pura.

Kant nella L'uomo non è soltanto conoscenza e

rappresentazione, ma anche individuo e corpo: “si vede” dal di fuori, ma “si vive”

anche dal di dentro, godendo e soffrendo. Egli, come un raggio di sole che penetra

attraverso le nuvole, rientrando in sé stesso squarcia il velo del fenomeno, il velo di

Maya, e afferra la cosa in sé del proprio essere e l'essenza del proprio io. Quest'ultima

risulta essere la brama, o la volontà di vivere.

3

L'uomo è vita e volontà di vivere, l'impulso prepotente e irresistibile che lo spinge

ad esistere e ad agire; il suo stesso corpo è la manifestazione delle sue brame

interiori, e il mondo fenomenico la maniera attraverso cui la volontà si manifesta.

Essa è l'essenza segreta di tutte le cose, la cosa in sé dell'universo, e pervade non

solo l'uomo ma ogni essere della natura, sia pure in forme distinte e con gradi di

consapevolezza diversi.

La volontà è definita da Schopenhauer primordiale in quanto non ha un

obiettivo, altrimenti sarebbe ragione; la sua attività creatrice è inconscia,

non razionale e quindi un impulso. È poi unica e al di fuori dello spazio e

del tempo: ogni essere vivente è parte di essa, e si sottrae al principio

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